Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Andrea Raos
Nato nel 1968, ha esordito con la raccolta Discendere il fiume calmo nel Quinto quaderno italiano diretto da Franco Buffoni (Crocetti, Milano 1996). È presente nel progetto ákusma. Forme della poesia contemporanea, (Metauro, Fossombrone 2000). Ha pubblicato Aspettami, dice. Poesie 1992-2002 (Pieraldo, Roma 2003) e Luna velata (cipM - les Comptoirs de la Nouvelle B.S., Marsiglia 2003). Ha curato l’antologia bilingue di poesia contemporanea italo-giapponese Chijô no utagoe - Il coro temporaneo
(Shichôsha, Tokyo 2001).
Presente nel VI Quaderno della rivista on line Poesia da fare di Biagio Cepollaro.
Con Andrea Inglese ha curato Azioni poetiche. Nouveaux poètes italiens, in Action poétique, 177, settembre 2003 e Le macchine liriche. Sei poeti francesi della contemporaneità, in Nuovi Argomenti, dicembre 2005. È membro di Akusma e di Nazione Indiana.
Suoi testi sono apparsi sull’antologia Il presente della poesia italiana a cura di Stefano Salvi e Carlo Dentali (LietoColle, 2006).
Suona il basso elettrico nella band del poeta francese Eric Suchère, di cui ha tradotto numerosi testi.
Di prossima pubblicazione Le api migratori (Liquid, Oedipus Edizioni).
Testi tratti da Aspettami, dice -poesie 1992-2002, Pieraldo Editore.
Nel vortice che cade addosso ai fari
all’ esterno del parcheggio ogni cristallo
pare vivo in questo vento.
Adesso da lui a me
da me a lui
parte neve parte neon
glas è
neve in senegalese,
quel bianco che discese e ci coprì.
*
Non posso dirne chiaro, ben tagliato
il profilo stretto di faina, arrossato
dal vento. Scivola dal cotto della scala
di ringhiera in ringhiera, è già disceso
alle assi sconnesse del vestibolo
senza un respiro, senza trasparenza
della sera alle sue spalle. Ogni sera
ne è vena, ridere, fluidità.
Ogni vena
e poi venne lì, ad attaccarmi la febbre.
*
Ho, ben sai, crudeltà bastante, pure
mai ti immaginai campo di ghiaccio
chine le foglie al soffio, tu stormire
rauco nel bosco di cannule e timer,
i contatori abbarbicati ai solchi
tubolari nei due bracci, grida
verdi, disegnate, delle arterie
ferite a simulare ogni singulto,
gli sbalzi vascolari: tic tic tic.
Cos’hai imparato a imprimere il tuo stare
immobile su una distesa immobile
brina, irta? Fuori, you prick, e di corsa.
*
Ma scende verso quale dove il fondo
Immergersi dell’acqua nella sfera
A dare al temporale, a dare sfondo
A pochi oggetti nella buia sfera?
Né ricordo una pioggia più incredibile,
Che sradicasse anche i neri tronchi
Svanenti oltre i confini del visibile
E rapinasse l’aria via dai bronchi.
Ma ora che stanno terminando i lampi
In cielo, le acque correnti la terra,
Se sta soltanto un uomo e fugge ad ampi
Giri e scortoli nell’immensa serra
Che in afasia della volta sferra
Botte, chi spera allora che la scampi?
*
Eppure, la massa del respiro non è più plasmata dal volu-
me della stanza in modo da contrarvisi flutto per flutto. Non è
adeguata più al moto del mare che la insegue. Si colorano inve-
ce di uno stesso virare verso il sangue e verso bolle di saliva. E’
il mare addosso al mare, contro il mare. Forse che stiano colan-
do l’uno verso l’altro per riunirsi stretti da una sola mano, ab-
bracciati ed individui dentro al tremito in cui trema chi li lega.
*
Dobbiamo distruggere o creare? tu che pensi?
Questo stesso ponticello di sabbia, cumulo di qualche giorno
e un po’ di vento, che abbiamo guardato, è creatura
umana adesso, è caso della mia intenzione
o d’un ancor più grande
caso? Già se appunti lo sguardo su una foglia si tramuta in
foglia; premi contro il muschio il viso
e non accade nulla. Fissata allora questa sabbia
la chiamavamo sabbia mentre senza dirne il nome il formicaleone
vi ha fatto ciò che doveva fare, che tuttora fa e che smetterà di fare
un giorno. Perciò come io vedo
l’ineternità nei suoi frantumi così l’antica roccia
mi risugge e mi odia. Distruggere, creare…l’odio
non è stato per l’uomo, sono io.
Allego in esclusiva, parte dell’atteso Le api migratori in uscita ad Aprile in tutte le librerie.
13 commenti a questo articolo
Andrea Raos
2007-03-15 14:41:54|di Chiara Daino
Il verso a Tamburare ("Adesso da lui a me
da me a lui
parte neve parte neon")- in piena relazione ("Dobbiamo distruggere o creare? tu che pensi?); ritmo che muove l’immoto (Cos’hai imparato a imprimere il tuo stare
immobile su una distesa immobile
brina, irta? Fuori, you prick, e di corsa) e suona.
La voce delle api è.
E l’autore sente.
Chiara
Andrea Raos
2007-03-14 13:01:56|di Adriano Padua
Arrivo in ritardo ma non posso esimermi, avendo letto tutto il libro, dal dire che negli ultimi tempi poche opere poetiche mi hanno sorpreso come questa. Dunque un grazie a Andrea, aspetto il libro per leggerlo come si deve. Saluti a tutti
Andrea Raos
2007-03-11 23:48:48|
Capito qui una volta ogni tanto e che cosa trovo? Un nuovo libro di Andrea Raos, ad aprile, in tutte le librerie?
Aprile, oh il mio compleanno!
E’ deciso: mi farò un bellissimo regalo.
Stefania Bufano
ars
2007-03-10 00:44:22|di Andrea Raos
Accidenti, grazie a tutti, sono confuso, arrossisco.
Per rispondere a Maria, quello che hai letto nei quaderni di Biagio è semplicemente l’inizio del libro (uno dei due inizi, per essere esatti e misteriosi!).
A tutti voi un abbraccio circolare e rigorosamente non antropocentrico,
Andrea
Andrea Raos
2007-03-10 00:24:10|
Dimenticavo un grazie sincero alla "valiente" Maria Valente per questa anticipazione e per lo spazio (giustamente) concesso ad Andrea.
fm
Andrea Raos
2007-03-10 00:21:28|
"...la caratteristica veramente affascinanate delle "api" è che, da una parte, infatti, ha una matrice non antropocentrica e, quindi, in termini schematici, non lirica; dall’altra parte, però, è proprio la capacità lirica di andrea che permette di far passare questo punto di vista alieno, riuscendo a dare un corpo "diverso" a strutture frasali interrotte, ripetute, incongruenti".
Aggiungo, Gherardo, che la cifra stilistica da "lirica aliena", come dici, di questo stupendo e originale "poemetto", si riverbera in un sotterraneo, impalpabile respiro lucreziano che permea tutta l’opera.
Un gran libro, secondo me.
fm
Andrea Raos
2007-03-09 21:50:37|di maria
Molto interessante il tuo commento, Gherardo, ti ringrazio, e vorrei domandare a te, visto che hai letto la versione definitiva, o ad Andrea stesso, che differenza c’è col testo delle Api scaricabile in pdf nei quaderni di Cepollaro? Se vi va, altrimenti mi riservo la sorpresa finale ;-)
Andrea Raos
2007-03-09 13:00:45|di gherardo bortolotti
ho avuto modo di leggere la prossima raccolta di andrea e mi ha convinto parecchio. per prima cosa è interessante questa "iniezione" fantascientifica nel testo lirico (il "tema" è uno sciame d’api mutanti: negli effetti si rifà ad un fatto vero ma è anche trama classica della sf). poi, nei testi, mi sembra che sia riuscito a trovare una sintesi tra una musicalità sempre tenuta, sempre compiuta, come segnala maria, ed uno straniamento continuo del punto di vista, che diventa sempre più alieno.
la caratteristica veramente affascinanate delle "api" è che, da una parte, infatti, ha una matrice non antropocentrica e, quindi, in termini schematici, non lirica; dall’altra parte, però, è proprio la capacità lirica di andrea che permette di far passare questo punto di vista alieno, riuscendo a dare un corpo "diverso" a strutture frasali interrotte, ripetute, incongruenti.
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Andrea Raos
2010-04-07 01:57:32|
comment vas tu Andrea?
Marion