Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Eu não sou eu nem sou o outro,
Sou qualquer coisa de intermédio:
Pilar da ponte de tédio
Que vai de mim para o Outro.
* * * * *
Esta inconstancia de mim próprio em vibração
É que me ha de transpôr ás zonas intermédias,
E seguirei entre cristais de inquietação,
A retinir, a ondular… Soltas as rédeas,
Meus sonhos, leões de fogo e pasmo domados a tirar
A tôrre d’ouro que era o carro da minh’Alma,
Transviarão pelo deserto, muribundos de Luar—
E eu só me lembrarei num baloiçar de palma…
Nos oásis, depois, hão de se abismar gumes,
A atmosfera ha de ser outra, noutros planos:
As rãs hão de coaxar-me em roucos tons humanos
Vomitando a minha carne que comeram entre estrumes…
* * * * *
Ha sempre um grande Arco ao fundo dos meus olhos…
A cada passo a minha alma é outra cruz,
E o meu coração gira: é uma roda de côres…
Não sei aonde vou, nem vejo o que persigo…
Já não é o meu rastro o rastro d’oiro que ainda sigo…
Resvalo em pontes de gelatina e de bolôres…
Hoje, a luz para mim é sempre meia-luz…
io non sono io né sono l’altro,/sono qualcosa d’intermedio:/pilastro del ponte di tedio/che va da me verso l’Altro.
Quest’incostanza di me stesso in vibrazione,/essa dovra traspormi alle zobe intermedie,/e andro avanti tra cristalli d’inquietudine,/tintinnante, ondulante .. Sciolte le redini,/i miei sogni,leoni di fuoco e d’orgasmo domati a tirare/svieranno pel deserto, morenti di chiardiluna -/
e io mi ricorderò soltanto in un oscillar si palma../Nelle oasi poi s’inabisseranno lame,/l’atmosfera sarà un’altra, su altri piani;/le rane mi gracideranno in rochi toni umani/vomitando la mia carne che han mangiato tra il letame..
C’e sempre un grande Arco nel fondo dei miei occhi../Ad ogni passo la mia anima è un’altra croce,/ ed il mio cuore gira;è una ruota di colori../Non so dove vado, né vedo quel che inseguo../Non è piu la mia orma l’orma d’oro che ancor seguo../Scivolo su ponti di gelatina e di muffe..-Oggi per me la luce e sempre mezza-luce../. . . . ./. . . . . ./I tavoli del Caffè sono impazziti fatti aria../Mi è caduto ora un braccio..Guarda, eccolo la che balla,/in abito da sera,nei saloni dei Vicerè../(Salgo lungo di me come per una scala di corda,/e la mia Ansia è un trapezio sgangherato..)
Mário de Sá Carneiro
Luogo di nascita, Lisbona, nel 1890. Luogo di morte, Parigi, nel 1916. Un’infanzia segnata dalla scomparsa della madre, quando Sa-Carneiro aveva solo due anni; un padre militare, distratto dalle sue occupazioni; viaggi di formazione in Italia, Francia, Svizzera; la precoce vocazione alla scrittura rivelatasi negli anni del liceo; l’incontro con Fernando Pessoa e l’avventura entusiasmante dell’avanguardia con la rivista "Orpheu", di cui fu anche condirettore; infine la scelta di Parigi. E a Parigi Sa-Carneiro si perde: non frequenta la Sorbona, ma il Quartiere Latino, i teatrini, i pittori; invia a Pessoa lettere in cui parla di Futurismo e Cubismo. E intanto scrive le sue poesie seduto ai caffè di Boulevard des Italiens e di Place de l’Opéra, guardando la folla della capitale. Versi sensuali, ironici, allucinati: un doloroso ’journal intime’.La sua parabola è tanto intensa quanto breve. In una lettera a Pessoa del 3 aprile del 1916 gli comunica l’intenzione di suicidarsi ("Oggi, lunedì tre, mi ucciderò gettandomi sotto il Métro").Ma forse questo non gli sembra un suicidio adatto alla sua immagine. Sceglie una morte consona alla sua poesia: convoca gli amici portoghesi, indossa il frac e ingerisce un flacone di stricnina nella sua stanza all’Hotel de Nice. E’ il 26 aprile 1916. Dell’edizione completa della sua poesia si occuperà Pessoa, affettuoso autore di un suo ritratto: "Genio nell’arte, Sa-Carneiro non ebbe né allegria né felicità in questa vita. Soltanto l’arte, che creò e che provò, poté dargli la consolazione di un momento. Sono così coloro che gli dèi elessero loro pari. L’amore li rifiuta, la speranza li ignora, la gloria non li accoglie. Muoiono giovani, o sopravvivono a loro stessi, cittadini dell’incomprensione o dell’indifferenza. Mario morì giovane perché gli dèi lo amarono molto".
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