Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

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Coito, di Gabriele Iarusso

Edizioni Il Filo, Roma, 2006, ISBN-13 978-88-7842-617-7, pagine 100; prefazione di Marina Paola Sambusseti

Articolo postato lunedì 21 gennaio 2008
da Christian Sinicco

Gebriele Iarusso è un poeta nato a Benevento nel 1980. Nel suo primo libro, Coito (Edizioni Il Filo, Roma, 2006), prevale una poesia che accumula frammenti, estratti dalla vicenda di un individuo che percorre i luoghi e narra le vicende di una città, di una metropoli.
E’ una versificazione fatta di scarti, e in questa teoresi lo scarto maggiore lo si avverte tra la percezione di questa società e la vita che si vorrebbe. Iarusso cattura delle immagini, estrae un negativo; poi si dedica ai tagli, riassembla le immagini (spesso l’allucinante visione); narra delle speranze di uomo “comune” che nei fuori-luogo, nei momenti di "riflessione", forse meglio nel tentativo di collegarsi con se stesso, può nuovamente sentire, gettando dunque uno sguardo oltre “il fiume che si getta” in una “immensa conca” (pag. 33), quella del senso, descrizione che ricorda il finale di un celebre poema di Coleridge, Kubla Khan.
Lateralmente, si sviluppa il tema delle relazioni tra gli individui, corpi che si toccano, amori che appaiono in una realtà che respinge “qualsiasi forma di tenerezza”.
Nella poesia Al Cardinale, l’amore fatto a pezzi - la fetta d’amore -, cioè il sentire o la sua finzione, volente o nolente collegata a forme di mercificazione o di potere, è la metafora di una maledizione che incombe grazie a chi pensa di gestire la verità degli altri, senza viverli in fondo.
Non è importante se il salotto di comando sia quello del Vescovo o di un altro individuo di questa società, poiché “la disgrazia è il non avere amore/ da nessuna cosa/ ...soli in quattro mura enormi/ vinti... repressi” (pag. 29, pag. 30). Questa è la disgrazia finale nella società qui rappresentata, una prigione di frustrazioni.

Può succedere di tutto nella realtà che il poeta descrive, poiché non c’è più nessuno che abbia il coraggio di mettere la mano nel costato; può accadere di credere a tutto, senza che ci sia un movimento reciproco e di aiuto - AIUTATE AIUTATE ripete in un testo il poeta - tra le persone: tutte le informazioni che giungono alla nostra attenzione riportano la seguente titolazione, “l’odio/ di un padre fustigato/ un imprigionato marito” (pag. 71), l’odio, la paura, la prigionia a causa di qualcosa, lo scacco ai danni dell’uomo. Ma a questo e al fatto, probabile, che “le nostre figlie/ verranno a chiederci d’andar a giocare al sesso/ in squadra/ senza tatto” siamo abituati, è l’immagine del “nostro tempo”, e non siamo interessati a chi, lì, lavora per il proprio “orgasmo” (pag. 17) con il ritmo e la frenesia del venire in bocca ad un’altra “bambola” (pag. 13), un’altra matriosca governata da chi sa quale altro essere, sistema.


Ma era solo immaginario
Nessun senso nuovo tutto astratto tutto non detto

Non hai visto corpi passare
eppure …
non hai udito sirene
no non hai udito
eppure …
nessun branco pronto a sbranare

Gli occhi delle macchine
di notte lucenti
sulle strade
a tratti
non commentano
il mezzo busto
Stravolta
camicetta giacchina
tutta stropicciata
tutta la notte tutta la notte
le cinque
è tornata !

(Pag. 12)


L’epopea dell’uomo di Coito si apre nella finzione quotidiana a cui esso si sottopone, da cui poi emerge emaciato, e si chiude “nelle missioni gran puttanaio del guadagno” poiché “Dov’è missione internazionale è incasso” (pag. 95) per cui tutti gli uomini alla fine del “tunnel di pellicole e diapositive/ che scorrono veloci” (pag. 83) si sentiranno “arrapati” da “soldi bombe sesso” (pag. 95)...
La poesia in Coito si pone delle domande, se abbiamo mai visto o sentito Cristo, se c’è ancora bisogno di noi anche se gli unici bisogni che sentiamo sono quelli che scarichiamo nel “cesso” (pag. 37), se dobbiamo accettare questo “sistema” di “occhi bocche braccia gambe” fatto per eccitare la nostra “frenesia” (pag. 41), ma soprattutto si domanda dove si sia cacciata la meraviglia...
Iarusso “informa” il libro con il messaggio dell’implicazione di tutti, da quando fondamentalmente l’uomo ha cominciato a cercare dio negli angeli, siano essi prodotti di consumo astratto, beni ben più materiali o farse promozionali, invece di cercare dio come lo cercano gli angeli – mi scuseranno i lettori se cito Sant’Agostino -; la condanna è ovviamente quella che lega vittime e carnefici di questo commercio, che è pure smercio della meraviglia: “tagliano fissano rapinano sorrisi mielosi”...
Ad un certo punto il personaggio del libro vorrebbe “essere un imbecille”, e il poeta forse vorrebbe non vedere l’innocenza correre “a chiedere denaro” o sentirsi accolto “dalla vita” solo “Perché possa terminare il suo olocausto”.

Interessanti, nell’accumulo di frammenti di alcuni testi - quelli più lunghi, che allego in formato word -, sono le ripetizioni che fungono sì da interferenza (come lo speaker di un telegiornale che si insinua repentinamente in un flusso simile a quelli proposti dal programma televisivo di RaiTre Blob), ma che servono in definitiva a spostare rapidamente l’attenzione – cinematograficamente l’azione - verso l’immagine successiva: “Sagoma sociale muovi le tue enormi tette/ gonfie gonfie gonfie gonfie/ bevi tracanna nei tuo calici d’oro/ vino/ olio[...] Lacrime lacrime lacrime/ disperse/ annullate/ nel flusso continuo delle tue mestruazioni/ lacrime/ quell’uomo toccato/ nella folla prende impugna” (pag. 22).
Altre ripetizioni, anche leggermente variate, servono a precisare la critica, come, ad esempio, “Lui ha detto/ attenti agli occhi/ che le grida sono solo strumenti”, che ripetuto più volte conduce il lettore al messaggio nel finale:

Lui ha detto
Attenti agli occhi
Che le urla sono solo strumenti

Popolo chiedi pace
invochi …
ascolti padroni in piazza
con parlare cadenzato
sputtanare un qualcosa
in cui tu
vecchio romanticone
credi
di credere

Vigliacchi
Falsi velleitari
Neofita di pace
Solidali per amor cortese di palazzi
Oro e raso
Sono despota che ascolti
Popolo
Inconsapevole di essere tu Stato
Solo
t’abbandoni persino a un dio
alterato
popolo
dimentico che sei uomo
popolo
ubriaco

(Pag. 28)


Ma con le grida di altri, qualcuno ci illude, vende i suoi spot?
Chissà, forse l’unico baratto a cui vuole arrivare Iarusso, con il lettore, con l’uomo, è proprio il dono della critica, ciò che permette di ragionare da soli e scegliere, oltre la considerazione di ogni credenza, oltre l’appartenza alla comunità assoluta dei giusti, la comunità che giustifica e purifica attraverso la coperta della democrazia, di un’ideologia o di dio, ogni nefandezza del passato e di oggi.... Dunque, togliendo l’elettricità ai salotti che ci illudono, ovunque si trovino, affinché chi ci controlla non possa più meravigliarci con le sue luci.
Affinché l’uomo possa essere più convinto del calore di un abbraccio o di una stretta di mano.



Gabriele Iarusso è nato a Benevento nel 1980 e vive a Roma. Laureato in Lettere presso l’Università “La Sapienza”, alcuni suoi versi sono apparsi su “Poesie del nuovo millennio”, “Poetici orizzonti” e “Altre sembianze” (Aletti Editore) e sull’antologia “Emozioni” (Pagine Editore). Coito è la sua prima raccolta di poesie.

1 commenti a questo articolo

Coito, di Gabriele Iarusso
2008-02-13 11:52:30|di Vitangelo

Mi capita ogni tanto di dare uno sguardo su questo blog. Tanti aspiranti poeti, più poetastri a scrivere e cantarsela e suonarsela. Una volta che viene proposto qualcuno che forse confrontato a tutti questi "poeti moderni" li supera di gran lunga... niente! nemmeno un commento alla recensione di Christian (uno dei pochissimi che ha motivo di continuare a scrivere). Due credo siano i motivi di questo silenzio:
o non avete letto l’articolo, o non ci capite veramente un c.
Insomma Sinicco vi mette anche qualche componimento per farvelo leggere e voi, niente. Poi vi inseriscono qualche stupidaggine spacciata per "poesia sperimentale" e subito "Grande...", "solo voi...", "un’idea...", "questa è poesia...". Leggetevi attentamente questi versi di questo poeta e rendetevi conto di cosa significhi poesia, leggere un po’ di poesia.
Christian ha avuto un buon intuito a proporlo. andatevi a leggere anche la recensione su www.culturalevents.it e su Le reti Dedalus


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