Absolute Poetry 2.0
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Christian Raimo

latte

Articolo postato sabato 28 aprile 2007
da Maria Valente

Christian Raimo

Nato a Roma nel 1975, collaboratore di varie riviste letterarie ed editor della casa editrice romana minimum fax, ha esordito nel 2001 con la raccolta di racconti Latte, seguita nel 2004 da Dov’eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro?, entrambe pubblicate da minimum fax. Per le stesse edizioni, sempre nel 2004, ha curato assieme a Nicola Lagioia l’antologia La qualità dell’aria.

Nel 2005 è uscito per la collana Stile Libero di Einaudi il romanzo 2005 dopo Cristo, scritto assieme a Francesco Longo, Francesco Pacifico e Nicola Lagioia e firmato con il nome collettivo di Babette Factory.

Qui di seguito, una breve introduzione del brano poetico Latte, inserito nell’omonima raccolta di racconti, edita nella collana nichel, minimum fax, 2001 e, in allegato, la versione integrale.

Latte

Pure così,
rigirarsi nel letto,
con questi movimenti,
così poco stilizzati,
così sotto controllo,
non voleva dire nulla;
non era una salvezza
quella di stare ad arroccarsi.
Essere così inerme, vuota,
non le dava niente; non riusciva a farla entrare
in un ruolo, in un costume
in cui stare a proprio agio.

Si arresa ad alzarsi,
mantenendo la malavoglia come coscienza,
fissandosi sulle cose
con uno sguardo cannibale:
i chiodi che reggevano il pannello
sulla parete, la zigrinatura
di un ritaglio di giornale
caduto sopra il pavimento,
e sul giornale le righe parallele,
l’imperfezione delle linee grigie
tra una mattonella e l’altra,
il pavimento diviso a mattonelle,
venti centimetri per trenta,
il colore della maniglia
della porta della stanza:
ottone color di fabbrica,
color scocca di letto,
color pomello;
poggiò le mani sul lavandino,
coi polsi tirati ed esposti
in avanti, e cominciando a pensare
un dubbio contorto, nella forma:
ma è comunque più giusto
iniziare a sperimentare le cose
e sottoporle subito dopo a processo,
o conviene sedersi arenati
su un’arida panchina del cervello
e immaginarsi l’evoluzione delle cose
così da dare una lieve e sana forzatura
al loro sviluppo stesso?
Alzò gli occhi verso lo specchio grande
del bagno, che era senza cornice,
e lesse quello che ci aveva scritto
in un’ipnosi da lavaggio dei denti
la sera prima, alle due e un quarto circa,
con un pennarello verde: Chi è Martina?,
e quasi, gradualmente, lentamente,
le sembrò di avere pianto,
di essere esplosa in lacrime, strilli, gesti isterici,
senza che nulla però fosse accaduto:
come una febbre che non si manifesta,
una malattia che non fa il suo corso,
una cagna sterilizzata.
[…]

Vuoi sapere qualcosa sulla vita, allora guarda,
non cercare né cataloghi né portacassette
né album portafoto, amore guarda.
[…]

Quello che di tanto in poco,
come una manica che vi rimane impigliata
nel gancio della maniglia di una porta,
quello che di tanto in poco,
ossessivamente e laconicamente,
a lei la sorprendeva,
era la sconfitta, il fallimento,
la sua gloria, la sua esasperante bellezza, la resa
alle circostanze, al tempo, a un cammino
che non si è visto realizzato fino all’osso.
Si sentiva come un ferro caldo
in un crogiuolo di romanticismo,
non voleva distaccarsene,
almeno le sue parole
voleva che fossero temprate
lì dentro. Anche i più infuocati
anche i febbrili geni
non erano nei fatti dei falliti?
Non erano loro stessi dei falliti,
degli arresi, degli sconfittivinti?
[…]

E’ anche soltanto morendo che si perde!

2 commenti a questo articolo

Christian Raimo
2007-05-02 10:30:00|di maria

Anche a me è piaciuta molto, non sempre riesco a motivare quando accade, non ho una predilezione per le poesie narrative, ma questa non mi è sembrata esattamente un racconto, è insieme stream of consciousness e stream of perceptions, il magnetismo dei dettagli secondari e irrilevanti su cui la mente, che asseconda lo sguardo si arena, abdicando a una forma di volontà appena più autonoma, assolutamente travolta dallo scorrere meccanico delle cose, come se avesse inserito il pilota automatico e mentre scorre lenta insieme ai fotogrammi, con forza d’inerzia, di tanto in tanto rientra in sé, e lo fa con violenza, pur rimanendo sovrappensiero un pensiero che si avverte come un dolore acuto. Ma, ad essere sinceri, la cosa che mi ha lasciato più interdetta, è questo entrare dell’autore davvero in un’altra pelle. E’ difficile per una donna riuscire a riconoscersi nei "cammei" confezionati dagli uomini, non so quante donne abbiano potuto davvero specchiarsi nei pensieri di Molly Bloom, Justine o Emma Bovary, tanto per elencare un po’ a caso, io ho sempre considerato riconoscibilissima la mano maschile, un tratto estraneo, un po’ carico, non saprei dire...ma la figura femminile di latte è talmente autentica che mi sembra togliermi le parole e i pensieri di bocca, ma forse è un’impressione soggettiva, e forse è per questa forte impressione soggettiva che io non riesco a dirne in maniera precisa.


Christian Raimo
2007-05-01 02:57:48|di Neri Belcredi

Narrativa, postmoderna e simbolista insieme questa tua storia. O dico una cazzata? Bella, però, cmq.


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