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Evelina De Signoribus: PRONUNCIA D’INVERNO

di Francesca Matteoni

Articolo postato giovedì 28 ottobre 2010

Evelina De Signoribus è nata nel 1978. Ė laureata in Letteratura Italiana Contemporanea a La Sapienza di Roma. Alcune sequenze poetiche sono apparse su "Nuovi Argomenti", "Il Caffè illustrato" e "L’immaginazione". Nel 2008 ha pubblicato il quaderno di racconti La capitale straniera (questipiccoli, Quodlibet). La sua prima raccolta di poesie si intitola Pronuncia d’inverno (Canalini e Santoni, Ancona 2009).


Da: Pronuncia d’inverno


[Uscire]

La voragine, la nostra bocca reale fin dall’origine


Ogni volta, prima di uscire,
mi sembra di prevedere la beffa
del vivere occidentale.
La spinta anche vera
morde la plastica
mentre la finta umana
fa la fila al battesimo
di carta di vento di fumo…

***

Si era fatta luce stamattina, con l’odore della plastica
che già evaporava nell’aria, la coperta avviluppata
che sembrava un gonfiore dell’asfalto.
Da quella prospettiva che mirava l’incrocio, era cessata
anche l’impronta naturale del calore della terra.
Olga era finita lì quasi senza accorgersene e può essere
che le sovvenga di restare a lungo, così,
immobile, assuefatta.
Nessun ospite, nessuna guardia,
nello spavento spontaneo dell’alba.

***

Cerco di rialzarmi, sono sola.
Appoggio il braccio sull’argine del tempo
ma scivola, ricade sul mio corpo.
Lo vedo preda di raffiche di vento,
trema al presente e futuro.
Il mio braccio è me e per me accenna
ciò che non può più la mia mente.

***

Ho sognato un mare trasparente
e invece era un puro abisso.
La profondità del suo nome
corrispondeva con un punto non fermo
una spirale guizzante sotto la superficie.
Ho urlato inutilmente i versi dell’aiuto.
Questi riecheggiano ancora al primo risveglio
quando invece voglio tacerli per sempre.


***

Accade che su questa landa mi senta straniera,
mi si spenga la voce e la memoria si slacci.
Mi sforzo di trattenere le sillabe,
contraggo il ventre e il dialetto,
scommetto sui déjà vu, su stracci di lingue clandestine.
Cerco di ripartire dai nomi delle cose certe
sperando che qualcuno mi ascolti e mi dica
che non sono forestiera
che non ho dimenticato la mia lingua
e la mia storia.

***

Nel lontano 2009 si sparge il tempo dell’avvenire.
Il panno al filo, segue il confine dell’accampamento.
Qualche bestia ancora si muove, nonostante il sole,
non distoglie l’attenzione, sta nella luce come anima persa.
La punta di un ramo a terra
indica da che parte andare.

1 commenti a questo articolo

Evelina De Signoribus: PRONUNCIA D’INVERNO
2010-10-28 15:07:09|di Luigi Nacci

Altre poesie di Evelina, qui: http://www.nazioneindiana.com/2010/...


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