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Enzo Comin: ALLEGRO, PRECISO. Romanzo in versi

di Giacomo Sandron

Articolo postato martedì 8 giugno 2010


Enzo Comin nasce nel 1979 a Pordenone, dove vive e lavora. “Vivo la passione della scrittura fin dall’età infantile. La poesia merita attenzione e quindi attendo molti anni prima di proporre i miei testi a un confronto maturo, esordisco così con una segnalazione a un concorso della casa editrice Montedit che nel 2008 pubblica il mio romanzo in versi La magia ha sempre due nomi, presentato con performance assieme al cantautore rock Simone Piva. Altri poemi sto condividendo dal 2009 in manifestazioni come Notturni Di_Versi, Lungo i bordi, e la Festa di Poesia di Pordenone alla quale ho preso parte all’organizzazione. Senza discriminare sviluppi alla poesia, negli ultimi anni sono attivo nell’arte visiva con esposizioni sia in Italia che all’estero.”


Allegro, preciso.
Romanzo in versi


Ciò significa che pur essendo vietato di compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non siano di sua specifica competenza (…), nei casi di grave ed imminente pericolo, tale da non consentire l’intervento di chi di dovere, sussiste l’obbligo del singolo lavoratore di intervenire direttamente, purché egli abbia, dell’operazione o manovra da compiere, una sufficiente conoscenza e capacità.

Associazione industriali della provincia di Pordenone, Breviario di sicurezza sul lavoro (Arti Grafiche F.lli Botta, 1969)


Tu non sei un operaio, per mia sfortuna

probabilmente non lo sei mai stato

perciò non ti accorgerai se ti mento,

ma noi abbiamo bisogno di parlarti:

lavoro in fabbrica da più tempo

della durata della mia vita:

neppure provandoci potrei essere

sincero, e allora parlerò inventando

finché la verità sarà palese

o peggio scontata: riparabile.

*

I giorni sono indifferenti, i mesi,

gli anni, i decenni, tutti uguali sembra

non sia passata neanche una sola ora:

minuti in linea come operai lungo

una catena di montaggio. E’ stato

non accorgersi di stare invecchiando

il diventare vecchio, e quando lo sei

hai le stesse voglie della gioventù.

Mi hanno rimosso da ogni postazione,

nella produzione faccio tutto:

riparare qualsiasi difetto,

la scatola resistenze, la contro=

scatola, l’elemento posteriore

e quello anteriore rivettati per

serrare ogni componente. Nel tempo

ho acquisito un’esperienza per tutte

queste scatole, distinguo la porta

dalla controporta e poi i cuscinetti

di guaina, di gomma o di silicone

ed è tutto ciò che non desideravo.


*

La grande zona industriale del Nord-Est

capovolta in una futile, utile

giammai, zona non industriale del Sud-

Ovest. Tutto quel lavoro e soffoco,

senza staranno male: il fallimento

nella vita di ciascun vincitore.

Mi sistemo nella mia postazione

in catena ed è come se sedessi

su un comodo trono e nessun foresto

potrà mai farmi alzare e ricevere

tanti onori. Il cielo può essere anche lui

un pezzo scarto, con le nuvole

che calme si crepano nell’usura,

però io non dovrò mai voler scendere

dal parlamento del nostro comune

mettere al mondo elettrodomestici.

I materni gesti del mio avvitatore,

l’attento dondolare negli attimi

della sirena. Alcuni accompagnano

in acqua le valvole a sfera oppure

a farfalla purificandole per

il primo volo. Eccolo, lo sbocciare

di primavera in pezzi difettati.


*

Tutto quello che ricordo: una linea

che cambia, gli elettrodi da provare,

il ripopolare corretto in fila,

fotocopiate istruzioni montaggio.

A testa china, la normalità

è generalmente ingiusta. Lo specchio

è l’eco di una cisterna svuotata,

il culminare della mia giornata

è la partecipazione alla fretta.


*

I deboli contano ancora meno

mentre soffrono; le persone forti

invece sono temute come Dio

perché come Lui non hanno bisogno

di avere fede. Io credo ciecamente

al mio lavoro che mi subordina

perché non ho altro. Certe volte, quando

le ordinazioni si fanno urgenti,

viene fuori quanto davvero siamo

importanti: ma tu hai idea in quale modo

s’è creata questa missione? Io so solo

che non la posso fermare, sarebbe

inumano, seppure ci si lagna

della fatica, da fuggirsene via;

sa proprio di una fretta ferma la mia.


*

Io cammino di fianco ad un fiume, ma

è prosciugato mentre il mio sentiero

come ruscello che discende a valle.

Così che sprofondando nel pantano

lo pesto e vocifera: “Se il piede

non scivola, è perché in me si pianta”.

Qualsiasi luogo, anche se trasformato,

è sacro perché resta una dimora.

Sentiero non avrebbe avuto senso

se prima non ci fosse stata terra

che non portasse da nessuna parte.


*

Un punto debole ci vuole in tutti

i tipi di difesa, così attiri

lì il nemico e lo attacchi. Per vincere

non basta difendersi. Io immagino che

un soldato in prima linea non ha

nulla di che mangiare perché al fronte

il rancio non arriva. Ed è costretto

a cibarsi della terra, la vera

guerra è cominciata dopo la guerra.


*

Del lavoro che faccio non ho orgoglio:

non è del Paradiso, quest’odore.

Il mio occhio aruspice, superbe mani

infilate in carcasse lavatrici

mi pronosticano il disinteresse

in ciò che prosegue. Quasi pensando

o senza pensare, il corpo è libero

e traffica ad animare altri corpi

vuoti che infecondi prenderanno

finalmente vita per via della mia,

di energia. L’estendersi di questo mio

miracolo mi celebra messia

dell’anonimato, un profeta privo

degli incanti. L’accendersi di roba

morta per un esercito redento

di Frankenstein, in mezzo al quale il Verbo

è la corrente elettrica. Traghetto

i miei figli armati verso le sponde

del camion delle consegne, il nemico

è l’idea. Tutti siamo in guerra e finché

non vinceremo, la gratitudine

sarà immeritata, per non restare

seppellito distante con l’opera.


*

Io odio, con tutte le forze, i miei figli.

Perché se mi logoro così tanto

in fabbrica, è per loro. “Cos’avete

fatto a nascere?”, li urlo, però troppo

piccoli per capire, e non li posso

spiegare nulla: non hanno bisogno

di me, ma del mio denaro. Dovrebbe

essere solo il frutto dell’amore,

ma siamo uniti per il materiale.

La poesia serve a stare lontani.

La violazione è vederli solari,

così carichi nel rientrare a casa,

alla fine della giornata: in loro

io non mi vedo, sbranato dalla noia.

Non si sentiranno mai in colpa finché

adulti non prenderanno il mio posto

e cominceranno a pagare loro

le tasse così in colpa mi sentirò io,

ché la pensione saprà di vendetta.


*

E’ stato sudore versato invano

perché, ci spiega il mio caporeparto,

quel che produciamo non è venduto,

l’azienda è in perdita. Il mio incidente

quest’anno con la sega circolare,

il dito che ho perso è stato buttato

per niente: stornato come il guadagno.

Non avrei dovuto fare assenze:

s’è fermata l’economia intanto.

Noi ci sentiamo più fondamentali

di tutti i dirigenti, nel lavacro

patrimoniale, però sono loro

a battezzare prima l’utilità.

La storia esubera gli eroi ed io sono

un castigato, la mia sofferenza

è soltanto un regalo in più che faccio.

***

(allegata in pdf l’opera integrale)

1 commenti a questo articolo

Enzo Comin: ALLEGRO, PRECISO. Romanzo in versi
2010-06-08 21:10:13|di enzo comin

Grazie di cuore a tutti.
Per chi mi volesse contattare:
enzopippi@libero.it

La foto in questa pagina è stata scattata da Sabrina Borgù.

Enzo Comin


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