Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
La quinta uscita della nostra rubrica “Figli degli anni 80” non è dedicata certo a un papa-boy, bensì a un Mr Fantastic, anzi un Mr Super-Fantastic del verso, con arti allungabili oltre i confini della realtà, sin dentro il sogno, sin nel fondo dei fondali, sin oltre il Mediterraneo, nel Maghreb in fiamme.
Carlo Cuppini è nato a Urbino nel 1980; ha studiato a Bologna e ora vive a Firenze. Lavora come editor e redattore per Maschietto Editore. Dopo la laurea in storia della danza contemporanea ha lavorato per cinque anni nel teatro: è stato assistente alla regia del coreografo Virgilio Sieni e organizzatore del centro di ricerca artistica CanGo Cantieri Goldonetta. Sue poesie sono state pubblicate nell’antologia Frecce verso l’altro (Marcos y Marcos 2010) e nei blog letterari "Nazione Indiana" e "AbsoluteVille". Scritti critici sono usciti sulle riviste “Alfabeta2”, “Latinoamerica” e “Culture Teatrali”. Il blog “militanza del fiore” è cantiere e archivio delle sue scritture a partire dal 2009. Il suo esordio è avvenuto con un romanzo breve dedicato a Giordano Bruno, Il Mago, finalista al Campiello Giovani nel 1998 e pubblicato da Marsilio nell’antologia I ragazzi del Campiello.
Carlo Cuppini
Appunti sullo stato di grazia degli invertebrati
1.
L’angelo ha un cazzo grande e splendente. Turgido, d’oro riluce sul bianco assoluto del corpo, e delle ali spiegate. Le mine esplodono con fragore al suo passaggio, sotto la pressione – pur lieve – dei piedi. Il volto imperturbato, lo sguardo alto e lontano rivolto a un presente-futuro, rivelano che il boato non raggiunge le sue orecchie. E lo spostamento d’aria non muove il lembo del vestito. L’angelo cammina lentamente, senza fretta senza esitazione, lungo una linea diritta, finché le bombe esplodono sotto la crosta della terra. Poi si volta, si sposta di lato, ricomincia il cammino, all’indietro. E di nuovo, una sequela di detonazioni. Avanti e indietro, battendo tutta l’area, come arando il terreno per dissodare la morte in agguato. Quando ogni ordigno è stato condotto al termine della sua calma impazienza di esplodere, l’angelo spalanca le ali come airone che sull’argine cerca il vento, ruota secondo la direzione dove il suo cazzo – antenna dorata – sente e tira. Bacchetta sensibile di rabdomante, il cazzo dell’angelo indovina la prossima zona dove la morte dal volto di uomo è stata incastonata e innescata. Dove quei semi stanno acquattati a sognare l’istante di gloria metallica e sanguinaria che gli è concessa, un palmo appena sotto la superficie di quel suolo che è per noi pavimento.
2.
Balena spiaggiata sulla sponda del sonno
al risveglio gridano tutti saltando a pie’ pari la sponda
25 metri di bestia riversa imbottita di plastica
e noi andiamo nel fondale col tubo a cercare i relitti
– sacchetti vietati dal primo gennaio di quest’anno –
dell’affondata Civiltà del Futuro per quanto
qua un tempo era tutto fondale finché
i sacchetti hanno alzato il livello del suolo e i riga-
gnoli di monnezza non riciclata liquefatta
dall’acido di piogge torrenzial-esistenziali riportano
tutto al bacino del mare e la balena anche
si contorce si rotola col mal di pancia scalcia
alla luce delle cozze fosforescenti venute da Bari
a vegliare degnamente il cetaceo finite
poi esse accidentalmente sul piatto
del ristorante romantico del lido e al momento
di pagare il conto sono scoppiate
in lacrime tutte le navi atomiche del Mediterraneo
pensando al Giappone e hanno fatto
rivoltare l’Italia come una frittata l’Appennino
a raschiare il fondale come lo scafo
di una nave annacquata le radici
per aria la bile che cola al contrario
3.
qui non c’è attesa di
speranza – disperanza – dispera – qui
c’è il benzinaio pronto a dare ragione a chi
volesse incendiarsi di fronte
all’intollerabile
il Maghreb in fiamme ha fatto alzare il prezzo del barile
in Maghreb alle fiamme ci si è dato un ragazzo
ventisei anni laurea moglie figlie un’ultima
lettera alla madre su facebook
qui il carburante a un euro e mezzo al litro
se ti vuoi dar fuoco per protestare
contro la svendita dello Stato al Proprietario
ci guadagna oltre al benzinaio lo Stato che
batte cassa coi morti una lira e novanta
per la guerra d’Abissinia del trentacinque quattordici
lire per la crisi di Suez del cinquantasei poi il
Vajont del sessantatré Firenze sessantasei il Belice
sessantotto il Friuli settantasei l’
Irpinia dell’ottanta il Libano ottantatré la
Bosnia del novantasei e via a andare
oggi anche il tavolo s’è incendiato
noi seduti intorno per pranzo
rimasti a guardare attoniti il pollo
le altre portate e la tovaglia avvampare
4.
Scoppia la lampadina in mezzo al soffitto. Piovono vetri. Tirata contro una scarpa, nel dormiveglia. Vetri cadono in faccia. Un frammento ferisce la cornea. Dell’occhio sinistro. Grattare l’occhio sfregando la palpebra chiusa. L’irritazione si espande. A occhi chiusi, il rosso si espande. Da un punto centrale indistinto, dove è intenso, verso la periferia, dove sbiadisce. Dal portalampada senza più bulbo discende un fluido verdastro. Nevica sul pavimento in grandi fiocchi, lentamente. L’angelo appare seduto in alto, sullo spigolo di due pareti, con faccia di leone accecato. Come occhi due tondi neri. Guarda il flusso verdastro, guarda. Dice: è la luce che cade, che va all’estinzione. Grattare l’occhio attraverso la palpebra. Il rossore si espande. Aprire quell’altro. Nero.
5.
lascio l’orma del sogno nel letto – scendo
mi stendo nella pozzanghera nel corridoio – vedo
scendere fiocchi di cemento armato – lievi
sul corpo si sciolgono in cenere – nera
cammino tra la città e il bordo – del mare
montagne di ali d’angeli ammucchiate – pattume
hanno detto: deportazione: partenza – domani
noi siamo in cammino da sempre già – deportati
tra le spiagge senza il mare le scarpe – spellate
ci ricordano piedi che non abbiamo – perduti
e vengono giù bombe come ingiunzioni – commerciali
tra i palazzi di gesso guardiamo il bambino – che muore – seduto – sul sole
6.
se l’arancia trasuda violenza
non puoi farne a meno: la trafiggi
con la punta del coltello nero
mentre ti esplode in mezzo allo stomaco
un proiettile a frammentazione
avanzato dall’ultima guerra
ancora in corso da qualche parte
poi s’apre l’anta della dispensa
tra i biscotti fanno capolino
migliaia di profughi libici
ti vengono incontro
sorridenti
pieni di fiori ballando
il samba ti riempiono gli occhi
e la cucina
7.
Poi l’angelo affonda il muso nel pasto. Non lo solleva finché niente di umano è restato, in quella forma scomposta.
Carlo Cuppini: APPUNTI SULLO STATO DI GRAZIA DEGLI INVERTEBRATI
2012-04-07 00:07:40|di Carlo Cuppini
Chiedo scusa per l’incursione autoreferenziale, è giusto per un aggiornamento alla nota bio: è uscito nel frattempo "Militanza del fiore" (Maschietto Editore) che raccoglie i miei testi poetici scritti tra il 2007 e il 2011, con prefazione di Adriano Sofri