Marsupio di parole, suoni e segni.
Pubblicazione quadrimestrale di 36 pagine rilegate a punto metallico con cd audio, dedicata alla poesia e alla musica per poesia, divisa in due parti, una a stampa e una sonora.
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SOMMARIO
1 La cangura nasce dal suo balzo
Lello Voce
2 Una canzone e una poesia
Roberto Roversi
4 Poesie di Osvaldo Lamborghini
Traduzione e cura di Massimo Rizzante
6 Letteratura? No, grazie
Gabriele Frasca
10 Per una retroguardia orale visionaria et danzante
Luigi Cinque
14 Ritmi e sensi che le canzoni disseppelliscono
Paolo Giovannetti
18 Comix poetry
Il gioco dei fumetti - Il viaggio
Claudio Calia
20 La voce di Antonio Porta
Marianna Marrucci
22 Per Demetrio (La laringe del mondo)
Maria Pia De Vito
26 Conversazione
Stefano Tassinari intervista Ares Tavolazzi
28 Una nuova vocalità
Mario Gamba
30 Con i Têtes de Bois, “sulla riva delle cose reali”
Stefano La Via
33 Non sono solo canzonette
Treno
Massimo Arcangeli
34 P.S.
In rete
Sergio Garau
35 Bimbalzi
Ventuno marzo
Chiara Carminati
Antonio Porta, Laboratorio di poesia
Casa Zoiosa, Corso di Porta Nuova Milano
ottobre-dicembre 1988
"A bottega di poesia" con Antonio Porta #1
"A bottega di poesia" con Antonio Porta #2
8 novembre 1988
È ancora sul nesso forma/contenuto e sulla dialettica poesia/prosa che si appunta l’attenzione nel terzo incontro di questo Laboratorio di poesia. Riferimento di partenza è Il segno della poesia e il segno della prosa di Umberto Eco (prolusione del 22 febbraio 1982 alle Decime giornate filologiche dell’Istituto di filologia classica e medievale dell’Università di Genova, che ne ha curato la pubblicazione in Prosimetrum e Spoudogeloion, 1982; lo scritto è poi confluito in Umberto Eco, Sugli specchi e altri saggi, Bompiani 1985).
“Il poeta sceglie una serie di costrizioni espressive, e poi scommette che il contenuto, qualsiasi esso sia, e per quanto esso potesse precedere la scrittura, si adeguerà alle costrizioni espressive, e tanto meglio se ne verrà modificato. Il poeta guarda al mondo così come le costrizioni del verso gli impongono. Non solo, ma in tal modo guarda anche alla lingua.” (p.253) Su questo passo in particolare Porta richiama l’attenzione degli studenti: scrivere e leggere versi significa tentare una grande avventura linguistica, nella quale è il respiro che impone e varia le direzioni, con l’obiettivo di raggiungere sensi non codificati praticando altrimenti la lingua di tutti i giorni.
La scelta della forma in cui tentare l’avventura è però del tutto personale e non deve surrogare il progetto di poetica. Così Porta torna su una questione che già aveva toccato ad apertura del corso, e che evidentemente gli sta molto a cuore: il rilancio delle cosiddette forme chiuse. Porta distingue la scrittura di poesie in forma chiusa come puro esercizio linguistico (che apprezza in ambito didattico, come palestra di allenamento per comprendere i meccanismi della lingua e del codice poetico) dalle operazioni basate su un ripensamento originale (le opere di Patrizia Valduga e, risalendo a ritroso il fenomeno, l’Ipersonetto di Andrea Zanzotto, nel Galateo in Bosco del 1978). Proprio sull’operazione di Zanzotto si sofferma in particolare l’analisi di Porta, con la lettura di alcuni versi dalla Pasqua a Pieve di Soligo (da Pasque, 1973). Come esempio di recupero in chiave moderna di forme tradizionali con risultati di altissimo livello, Porta legge infine Versilia di d’Annunzio (da Alcyone).
La domanda di uno studente stimola poi delle riflessioni sul plurilinguismo e sui contatti tra lingue e culture. Interessante un riferimento ai rapporti dell’Italia con le aree del Mediterraneo e agli effetti, che Porta vede positivi, di un possibile (e auspicabile) incontro con la poesia araba; poiché il rapporto con la cultura e con la lingua araba è fondamentale per la nostra identità, il confronto con la tradizione e con le linee di innovazione della poesia araba può essere particolarmente fecondo. La curiosità per la poesia araba era stata sollecitata da una piccola esperienza di traduzione (per Poeti arabi di Sicilia nella versione di poeti italiani contemporanei, a cura di F. Corrao e con un’introduzione di L. Anceschi, Mondadori 1987) e dall’incontro con il poeta siriano-libanese Adonis (pseudonimo di Ali Ahmad Sai’id Esber), uno dei più importanti poeti arabi contemporanei, su cui qui si sofferma brevemente. Tracce di questa vivissima curiosità per il mondo arabo sono anche nei suoi scritti degli anni Ottanta: “La mia è solo una testimonianza. Il mio è solo il racconto della mia esperienza ma è possibile che dentro le pieghe del racconto si nasconda qualcosa di oggettivamente vero sui nostri rapporti con la letteratura e la poesia araba. È l’attraversamento di un territorio immenso, che comprende il deserto e le città, da puro naïf, ma non è detto che gli occhi ingenui siano semplicemente da chiudere per affidarsi allo sguardo sapiente e sperimentato degli specialisti, che in Italia sono comunque pochissimi ed è pure questo un importante segnale di un gigantesco rimosso. Gli arabisti, infatti, dovrebbero essere moltissimi e noi italiani dovremmo parlare l’arabo come accadeva nella Palermo dell’anno Mille” (A. Porta, Una doppia rimozione, in Il progetto infinito, a cura di G. Raboni, 1991, p. 49).
L’ultima parte dell’incontro è interamente dedicata a Umberto Saba e al suo Canzoniere, “scuola di errori e di riuscite”. Legge e commenta Epigrafe, La capra, Trieste, L’amorosa spina, Donna, Felicità, A mia moglie. Si alternano ottime valutazioni e stroncature decise.
Buon ascolto!
post scriptum: l’incontro si apre con una serie di riflessioni sulla legge 180. Perché un poeta, in un laboratorio di poesia, si occupa di questo tema? Perché un poeta si occupa del mondo circostante e dell’esistenza di tutti: “agisco con il linguaggio e interagisco con quello che accade non solo a me, ma alla realtà del nostro tempo” (Antonio Porta in L. Sasso, Antonio Porta, La nuova Italia, 1980)
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