Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce

Redatta da:

Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.

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ALFABETO PERSONALE

(lasciando gli imbecilli al loro profuso mantenimento delle «virgolette»)

Articolo postato martedì 27 maggio 2008
da Nevio Gambula

Alfabeto
Ogni alfabeto è un bricolage.

Allegoria
L’apoteosi barocca è dialettica. Essa si compie nel ribaltarsi di estremi contrari (…) profondità dell’antagonismo. (…) in forma di enigma (…) ambiguità, molteplicità di significato è il tratto fondamentale dell’allegoria (…) è realtà presente nella forma della rovina (…) Con ciò l’allegoria si pone al di là della bellezza. Le allegorie sono, nel regno del pensiero, quello che sono le rovine nel regno delle cose. (…) L’allegoria – nella sua forma elaborata, barocca, si porta dietro una corte; intorno al centro immaginario, che nelle vere e proprie allegorie, a differenza delle descrizioni concettuali, non manca mai, si raggruppa la folla degli emblemi. Essi sembrano ordinati ad arbitrio: La ‘corte’ confusa – il titolo di un dramma spagnolo – potrebbe venir considerato lo schema dell’allegoria. ‘Dispersione’ e ‘raccolta’: questa è la legge di questa corte. Le cose vengono messe insieme secondo il loro significato; la mancanza di partecipazione alla loro esistenza torna a disperderle. Il disordine della messinscena allegorica è, qui, il contraltare del boudoir galante.

Alterità
vortice d’ilarità e d’orrore | dov’è l’abisso

Antagonismo
La poesia può con le parole calpestare l’ordine stabilito, ma non può sostituirsi ad esso.

Antipoesia
Il problema, allora come oggi, e oggi certamente più che allora, è quella di sviluppare a fondo le pulsioni anarchiche che sono alla radice, inequivocabilmente, di tutta la grande antipoesia di questo secolo che muore, portando tali pulsioni dal terreno della rivolta al terreno della rivoluzione.

Astrattismo (verbale)
La parola (diversamente dal colore, dal segno grafico e dal suono in sé) non ha realtà plastica o dinamica – quindi non ha significato autonomo – è solo un segno che ha senso unito al significato che l’esercizio linguistico le ha dato storicamente: significato storico - (…) l’astrattismo verbale (la convinzione che la parola abbia valore di per sé significante) non è che un’ultima manifestazione di feticismo della parola

Ateismo
Dio non esiste. E proprio perché non esiste dirsi atei È SBAGLIATO. L’ateo si pone per virtù negativa, per negazione (della propria e dell’altrui diversità), riconoscendosi in ciò che nega (serialità, omologazione) e non ponendosi su di sé, per la forza positiva, sulla propria autonoma diversità.

Attore
Sarà l’attore a sovvertire tutto. Perché è sempre nel più inibito che c’è il nuovo getto. Ciò che dall’attore spunta, ciò che lo fa sbocciare, è la lingua che finalmente rivedremo uscire dall’orifizio. L’attore ha per centro il suo orifizio, e lo sa. Non può ancora dirlo, perché oggi la parola a teatro è data solo ai registi e ai giornalisti. Il pubblico è gentilmente pregato di lasciare il corpo appeso in guardaroba e l’attore, ben addestrato, è invitato a non mandare in malora la messa in scena, a non turbare l’elegante andamento del banchetto, l’amabile scambio di cenni d’intesa fra il regista e i giornali (si mandano segnali di cultura reciproca).

Avanguardia
Sull’altra sponda, dall’altra parte della barricata, vive in epoca capitalistica un’altra arte, ben diversa dall’arte del mercato e della gloria ufficiale, dall’arte dei poeti laureati: è questa la poesia maledetta, di avanguardia, animata dallo spirito delle negazione e della rivolta, creazione autenticamente libera perché non è ai servizi della borghesia e non vuol vendersi ad essa, è libera al prezzo della rinunzia e dell’estrema povertà.

Catastrofe
(…) non c’è altro esito che la distruzione del sistema. È proprio la catastrofe nel senso usuale del termine.

Citazione
I malevoli e li invidiosi avran qui molto da fare e da rallegrarsi poché tengono la sicurezza del plagio. In questa stagione di rivendicazioni letterarie, scusatemi signori invidiosi e malevoli, l’ho fatto coscientemente. Cercate le fonti, cercate l’originali: non vi sarà fatica. Certo la Parata è tutta composta di frasi e di pensieri altrui. Io vi do una biblioteca da sfogliare e annotare i passi rubati … troverete certo: troverete molto, ma non vi allieterete per questo. Chi mi potrebbe rispondere, per esempio, s’io avessi la jattanza di assicurarvi che, dopo tanto saccheggiare, io credo d’aver poetato una originale Parata dell’Introduzione?

Comico
Vedendo questi spettacoli ho cercato di ridere come gli altri; ma ciò, strana imitazione, era impossibile. Ho preso un coltello con una lama molto affilata e mi sono tagliato le carni nei punti in cui si riuniscono le labbra. Per un istante ho creduto d’aver conseguito il mio scopo. Guardai in uno specchio quella bocca deturpata per mia spontanea volontà. Il sangue che colava in abbondanza dalle ferite impediva d’altronde di discernere se era veramente il riso degli altri. Ma, dopo qualche istante di confronto, vidi chiaro che il mio riso non somigliava a quello degli umani, cioè che non ridevo.

Comunicazione
La comunicazione mira al dissolvimento di tutti i contenuti. (…) Essa tende ad annullare la percezione dell’opposizione e del conflitto. (…) Annulla ogni differenza (e quindi ogni valore) attraverso la parificazione di tutto.

Conflitto
Io credo nel conflitto, e in nient’altro; col mio lavoro cerco di rafforzare la fiducia nella positività dei conflitti, delle contraddizioni, del confronto. Non credo esista un’altra strada, non mi interessano le risposte da dare e le soluzioni, che del resto non ho; mi interessano i problemi e i conflitti.

Contagio
Non si tratta di arretrare, di proteggersi dal contatto e dal contagio ma anzi di propiziarli finalmente, e con la massima intensità desiderante: soltanto “mancando” la letteratura come tradizione o contro-tradizione, come culto della bellezza o come sperimentalismo, possiamo procedere verso quell’esperienza interiore che, con il suo carico di tremendum e di angoscia trasgressiva, rappresenta la sola poesia possibile.

Contraddizione
Forse si può scoprire la ‘ragione’ di questa ‘natura’ dell’opera letteraria: l’opera è, come ho detto, del e contro il suo tempo, perché è in contraddizione con il tempo; contraddice, non-dice se non il non-detto (o l’“interdetto”), non-significa il senso già-dato, ma produce senso, non risiede in una “sede” se non in quanto la differisce (o la trasferisce), è dis-sidente; non abita se non nella propria “verità nomade”, non discorre se non per-correndo, attraversando, e frantumandolo, il discorso dominante. Continua a contrariare la Storia, a denunciare l’ordine esistente come valido, e sopprime l’in-differenza del tempo storico alla alterità; ri-prende, per così dire riattiva, il “momento distruttivo”.

Corpo
Il corpo delle merci è il corpo delle merci è il corpo delle merci è il corpo delle merci è | il corpo delle merci è

Cultura
Lo schermo dove al dominio è consentito di mostrarsi con i paludamenti del suo passato e nascondere così i modi reali in cui si riproduce presente, è lo schermo della cultura, questa incallita conservatrice di robe vecchie.

Delirio
L’idea di uscire dal seminato ingloba le connotazioni salienti della sterilità e dell’eccesso. Come Odisseo, che si fingeva pazzo arando la sabbia, così il delirante si sforza inutilmente di mettere a coltura un suolo che non dà frutti, voltando le spalle ai fertili campi della ragione. (…) Se così è, nulla ci impedisce di parlare di una o più logiche del delirio, intendendo con ciò modalità specifiche – per quanto anomale – di articolare percezioni, immagini, pensieri, credenze, affetti o umori secondo principi propri, che non seguono cioè i criteri dell’argomentare e dell’esprimersi condivisi da una determinata società.

Dio
Dio non c’è, | ma non si vede. | Non è una battuta: è | una professione di fede.

Firma
Con la firma, la scrittura si appropria, cioè diventa ad un tempo l’espressione di una identità e il segno di una proprietà; essa assicura a colui che la esegue il diritto di godere del proprio prodotto, autentifica l’impegno preso dalla persona; è un elemento importante, del sistema economico, ma anche psicologico; nata legalmente all’alba del capitalismo (è un’ordinanza di Enrico II, nel 1554, che rende obbligatoria l’apposizione del nome al termine di uno scritto), la firma si sviluppa storicamente di apri passo coll’ideologia borghese (ideologia congiunta della persona e della proprietà).

Forma
La forma è la condizione del senso.

Grottesco
L’aggettivo grottesco sarà riferito qualcosa di deforme in modo strano, cioè non presente in natura: le strutture rigide vengono messe in movimento all’interno, il grottesco vi porta confusione, discordanza e vi inserisce una nuova e prorompente intensità. Esso è l’espressione del mutamento, del rinnovamento e dell’alternativa a un mondo statico e determinato. Nella sua storia il grottesco nasce come immagine multiforme e gioiosa dell’eccesso, vuole essere un modo di comunicare la verità “altra” che sovverte l’ufficialità delle istituzioni, la ragione oltre la logica razionale.

Interpretazione
(…) ma qui intendiamo l’interprete. Per lui la scrittura è un oggetto fra gli innumerevoli oggetti. Può essere osservato. (…) Rimanendo alla letteratura, questo oggetto è la forma scritta, la quale, come tutte le altre forme, è un organismo di significanti: un oggetto di secondo grado dietro il quale sta un oggetto di primo grado. L’interpretazione in tanto è in quanto possa raggiungere questo oggetto di secondo grado. L’ho chiamato corpo-significato, perché la simpatia corporea per i piaceri e l’antipatia corporea per i dolori sono alla radice di tutti i significati. Ma questa è una cosa vecchia. Da questa radice si dirama tra gli umani la lotta, nasce fra i gruppi umani la lotta, nasce la lotta nella società. Su questa base si parteggia. E questa è una cosa meno vecchia. (…) il momento necessario (dell’interpretazione) consiste nello svelare la natura del parteggiare, dell’onnipresente parteggiare.

Lavoro
Il Milton produsse il “Paradiso Perduto” (Paradise lost) per lo stesso motivo per cui un baco da seta produce seta. Era una manifestazione della sua natura. Egli vendette successivamente il prodotto per cinque sterline. Ma il proletario letterario di Lipsia, che fabbrica libri (per esempio compendi di economia politica) sotto la direzione del suo editore, è un lavoratore produttivo; poiché fin dal principio il suo prodotto è sussunto sotto il capitale, e viene alla luce soltanto per la valorizzazione di questo.

Linguaggio
Al livello di ogni singola parola, troviamo una prima opposizione tra un significato e un significante: il lavoro linguistico della semantizzazione dà come prodotto la parola quale loro unità. Trasferendo a questo livello la dialettica tra uso e scambio, si può forse vedere una forma embrionale del valore d’uso nel significato e del valore di scambio nel significante (i quali, ricordiamolo, stanno sempre insieme). (…) Il parlante viene per così dire assunto in servizio dalla società in cui nasce (…) egli deve usare prodotti già esistenti, consumarli riproducendoli inconsapevolmente secondo modelli che in tal modo risultano confermati e perpetrati. Quand’anche riesca a rifiutare tali modelli, la pena che deve pagare consiste né più né meno nell’espulsione dalla società linguistica: non imparando a parlare, o parlando una lingua sviata personalmente, infatti, egli non viene più inteso né più riesce a farsi intendere. È la morte linguistica o morte comunicativa.

Materialismo
(…) cade nell’illusione di concepire il reale come risultato del pensiero automuoventesi, del pensiero che abbraccia e approfondisce sé in se stesso, mentre il metodo di salire dall’astratto al concreto è solo il modo in cui il pensiero si appropria il concreto, lo riproduce come un che di spiritualmente concreto. Ma mai e poi mai il processo di formazione del concreto stesso.

Mondo
Il nostro compito, oggi, è per l’appunto quello di creare una forma o una simbolizzazione del mondo. (…) Non è un compito astratto o puramente formale – nel senso logico o estetico della parola. È invece il compito estremamente concreto – un compito che può configurarsi solo come lotta – di porre ad ogni gesto, ad ogni comportamento, ad ogni habitus e ad ogni ethos una precisa domanda: in che modo ti impegni nel mondo? In che modo ti proietti verso un godimento del mondo in quanto tale, e non verso la semplice appropriazione di una certa quantità di equivalenza?

Negazione
No, bisogna trovare qualcos’altro, una ragione migliore, un’altra parola, un’idea migliore, da mettere al negativo, un nuovo no, che annulli tutti gli altri, tutti i vecchi no che ci hanno sprofondato qui, in fondo a questo luogo che non è un luogo, che non è che un vuoto per ora eterno, che si chiama qui, insieme a questo essere che si chiama me, e all’altro che si chiama LUI, insieme a questa voce impossibile, tutti i vecchi NO che pencolano nel buio, e oscillano come una scala di fumo, sì, un nuovo no, che si lasci dire una volta sola, che apra la sua botola e ci chiuda dentro, corpo e ombra, che sprofondino insieme, ombra e balbettio, lui che è solo un’ombra e me che sto delirando, in un’assenza meno vaga di esistenza.

Non senso
Più interessante diventa allora – dal momento che l’arte è anche una sempre nuova confutazione del linguaggio storicamente istituzionalizzato – considerare il Non senso (che ebbe funzione trasgressiva) come il principio istituzionale e cercare un punto di vista a partire dal quale è possibile scoprire uno straccio di esistenza sensata, quel tanto, cioè, di ‘parole’ (per dirla col vecchio Saussure) che sappia differenziare la dominante ‘langue’ del Non senso e ritrovare così il gusto allegorico e simbolico dell’arte.

Odio
Io odio tutto questo | tutto ciò che ha inculcato in noi | l’antica schiavitù.

Palus putredinis
La palus putredinis è il luogo della nostra cultura, dove tutto è conformismo, anche l’opposizione. È la decadenza generalizzata. Ed è il dominio di un’arte costruita per l’intrattenimento veloce e svuotata di senso. Qui, in questo “deserto del reale”, bisogna trovare un nuovo cammino: agitarsi nel fango, anche scomposti, per emanciparsi da ogni dogma, facendo della scrittura un luogo della critica: per non arrendersi all’evidenza, per ricominciare a mettere in questione ciò che è: per avere memoria della tradizione, per dimenticare, per sovvertire.

Parodia
La parodia è un modo per riscattare il linguaggio, per ridargli pregnanza storica. La parodia è riscrittura critica del già scritto.

Phonè
Non più l’attore che “entra” nel personaggio, ma il personaggio che “devasta” l’attore. Tutto ciò è realizzato spostando le dinamiche dell’azione teatrale dalla “rappresentazione” all’“azione diretta”, per così dire, della phonè dell’attore, dove la voce si rifiuta di farsi protesi del personaggio e esalta la soggettività dell’interprete.

Plagio
L’insieme di idee qui presentate non ha niente di originale. A coloro che vorranno darsene la pena, sarà facile reperire ogni concetto, riconoscere ogni apporto, mettergli un’etichetta. Eclettismo? Montaggio? Collage? Questi termini letterari o artistici non convengono esattamente. Ciascun elemento preso in prestito, staccato da un altro insieme, giunge qui a prendere un senso del tutto diverso. L’autore di queste pagine declina ogni originalità e pertanto rivendica la piena responsabilità delle proposizioni enunciate. Ciò tende a provare che la proprietà (privata) delle idee non ha mai avuto o non ha più senso.

Poesia
La poesia deve insidiare la verità del tempo nell’impraticabilità della lingua ereditata.

Postmoderno
Il postmoderno è stato il periodo di una generale anestetizzazione. C’è stata una anestesia della vita collettiva, e una anestesia specifica degli intellettuali, che, perduta la antica funzione di “legislatori” e di mediatori civili, si sono ridotti al ruolo subalterno di “esperti” o “consulenti” o a quello di “intrattenitori”. Si è diffuso un nichilismo morbido e soddisfatto, insensibile alla cura del mondo. Gli intellettuali hanno scambiato il trionfo incontrastato della logica del mercato e del regime di equivalenze che essa sancisce con la mancanza del conflitto. Hanno teorizzato la fine del conflitto proprio mentre accettavano e praticavano come assolutamente naturale la principale conseguenza di quel trionfo, la competizione senza freni, con il suo corredo di narcisismo isterico e d’egolatria. (…) Occuparsi dello storico r del contingente era chiacchiera. Bisognava rifiutare i fondamenti e i programmi, abolire le grandi narrazioni, risalire alle origini, alla casa dell’essere, ai grandi miti fondativi, uscire dalla storia. Quanta angelologia, quanto heideggerismo d’accatto quanto neoplatonismo, quanti ritorni alla gnosi, quanta ideologia in un periodo storico che pure si proclamava postideologico!

Religione
Marx, per esempio, direbbe che, essendo la religione (ogni forma di religione) alienazione, libertà di religione non può che corrispondere a libertà di alienazione. Non libertà di religione, ma liberta dalla religione per lui occorre: non si è liberi quando si sceglie una religione, si è liberi quando dalla religione ci si libera.

Responsabilità
La responsabilità dell’atto di creazione consiste nell’abitare lo spazio della differenza, nulla a che vedere con l’adesione o la critica dei modelli sociali.

Ritmo
Dynamis della carne (…) La parola è, dunque, gesto fonetico, qualcosa che ha a che fare col corpo anche se quest’ultimo ne è la prigione. (…) Il ritmo del distruggere e del plasmare: (…) lavora sul rapporto tra vocali e consonanti, sull’accentuazione delle sillabe, sul materiale fonetico, per farne sprizzare una melodia che nulla ha a che fare con la Sprechmelodie di qualsivoglia ‘realtà’. (…) Si evidenziano le inflessioni dialettali, si squarcia la compagine del dettato con brontolii, raschiature, inserti asmatici, cadute di tono. Soprattutto si punta sullo strascicamento di alcune sillabe, il cui risultato è la dilatazione del discorso, divenuto un impasto di toni feriali, un incedere volutamente prosaico e degradato. (…) Ritmo del sangue.

Ottobre (comunismo)
L’incredibile esplosione di democrazia dal basso, di comitati locali sorti dappertutto belle grandi città russe ignorando l’autorità del governo ‘legittimo’ e prendendo direttamente in mano la situazione. È questo il non detto, la storia rimossa della Rivoluzione d’ottobre, il rovesciamento del mito di un piccolo gruppo di sradicati rivoluzionari di professione che danno vita a un coup d’état. (…) La svastica è indirizzata ai potenziali vincitori, non agli sconfitti. Invoca la dominazione, non la giustizia. Al contrario, la falce e martello allude direttamente alla speranza che la storia possa un giorno stare dalla parte di coloro che lottano per una giusta fratellanza. (…) ‘Ripetere Lenin’ significa allora dare vita a questa speranza che continua a ossessionarci. RIPETERE Lenin non può perciò voler dire RITORNARE a Lenin: ripete Lenin significa accettare che ‘Lenin è morto’, che la soluzione specifica da lui indicata ha fallito, anche in modo mostruoso, ma che dentro c’era una scintilla utopica che vale la pena di tenere accesa.

Senso
Il senso è ormai la cosa meno condivisa del mondo. Ma la questione del senso è ormai il nostro destino, senza riserve né scappatoie possibili. La questione, o forse più e meno di una questione: una preoccupazione, un compito, una chance.

Sconfitta (comunismo)
La mia causa è finita. Queste grida di giubilo | annunciano la grande era del mio nemico mortale | la sua caduta è rimandata ad un tempo indeterminato | di cui solo questo è certo, che sarà molto tempo dopo | la mia morte.

Scrittura
Scrivere come un cane che fa il suo buco, come un topo che scava la propria tana. E, a tal fine, trovare il proprio punto di sottosviluppo, un proprio dialetto, un terzo mondo, un deserto tutto per sé.

Sovversione
La sovversione è un patto colmo di avvenire.

Spettacolo
Lo spettacolo è il momento in cui la merce è pervenuta all’occupazione totale della vita sociale.

Straniamento
… dissonanza, Trennung, distanza, separazione, sovraccarico, molteplicità e così via …

Teatro
Rottura di membra e di nervi scoppiati, / frattura d’ossa sanguinanti e che protestano d’essere / così strappate allo scheletro della possibilità, / il teatro è questa inestirpabile / ed effervescente fantasmagoria / che ha per soggetto e ispirazione la guerra e la rivolta.

Tenebra (comunismo)
In quelle notti boreali anch’io talvolta attraversavo il fiume ghiacciato. La pista non restituiva nessun rumore sotto i passi. Si andava attraverso il nulla. Pensavo che ancora poco tempo fa non eravamo nulla. Nulla: come gli uomini sconosciuti del villaggio dimenticato, scomparso su questa riva. Tra questo ieri e il presente, sembrava che fossero trascorsi molti secoli, come fra il tempo di quegli uomini e il nostro. Innumerevoli luci si accendevano allora su queste rive, in case dove regnavano la potenza, la ricchezza e il piacere degli altri. Noi abbiamo spento queste luci, riportando la notte primordiale. Questa notte è opera nostra, questa notte siamo noi. Ci siamo entrati per abolirla. Ognuno di noi ci entra forse per sempre. I rudi e spaventosi compiti che dobbiamo fronteggiare esigono che i realizzatori scompaiano! Che coloro i quali verranno dopo di noi ci dimentichino. Che siano diversi. Così rinascerà in essi la parte migliore di noi.

Teoria
Non è affatto inevitabile, s’intende, che una “teoria” della letteratura sia semplicemente una frazione dell’ideologia dominante. La prima condizione per evitarlo è che quella teoria sia consapevole, in linea epistemologica, di non poter non essere, al grado iniziale, un’ideologia sociale di parte. La seconda condizione è che essa salga al grado di teoria attraverso la scelta, in linea politica, di esercitare la critica dell’ideologia dominante. La terza condizione è che non si pretenda teoria positiva di una prassi letteraria da costruire, ma al contrario, a partire dalla propria teoria della società, costruisca dialetticamente se stessa come teoria, appunto, della letteratura attraverso la critica della prassi letteraria data, cioè di quella che di fatto viene in essere. La critica dell’opera sulla base di una teoria critica della società dà luogo a una teoria della letteratura.

Testo
Questi incauti, avventati e superficiali dicitori-attori conferenzieri riferiscono il testo, ignoranti che il testo è l’attore; il testo è la voce (…) E la voce stessa si ascolta dire. La voce è la sua stessa eco; eco non successiva alla parola, anzi, come puntualmente si verifica – soprattutto per le note alte – nella registrazione su nastro magnetico, è sempre l’eco ad anticipare il suono emesso. Nella scrittura vocale, poesia è la voce. Il testo è la sua eco.

Verità
Le note contenute in questo quaderno (…) è possibile che dopo il controllo, debbano essere radicalmente corrette perché proprio il contrario di ciò che è scritto risulti vero.

Verso
Crolla il mondo del pre-stabilito, e s’inaugura il pensiero dell’ignoto, della scoperta, del rinnovamento continuo. In tale situazione la metrica diventa inessenziale, perde il suo “potere allusivo”, di “citazione di una regola”, per il semplice motivo che non ci sono più regole fisse e certe da citare, perché si è infranta (si va consumando) anche la “sacralità” moderna, laica e mondana, di norme e valori. Il gioco della metrica si è svuotato di senso. Alla metrica infranta dei versi liberi rimarrà pertanto il “potere allusivo” di citare questo stato di disgregazione valoriale, lo spaesamento sociale e culturale (ed estetico) dell’individuo. Se è vero che “l’inquietudine metrica è un sintomo che manifesta nel poeta l’angoscia della realtà” (Giuliani), è appunto una realtà sfuggente, centrifuga e anomica, a generare l’entropia del verso libero.

Voce
E sarà il monologo, il mezzo di quella voce. Il male che è dentro di lui – la sua vergogna, l’informe, il brutto, il demonio: è questa cosa che si tratta di dire. (…) il balbettio inarticolato, il grido, il silenzio, il buio, il vuoto (…) una danza di voci che non conclude in nessuna sinfonia (…) Il monologo interiore si fa “pantomima parlante”, che ingorga una scena vuota di tutto, in cui risuona la parola e nient’altro (…) E si dovrà sentire la voce dura, ostinata, roca, che si impasta dentro una bocca – che fa prigioniera. (…) dalla bocca qualcosa sprigiona che strazia la comunicazione, l’espressione, la forma.

Utopia
Ogni cosa ha la sua stella utopica nel sangue. (…) La misura dell’agire, l’autenticità del vivere umano, la verità dell’essere come tale, non si cerca in ciò che è, bensì in ciò che ancora non è, nel novum positivo e fondante che deve ancora giungere all’esistenza reale e manifesta. Il realizzarsi di questo novum è accadere, processo, storia protesa verso il futuro, ma è anzitutto e costitutivamente attuazione di una processualità latente e immanente, cioè ‘prassi’ in senso eminente, opera creativa e interattiva delle forze umane. (…) La speranza è l’opposto della sicurezza, è l’opposto di un ottimismo ingenuo.

Zorro
Tutto il resto è silenzio.

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