Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Angelo Maria Ripellino pervicacemente ha voluto essere considerato un poeta: ma le sei raccolte da lui pubblicate nell’arco di poco più di un quindicennio, da Non un giorno ma adesso del 1960 alla finale Autunnale barocco del 1977, non sono valse a garantirgli in vita considerazione di poeta. Con sconcerto e amarezza di chi aveva concepito e amava la “letteratura come itinerario nel meraviglioso”, proprio la tappa più ambita del suo stesso viaggio nella letteratura, la poesia, non gli veniva riconosciuta: e quel che era peggio, non per palese opposizione, per disaccordo di poetiche, per passionale intensità di dialettiche, ma semplicemente per indifferenza, trascuratezza, immediato oblio. Non molto meglio sono andate le cose dopo la sua morte nel 1978. Ripellino è rimasto l’eccezionale slavista, il fantasmagorico saggista di Praga magica , il suggestivo critico teatrale, il giornalista partecipe e dolente dell’invasione sovietica della allora Cecoslovacchia, il versatile uomo di cultura dalla scrittura mirabolante: tutto tranne che il poeta. nessuna delle sue raccolte fu mai riedita come tale, e la distrazione della critica solitamente si è protratta, con poche eccezioni. Tanto che neppure l’antologia einaudiana delle Poesie del 1990, che nella sua dimessa ambizione cercava perlomeno di ostare alla difficoltà di reperimento delle edizioni poetiche ripelliniane, tutte uscite dai cataloghi correnti, è stata sufficiente a lacerare il velo dell’indifferenza, di fatto dimostrandosi intempestiva.[…]
Ripellino è poeta russo, è un poeta ceco, è un poeta siciliano emigrato bambino in qualche provincia boema, che per scompigliare le carte scrive in italiano. Se la letteratura è itinerario nel meraviglioso, il meraviglioso del verso non è il fantastico, né s’identifica in particolari inflessioni tematiche, è in Ripellino ritmo scaleno, bellezza sbilenca, risvolto di revêrie, taglio di ponti alle spalle di una clownerie gestita con controllata scompostezza, golosa pesca in acque mai solcate. E la sua poesia è la sua prosa sgranata in metro, ridistribuita in ritmica […]
Ma i tempi stanno cambiando, i tempi sono cambiati. Un nuovo fervore intorno a Ripellino poeta si presagisce, si constata, si affacciano attese, prima non prevedibili che vi si alimentano. Ne è segno l’impegno di due editori, Aragno e Einaudi, di pervenire infine in contemporanea e complementarmente, all’integrale della produzione poetica di Ripellino: Einaudi con la riedizione compatta delle tre raccolte storicamente sue, quelle grosso modo centrali (dalla terza Notizie dal diluvio, alla quinta Lo splendido violino verde, passando per l’intermedia Sinfonietta ); Aragno con questo volume, che riunisce tutto il rimanente, cioè le due raccolte d’esordio e l’estrema, uscita poco prima della morte (da ciò il titolo non d’autore, ma rispettoso della realtà, di Poesie prime e ultime), a cui si aggiunge una ricchissima appendice che grazie alle cure solerti di Antonio Pane, può raggruppare, insieme a tutte le poesie inedite, per lo più anch’esse gravitanti intorno a entrambe le stagioni di esordio e congedo (accessibili per merito principalissimo della generosità di Ela Ripellino, a cui va il ringraziamento di ogni lettore), può raggruppare, si diceva, un manipolo, non meno importante, di poesie “rare”: quelle pubblicate dall’autore nelle sedi più disparate, e sempre escluse però dalle raccolte, e quindi tanto più necessarie per una conoscenza senza lacune.[…]
(dalla Presentazione di Claudio Vela)
Per gentile concessione della Casa Editrice Aragno presentiamo un’esigua selezione di testi tratti dal volume Poesie prime e ultime
E DOMANI?
Sono il signor Doppelgänger, un’ombra,
e ti vengo dietro zoppicando,
come un dado nel giuoco dell’Oca.
Non appenderti a me, ti abitueresti
al mio vano, al mio irsuto brontolio,
come al borbottare di una pentola.
(Una danza di trombe e omini rossi
era quel giorno il tramonto sul mare).
Non lasciarti ingannare dalle mie favole,
da questo bowling di parole, da questo
mastichio disperato di frottole.
Che cosa può darti il re delle ciarle,
se non un branco di sillabe che hanno
pelame di volpe, ma niente coraggio.
Sono un ex-voto luccicante, inerte:
in me si muovono solo i vocaboli,
torride cascate di fonemi. E il cuore piange.
(Maschere azzurre coprivano il viso degli alberi,
affondavi come una barca nel muschio,
la corteccia odorava come un ricordo).
Sono il signor Doppelgänger, un’ombra.
Non invaghirti di me, non potremmo
vivere su una piramide di sedie.
*
Vi sono mesi in cui
non nasce un granello di poesia.
Il male scaccia le metafore,
l’analogia boccheggia[.]
(da Versi inediti e rari)
Volare via da me stesso
come un uccello migratore,
da questo roveto, da questo malessere,
da questo perenne dolore.
(da Autunnale barocco)
TUTTO SI PERDE
Tutto si perde in un vischioso, amorfo
disperato brulichio di amebe,
in un nauseante pantano di miele.
Tutto s’ingolfa in un giallo, in un putrido
magma di cisposa fanghiglia,
naufraga nella morchia d’una gora,
tra un funesto corale di gufi.
Tutto il tuo fervore, la tua fretta
d’incollare i frantumi della vita,
tutto l’entusiasmo con cui edifichi
in ore felici viadotti di immagini,
teatrini di parole imbellettate,
tutto è corroso dall’indifferenza,
dalla pigrizia, dal cruccio di chi ti circonda.
Tutto s’accartoccia e si deforma
nello specchio ricurvo dell’accidia,
tutto raggela in un abulico stupore,
come una vecchia città spaventata.
E intanto da ogni piega dello spazio
ammicca, guercio e beffardo, il Burlesco,
intanto squilla sempre più vicina
la lunghissima tromba del Giudizio.
SCHWITTERS
Pozzanghere di stelle, il verde cielo
scintilla indifferente alle mie pene.
Sotto lampioni di malva trascino
le mie grandi scarpe sfaccettate.
Ad ogni svolta il ghigno di un oggetto
fa vacillare i miei timidi passi:
dai ponti, dalle torri, dal selciato
scoppiano girandole beffarde.
Battendo sugli spigoli del buio,
gli oggetti sparpagliati si frammischiano
in un magico bindolo che spruzza
di baleni il pudore della notte.
Brillano come maschere di fiamma,
come i galletti d’una luminaria,
canzonando il mio affanno, il mio sgomento.
Ma ho bisogno di loro, il loro scherno
altezzoso e malefico mi aiuta
a vincere l’angoscia dello spazio,
a rivestire di nomi l’abisso.
Ho bisogno d’infarcire il vuoto
di ciarpame, di rancidi feticci.
Sto ammucchiando forcine, cappelli, provette,
ciondoli di vecchie cassapanche,
nastri, chiavette, luminelli, trucioli
in un denso viluppo, in un ordito
che non lasci passare, che disperda
le lusinghe, le raffiche del nulla.
IL SONATORE DI VIOLA
Il sonatore di viola riverbera
schegge di stelle nelle lunette
dei suoi bianchi occhiali da farmacista.
Ha i capelli allisciati come siepi d’un parco di Vienna
e una farfalla di neve sul collo, pronta a dissolversi.
Egli abbraccia il gonfio manichino,
sfiorandone i fianchi maldestri,
la lunga criniera di stoppa.
Come un attore giapponese, muove
il fantoccio pesante senza ciglia,
ma appena vi posa l’archetto, la bambola
si desta dal suo sonno, si discioglie
dalla polposa e lucida pigrizia
e con un secco sgangherìo di armadi,
con un fischio di porte sgretolate,
con lo strepito di rozze traccole,
con un frastuono di oche spaventate
sprigiona dal ventre barocco
un irsuto concerto di Janácek.
Il sonatore cerca inutilmente
di frenare il rauco vaniloquio
della viola sudata e linguacciuta.
L’angoloso fragore deforma
come un gioco di specchi le figure,
cozzano le parole come ghiacci,
l’universo vacilla e si schianta,
e della viola paffuta non resta
che un cernecchio di fumo, un mucchietto
sparpagliato dal vento della musica.
(da Non un giorno ma adesso)
Nota : Angelo Maria Ripellino (Palermo 1923 - Roma 1978) è stato professore di Letteratura russa e di Letteratura ceca all’Università di Roma e critico drammatico dell’Espresso. Ha presentato per primo in Italia le poesie di Borís Pasternàk (Einaudi, Torino 1957) e la prosa di Andrej Belyj (ivi 1961), oltre a un gran numero di altri scrittori slavi, tra i quali i poeti boemi Holan e Halas. Tra le sue opere ricordiamo: Storia della poesia ceca contemporanea (1950), Poesia russa del Novecento (1954), Majakovskij e il teatro russo d’avanguardia (Einaudi, Torino 1959), Poesie di Chlébnikov (ivi 1968), Il trucco e l’anima. I maestri della regia del taatro russo del Novecento, Praga magica. Teatro e requiem (ivi 1973), che gli valse il Premio Libro dell’anno. Ha pubblicato anche cinque raccolte di liriche: Non un giorno ma adesso (1960), La fortezza d’Alvernia (1967), Notizie dal Diluvio (Einaudi, Torino 1969), Sinfonietta (ivi 1972), Lo splendido violino verde (ivi 1976).
3 commenti a questo articolo
Angelo Maria Ripellino
2007-05-23 13:10:45|di el.
Grandi lodi ad Aragno Editore.
Angelo Maria Ripellino
2007-04-03 17:51:03|di Luca Ariano
Un grande finalmente ristampato integralmente. Speriamo vi siano anche nuovi lettori dei suoi versi.
Un caro saluto
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Angelo Maria Ripellino
2009-08-22 15:51:05|di Daniel Cundari - poeta
Un poeta, come amava essere definito. Lo lessi per la prima volta a Siena, nelle straordinarie lezioni di Alessandro Fo. Ricordo una "Lettera agli allievi": la testimonianza di un uomo capace di penetrare con ogni parola nel meraviglioso.
"Amici che avrei voluto avere: Théo Van Gogh, il dottor Čechov, Angelo Maria Ripellino". A dirlo, non a caso, era Gesualdo Bufalino.
Non ne vedo molti altri in giro...
http://www.daniel-cundari.blogspot.com/