di Stefano La Via

Stefano La Via si è formato presso le Università di Roma "La Sapienza" e di Princeton.
È professore associato di Storia della poesia per musica presso la Facoltà di Musicologia di Cremona (Università di Pavia).
Ha pubblicato numerosi saggi sul rapporto fra poesia e musica in varie epoche storiche, dal medioevo ad oggi.
Fra i suoi libri:
Il lamento di Venere abbandonata. Tiziano e Cipriano de Rore, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 1994;
Poesia per musica e musica per poesia. Dai trovatori a Paolo Conte, Roma, Carocci, 2006

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Come si ’traduce’ una canzone?

Articolo postato venerdì 19 novembre 2010

La domanda del titolo non è retorica, e neanche poi così innocua. La risposta più tipica suona, grosso modo, così: “Ma è ovvio, no? Come qualsiasi testo verbale strutturato in versi. Con gli stessi criteri, insomma, con cui si traduce una poesia. Passando da un genere all’altro, i due problemi di fondo rimangono gli stessi: l’impossibilità di riprodurre i suoni e i ritmi originali nel nuovo idioma linguistico; la difficoltà, spesso non meno improba, di rimanere fedeli al modello almeno sul piano dei significati. In entrambi i casi, canzone e poesia, il testo di partenza è semplicemente intraducibile; si dovrà dunque per forza scegliere (crocianamente) fra due tipologie di traduzione: la prima, infedele ma bella, di gran lunga preferibile alla seconda, brutta ma fedele”.

Una risposta del genere può sembrare non solo perfettamente sensata (e in parte a dire il vero lo è), ma anche più innocua della domanda di partenza. In realtà non è una vera risposta, essendo basata su una serie di false premesse. La più grave delle quali è l’idea che poesia e canzone possano essere ricondotte a una stessa, grande famiglia di forme letterarie (o potenzialmente tali), accomunate dalla natura versificatoria del rispettivo testo verbale. E qui non ho bisogno di ripetere quanto già più volte espresso, nei precedenti post di MélosBlog, in merito alle profonde differenze esistenti fra il genere (letterario) della poesia pura e il genere (poetico-musicale) della canzone. Il punto cruciale—che mi preme in questa sede mettere a fuoco ed esemplificare brevemente—è che tali differenze finiscono per ripercuotersi, e assai fortemente, anche sul piano della cosiddetta ‘traduzione’.

Chi traduce il testo di una poesia è più facilmente portato a riscriverlo con un atteggiamento di relativa libertà (ri-creativa) che a sua volta ricalca quello assunto dall’autore al momento della concezione vera e propria. Non di rado le traduzioni poetiche più riuscite sono quelle che, rinunciando a priori ad una resa fedele della ‘musica verbale’ in tutti i suoi aspetti—a partire da quelli fonico-timbrico, prosodico, rimico e metrico—ambiscono più che altro a riflettere con una versificazione diversa (magari anche più irregolare e incoerente) lo spirito, il senso concettuale ed emotivo più profondo del testo originale. Ora, applicare simili criteri al testo di una canzone, pratica peraltro abbastanza diffusa fra i letterati, significa contribuire a tradirne l’identità stessa di genere—poetico-musicale—prima ancora che a snaturarne carattere e senso complessivo: privare i versi di una canzone anche solo della loro scansione metrica originaria, in altre parole, significa separarli definitivamente dalla musica in funzione della quale essi sono stati concepiti; il che equivale, insomma, a celare una ‘poesia per musica’ sotto le false spoglie di una ‘poesia pura’.

Non a caso le traduzioni di gran lunga più felici, in questo repertorio, sono quelle realizzate non dai letterati e filologi accademici, nelle loro più o meno ‘critiche’ edizioni, ma dagli stessi artisti, siano essi semplici parolieri o più completi cantautori, con una finalità pratica radicalmente diversa: quella cioè di produrre una nuova versione della canzone straniera che possa essere cantata, con un nuovo arrangiamento strumentale, e magari anche lanciata sul mercato discografico. Solo in simili casi, io credo, si può dire che la canzone sia stata effettivamente ‘tradotta’: ovvero ricreata, nel suo complesso, in un nuovo ‘idioma’ (poetico-musicale), nella forma di un testo (poetico-musicale) che sia a un tempo cantabile e sufficientemente prossimo allo spirito e al senso del modello originale. Penso, fra i tanti esempi possibili, alle traduzioni italiane delle canzoni di Brassens proposte rispettivamente da un grande cantautore come Fabrizio De André e da un fine letterato e critico, altrettanto francofilo, come Maurizio Cucchi; ad essi si può anche affiancare il caso estremo di un autore-traduttore d’estrazione più decisamente comico-cabarettistica come Nanni Svampa, disposto talora a ridicolizzare i testi dello chansonnier francese anche per rispettarne (in realtà non poi così bene) la scansione metrica. Basti leggere anche solo le rispettive versioni della prima strofa di Dans l’eau de la claire fontaine:

Brassens (1961):
Dans l’eau de la claire fontaine
elle se bagnait toute nue.
Une saute de vent soudaine
jeta ses habits dans les nues.

De André (1968)
Nell’acqua della chiara fontana
lei tutta nuda si bagnava,
quando un soffio di tramontana
le sue vesti in cielo portava.

Svampa (1983/2004/2006):
Nell’acqua del laghetto, nuda,
nuotava tra i riflessi blu:
un colpo di vent’orco giuda
si porta i suoi vestiti lassù.

Cucchi (1994):
Nell’acqua della fonte chiara
faceva il bagno tutta nuda,
quando il vento fece volare
i suoi abiti fino alle nubi.

Ciascuna delle tre le versioni italiane è, a suo modo, più o meno ‘cantabile’ (persino quella di Cucchi, anche se il quarto verso metterebbe a durissima prova qualsiasi interprete). Solo De André, tuttavia, riesce effettivamente a ‘tradurre’ il testo francese, con i suoni armoniosi e le cadenze naturali di una nuova voce poetica, e al contempo a rispettarne tutti i parametri fondamentali (significati, scansione metrica, corrispondenze rimiche). Persino la sua resa letterale del primo verso, oltre a riprodurre suoni abbastanza prossimi a quelli originali, ha il pregio di evidenziare le radici medioevali e colte (provenzali e italiane prima ancora che francesi) di un topos letterario universale come quello, appunto, della “chiara fontana”. Al confronto, gli altri due tentativi, rispettivamente concentrati sull’aspetto rimico-prosodico (Svampa) e su quello semantico-letterale (Cucchi), appaiono entrambi assai più goffi e innaturali, tanto da sconfinare ora nella parodia (lontanissima almeno in questo caso dallo spirito brassensiano), ora nel più antimusicale degli esercizi calligrafici (distante soprattutto dai ritmi e dalle cadenze d’origine).

Leggendo ed ascoltando il resto della canzone, naturalmente, emergerebbero moltissimi altri aspetti significativi, che non si ha qui lo spazio neanche di riassumere. Si provi però, almeno, ad ascoltare la chanson di Brassens (1961)



e poi le rispettive versioni di De André (1968)



e Svampa (2004) [file musicale]


Anche al primissimo ascolto, senza bisogno di analisi, l’abisso che separa Nell’acqua della chiara fontana da Nell’acqua del laghetto, nuda risulta sin troppo evidente. De André si è effettivamente sforzato di ‘tradurre’, in modo personale ma anche rispettoso e fedele nei limiti del possibile, non solo i versi di Brassens, ma anche la loro intonazione musicale, e persino l’arrangiamento strumentale (anche qui affidato a due chitarre e contrabbasso, con la sola aggiunta episodica di un flauto traverso). Nonostante lo stesso cantautore abbia più volte chiarito l’impostazione crociana del suo metodo di lavoro (“di fronte a quello che considero bello, sono disposto ai più sordidi tradimenti”), mi sembra di poter dire che in questo caso la sua traduzione riesca ad essere “bella” mantenendo, da ogni punto di vista, anche un altissimo grado di “fedeltà”. Svampa, dal canto suo, ha pressoché riscritto la stessa chanson, trasformandola—nelle parole come nel sound, nella versificazione come nel ritmo musicale, nello stile vocale come nell’accompagnamento—in una versione così libera (e francamente non proprio “bella”), da non aver quasi più niente a che vedere col modello originale.

Tutto questo ci aiuta, per lo meno, a distinguere fra tre diversi modi di intendere la ‘traduzione’ di una canzone: quello parziale e dunque improprio, in quanto concentrato esclusivamente sull’aspetto verbale, di chi scambia il testo di una canzone per quello di una poesia (Cucchi); quello semi-parodistico di chi considera, sì, il testo complessivo della canzone, ma finisce per riscriverlo a suo piacimento (Svampa); quello, infine, di chi, come De André, sa esattamente cosa signfica ‘tradurre una canzone’.

Mi si obietterà: “Ma De André è un cantautore, e pure uno dei più grandi! Traduce per cantare. Non pretenderai che si seguano i suoi stessi criteri anche nell’edizione tradotta, e stampata in forma di libro, dell’intero canzoniere di un autore straniero?”
Ebbene sì—risponderò senza esitazione. I risultati magari non saranno altrettanto sommi, ma l’idea è proprio questa: stimolare tutte le categorie di traduttori—me compreso—a considerare una canzone per quello che essa realmente è; e dunque, a non accontentarsi di una traduzione puramente verbale e letterale (letteraria). Bisogna andare oltre. Bisogna sforzarsi, magari con l’aiuto della propria voce (e di uno strumento di accompagnamento), di far cantare anche il nuovo testo-musicale, la nuova canzone; e ciò per non ‘tradirne’, anzitutto, la natura e il genere di appartenenza—in una parola: l’identità.
Lo so, tutto questo richiede uno sforzo enorme. Ma, come in ogni rapporto d’amore, ne vale sempre la pena. (Già, perché cos’è poi la traduzione se non un grande atto d’amore?)

Vivete felici!

8 commenti a questo articolo

Come si ’traduce’ una canzone?
2014-09-10 07:08:04|di hemant

van het gebruik van Qigong tot verbetering van de omvang en worden hoger vooral omdat er was een Chinese vrouw genaamd Zixia of Nicole die step up height increaser for customers


Come si ’traduce’ una canzone?
2014-05-19 11:05:06|di esperanto

ViviAte felici ;)
"Vivete felici" è un’informazione, equivalente a "state vivendo felici"

PS non è necessaria la pubblicazione di questo commento, vista la sua natura. Solo non ho resistito, trattandosi di un articolo che tratta argomenti tutto sommato linguistici.


Come si ’traduce’ una canzone?aiuto tesi di laurea!!
2012-09-16 20:52:31|di Elisa

Mi rivolgo a chiunque possa rispondere ai miei quesiti, in questo caso anche, e soprattutto, all’autore di questo articolo Stefano la Via. Mi sto occupando di affrontare l’argomento per la mia tesi di laurea, dove ho cercato di introdurre l’argomento con un confronto tra la poesia e la canzone in quanto entrambi di natura versificatoria, di natura lirico poetica e affini nell’utilizzo di procedimenti stilisatici e di retorica.Ciò per poi arrivare ad identificare dei criteri corretti di traduzione di una canzone,o ad postulare l’utilizzo dei procedimenti usati nella traduzione poetica, ma essendo inesperta in questo specifico campo vi chiedo di aiutarmi a chiarire questi dubbi.Posso anche citarvi nella mia tesi per il vostro prezioso contributo se lo gradite.Attendo una risposta.


Come si ’traduce’ una canzone?
2010-11-26 16:14:46|

Riguardo al commento di Alessandro Mello, nella sostanza di fondo non posso non concordare: penso soprattutto ai nostri grandi tradimenti (di atmosfere, culture, valori, spirito, oltre che di metrica e/o significati) perpetrati nei confronti della popular song, della chanson, della canção brasiliana (quest’ultima in realtà ancor più maltrattata e umiliata dai ’traduttori’ americani, tedeschi e francesi!).
Per estinguere questi enormi debiti, decidiamoci a dimostrare che il nostro amore (per quelle canzoni, per i loro autori, per le loro culture) è autentico, fondato su una comprensione reale e profonda: sforziamoci di ’tradurre’ sul serio = attraverso il canto! Seguiamo gli esempi degli artisti più innamorati: vedi, oltre a De André, Sergio Bardotti, Fausto Amodei, Andrea Satta, e pochi altri in realtà...
Non concordo, invece, sulle frasi: "non deve proprio esserci il problema ’bello’ o ’brutto’"; "la canzone tradotta deve essere una copia dell’originale" (???).
Il perché del mio disaccordo dovrebbe risultare chiaro già dai contenuti del post; per illustrarlo ancora meglio, ovviamente, bisognerebbe entrare nei dettagli pratici del fare, della poiesis, dell’esperienza artigianale del ’tradurre’... solo così il problema del ’bello’ e del ’brutto’ emergerebbe in tutta la sua concretezza. Non escludo di farlo prossimamente anche in questa sede (sempre che la cosa interessi, naturalmente).
Grazie comunque!
slv


Come si ’traduce’ una canzone?
2010-11-26 12:18:04|di alessandro mello

al di là degli esempi riportati, la questione però è anche di capacità da parte del traduttore di interpretare l’atmosfera, il ruolo nell’impatto sociale, la visione dell’artista che ha composto l’originale. già la difficoltà metrica mi sembra notevole, ed è quello secondo me il punto di partenza: scegliere una scansione opportuna, omologa a quella utilizzata nella lingua originale. non deve proprio esserci il problema ’bello’ o ’brutto’, la canzone tradotta dev’essere una copia dell’originale, mantenendo le stesse qualità. diciamo che per quanto riguarda la nostra lingua, nello specifico la canzone italiana, ad esempio rispetto alla canzone (ballad, ecc) espressa dalla cultura popolare dei paesi anglosassoni, non è un esempio fulgido di credibilità e di immediatezza, nè estetica nè letteraria, laddove nella traduzione in italiano di grandi classici della narrativa riusciamo indubbiamente meglio.
per gettarci tutti nello sconforto, consiglio la versione trash di nothing else matters dei metallica di marco masini: già il titolo è spettacolare... ’e chi se ne frega’.


Come si ’traduce’ una canzone?
2010-11-23 13:04:12|di corpo10

Buongiorno,
sono io che ringrazio lei per la cortesia della risposta. Intendevo l’aggettivo ‘esaustivo’ per esprimere la compiutezza del suo intervento. So bene che anche De andré stesso rifiutò di essere paragonato ai poeti veri (e in fondo continuo a pensarlo un po’ anch’io), ma la modestia di un autore non è un criterio sufficiente di valutazione. Lei ha parlato dell’avverbio ‘crocianamente’ rispetto alla traduzione, io, forzando un po’, l’ammettto, l’ho ribaltato nell’ambito della dicotomia poesia/non poesia. Estremi che ovviamente categorizzano una situazione che è molto più complessa; ma in fondo si tratta della differenza di base tra le arti e l’esegesi.
Grazie per i suggerimenti bibliografici.
Arrivederci,
corpo10


Come si ’traduce’ una canzone?
2010-11-22 17:25:15|

La ringrazio per l’attenzione e per gli apprezzamenti. La mia ’disamina’, tuttavia, era solo un piccolissimo assaggio (tutt’altro che ’esaustivo’!), condito con qualche lieve provocazione.

Se è stato Croce a distinguere fra traduzioni ’belle e infedeli’ e ’brutte e fedeli’ perché mai l’avverbio "crocianamente" dovrebbe considerarsi ’superato’? Se invece si riferisce alla distinzione in sé, ognuno di noi può credere che sia più o meno suparata o attuale. Rifletta sul fatto che De André, in almeno due occasioni, l’ha ripresa (con preciso riferimento a Croce) e sottoscritta pienamente.
Per me è un po’ troppo rigidamente schematica: può aver valore solo caso per caso, in riferimento a esempi pratici, e solo se si intendono le due categorie come due poli estremi, all’interno dei quali si inserisce una grande varietà di tipologie alternative.

Alla differenza fra poesia e canzone sono state dedicate intere biblioteche. Qui posso solo segnalarle due volumi recenti, sulla base dei quali impostare una riflessione seria (fondata non solo su dati teorici ma anche su esperienze pratiche):
S. La Via, Poesia per musica e musica per poesia: dai trovatori a Paolo Conte, Roma, Carocci, 2006;
Autori Vari, Il suono e l’inchiostro: Poesia e canzone nell’Italia contemporanea - cantautori, saggisti, poeti a confronto, Milano, Chiarelettere, 2009.
Buona lettura!

slv


Come si ’traduce’ una canzone?
2010-11-22 14:16:26|di corpo10

La disamina è esaustiva e pienamente condivisibile. una piccola osservazione. So che il semplice principio di versificazione non basta ad intendere un testo come la canzone come sinonimo di poesia, però... mi sono laureato su de andrè e condivido il fatto che sia più cantautore che poeta ma quando i miei proff. mi hanno detto che non è poeta non mi hanno spiegato bene il perché. Io ho una mia idea ma vorrei un parere più autorevole. Sul nostro blog, http://collettivocorpo10.wordpress.com/, ci occupiamo anche di poesia, ma a questo punto mi sorgono continui dubbi su cosa sia veramente questa forma espositiva; non potrebbe essere un po’ superato il tanto citato e tanto caro avverbio "crocianamente" che non riusciva ad inserire nelle categorie poesia/non poesia uno come Leopardi?!


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