Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Homo sapiens correctus
Il 6 gennaio 1965, nel corso di un esperimento su se stesso Joe Mellenbart Huges si fece un buco in testa. usando il metodo della compressione da lui in precedenza descritto nel suo trattato Homo sapiens correctus, si sarebbe così dovuto eliminare il fluido cerebrale in eccesso. L’idea era tanto semplice quanto fisiologicamente plausibile, ma la gente del mestiere la considerava una follia. Huges, che a operazione avvenuta fu posto sotto sorveglianza psichiatrica, credeva che per gli uomini tutti i malanni provenissero dalla loro paura di perdere il controllo sulla circolazione cerebrale. “…quattro miliardi di ostaggi del tempo”. Situazione demografica del 1965.
Per sfogare la collera dal midollo spinale
Joe si fece un buco nella testa.
Spillò il liquore, riempì tazze e bottiglie.
E pensarono tutti: “Da non credere”.
Ma Joe era deciso e di nascosto, chiuso a chiave
dentro il suo bagno, afferrò l’aggeggio
e avanti via - avanti a trapanare.
A far posto al suo prezioso sangue, spremette
dal sistema tutti quanti i sughi.
Gli psichiatri, i chirurghi – rideva
la gente del mestiere: non c’era traccia
di gran risveglio, d’occhio pineale o roba simile.
Alla fine Joe gridò, l’enfant terrible, “è fatta”.
Anestesia locale, cranio rasato, sangue freddo
come un bimbo al freno d’emergenza,
si guardava nello specchio che operava, prima scalpato
al modo degli indiani, poi trapanato più o meno
come vuole il manuale di chirurgia del cranio.
Iniezione, scalpello, spatola, trapano, raschietto:
lo mandarono allo sballo, via dalla gravità,
via da sovrapressione, autocontrollo, se e ma
d’inezie labili, di brutali chiacchiere
che Joe conosce come malattia: essere adulto.
La testa infine libera, si presentò Joe alla stampa,
disse il suo ecce homo e si eclissò
dietro male dicerie di neuro-eccessi,
riti africani, messe di automutilazioni
ed era a tutti chiaro: “questo è matto”.
Fra i quattro miliardi di ostaggi del tempo,
abitanti l’unico asilo temperato
del cosmo, era stato Joe l’alieno a capir per primo
che l’io è un riflesso condizionato, che guarire
si può soltanto con una valvola.
*
In utero
I.
Chi parla mai dell’inizio del viaggio, dello spavento
primevo di galleggiare storditi in un liquido,
della capsula angusta e dell’istante in cui scoppia.
Per settimane nel sangue, carne d’anfibio che cresce
a sussulti – vedi Galvani, le rane – saldata in una membrana.
stare in ascolto è illusione, scalciare che serve
dove risponde amore e un cuore batte, dappresso.
E star sopra la tazza del cesso come a una tomba aperta
è la prima vergogna. E indietro non torni
coi piedi, le mani, non sei che una felce, accartocciata,
o un insetto assopito milioni d’anni nell’ambra.
Finché non vengono i primi nomi, dopo, c’è il buio,
un concento di suoni come alcol, testicoli, elettrodi.
Vizze pieghe di pelle su pieghe – si riconosce il lattante.
tutto pensabile. Un cerebro guarda dall’alto.
Un lampo gli stampa negli occhi sgombri una veduta.
Per cominciare da anfibio e finire da umano…
*
Promettimi di comprometterti nei rutti
cerebrali, lingua su ossa
s’infrange come uno scandaglio. Dai controlli
accecata c’è una chiarezza abnorme
dentro la testa, un parlar coi muri.
Ove nulla e nessuno si contemplano
speculari come la telescopio,
era l’io penso puro ematoma.
*
Lezione sulla base cranica
I
Ciò che tu sei sta al margine
di tavole anatomiche.
Blaterare di anima
con lo scheletro alla parete
è così fuori luogo
come nelle fauci del tempo
(talami qua, cervelletti là)
questa mortalità di merda.
Durs Grünbein, nato a Dresda nel 1962, vive a Berlino. In Germania ha pubblicato le raccolte di poesie Grauzone morgens (1988), Schädelbasislektion (1991), Falten und Fallen e Den teuren Toten (1994), Nach den Satiren (1999), nonché il volume di saggi Galilei Vermißt Dantes Hölle (1996). A metà partita, Torino, Einaudi 1999, a cura di Anna Maria Carpi. è stato il suo primo libro pubblicato in Italia. (I testi del volume sono tratti dalle raccolte: Grauzone morgens, Schädelbasislektion, Falten und Fallen, Nach den Satiren).
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