di Rosaria Lo Russo

Rosaria Lo Russo (Firenze, 1964, www.rosarialorusso.it ), poetrice, da quasi trent’anni interprete della poesia contemporanea, ma anche medioevale e moderna, è poeta, performer, traduttrice, saggista.
Ha pubblicato Comedia (Bompiani, 1998, libro cd), Penelope (d’if, 2003), Lo Dittatore Amore. Melologhi (Effigie, 2004, libro cd) e Io e Anne. Confessional poems (d’if, 2010, libro cd).
Con la voce e la scrittura ha lavorato, collaborando con varii musicisti e compositori, per la poesia di Anne Sexton, Sylvia Plath, Piero Bigongiari, Mario Luzi, Giorgio Caproni, Andrea Zanzotto, Amelia Rosselli, Giovanni Giudici, Iosif Brodskij, Friederike Mayröcker, Erica Jong, Wislawa Szymborska, e molti altri.

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COME (AC)COGLIERE VOCALMENTE UN TESTO POETICO

Articolo postato mercoledì 9 giugno 2010

La lettura di poesia ad alta voce, altrimenti detta con termine generico e memore dei fasti degli Anni Sessanta-Settanta, ma attualmente alquanto svuotato di significati teorici, performance, è una modalità particolare di recitazione (dunque di teatro). Diciamo cosa non è: non è recitazione immedesimativa e non è canto. Diciamo cosa può essere, allora. Intanto, siccome per fortuna siamo liberi, può essere anche recitazione immedesimativa o canto, ma personalmente ritengo che il teatro, inteso come rappresentazione e il canto, lirico o altro, comunque associato alla musica, siano altri generi all’interno del macrogenere di cui comunque stiamo parlando e parleremo in questo blog: l’arte performativa, ovvero tutto ciò che si svolge davanti ad un pubblico, dall’installazione allo spettacolo teatrale, all’opera lirica. Solo in questo senso, estremamente generico, la lettura di poesia ad alta voce, si può definire performance. Dunque, a tutti gli effetti, finché non specifichiamo, sarà definibile performance poetica sia la rappresentazione di un lettore e/o poeta che legge la sua poesia sia la rappresentazione di un attore che recita (a memoria) o recita leggendo una o più poesie. Effettivamente, in assenza di queste specificazioni, si capisce perché la puntata precedente abbia suscitato le benevole e costruttive, ma un po’ oziose per tutti!, discussioni sulla natura teorica del performare. Qui proverò a descrivere sinteticamente – lo faccio distesamente durante i miei workshop – cosa intendo per lettura di poesia ad alta voce, altrimenti detta talvolta reading-performance, definizione già meno generica di performance e basta.
Ogni testo poetico è (s)bilanciato fra logopea e melopea, ovvero: ogni testo in versi si barcamena al suo interno fra due zone strutturanti, il contenuto (narrativo e grammaticale: il lògos) e la forma (metrica e retorica: il mèlos). Ogni testo in versi ha un tasso di logopea x e un tasso di melopea y, che variano enormemente, muovendoci, diciamo, fra i due estremi di una poesia prosastica e una in metrica chiusa. Vi ricordo che queste suddivisioni sono teoriche, ovvero servono a capire grosso modo come stanno le cose, in assenza di esempi. Ma una cosa è certa: nessuna poesia può non avere una delle due zone testuali: in assenza di melopea abbiamo, piuttosto che la prosa, addirittura l’articolo di giornale! E in assenza di logopea il gioco di parole, il nonsense, che può anche piacere moltissimo, ma non è propriamente una poesia: è un testo poetico, ma non una poesia (Eco docet). La cosa più importante però è l’assoluta interdipendenza fra le due zone testuali, che sono e devono restare inscindibili e non scisse perché solo la loro concomitanza procede in direzione del senso del testo stesso (e qui il riferimento principale è alla semiotica di Kristeva e Barthes).
Quindi il lettore di poesia ad alta voce ha a che fare con una dimensione logopeica che prende compiutamente senso, ovvero che procede in direzione dei sensi ulteriori rispetto alla narrazione e alla grammatica, solo se veicolata dalla dimensione melopeica del testo, che, a sua volta, completa il suo processo di significazione solo se incarnato dalla voce umana, che sola può costituire l’oggettivazione dei significanti metrici e retorici, nonché linguistici in senso lato, del testo stesso.
Non dimentichiamo che la nostra civiltà è ad oralità secondaria, ovvero che il nostro fare poesia – poièin appunto – non è solo orale (mnemonico, in senso primaria) ma scritto. Una corretta lettura ad alta voce di poesia dovrebbe essere il calco fonico del testo, la sua ri-scrittura vocale, il risultato fenotipico di un percorso a ritroso nel genotesto melopeico del testo, quell’ossessione canora, quella istanza musicale primaria rispetto alla composizione del testo stesso, di cui hanno parlato Valery, Leopardi, Bigongiari, - e che tutti i veri poeti hanno esperito!: catene paronomastiche, forme metriche, e insomma tutto il magma marasmatico e godereccio della sonorità e della umoristica della lingua madre (o padre… ma qui si toccherebbero altri argomenti); ma anche reintegrando, tramite l’intonazione, la sintassi e il récit narrativo. Per fare ciò non occorre la musica – perché si deve suonare la musica del testo ovvero la sua zona melopeica-prosodica, non occorre saper recitare, nel senso di “interpretare”, basta saper cogliere le modalità di cui sopra, non occorre avere una voce impostata, perché non è richiesta, scusate il bisticcio, alcuna performance vocale se non quella contenuta nel testo e non a scopi dimostrativi, ma a scopi estetici solamente: quindi posso urlare anche a bassa voce, l’importante è che io lettore intoni l’urlare del testo. In altre parole bisogna semplicemente (ma quanto è difficile!) capire criticamente il testo. Questo per una corretta lettura, naturalmente, che può essere svolta da chiunque. Altra cosa è se si ha anche a disposizione un teatro, se si è svolto un training vocale attorico e da cantante, se si è in sinergia dialogica con musica fatta da musicisti che compongono sul e per e con e tra il testo: allora avremo la performance poetica al gran completo. Ma la prima è altrettanto aristotelicamente – mimesis! – valida, e peraltro necessaria, come training, anche per la seconda.


*

(immagine in alto: Leroy Campbell, Griot)

5 commenti a questo articolo

COME (AC)COGLIERE VOCALMENTE UN TESTO POETICO
2010-06-19 23:10:37|di felice casucci

Quello che si dice è fondamentale e molto innovativo nel campo del diritto e della letteratura, di cui mi occupo. Se si comprende appieno il senso del discorso e lo si traspone su un piano giuridico si ottengono risutati molto ricchi sul versante dell’antiretorica e dell’antiformalismo, per fare in modo che si sviluppi una corrente non (solo) erudita di estetica giuridica. Grazie. E complimenti. FC


COME (AC)COGLIERE VOCALMENTE UN TESTO POETICO
2010-06-11 10:24:25|di fabio luise (aka fabiandirosa)

Credo plausibile che uno dei motivi per cui Rosaria scrive di poesia orale sia rendere ancora più fruibile la poesia medesima, sia per chi la ascolta sia per chi la ‘performa’. E per tal via è necessario confrontarsi sui vari piani di discussione intorno alla voce del lettore performer e alle orecchie del pubblico. Sono sicuro che una (ri)lettura attenta anche dei termini più difficili è sempre possibile, dizionario alla mano. Tuttavia mi chiedo se non sia meglio esprimersi con un linguaggio semplice e vicino a chi intende avvicinarsi a questo mondo magico con piglio non scolastico. Poiché forse altrimenti si rischia di togliere fascinazione al momento performativo, soprattutto in chi è lì per andare o è già stato a vedere uno spettacolo di lettura di poesie e vuole capirci di più, addentrarsi nel genere.
Questo discorso farà sorridere o lascerà indifferenti coloro che in qualche modo fanno già parte del mondo della lettura di testi poetici. Personalmente, se mi metto dalla parte del pubblico, non sono indifferente alle potenzialità attrattive di questa forma di spettacolo (“Stasera danno Pirandello al Quirino”, “Che rottura! Per te esiste solo teatro o cinema. Al Bar-libreria danno una lettura di Campana con accompagnamento di un trio jazz”: non va così talvolta, anche per voi?).
Ed ora mi si perdoni un brevissimo OT: poesia e musica appartengono allo stesso sistema fonico e come tali vanno studiati ai fini dell’udizione. Eppure si osserva una crescente partecipazione del supporto video per accompagnare o veicolare il testo. Lo stesso Lello Voce si è avvalso di video fondali, photo motion, installazioni di video-art. Sono chiari gli intenti di ’tecnoartisti’ come Giacomo Verde o Caterina Davinio: anche l’occhio vuole la sua parte, in una civiltà a oralità secondaria..


COME (AC)COGLIERE VOCALMENTE UN TESTO POETICO
2010-06-10 20:13:24|di Maria Angela

Me, pigra d’appunti, è felice che ciò che Rosaria dice nei workshop lo metta poi su questo blog.
Grazie


COME (AC)COGLIERE VOCALMENTE UN TESTO POETICO
2010-06-10 14:29:57|di Enrico De Lea

Non so cosa sia la poesia - da sempre vado a spanne, alla cieca, etc. In tal senso le tue riflessioni mi paiono davvero prezione ed opportune. Grazie.


COME (AC)COGLIERE VOCALMENTE UN TESTO POETICO
2010-06-09 21:02:54|di paolo

la poesia e’ carne incarnata scarnificata
punto


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