Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Si può usare Saviano per parlare praticamente di qualsiasi cosa: di politica, di cucina, di odontoiatria, di maschio latino e, se proprio lo vogliamo, di poesia; dello stato della letteratura nel nostro paese e di poesia. Con Saviano e su Saviano si combatte una delle più interessanti battaglie culturali degli ultimi tempi, almeno questo è quello che ci vogliono far credere, ma l’obiettivo, come sempre, è quello di dividerci tra due tifoserie. Se Saviano è veramente lo scrittore con la S maiuscola anche il messaggio che veicola con i suoi libri, con la sua opera umana è giusto, è da condividere, dimostrare il contrario, invece, varrebbe a vanificarlo.
Questo ragionamento, che sta alla base dei lavori proposti dalle testate giornalistiche di destra, è facile da riconoscere e dovrebbe essere facile opporvisi. Perché Saviano non deve dimostrare di essere LO scrittore, ma semplicemente UNO scrittore. Uno scrittore che, per tutta una serie di motivi che non starò qui a discutere, ha avuto successo, punto e basta. Ma quando un lavoro di impegno civile ottiene un ottimo successo di vendite suona il campanello d’allarme del Potere, e allora i suoi servi sono là, pronti a dare addosso a chi si ribella, a chi non si omologa, a chi propone qualcosa che non sia ad appannaggio dei pochi. E sono disposti a tutto pur di portare a compimento la loro missione, anche di contraddire, apparentemente, la loro stessa identità – attaccare il valore artistico di un libro che ha venduto parecchio per distruggerne di conseguenza anche il valore civile e culturale è già di per sé un’operazione deprecabile ma lo diventa ancora di più se lo si fa perché chi simpatizza per chi lo ha scritto è il nostro nemico politico. I casi emblematici del passato sono la produzione poetica di Pavese e Poesia in forma di rosa di Pasolini – una delle tesi proposte dai quotidiani del padrone è la seguente: un libro grammaticalmente così scorretto non dovrebbe vendere così tanto, e vedere sulla bocca di uno stuolo di neo-liberisti frasi di questo tenore non può che strapparmi una risatina, e farci capire il loro potere mimetico e virale. Eppure dovrebbero saperlo bene che il successo commerciale di un’opera non è l’unico fattore che si deve tenere in considerazione per comprenderne la qualità: Licia Troisi vende un botto ma non riesco a inserirla nella categoria ’scrittori’; tutti hanno letto Anna Frank ma Anna Frank non è stata certo una scrittrice...
Ultimamente, quotidiani come "Libero" e "il Giornale" stanno attaccando Saviano, più che sul piano contenutistico o sul rapporto che intercorre tra contenuto e forma, esclusivamente su quest’ultima, e soprattutto sull’infelicità, oggettiva, di certe espressioni popolareggianti, a voler essere buoni neo-standard – più una certa base di sinistra guardava di buon occhio Saviano, più "il Giornale" e "Libero" cercavano di dimostrare quanto, alla fine, i lavori di Saviano fossero mediocri. Ma la cosa che davvero interessava ai quotidiani di destra era dimostrare che mediocri erano, per analogia, le persone che reputavano e che reputano Saviano una buona lettura e che lo stimano per il suo impegno civile. Allo stesso tempo era dimostrare che un’opera così ampiamente condivisa, da persone che si ritengono di destra come di sinistra, doveva per forza essere iscritta a una sola di queste due identità politiche, perché un messaggio così potente da richiamare a un impegno morale una parte considerevole degli italiani è pericoloso in quanto tangenziale rispetto al Potere - nella visione del Potere solo il governo, rappresentando la maggioranza dei cittadini, può esprimere un messaggio autorevole.
Sotto questo punto di vista i servi del Potere hanno vinto, e non possiamo rallegrarcene, e per farlo hanno proposto un sillogismo banale quanto efficace: tutti gli intellettuali che si impegnano civilmente sono di sinistra, Saviano si impegna civilmente, Saviano è un intellettuale di sinistra. Ma questo non bastava, per dare addosso a Saviano, ci si doveva giocare l’ultima carta del mazzo: la grammatica. Se vuoi distruggere un intellettuale devi fargli fare la festa dagli altri intellettuali, e appellandosi al bello scrivere anche a sinistra riuscirono a fare breccia, perché lo sport dell’intellettuale di sinistra italiano non è l’organicità, ma il distinguersi a ogni costo da quella base che dovrebbe proteggere. Così fecero loro le tesi di quegli intellettuali che avevano già apertamente osteggiato il N.I.E..
A nulla valgono considerazioni lecite su Saviano e che ci dovrebbero rincuorare, per esempio: quante persone si sono riavvicinate alla lettura con Gomorra, nell’immaginario di quante persone certi problemi del nostro Paese sono stati inoculati. È l’alfa e l’omega della comunicazione civile un oggetto di intrattenimento che porti da un lato alla lettura e dall’altro a interrogarci su quella che è la condizione civile di un Paese – ma tutto questo viene meno di fronte alle necessità arcaiche degli intellettuali italiani, almeno di una parte di questi che, anche se apertamente ’progressisti’, dimostrano in realtà il loro fascismo latente quando qualcuno nell’ambito della scrittura, pur facendo del bene portando nell’immaginario comune delle questioni civili di importanza cruciali, non aderisce, più che a un regime delle norme, a un paradigma umano.
Così Saviano diventava uno degli argomenti di discussione più in voga tra i letterati del nostro Paese, assieme all’immancabile quanto superfluo Derrida, il mistico Benjamin e il passionale Foucault. Saviano non può far parte dell’intellighenzia di questo Paese perché: ha avuto successo commerciale. I suoi lavori hanno troppo il sapore di fiction, si rifà a scrittori americani, imita il linguaggio popolare non sempre compostamente, non è un docente universitario di filologia dantesca o semiologia... Ma, suvvia, con tutti quei libracci dissertativi millantanti per narrativi, tutto sommato un Saviano proprio ci voleva, anche per mostrarci un modo diverso di scrivere, acerbo, iniziativo: fresco. Per il provinciale e viziato panorama italiano. E se essere dalla parte di Saviano significava essere dalla parte di quella massa incolta di italiani che vuole solo sangue, ammazzamenti ed esplosioni non posso che mettermici in mezzo, perché da qualche parte dovremo pur ripartire. E ai soliti che diranno: una persona brillante come te non può dire che Saviano sia un buono scrittore, dovresti leggerti queste 6500 pagine di inchiesta sui vermi giganti di Cernobyl, è della _ _ _ _, autrice polacca naturalizzata keniota morta suicida a 27 anni risponderò: anche, ma Saviano non è uno scrittore buono o LO scrittore, è uno scrittore che ha sollevato delle questioni importanti non solo a livello tematico ma anche a livello formale, delle urgenze, se consideriamo il contesto sociale e politico nel quale ci stiamo muovendo. Tutti noi partiamo da un libro, per dire, nel mio caso fu Congo di Crichton e non me ne vergogno per niente... Partire da Saviano, alla fine, non è poi così male.
Ora vi chiederete, ma questo che cosa ha a che spartire con la poesia? Parecchio, perché i censori di Saviano hanno la stessa forma mentis dei censori di tanta buona poesia italiana, sono quelli che ieri denigravano Pavese e Pasolini e che oggi denigrano chi parla di riportare la poesia a un pubblico vasto e non di addetti ai lavori. Molti di questi sono stati contagiati dal virus Derrida. Dalla volontà di fare arte distaccando il significato dal suo significante, cortocircuitando le regole stesse del linguaggio naturale. Chiamano questa libertà ma chiunque sarebbe capace di scrivere come loro. Sono dei truffatori, perché il tempo del lettore è sacro e non va sprecato, nessuno dovrebbe comprare un libro che non vale la carta su cui è stampato. Certo, una persona d’intelletto può, da un qualsiasi insieme di segni, iniziare una riflessione che lo perseguiterà per tutta la vita. Il poeta deve limitarsi a fornire un punto di partenza, e che questo punto di partenza possa valere per il più ampio numero di persone possibili; quando qualche mese fa sono stato a trovare Ivan a Milano abbiamo parlato proprio di questo, che è il ricevente che significa il messaggio, è il lettore che fa la poesia ed è per questo motivo che si deve partire da un linguaggio comune e condiviso per parlare alla contemporaneità, ed è per questo che è così importante studiare le varietà dell’italiano giovanile, i gerghi, i tratti del neo-standard: queste sono riflessioni che già nella preface delle Ballads erano presenti. La necessità di interrogarci nei confronti del significato di certe parole dilaga dentro di noi quando troviamo degli elementi che fungano da ponte tra un immaginario condiviso e un immaginario altro, da esplorare. E quando sperimentiamo quel sentimento di totale arresa che la semplicità della bellezza è latrice. La sorpresa che ci coglie quando siamo posti di fronte a qualcosa di magnifico, ma qualcosa di magnifico è anche qualcosa che risveglia nell’animo di ogni persona delle sensazioni particolari. Trovarsi sotto al Pantheon o alla Cupola di Santa Maria dei Fiori, leggere i versi di Ungaretti sono tutti segni che pongono il nostro intelletto davanti allo stato inevitabile di limitatezza dell’essere degli uomini; è lambendo questo limite tra cose invisibili e intangibili e visibili e tangibili che comprendiamo quanto nell’arte, nella scrittura, il taciuto sia importante più del detto; ma non sono le artificiosità del decostruzionismo che sciolgono i nostri vincoli, sono tutte quelle immagini che, spesso nella loro modestia, ci sollevano da quel vacuo conforto di leggere il mondo secondo i paradigmi della consuetudine, quelle immagini che per un istante ci liberano dal fardello della nostra condizione umana parlandoci proprio di questa nostra limitatezza.
La realtà è sempre lì davanti ai nostri occhi, ma il poeta, con le sue parole, può indicarci uno scorcio, saremo poi noi a significare questa epifania, comprendere quanto ogni cosa, se vista attraverso la lente giusta, sia eccezionale, unica, e meriti la nostra profonda attenzione.
2 commenti a questo articolo
Dagli a Saviano (snobbismo intellettuale, destra, poesia e letteratura... )
2011-05-06 17:49:25|di luma
Al di là della preziosa e raffinata esposizione, i fenomeni di cui l’autore discetta sono palesi a tutti. Scontate e dalla fin troppo ovvia motivazione sono le solite querelle editoriali, che ciclicamente ritroviamo sugli elezeviri di terza pagina, e che coinvolgono la statura morale e culturale dell’autore di turno. Noti, famigerati addirittura sono i metodi poco sottili che la stampa partigiana utilizza per il massacro del feticcio avversario. Battaglia in miniato, futile, che si potrebbe volentieri e facilmente dimenticare, e che si ascrive alla abusata divisione in blocchi ideologici che vive nelle pagine del Giornale e di Repubblica uno dei suoi più insensati epiloghi.
Delle tecniche di saturazione che i professionisti senza vergogna della testata berlusconiana usano per alimentare i margini più squallidi di un dibattito che non possono vincere, tutto si sà. Meno si sapeva di quanto questi metodi siano efficaci anche nel fuorviare chi si dice dotato di un pò d’intelletto.
Personalmente, ho trovato il libro di Saviano molto bello, geniale (anche dal punto di vista del linguaggio. grammatica? ma stiamo scherzando? Da quando si risponde agli idioti?), e assolutamente insignificante. Saviano dice di ispirarsi al verismo di Capote e Mailer, quel romanzo verità che i due si disputavano. Però ne Capote ne Mailer sono stati sventolati quotidianamente sulla stampa avversa al governo per creare quella confusionaria massa critica di attivismo, eventi inventati e polemiche dalla durata infinitesimale cui Saviano sembra prestarsi. E che sembrano una vittoria del carrozzone dei media in sè, più che dei fatti, più che della cultura.
Saviano è indiscutibilmente bravo, ma la sua posizione, per quanto sia comprensibilmente scomoda dal punto di vista umano, non è sempre così cristallina. Sembra aver subito il fascino della società dello spettacolo, o meglio, sembra rimasto incastrato tra i suoi aurei ingranaggi, diventatando il santino di una battaglia che lo stato non ha la capacità di combattere, e sembra non comprendere che la sua presenza sulle pagine dei giornali e gli schermi catodici è puramente strumentale ad esigenze che non sono poetiche, culturali, ma, vilmente e banalmente, esigenze di di un potere sottile, ma altrettando detestabile.
Che lo si usi come introduzione alla propria personalissima visione dell’ambiente intellettuale in italia, o del linguaggio poetico, è già sintomo di un errore, e sembra tanto l’errore di un telespettatore più che di un poeta.
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Dagli a Saviano (snobbismo intellettuale, destra, poesia e letteratura... )
2011-06-06 22:21:01|di Redknife
Suvvia, superfluo Derrida? Ci accontentiamo delle definizioni di mistico per Benjamin e passionale per Foucault? Saviano accostato a Pavese(mooolto prematuro come termine di paragone ma alla fine...) e a Pasolini(!)? Per un romanzo-cronaca fatto per larghi tratti con il metodo copia e incolla da fatti di cronaca pubblicati su giornali partenopei(per i quali la Mondadori ha dovuto pubblicare le fonti citate nelle ultime edizioni)? Un intellettuale talmente coerente da prima attaccare la camorra perché contro i cittadini,e poi incensare Israele perché ospita gli omosessuali del medio-oriente(mhmh non starà mica trascurando qualche falla israeliana relativa alla questione del rispetto dei diritti umani?) L’unica cosa su cui mi trova d’accordo l’articolista sono le stupide polemiche dei giornali neoliberisti di destra e di sinistra( forse il quotidiano la Repubblica edito da Carlo De Benedetti non si trova de facto a pubblicare opinioni che propugnano teorie neoliberiste,seppur non menzionandole sempre con il loro nome nonché avversando apertamente la coalizione partitica di destra?). Per quanto riguarda il valore artistico del libro, mi rimetto al giudizio del recensore, augurandomi ben altra obiettività rispetto a quella mostrata per i fatti succitati.