Absolute Poetry 2.0
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Enrico Carovani: SCRITTI BERLINESI, vol. 1

di sparajurij

Articolo postato giovedì 24 giugno 2010


Enrico Carovani, uomo, poeta. Le pagine del suo diario, i fogli dell’agenda, le cassette nella sua videocamera, liberamente in versi. Nel primo volume di questi inediti Scritti berlinesi (primo di due, per ora) mancherà qualche pagina. Forse alcune vengono da un quaderno, altre da un altro. Ma tutte sono fitte di a capo. Il lettore saprà cogliere, sin dal primo testo, che il poeta non guarda solo in dentro ma anche attorno a sé. Di verso in verso. Naturalmente. Vive. Registra. Di tempo in tempo. Fuori e dentro. Come fanno gli uomini poeti.


Enrico Carovani, Scritti berlinesi, vol. 1

CARTA DA PARATI

Dicendo di preferire quelle datate
si riferiva alla pelle dei muri
e anche al sospetto di vecchiaia
nei tratti rugosi della foto digitale.
Un’ossessione da videoamatore
che gira scene di volti corretti, di stanze
riarredate per processi all’intenzione.
Sopralluoghi, una mano di trucco sopra
tutte le altre mani, dalla carta universitaria
ai documenti del divorzio, era testimone
di denti che sporgono, rossetto
a buon mercato, il naso che si screpola
a ripetere il nome dell’ex-marito,
facendo a pezzi le sedie del mobilificio
diventato multisala di provincia.
A misura del vino ingerito passava il braccio
attorno, slacciava la parte davanti,
scrostando via residui di alghe dalla vasca,
le squame da immersioni che ritardano
gli anni nel fisico a scarichi otturati.
Tocca ai discorsi sul fibroma, protesta di
mancata gravidanza, ti sacrifichi per nulla
ed un ragazzo, quando cambi casa, apre la crisi
volendoti nuda ma ora no, meglio di no...


A LABBRA PIENE

In fondo nelle mani sfrego solo
una costruzione d’odio e mi riscaldo.
Nel segno maschile la leader conosco,
i ricci irritati e cosa sono se intrecciati
alle falangi morbide lungo tutto il capo
visto a sinistra, lei muove le parole
col profilo e sposta un naso rimodellato.
La studentessa da inginocchiatoio
per ogni altra scarpa alta luminosa
a qualsiasi motivo intessuto mostra
il dominio delle labbra.
La superiore idiozia nella donna formata,
dovessi doppiare le conversazioni
strabiche con dischi di cliniche
anche una frase poco chiara farebbe
sussurro della minuta lepre
decisa al rapporto sessuale.


MAESTRA GIOVANNA

E’ dentro la chiesa di spalle,
accartocciata nel blu di una preghiera.
Una riga di lato che si aiuta
con la molletta comprata al mercato.
Porto, alla liturgia delle sei,
l’amore fatto condensa di tradimento,
la passione per chi ci sa tradire meglio
di quanto sappiamo fare noi, presuntuosi
senza pretese, ribelli senza causa.
Nessuno sa come va mossa la nostra mano,
nessuno ci dice a cosa stringerla,
e non capiamo neanche come mai
nella sfilata dell’eucaristia ci commoviamo,
Giovanna che metterà in moto dopo i salmi
fino alla scuola del paese ed io che conto
colpe retroattive a ciascun rintocco:
siamo dischi d’ostia senza aderenza,
siamo un pane impermeabile
alla vera vocazione.


CATERINA

Il giorno scelto per la propria faccia,
perchè si rifacesse viva, andava di fiocco
in fiocco imbiancando la stazione.

Che fossi primo per il biglietto, senza saperlo,
che attendessi la cassiera aprendo una coda,
che riconoscessi di uno sguardo solo il mio binario,
si celebrava il viaggio per un preciso aspetto,
rivelare gli occhi a lei, a me stesso.

Quella a destinazione presentava lenti
spesse, al telefono, gonfia in un piumino orrendo,
la degradazione e neanche il rinvio a giudizio,
la riserva di eccitazione giocata dall’inizio.

Quel che si vede sul corpo ferito risplende
a confronto, al mercato mi guida la tipica idiota,
che sbatte fra i banchi e mi sgrida se tocco un suo tallone.

Ogni cliente esprime salute maggiore ed anche la terra
promette di ridere al suo posto,
volevo indietro il mio viso e mi trovo a un funerale.

La maestra delle medie insegue-sogna, lo vuole per sé,
ritratta ciò che ha detto in un messaggio,
fretta di esprimere quel che tanto poi cambia,
tranquillo: sto meglio con la coda? trovatemi un elastico,
sicura si riannodino a comando le esistenze.

Struscia fattezze di tante stagioni su genitali astratti,
soltanto parole, saperne dei suoi ormoni ammazza i miei,
vanitosi modelli a spasso per denaro, antenne sensibili
al naufragio e ai mercatini dell’epifania, diffidando
da firme che negano tutto, anti-firme vigliacche di
quando lo sfogo e le ansie vengon camuffate
dallo “sto delirando”, un po’ di rispetto per chi delira.


(Se proprio volessi ci sarebbe
da rivivere il passato)


Cosa può averti fatto questa casa
da vederci un delitto e cosa tutti
quei volti di studenti che non sopporti,
le loro domande rivolte al muro,
le dirigenti prosciugate in corridoio,
abbandonate al cambio d’ora.
Pretese simili quando sorridi
alle persone anziane e ne manipoli
il saluto, cerchi felicità nelle bocche
di tutti i ripetenti e ne manipoli anche
i voti, giri per la mensa di colleghi
sul cui volto scorron titoli di coda
e ne riavvii la traccia assistendo
ai primi cinque minuti.
Cosa spinge a dire che si va dall’estetista,
cosa si risponde agli acquisti in saldo se
vengono narrati per oscure fantasie e poi
li indosserebbe la sua superficie flaccida?
Troppo comodo indicare in chi non ti appartiene
il motivo della non appartenenza,
le carni già masticate ti affascinano
perchè sai da prima che non dovrai masticarle,
la donna inguardabile ci disimpegna infatti
e talvolta gliene siamo grati
ma deve sapere quanto è brutta
altrimenti non vale!


HAMBURGER BAHNHOF

Le tre ragazzine addosso a quel totem rosa
hanno una mappa che incarta la sagoma,
solo un appoggio di plexiglas opaco di piscio
e in cerchio si fanno presagio dell’installazione.
Chi scende con l’u-bahn in zona si vuol strofinare
alle tele di Cy Twombly, chi ha preso la bici e la posa
nell’ala di cortile adibita a Joseph Beuys è sicuro
che i processi creativi per oggi non segano catene
e i raggi e le ruote e i pedali li ha già tutti usati
la nuova corrente del sospensionismo.
E mi ci sono iscritto, pensa il giovane giunto
ai primi neon dell’arte povera, non ho destino
leggibile, l’unica donna voluta son qui per dirle fine,
restan le ragazzine e starle ad inseguire,
quando Berlino fa ormai contatto con i miei ormoni,
ma le gengive si toccano senza che si senta un dente.
Si guarda ancora Kiefer che lo guarda con disprezzo,
diviso tra il sogno di un morso ed i sentimenti mosci.
Le tre son già al piano di sopra, poi il catalogo
della mostra, un caffé, la notte in ostello e l’aereo.
L’altro si mette perfino a comporre messaggi
al vecchio insegnante di filosofia,
rauco oracolo alla rovescia.
Il pensamento sgonfia le ultime ipotesi
di atto sessuale, di idealtipo di stagione,
e si sta a maledire Nam June Paik,
uno capace di usare ogni oggetto
e di unire gli oggetti tra loro.

Il giovane sa covare ogni difetto, per contro,
e riesce ormai bene ad unire i difetti tra loro.


ARIANNA
(o la poesia del giorno dopo)

Plastifico, a partire
dall’anello biancastro,
l’estremità accaldata,
la ribacio adattando
dentro una busta,
un condotto monouso,
ogni gonfiore esteso
oltre la biancheria,
piega sensata nel suo fisico
che impedisce allunghi,
ma ti ospita
per una stima della soffittatura,
col metro fisso di spinta
su spinta finché non
esaurisce quel fiato,
la camera d’aria semivuota
ora pronta ai rimbalzi,
a cambiare posizione,
a far come col doppio di sé.


VERO VOLTO, MONDO OSTILE

Così, davanti all’ingresso di un’accademia,
come capita ai bus di fare fermata
o proseguire in senso opposto,
quelle acerbe punture in attesa di fioritura
intanto danno un’occhiata alla mia camicia,
a pieghe senza seno, quei frequentatori,
prima di accendere la sigaretta,
verificano quanto io sia pronto col fuoco,
una bella ma impedita, vista già ad un matrimonio,
controlla sotto il piede la bolla al passo dello storpio,
che distrae dal gruppo attento alla lezione,
in prima fila incollo i tratti
di nemica in rovina e non è lei.
La circostanza della pressione, metto le lenti,
disturbo chi vuole capirmi, appena arriva il bacio
si solleva la corrente che non mescola ogni cosa,
ma distingue e vedendoci chiaro afferro
il dato mancante, fingo rimedio.
Vive come allenamento la plastica bianca
su guance di Michela, tifoseria al ritiro premondiale
– escluso calendario degli incontri a letto -
se ne parlò, timori calciati via più argomentando
più amoreggiando, sospesi sensi,
a occhi serrati suoi spediti già i miei
sullo specchio che cade,
poggiava male, è solo una replica,
la ripetizione possibile fra fisici
in desiderio molti anni prima
fino agli ombelichi ovattati di pelo,
alle dilatazioni orali fasulle e ancora baci.
A minuti parlerò di birra belga, per me Amèlie
dirà masturbazione, poi la spettatrice tipo
e le avventure da censura e una minuta presunta
giovane reggi-catino, omaggio a spigolo
preso in testa, reggi-vernice, sangue attira
cineprese di avanzi di lingua di fondi
proprio umidi e ci potremmo appartare.
Un’altra sa del suo puzzo eccessivo,
solo all’abbraccio lorda, non se ne parla.
E la visitatrice regina ha idea del luogo,
degli orari dell’attesa? Le avrò predetto
questa muta al femminile?
Nei tasti che non funzionano?
Nei programmi rivoluzionati passo passo?

Non mi avesse accarezzato da bimbo
penserei a una visione

6 commenti a questo articolo

Enrico Carovani: SCRITTI BERLINESI, vol. 1
2010-07-04 11:25:37|di sj

la seconda parte : http://www.absolutepoetry.org/Enric...


Enrico Carovani: SCRITTI BERLINESI, vol. 1
2010-06-26 08:44:37|di c.p.

sì, beh, lo scacco è l’arte anche se la vita vince sempre vampira anche sull’arte più vampira...la testa non può che farsene una ragione :)


Enrico Carovani: SCRITTI BERLINESI, vol. 1
2010-06-25 18:58:53|di Gad

Mi rileggo, nel mio commento, rileggo Carovani e correggo il giudizio, non cilecca ma tanta testa, forse. Comunque migliora col tempo l’impressione generale. Aspettiamo il volume 2.


Enrico Carovani: SCRITTI BERLINESI, vol. 1
2010-06-25 15:07:18|di nick

possiamo presagire un volume 2? allora lì il sipario si aprirà più su berlino, probabilmente (rispondo a Gad).


Enrico Carovani: SCRITTI BERLINESI, vol. 1
2010-06-25 13:43:56|di ross

io non direi "cilecca"! molto giusto il "candore" della presentazione di sparajuri, ma le poesie sono piene piene di molte cose, immagini e parole non casuali tutte da studiare...


Enrico Carovani: SCRITTI BERLINESI, vol. 1
2010-06-25 10:13:25|di Gad

Enrico Carovani è un nome che non conoscevo...Ma chi è?
Mi sembra che la sua sia poesia filtrata da una specie di "voglia della voglia", che arriva lenta al lettore (sfiancata dalla cilecca artistica?), moraleggiante ma con sprazzi autentici su cui lavorare. Berlino c’è solo di striscio direi...


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