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Due poesie da "LAVORO DA FARE"

BIAGIO CEPOLLARO

Articolo postato giovedì 29 giugno 2006
da Adriano Padua

Biagio Cepollaro mi concede l’opportunità di pubblicare due testi tratti dal suo ultimo e-book "Lavoro da fare" (Biagio Cepollaro e-dizioni, 2006). Lo ringrazio
A.P.

ora fare anima ci suona
quasi minaccia
che avremmo voluto imboccata
una strada
fosse buona per tutto
il meriggio
della vita e invece
ci molla dopo qualche
metro
ed è sempre questa la lotta
e vale per ogni età: tra fissità
e mutamento
tra ciò che vorremmo valesse
per sempre
e l’acqua che scorre che non è mai la stessa

-oh si chi ci è vicino
teme di essere travolto da questi invisibili cataclismi
e si preoccupa per sé
come è naturale
ma noi dobbiamo svolgere
un compito
-malgrado lui-
che è fare dell’anima
la nostra vita
gettare un ponte
tra ciò che siamo e ciò
che comunque eravamo già
da prima
anche senza saperlo

ora il tralignamento
del mondo appare
anche più chiaro: chi non frequenta
demoni
se li ritrova nei programmi
di governo
e invece questa folla
va ammaestrata
e interrogata:
arriverà il giorno
delle mediche analisi
e dei referti del confronto contraddittorio
delle diagnosi
della distrazione
alla reception e forse anche
della semplice cattiva
educazione
e allora cosa diremo?
che siamo a posto
per cominciare il viaggio
(o finirlo, che è la stessa
cosa) o che dell’umano
noi
nel tempo che ci è stato
dato
abbiam visto e sentito
abbastanza
che quel che è venuto
fuori
non è gran cosa
ma che è già tanto
perché la vita è più grande
di noi
perché lo spazio
e il tempo
sono infinitamente più grandi
di noi
e noi che non potemmo essere
uomini di fede
fummo costretti ad inventarci
qualcosa
che alla fede somigliava
un disperato e impossibile
amore per le altre
creature

*

certo, noi fummo ragionevoli
e non insistemmo più di tanto
ci tenemmo per noi
con l’alibi dell’arte
quest’eccedenza
di psiche -provammo
terrorizzati anche ad esorcizzarla
facendone bieco
commercio-
ma quella folla è infinitamente
più grande di noi
e oggi
nel meriggio della vita
siamo costretti ad ascoltarla
perché il bene non si dà
come intenzione buona
ma come una pura
possibilità di questa sofferenza
e di questa
agnizione

da giovani si cerca fuori
e si convince
o costringe
il mondo a seguirci
questo ovviamente non è vero
ma per un po’ ci crediamo
e in quel po’ di tempo sembra
che le cose confermino
nostre attese: un quartiere
diventa tutta la città
una città diventa tutto il paese
un paese diventa il mondo
ed era solo un’idea o una fantasia
cresciute a dismisura
dove di reale c’erano solo
le disfatte che avremmo poi dopo
inseguito come spie di nascoste
verità: solo
che le disfatte come le vittorie
non contavano molto che contava
solo il nostro sentirci vivi

e di ciò soprattutto facemmo
esperienza
ma una volta sicuri
della vita
cominciò a contare la direzione
(della nostra vita)
e quindi ricominciammo
dalla fine: cose
e spettri si equivalgono per la vita
della mente
e la vita di fuori
(quella che resta
sottratta allo sterminio
della storia)
è ridotta a ben poca cosa:

i grandi cambiamenti
sono spesso solo cambi di indirizzo
o di modi di vestire.

Foto di M.Giovenale

1 commenti a questo articolo

> Due poesie da "LAVORO DA FARE"
2006-07-05 00:27:32|

Una nota a Lavoro da fare è in www.dissidenze.com

Antonio Desantis


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