Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Questo è un weblog collettivo multimediale, dedicato alla poesia in tutte le sue forme. Nasce nel 2005, da un’idea di Lello Voce e grazie alla sponsorizzazione di Absolute Poetry - October Poetry Festival, Festival internazionale di poesia di Monfalcone (GO) sostenuto dal Comune di Monfalcone e dalla Regione Friuli Venezia Giulia, ma ne è assolutamente indipendente e resterà stabilmente on line.
Absolute Poetry e i suoi autori non sono un gruppo, o un movimento di poesia, non si riconoscono in poetiche comuni, né hanno stabilito tra loro alcun tipo di patto o progetto.
L’unica cosa che li accomuna è l’amore e la passione per la poesia, attraverso qualsiasi media essa sia praticata: dal libro scritto, allo spoken word , alla multimedialità e alla performance, senza alcun tipo di ’discriminazione’ nei confronti di questo o quel media.
Absolute Poetry è dunque una piazza comune dove, in totale libertà, si discute della più antica e della più contemporanea tra le arti.
Absolute Poetry non ha direttori, né redattori capo, tutti suoi partecipanti sono liberi di postare contributi propri, o di altri, in totale libertà, a patto che non si tratti di evidenti Out of Topics o di Spam.
La funzione dei webmaster è puramente di ‘editing’ e manutenzione del sito.
Absolute Poetry preferisce (ma non impone) che i contenuti postati siano sotto Licenza Creative Commons .
Il nucleo redazionale di partenza di Absolute Poetry è stato scelto in modo piuttosto ‘casuale’, a partire dall’Agenda del suo ‘ideatore’.
Di conseguenza le chiavi di accesso alla pubblicazione sono attualmente in possesso di circa 50 autori, senza che questo significhi un loro impegno a pubblicare mai alcunché.
Chiunque, da questo momento, può chiedere di entrare in questa nostra piazza virtuale, a patto che sul weblog siano già stati pubblicati almeno 3 suoi interventi da parte di altri redattori. Da quel momento potrà chiedere le chiavi di accesso ai webmaster , che provvederanno ad inviarle il più presto possibile. La richiesta dovrà essere inviata a nuvoleonline@lycos.it , completa delle indicazioni dei pezzi già pubblicati.
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6 commenti a questo articolo
Senigallia città poetica
2007-05-09 18:08:33|di Leonardo Barucca
Buongiorno
mi chiamo Leonardo Barucca e a voi che vi occupate in maniera egregia di poesia mi fa piacere segnalare che qui a Senigallia ultimamente c’è un notevole fervore poetico:
il prossimo evento sarà il 6 giugno prossimo, un incontro convivial-poetico dei poeti senigalliesi e non solo.
http://www.viveresenigallia.it/modu...
Ma molte molte iniziative grandi e piccole, "alte" e "caserecce" si sono mosso e si stanno muovendo, intanto un intero sito molto frequentato di poeti senigalliesi:
http://www.poesie.senigallia.biz/
e poi premi e concorsi, incontri e reading:
http://www.viveresenigallia.it/modu...
http://www.viveresenigallia.it/modu...
http://www.viveresenigallia.it/modu...
http://www.comune.senigallia.an.it/...
http://www.viveresenigallia.it/modu...
http://www.viveresenigallia.it/modu...
http://www.viveresenigallia.it/modu...
e poi discussioni, dibattiti, idee:
http://www.viveresenigallia.it/modu...
http://librisenzacarta.it/2007/01/2...
http://www.viveresenigallia.it/modu...
Cordialissimi saluti e complimenti
Leonardo Barucca
http://www.poesie.senigallia.biz/?cat=57
link a Absolute Poetry
2006-07-17 11:13:35|di Enrico Besso
Ci siamo permessi di inserire un banner linkato ad Absolute Poetry in rotazione su tutte le pagine del sito.
Uomini di cenere
2005-11-04 15:23:11|di Mario Salis
Uomini di cenere
Oggi piove in occidente giù dal cielo si scatena
una pioggia martellante di coltelli nella schiena
Ogni tanto una schiaritasembra dirti che é finita
ma le vipere e i briganti sono in fondo sempre tanti
Uomini di cenere partoriscono fumogeni
paraocchi inconfondibili dietro occhi ali immobili
Oggi sembra un paradiso ma l’inferno é in ogni viso
squadre d’angeli fasulli teleguidano cammelli
Chi ha orecchie non ci sente e chi vede non capisce
che il momento é arrivato di giocar le proprie fiches
Falsi preti delinquenti stanno all’erta su chi vive
tanti chiedoni tangenti a chi muove un poco i denti
Farabutti d’avanguardia starnutiscono rumori
quando il vento cambia rotta loro cambiano gli umori
La televisione annuncia qui bisognerà cambiare
gridava l’unno al visigoto mentre il barbaro stà a guardare
Brucierà brucierà
come scaglie di velluto di serpente brucierà
Brucierà brucierà
come un incubo impotente il vostro sogno brucierà
Sanguisughe e pescecani non si sporcano le mani
per loro l’ultimo dei dollari ha un’anima e un domani
Vigilesse vigilanti fanno i rambo fanno i conti
multe e trattano i cantanti come ladri di bisonti
Illuminati giornalisti si attanagliano sui testi
cani sciolti certi versi é più dura per gli onesti
Favolosi gli aeroplani quando sono ancora sani
quando spariscono la notte nessuno ha a Ustica risposte
Parolieri da strapazzo alzano i loro bicchieri
per un chiodo un ritornello sempre fisso sempre quello
Tutto é già stato detto ma non al momento giusto
tutto é già stato fatto già venduto già distrutto
Io non so’ per quanto tempo questo mondo sarà il tempio
degli ipocriti sciacalli burocratici imbecilli
Una cosa so’ di certo quando le trombe suoneranno
neanche i porci di Gerasa neanche loro vi vorranno
Brucierà brucierà
come scaglie di velluto di serpente brucierà
Brucier... brucierà
come un incubo impotente il vostro sogno brucierà
, oNda
2005-10-03 02:37:22|di Ott (( (onieri) ))
.......posto così - sollecitato - giusto forse per uscire dal guscio del silenzio (o forse dalla palus ipercomunicativa che, ci, sprofonda) - un pezzo scritto per "Carta", un numero credo di fine giugno; il poscritto che è alla fine è nuovo, però, e mi sembra che ponga - oniricamente, un po’ (qui è notte fonda) la questione meno accademica e più urgente. (certo mi guardo bene dall’inventare alcun tipo di risposta, le risposte si accavallerebbero a milioni sui circuito stampato e poi a quest’ora sto crollando sul display)
ciao,’notte“La presenza della voce”: questo motto esemplare (posto a titolo del proverbiale lavoro di Zumthor) ci richiamava ancora un paio di decenni fa, sul limitare del millennio (e dunque già nel pieno di un’era babelicamente ‘post-tipografica’, innervata dal geroglifico dei cablaggi e dall’imporsi delle ipermediaculture), alla sostanza primariamente sonora, materiale, su cui (da Omero a Bob Dylan: e naturalmente, oltre) si fonda la pratica della poesia. Alla sua natura di flusso, affidato a una comunicazione in presenza - dalla bocca (di chi pronunzia) all’orecchio (di chi ascolta).
Se insomma la nozione di “letteratura” rinviene le piene condizioni del suo sviluppo solo nell’alvo della “civiltà del libro”, e dunque del suo imporsi quale medium duttile e diffuso soltanto a seguito dell’invenzione gutenberghiana, la poesia (la quale, di ciò che chiamiamo letteratura, è la forma primaria e più pura) non fa che appellarsi a quel fondo materico, ruvido e volatile insieme, e solido e disciolto, che risiede (anteriore alla simbolizzazione) nel cuore stesso del flusso. La "poesia" resta esperienza eminentemente orale (e orante, nel caso); in ciò, arcaica e premonitoria; e se “il linguaggio è impensabile senza la voce” (Zumthor) - cioè se nessun codice è in grado di formarsi se non da quello strato di comunicazione emotiva (che è dato nell’esperienza del suono) e in una situazione di compresenza che coinvolge i sensi e i corpi dei protagonisti del contatto comunicativo, - è la poesia che ad ogni sillaba, e finanche nel suo silenzio, dal fondo bianco della pagina, ci dimostra quanto la voce ‘ecceda’, travalichi, ogni realizzazione come linguaggio (è questo che apprendiamo dall’ascolto profondo - o auscultazione? - del battito della poesia).
Perché la voce è forma simbolica in sé: capace di esprimere o “significare” nel solo impatto della sua presenza, nella sua pura materialità pregrammaticale, e a prescindere addirittura dall’articolazione fonologica (prima cioè di fissare una significazione a partire da unità fonetiche distinte, e portatrici appunto di significato e di grammatica). È anche in questo senso che, fra le realizzazioni del linguaggio, la poesia è l’unica a detenere i tratti di un autentico organo del senso.
Ma allora, riveniamo alle nostre (post)culture tipografiche. Dove con sempre più forza la poesia ‘ritorna’ giusto nella sua qualità di voce: o meglio, come presenza-della-voce.
E parliamo di “Mr.Tambourine”, che esce ora freschissimo da Arcana: la raccolta monumentale (1230 pagine) dei testi di Bob Dylan (già estremo anello, lo ricordavo, del canone zumthoriano della poesia orale), in cui confluisce e va a fissarsi tipograficamente lo stesso flusso sonoro di una voce “volatile” e (anche per questa sua sottigliezza, disponibilità a diffondersi nell’etere e nelle coscienze) così straordinariamente capace di incidere sul corpo stesso della società; ultimo autentico cantore epico, “indiscreto e famelico” (introducendo dice Patti Smith) costruttore di senso tra i cortocircuiti di un’era elettrica (per nulla avventata o casuale, la linea insomma da Omero a Dylan...). Patti Smith, da grande poeta-orale a sua volta, non manca di notare che ciò che Dylan aveva compreso è che “le canzoni sono in grado di incitare ed eccitare, ma anche di aggregare le persone, e possiedono un potere taumaturgico”; e la poesia, reincarnatasi nella sua traccia musicale, non fa appunto che riportarci al suo senso profondo che è il senso stesso della voce: quello di un contatto: quello di una ‘eccitante’, ‘taumaturgica’ presenza.
Eppure, questa iniziativa editoriale, in tutto il suo innegabile spessore, reca d’altra parte in sé una natura sottilmente paradossale; ascrivendo infine a quella “cultura del libro” una poesia che implicitamente contestava (‘riapriva’) questa cultura, riappropriandosi della voce.
[...Un percorso inverso (dalla pagina alla voce) è quello tentato con una consistenza sempre più evidente, presso una serie di iniziative: da “Absolute Poetry” (progetto ‘sonoro’, e specialmente discografico, di Voce e Cinque) a Luca Sossella ed., che nel suo bel catalogo ha due collane in cd dedicate alla “letteratura da ascolto” (Busi, Frasca, Nori, la Lectura Dantis di Bene), alla neonata Effigie (presso cui è uscito da pochissimo lo splendido “Dittatore Amore”, libro+cd di Rosaria Lo Russo, “poetrice” e performatrice massima di adesso), alle edizioni Zona (specialmente con l’“hommage” musicalpoetico a Kerouac da parte di Marco Palladini, di grande impegno) e d’if (dove Frasca e Coviello hanno inaugurato una collana di narrativa variamente contaminata con la musica ma anche con le arti visive), alle celebri ‘covers’ in poesia di Montanari-Nove-Scarpa, a rassegne di poesia e musica come “Poetronics” a L’Aquila, o, a Rimini, “Assalti al cuore”...]
.....Ma: attenzione: se appunto, fino a pochissimo fa, per “presenza” (della parola) pensavamo solamente al suono; alla voce, al corpo della voce; a quale Presenza, nell’ipermedia che attraversiamo/ci attraversa, dobbiamo pensare adesso? - Non sarà ormai, per paradosso, più “fluida” la lettera (già stilata, stilizzante, stilettante, rullante-tipografica), duttile metamorfica e diretta, della voce stessa, ancorata alla sua liturgia e taumaturgia? Se l’elettronica “tratta” la voce in ogni sua forma d’onda, essa tratta innanzitutto la rete neurale del silenzio. O meglio, del ‘sotto’-voce: del suo incessante ticchettare-morse; segnali di fumo per linkarsi senza posa, plasticamente (identità che fluttuano, tatuanti), nella paranoide desertità della Comunicazione. (Perché, resistenza è sempre più questione di resistenze, impalpabili eteree capaci di tatuare l’aria; connessure wireless, invisibili elettrificazioni...)
nn ci posso credere..
2005-08-18 12:30:18|di paolaics
scrivo dalla palude.. qst Monfalcone città-dormitorio, qst lido di genti allattate dalle Princess da crociera, incagliate al muro d’amianto fra le vongole di periferia.. nn ci posso credere! Monfy town capitale di poesia.. sarà stata attratta dall’alcolismo bisiaco la Musa? Beh.. io siederò in prima fila, forse troverò la fonte della mia voce muta, nei miei versi dalla palude.. Grazie
paolaics
http://paolaics.altervista.org
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Il gioiello di Pascal
2007-05-20 09:57:20|di Faxxman
IL GIOIELLO DI PASCAL
di Ronnie Picciotto
ExCogita Editore - €:11.50
Il romanzo - poetico - è ambientato in
un paesino di montagna francese
ed inizia con la morte di
Gilles, un anziano contadino
che ha sempre solo lavorato
e non ha lasciato eredi. La
locanda del Vieux, l’unica del
paese, è il centro degli avvenimenti:
lì è morto Gilles, lì
alloggiano i viaggiatori, lì si
consumerà la tragedia finale.
Due forestieri irrompono
nell’immobile quiete del villaggio
e scatenano la curiosità
di tutti i paesani, si pensa che
in qualche modo abbiano a
che fare con la morte e
l’eredità di Gilles.
Un’atmosfera cupa di
pioggia incessante accompagna
tutto lo scorrere degli avvenimenti
che si svolgono nel
presente. Una frana chiude
l’unica strada di accesso e di
uscita del paese, così il senso
di isolamento diviene ancora
più reale e profondo. L’altra
vicenda, quella ambientata
nel passato, ma raccontata
al tempo presente, narra di
un giovane che viene assassinato
poco prima di partire
per la guerra.
La donna che lo ama scopre
il delitto e lo vendica in
maniera drammatica, uccidendo
l’assassino durante un
terribile incendio. Poi di lei
non si saprà più nulla. Anche
nel presente sarà un incendio
a fare da sfondo alla conclusione
tragica in cui perdono
la vita il Vieux e la cameriera
Marceline. Le due storie separate
da un arco di tempo
di quasi un secolo, si ricongiungono
alla fine, nel racconto
di una vecchia che ricorda
e confida alla forestiera, durante
gli interminabili giorni di
pioggia, i fatti tragici di molti
anni prima.
E’ a questo punto che il
lettore vede confluire le due
trame parallele in un unico
concatenarsi di eventi inquietanti,
proprio perché accadono
in un microcosmo chiuso
e tagliato fuori dal resto del
mondo. Questo libro colpisce
per tanti motivi, ma il più importante
è il contrasto tra
l’assoluta semplicità della storia
e la complessità degli
avvenimenti che vi sono raccontati.
Si tratta della rievocazione
di un mondo scomparso
di cui non si può non
avere nostalgia: paesaggi incontaminati
e non ancora assaliti
dal turismo degradante.
Personaggi avvolti da
un’aura di purezza, ma che
riescono a esternare comportamenti
di una forza e di una
violenza incomparabili. Fatti
tragici che paiono essere inevitabili
nel loro accadere.
La prosa è semplice e pacata,
la scrittura limpida, elegante,
priva di effetti speciali:
sono la tragicità degli eventi
raccontati e l’atmosfera di
cupa angoscia che tengono
il lettore inchiodato al romanzo
fino alla conclusione che
solo nell’ultima pagina rivela
i misteri di un tempo e un
luogo che sembrano perduti,
un “altrove” che possiamo
ritrovare solo nell’immaginario
della nostalgia.