Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Enzo Comin nasce nel 1979 a Pordenone, dove vive e lavora. “Vivo la passione della scrittura fin dall’età infantile. La poesia merita attenzione e quindi attendo molti anni prima di proporre i miei testi a un confronto maturo, esordisco così con una segnalazione a un concorso della casa editrice Montedit che nel 2008 pubblica il mio romanzo in versi La magia ha sempre due nomi, presentato con performance assieme al cantautore rock Simone Piva. Altri poemi sto condividendo dal 2009 in manifestazioni come Notturni Di_Versi, Lungo i bordi, e la Festa di Poesia di Pordenone alla quale ho preso parte all’organizzazione. Senza discriminare sviluppi alla poesia, negli ultimi anni sono attivo nell’arte visiva con esposizioni sia in Italia che all’estero.”
Allegro, preciso.
Romanzo in versi
Ciò significa che pur essendo vietato di compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non siano di sua specifica competenza (…), nei casi di grave ed imminente pericolo, tale da non consentire l’intervento di chi di dovere, sussiste l’obbligo del singolo lavoratore di intervenire direttamente, purché egli abbia, dell’operazione o manovra da compiere, una sufficiente conoscenza e capacità.
Associazione industriali della provincia di Pordenone, Breviario di sicurezza sul lavoro (Arti Grafiche F.lli Botta, 1969)
Tu non sei un operaio, per mia sfortuna
probabilmente non lo sei mai stato
perciò non ti accorgerai se ti mento,
ma noi abbiamo bisogno di parlarti:
lavoro in fabbrica da più tempo
della durata della mia vita:
neppure provandoci potrei essere
sincero, e allora parlerò inventando
finché la verità sarà palese
o peggio scontata: riparabile.
*
I giorni sono indifferenti, i mesi,
gli anni, i decenni, tutti uguali sembra
non sia passata neanche una sola ora:
minuti in linea come operai lungo
una catena di montaggio. E’ stato
non accorgersi di stare invecchiando
il diventare vecchio, e quando lo sei
hai le stesse voglie della gioventù.
Mi hanno rimosso da ogni postazione,
nella produzione faccio tutto:
riparare qualsiasi difetto,
la scatola resistenze, la contro=
scatola, l’elemento posteriore
e quello anteriore rivettati per
serrare ogni componente. Nel tempo
ho acquisito un’esperienza per tutte
queste scatole, distinguo la porta
dalla controporta e poi i cuscinetti
di guaina, di gomma o di silicone
ed è tutto ciò che non desideravo.
*
La grande zona industriale del Nord-Est
capovolta in una futile, utile
giammai, zona non industriale del Sud-
Ovest. Tutto quel lavoro e soffoco,
senza staranno male: il fallimento
nella vita di ciascun vincitore.
Mi sistemo nella mia postazione
in catena ed è come se sedessi
su un comodo trono e nessun foresto
potrà mai farmi alzare e ricevere
tanti onori. Il cielo può essere anche lui
un pezzo scarto, con le nuvole
che calme si crepano nell’usura,
però io non dovrò mai voler scendere
dal parlamento del nostro comune
mettere al mondo elettrodomestici.
I materni gesti del mio avvitatore,
l’attento dondolare negli attimi
della sirena. Alcuni accompagnano
in acqua le valvole a sfera oppure
a farfalla purificandole per
il primo volo. Eccolo, lo sbocciare
di primavera in pezzi difettati.
*
Tutto quello che ricordo: una linea
che cambia, gli elettrodi da provare,
il ripopolare corretto in fila,
fotocopiate istruzioni montaggio.
A testa china, la normalità
è generalmente ingiusta. Lo specchio
è l’eco di una cisterna svuotata,
il culminare della mia giornata
è la partecipazione alla fretta.
*
I deboli contano ancora meno
mentre soffrono; le persone forti
invece sono temute come Dio
perché come Lui non hanno bisogno
di avere fede. Io credo ciecamente
al mio lavoro che mi subordina
perché non ho altro. Certe volte, quando
le ordinazioni si fanno urgenti,
viene fuori quanto davvero siamo
importanti: ma tu hai idea in quale modo
s’è creata questa missione? Io so solo
che non la posso fermare, sarebbe
inumano, seppure ci si lagna
della fatica, da fuggirsene via;
sa proprio di una fretta ferma la mia.
*
Io cammino di fianco ad un fiume, ma
è prosciugato mentre il mio sentiero
come ruscello che discende a valle.
Così che sprofondando nel pantano
lo pesto e vocifera: “Se il piede
non scivola, è perché in me si pianta”.
Qualsiasi luogo, anche se trasformato,
è sacro perché resta una dimora.
Sentiero non avrebbe avuto senso
se prima non ci fosse stata terra
che non portasse da nessuna parte.
*
Un punto debole ci vuole in tutti
i tipi di difesa, così attiri
lì il nemico e lo attacchi. Per vincere
non basta difendersi. Io immagino che
un soldato in prima linea non ha
nulla di che mangiare perché al fronte
il rancio non arriva. Ed è costretto
a cibarsi della terra, la vera
guerra è cominciata dopo la guerra.
*
Del lavoro che faccio non ho orgoglio:
non è del Paradiso, quest’odore.
Il mio occhio aruspice, superbe mani
infilate in carcasse lavatrici
mi pronosticano il disinteresse
in ciò che prosegue. Quasi pensando
o senza pensare, il corpo è libero
e traffica ad animare altri corpi
vuoti che infecondi prenderanno
finalmente vita per via della mia,
di energia. L’estendersi di questo mio
miracolo mi celebra messia
dell’anonimato, un profeta privo
degli incanti. L’accendersi di roba
morta per un esercito redento
di Frankenstein, in mezzo al quale il Verbo
è la corrente elettrica. Traghetto
i miei figli armati verso le sponde
del camion delle consegne, il nemico
è l’idea. Tutti siamo in guerra e finché
non vinceremo, la gratitudine
sarà immeritata, per non restare
seppellito distante con l’opera.
*
Io odio, con tutte le forze, i miei figli.
Perché se mi logoro così tanto
in fabbrica, è per loro. “Cos’avete
fatto a nascere?”, li urlo, però troppo
piccoli per capire, e non li posso
spiegare nulla: non hanno bisogno
di me, ma del mio denaro. Dovrebbe
essere solo il frutto dell’amore,
ma siamo uniti per il materiale.
La poesia serve a stare lontani.
La violazione è vederli solari,
così carichi nel rientrare a casa,
alla fine della giornata: in loro
io non mi vedo, sbranato dalla noia.
Non si sentiranno mai in colpa finché
adulti non prenderanno il mio posto
e cominceranno a pagare loro
le tasse così in colpa mi sentirò io,
ché la pensione saprà di vendetta.
*
E’ stato sudore versato invano
perché, ci spiega il mio caporeparto,
quel che produciamo non è venduto,
l’azienda è in perdita. Il mio incidente
quest’anno con la sega circolare,
il dito che ho perso è stato buttato
per niente: stornato come il guadagno.
Non avrei dovuto fare assenze:
s’è fermata l’economia intanto.
Noi ci sentiamo più fondamentali
di tutti i dirigenti, nel lavacro
patrimoniale, però sono loro
a battezzare prima l’utilità.
La storia esubera gli eroi ed io sono
un castigato, la mia sofferenza
è soltanto un regalo in più che faccio.
***
(allegata in pdf l’opera integrale)
Enzo Comin: ALLEGRO, PRECISO. Romanzo in versi
2010-06-08 21:10:13|di enzo comin
Grazie di cuore a tutti.
Per chi mi volesse contattare:
enzopippi@libero.it
La foto in questa pagina è stata scattata da Sabrina Borgù.
Enzo Comin