Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Il destino di un uomo
Poteva capitare anche a te
nascere in un pentolone
tra rospi e intrugli
di streghe senza processo
e il dolore grande di una madre.
Io mi sono trovato a passare
da quelle parti.
*
Il poeta delle pantegane (canto d’amore)
Sono il poeta delle pantegane
che mi infangano le mani.
La fogna mi piace
perché è in basso
come l’inferno.
Le chiamo tutte attorno a me
con le loro storie che non fanno storia,
per loro suono il piffero
senza portarle ad affogare.
"Vittorino!" "Presente!"
A quarantatre anni
con il volto di uno di venti
che ha sofferto
tutti i mali di questo mondo
(venti che Eolo ha lasciato liberi)
faccia di legno lavorata dai foruncoli,
che borbotta sottovoce per non farsi sentire
neppure da se stesso,
occhi sacri fermati su vecchie immagini di manicomio.
E poi suo fratello "Luigi!" "Presente!"
Scoppiato a trent’anni,
intelligente e impegnato
e ora "seme rappreso
che prendendo fuoco diventa l’inferno",
vecchi preti vecchi comunisti,
il sapore di sua madre
l’unica donna che ha conosciuto.
Pantegane in libera uscita
per le strade di Andreis.
"Zio Mario!" "Presente!"
Ha la mia età,
eppure è vecchio come Raut,
si trascina avanti
con il suo dolore facendo bocca sorridente;
"senza polmoni senza cuore"
senza fiabe per i bambini,
nel suo mondo costruito mattone su mattone
giocando da piccolo.
E poi suo fratello "Paolo!" "Presente!",
che non esce mai di casa
per aspettare meglio.
Pantegane in processione.
"Jacu de Prupiere!" "Presente!"
"Tone de Cincju" "Presente!"
"Petrula!" "Presente!"
"Gjidia!" "Presente!"
"Chiel d’Isorz!" "Presente!"
"Fiorino!" "Presente!"
"Vigji de Petìc!" "Presente!"
"Bert l’espert!" "Presente!"
con i suoi segreti grandi
che vengono dalla Spagna,
giovane vecchio ripiegato su se stesso,
gli occhiali per nascondere le espressioni,
che patisce la fame
che patisce il freddo
che patisce la sporcizia
che patisce ciò che ha tra le gambe.
Pantegane italiane
che guastano il paesaggio,
piccoli cristi
senza calvario
senza croce
senza paradiso.
"Tina de li Ribes!" "Presente!"
Spaventa tutti i bambini
giù per il Colognàn, grida
le sue poesie, scopa
una casa che non esiste
zappa un campo che non esiste.
Pantegane fotografate
tanti anni fa
che si intromettono
con le cose di oggi.
Canto di loro
il freddo delle mani,
la febbre nella testa,
il silenzio della voce,
la fatica dei piedi,
le lacrime morte,
l’inverno dei coglioni.
Pantegane uscite
da tutte le chiese
da tutte le case
da tutte le osterie
a rubare una mela marcia
all’immondizia.
*
Sognando la religione
Signore
non credo non credo
eppure sono qui
davanti inginocchiato
Ah se sapessi
mi piacciono le contraddizioni
per poter restare me stesso
Sono uno stupido
non occorre che te lo dica
il meno riuscito
dei tuoi figli
Sono brutto sono un fallito
eppure non ho nulla da chiederti,
non voglio miracoli per me,
mi accontento che il sole
mi dica buongiorno.
Signore, non sono qui
per fare la ruota come un pavone
ma neanche per battermi il petto
domandando perdono.
Io sono solo un bambino
che piange e arranca e fatica.
Io muoio su una croce diversa
mordendo i chiodi
e spingendo i piedi
verso il basso a sentire
l’erba che cresce.
*
Bum
Noi inchiodati
qui
a scrivere poesie.
So
che questa
non è poesia.
E’ la storia di un treno.
So
che su quel treno
c’erano
un barbone
un emigrante
un operaio
una studentessa
un padre di famiglia.
So
che il barbone
ha la mia età
senza denti
senza capelli
e ride e piange
e non va da nessuna parte
e non ha nessuna valigia.
So
che l’emigrante ha cinquantatre anni
e viene dalla Germania.
So
che va in Sicilia
e nella valigia
una stecca di cioccolata.
So
che l’operaio
lavora all’Alfa Romeo.
So
che ha quarantadue anni
nella valigia
l’ultima busta paga.
So
che la studentessa
è molto bella
e ha diciassette anni.
So
che va a vedere Roma,
nella valigia
la macchina fotografica.
So
che il padre di famiglia
ha gli occhiali sessantadue anni
un nipote a Bari
e nella valigia
"la cena per i suoi rondinini".
So
che stanno aspettando qualcosa
e ridono
e il treno ride
e le valigie ridono
e la democrazia
nascosta sotto i binari
come sempre
ride.
BUM
***
Dal 16 settembre al 5 ottobre 2008 Pordenone ha dedicato a Tavan una mostra fotografica (a cura di Danilo De Marco), anche con l’intento di sviluppare una campagna di solidarietà e pressione finalizzata alla concessione del vitalizio Bacchelli (qui sotto alcuni articoli al riguardo, apparsi nelle ultime settimane).
In concomitanza è uscito il volume Federico Tavan, nostra preziosa eresia (Forum Editrice), a cura di Pierluigi Cappello, Paolo Medeossi e Danilo De Marco.
La web tv Pnbox ha realizzato un servizio (l’autore è Alberto Ruggiero) sulla mostra, che può essere visto QUI.
**
Da Le Goff a Dondero a Matvejevic: mobilitazione internazionale per fargli assegnare un vitalizio
Salvate il poeta Federico Tavan
Cantare Federico Tavan dà una sensazione forte. Uso le sue parole senza preoccuparmi troppo della giustezza della pronuncia, non per mancanza di rispetto alla lingua in cui scrive, ma perché ho bisogno di fare mio il suono, di trovare il senso dell’ invenzione poetica quando diventa oralità. La poesia che ho detto e cantato più volte è Nâf spaziâl ma anche Augh e le varie Demograzia e Caos. Mentre articolo, ascolto le reazioni, se serve traduco frammenti, ma spesso non serve perché le parole muovono, ballano, scuotono, tirano su, spostano pietre, rompono muri di solitudine. Le parole di Federico raccontano il mondo di uno abituato a non vincere ma non rassegnato a tacere. Vorrei dire che sono poesie per il tempo che ci aspetta, perché credo che dopo venticinque anni di retorica trionfante sui vincenti è utile trovare il modo di parlare a quanti, e non saranno pochi, saranno via via tagliati fuori da una competizione ormai svuotata di stimoli e carattere. Ho l’ impressione che territori come Veneto e Friuli debbano rivalutare altri modelli culturali, coltivare i bordi dei campi del lavoro, piantare orti e pulire cortili in cui portarsi le sedie alla sera per parlare con i vicini, con i figli, con gli stranieri non più tali da un pezzo, ma ancora separati. Federico è come il Marcovaldo di Calvino che fa e dice cose che non ci sono estranee, anche se non le faremmo né le diremmo mai per non passar per scemi. Ma Federico non è un personaggio, è reale e scomodo. Federico vive di eccessi, ma non è lo scemo del villaggio né locale né globale. Io non lo vedo da tempo e ho mille scuse per non aver trovato altro tempo, ma sono solo belle scuse. Federico ha diritto a un po’ di tempo per quel che ci ha dato con la sua arte. Ha diritto a un po’ di attenzione per le sue esigenze di uomo. I Personaggi mangiano e dormono senza consumare le nostre risorse. I Poeti invece hanno il vizio di vivere in miseria; è questione di stile e di povertà. Fuori dal Friuli e dal Veneto, Tavan non è molto conosciuto, forse lo sarà di più dopo la sua morte. Ma è al resto della sua vita che vi chiediamo di pensare. Una pensione di dignità giusta per risarcire le migliaia di invalidità fasulle assegnate in passato a clienti di ogni regione d’ Italia. Nella dedica che mi ha fatto a un suo libro ha scritto: «Soi timidu e spiete la muart», Frederich Fon Taffan. E io gli ho risposto: «Speta per piacere, speta ancora, abbi pazienza», Marc Fon Paolin.
Marco Paolini, "Corriere della Sera", 14 settembre 2008
**
Versi e anarchia, Dino Campana del Friuli
«Niente è stato risparmiato a Tavan, e pochissimo gli è stato dato. Ma quel pochissimo è stato una cosa grande: il privilegio e la maledizione di essere nato poeta, di essersene reso conto, di aver assecondato la propria voglia di raccontarsi». Le parole della critica letteraria Anna De Simone sono la sintesi perfetta della storia di un uomo, di un poeta al margine del mondo. Ma come ci insegna Claudio Magris, nel suo Microcosmi, spesso sono proprio le storie marginali, le più silenziose e nascoste, ad assumere il senso di un valore universale e regalarci una nuova visione dell’ esistenza. A farci sentire meno soli. È quello che hanno pensato anche Pierluigi Cappello, Danilo De Marco e Paolo Medeossi, che con Giovanni Zanolin, assessore del Comune di Pordenone, hanno dato vita all’ affettuoso tributo a Federico Tavan, 59 anni, poeta sublime e dannato che canta la sua eresia con la lingua friulana del suo borgo, Andreis, e delle montagne della sua Valcellina, nel cuore del Friuli Venezia Giulia. E proprio «Tavan, nostra preziosa eresia» è il titolo di una mostra fotografica di Danilo De Marco e di un piccolo-grande libro ricco di testimonianze, immagini, documenti e analisi critiche che celebra un personaggio pressoché sconosciuto fuori dai confini del Friuli, «sua periferia del mondo». Come per Dino Campana o Alda Merini, la vita gli ha riservato il destino di un equilibrio fragile, diviso tra gli abissi della malattia mentale e il dono di una poesia che fulmina, che diventa bestemmia e carezza. Proprio Claudio Magris gli dedicò un puntuale ritratto: «Federico Tavan è il poeta maudit, trasgressivo-innocente, socialmente irregolare e indigesto, segnato da emarginazioni e incline, come molti autori del suo stampo, a farne uno stile ostentato di vita, ma capace di scendere al fondo delle parole e di andare a picco nel disagio». E proprio questo «disagio», che ora lo costringe a una particolare e complessa assistenza, ha spinto un centinaio di intellettuali del rango di Carlo Ginzburg, Peter Handke, Claudio Magris, Jacques Le Goff, Predrag Matvejevic, Carlos Montemayor, Mario Dondero, Paco Ignacio Taibo II, per citarne solo alcuni, a firmare un appello affinché gli venga assegnato il vitalizio Bacchelli. «Non è lui che ha bisogno di noi - ha detto il poeta Pierluigi Cappello, presentando la richiesta al Consiglio comunale di Pordenone -. Siamo noi che abbiamo bisogno di lui». La pratica è ora a Roma, ma tutto appare fermo. E c’ è anche preoccupazione: «Le condizioni di Tavan richiedono una certa urgenza». «L’ essere perfettissimo è tornato umano, nella tua voce, nostra preziosa eresia, Federico», scrive la poetessa Ida Vallerugo. Ed è stato proprio il riconoscere la necessità della presenza di Tavan come voce «eretica» e «nostra», a rendere questo tributo un piccolo evento davvero eccezionale. Ma quello che sta accadendo a Pordenone (la mostra si inaugura oggi all’ ex scuola Giovanni Antonio da Pordenone, con letture di poesie) è qualcosa che va ben oltre una mostra o la presentazione di un libro. È la testimonianza di come alcuni valori siano ancora vivi: solidarietà, gratuità, riconoscimento verso il talento degli altri. Guardando i ritratti di Tavan non si può che pensare alla sua via crucis e a i suoi versi come monito: «E quando il merlo/ ha perduto la voce/ nella valle/ che freddo».
Colin Gianluigi, "Corriere della Sera", 14 settembre 2008
***
Federico Tavan, il «maudit» italiano
A ssenza più acuta presenza. Si avverte per le vie di Andreis l’assenza rumorosa di quel vulcano ancora acceso di Federico Tavan: per brevità chiamato poeta. Tanti degli appartenenti al bel mondo dell’intellighenzia (Peter Handke, Jacques Le Goff, Pedrag Matvejevic, Erri De Luca, Carlo Ginzburg, Paco Ignacio Taibo II, Ettore Mo, Marco Paolini) si sono avventurati fino a quel borgo petroso del Friuli in cui con la sua massa possente e vorace rotolava fino a ieri come una «mèi codogns» (una mela cotogna), zampillando come una fontana, tra schizzi di genio e sprazzi di meglio gioventù. Quel che resta di una cultura nostrana, ben più terremotata del Friuli del ’76, sono andati fin lì per verificarne il passo dell’artista e ritrovarsi stupiti a subire l’esperienza unica dell’abbraccio caldo, avvolgente, di un uomo che è rimasto un eterno nin (bambino) che gioca con il suo Màcheri e del quale molti hanno scambiato per stupida follia quella sua profonda e inarrestabile richiesta d’amore. È da un amore mai ricambiato, da quel mondo al quale si rivolge con lucida pazzia e dall’infinita sofferenza che lo attanaglia fin da quando sedeva sui banchi di scuola, che nasce il poeta sublime di Andreis. «Per essere poeti bisogna avere molto tempo. Ore e ore di solitudine. Sono il solo modo perché si formi qualcosa. Che è forza, abbandono, vizio e libertà Per dare stile al caos.…», sentenziava Pier Paolo Pasolini con il quale Tavan ha in comune la lingua madre in cui si esprime e scrive le sue poesie. Pasolini è la sua stella cometa e al Mestre al ’Maestro’, ha scritto tenendo il suo cuore lieve tra le mani: «Massacrato fatto a pezzi e schiacciato sulla strada. Tu ci hai spiegato la storia dei muri alti del palazzo, catene che tu volevi rompere che diventano come fragole nei prati». Brandelli di dolorosa verità che da sempre annota su pezzi di carta riciclata per la strada, su fogli ingialliti, pacchetti di sigarette da buttare, tovaglioli dell’osteria e del bar del paese dove adesso manca quel ribollire di una voce unica e inconfondibile che legge e rilegge i suoi versi alle fole. Destino di un uomo nato in «un pentolone / tra rospi e intrugli / di streghe senza processo», che lentamente ha fatto breccia nei cuori della gente della Valcellina, scalfendo anche la roccia carsica della pubblica ottusità: l’ha sgretolata facendo germogliare il giglio più bianco che c’è, quello della poesia . Certo per la sua fioritura ci sono volute le concimanti recensioni di Claudio Magris: «Federico Tavan è il poeta maudit, trasgressivoinnocente, capace di scendere al fondo delle parole e di andare a picco nel disagio». La conferma di Carlo Ginzburg, a sottolineare aristotelicamente che «gli storici parlano di quello che è stato (del vero) i poeti di quello che avrebbe potuto essere (del possibile)». E Tavan, fino a quando la sua luce di figulin (lucciola), di ultima lucciola pasoliniana – insieme a Pierluigi Cappello –,è rimasta ininterrottamente accesa, ha avuto modo di volare leggera tra le case e i campi della sua terra per illuminare le coscienze spente e sgrammaticate di questo tempo inerte e vigliacco che come avvertiva il Mestre «ai poveri toglie il pane. Ai poeti, la pace». Ci vuole coraggio per diventare poeti, «basta solo aver fallito tutta la propria vita», dice l’altro cantore anarchico di Casarsa, Ezio Vendrame. Fallire dopo per aver mangiato di gusto tutte le lettere dell’alfabeto, così che una mattina come lo scarafaggio di Kafka mentre scriveva, nudo davanti allo specchio, Tavan ha visto il suo volto e la sua ombra diventare una ’Y’.
«Lettera che nel nostro abbecedario manca.
Capisco che ha ragione Tavan, è una ipsilon che ha cercato di entrare nel nostro elenco di lettere ed è stata respinta», dice Erri De Luca di colui che si proclama «poeta delle pantegane». Custode raro di una poesia struggente come poche altre, in questo secolo liquido e superficiale, quella di Tavan si attacca alla pelle e corrode l’anima di chi ancora conserva la giusta distanza dall’indifferenza, implacabile nemica dei poeti. Ma per chi non possiede una buona dose di sensibilità questo «diseredato della terra» è solo un matto che continuamente deve spiegare: «Che fatica far capire alla gente che non ci sono scuole che ti insegnano a fare il matto, a farlo sul serio…». Chi lo ha capito per primo è stato don Pier Giorgio Rigolo che nei primi anni ’80 cominciò a pubblicare i suoi componimenti sulle pagine del bollettino parrocchiale di Andreis. Così quel piccolo mondo antico ha cominciato ad accorgersi di Federico, che per il suo paese ha sempre provato lo stesso sentimento di tutti quelli nati e cresciuti nel ventre molle dell’infinita provincia italiana: amore e odio. «Se non fuggi, non fuggi più: diventi Andreis». È tutto in questo verso l’amore per un luogo che all’alba trasparente di bottiglia appena scolata concede ancora il saluto del vicino.
Ma si legge anche l’odio, di chi troppe volte ha tentato la fuga da un microcosmo senza via di scampo. Ci ha provato a farlo con una mitica 127 blu «con un buco nella carrozzeria», come ricorda Lorena Roman che non ha mai lasciato solo l’amico poeta, specie in questi giorni dell’abbandono alla malattia, e che l’ha omaggiato chiamando il suo negozio la Nâf spaziâl. Quello è il nome di una sua raccolta e della tana, il minuscolo appartamento che ha dovuto abbandonare quando la strega della malattia lo ha rapito e condotto al centro di igiene mentale di Maniago dove ora vive imbottito di psicofarmaci, prigioniero di silenzi bui interrotti soltanto dalla ridondante richiesta: «caffè e sigaretta…». Ma la purezza di questa chimera vivente, diretto discendente dell’orfico Dino Campana e fratello di sangue dell’immenso Pasolini, non ha mai provato odio neppure per il suo strazio mentale e prima di eclissarsi ha lasciato scritto: «Ringrazio la mia strega e quelle successive che m’hanno dato occhi color della terra e del grano simili a quelli di nessuno.
Ringrazio quelli della mia età che m’hanno dato la solitudine per diventare poeta». I suoi coetanei, il suo tempo, l’hanno abbandonato e reso poeta, ma ora, e al più presto, serve quel sussidio della Bacchelli per salvare questo giglio purissimo dai gelidi inverni della vita e se possibile ritrapiantarlo nella stiva della Nâf spaziâl, ad Andreis.
L’unico luogo in cui il merlo vagabondo che adesso è senza voce, cerca L’assoluzione per poter tornare a cantare e alleviare almeno in parte un dolore che da 59 anni lo rende unico, quando con il sangue più che con l’inchiostro incide sul foglio: « Sumiant la religjon (Sognando la religione): Io muoio su una croce diversa / mordendo i chiodi /e spingendo i piedi / verso il basso a sentire / l’erba che cresce».
Massimiliano Castellani, "Avvenire", 28 settembre 2008
*
Il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha approvato all’unanimità la mozione che impegna la Giunta a chiedere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri l’assegnazione dei benefici della legge 440/1985 a Federico Tavan: QUI.
Vincenzo Della Mea, Federico Tavan in podcast, e Augh!: QUI.
Un video su Tavan: QUI.
10 commenti a questo articolo
Il Consiglio dei ministri ha concesso i benefici della «Legge Bacchelli» a Federico Tavan
2008-12-02 17:38:11|di Luigi Nacci
E’ con piacere che riporto la notizia:
Omaggio all’ eretico Federico Tavan, cantore friulano
Un riconoscimento a due eretici, a due uomini che hanno dedicato la vita alla poesia e al cinema a loro modo sfidando le regole. Il Consiglio dei ministri ha concesso ieri i benefici della «Legge Bacchelli» al poeta friulano Federico Tavan, 59 anni, e al livornese Alfredo Bini, produttore storico di Pasolini, che compie 82 anni il 12 dicembre. Per Federico Tavan, al quale l’ ultimo numero della rivista «Poesia» dedica un ampio servizio, c’ è stata una vera mobilitazione popolare con convegni, mostre fotografiche e pubblicazioni che hanno coinvolto istituzioni, amici e intellettuali come Claudio Magris, Carlo Ginzburg, Marco Paolini. Proprio Magris gli dedicò con Microcosmi un affettuoso ritratto: «Tavan è il poeta maudit, trasgressivo-innocente, indigesto, segnato da emarginazioni ma capace di scendere al fondo delle parole». Una vita da eretico, appunto, con versi spesso in friulano, meravigliosi e fulminanti, sempre densi di sofferenza, la stessa di Dino Campana e Alda Merini. Non si può parlare invece di Alfredo Bini senza pensare a Pier Paolo Pasolini che ha accompagnato nella realizzazione di tutte le sue opere, da «Accattone» a «Mamma Roma». La sua vita conta 52 film: nel 1960 esordì con «Il bell’ antonio» tratto dal libro di Brancati e il suo nome è unito a Germi, Monicelli e Bolognini. Ex marito di Rosanna Schiaffino, recentemente ha scritto una autobiografia piena di amarezza: «Ho pensato e osato troppo, oggi il cinema non esiste più».
Gianluigi Colin, "Corriere della Sera", 29 novembre 2008
FEDERICO TAVAN: Il poeta delle pantegane, dei rospi e degli intrugli di streghe senza processo
2008-11-18 20:22:24|
aggiornamento: http://www.avvisatore.it/Default_De...
FEDERICO TAVAN: Il poeta delle pantegane, dei rospi e degli intrugli di streghe senza processo
2008-11-14 10:15:25|di Legba
É stata organizzata una causa per sostenere l’assegnazione del vitalizio della Bacchelli a Tavan anche su Facebook.
A quanti vogliono aderire, la causa è qui: http://apps.facebook.com/causes/141...
FEDERICO TAVAN: Il poeta delle pantegane, dei rospi e degli intrugli di streghe senza processo
2008-10-15 10:20:53|di luinac
grazie della segnalazione, vincenzo. mi hai fatto venire in mente una vecchia storia - di premi, targhe, medaglie - di cui si parlò QUI...
FEDERICO TAVAN: Il poeta delle pantegane, dei rospi e degli intrugli di streghe senza processo
2008-10-15 09:51:56|di Vincenzo
Non è forse elegante ricordarlo ora, ma due anni fa la Bacchelli in Friuli è stata data ad una persona che aveva solo il merito di conoscere i politici giusti (Arduino Della Pietra).
Tavan oltre che meritarsela ne avrebbe proprio bisogno.
FEDERICO TAVAN: Il poeta delle pantegane, dei rospi e degli intrugli di streghe senza processo
2008-10-14 07:19:12|di maria
grazie luigi
ammetto che non lo conoscevo e lo trovo grandissimo.
vado ad accattare ;-)
FEDERICO TAVAN: Il poeta delle pantegane, dei rospi e degli intrugli di streghe senza processo
2008-10-14 01:22:46|di giacomo san
capisco quello che vuoi dire, però non son convinto, togliere il friulano a Tavan, come a qualsiasi che in Italia scrive con un idioma che non è l’italiano, è un pò come moncare
FEDERICO TAVAN: Il poeta delle pantegane, dei rospi e degli intrugli di streghe senza processo
2008-10-13 23:51:57|di luinac
Non ho messo i testi in friulano così come non metto generalmente i testi in sloveno, croato, spagnolo, ungherese, etc., quando pubblico i poeti stranieri. Sono dei post-assaggio, questi, degli spuntini. Così, se a uno viene voglia - come giustamente a te - di leggerseli in originale, di farsi una bel pasto come dio comanda, sai che fa? Aiuta l’editoria, in poche parole: si compra il libro :-)
FEDERICO TAVAN: Il poeta delle pantegane, dei rospi e degli intrugli di streghe senza processo
2008-10-13 23:40:59|di giacomo san
grazie Luigi, perchè da un pò di giorni ho delle foto di Federico Tavan che mi girano su e giù per la camera e ogni volta che mi capitano sott’occhio le trovo sempre bellissime, che c’ha degli occhi...
grazie perchè secondo me è bene che la poesia sua giri e giri,
domanda: perchè non hai messo i testi anche in friulano ?
Commenta questo articolo
FEDERICO TAVAN: Il poeta delle pantegane, dei rospi e degli intrugli di streghe senza processo
2009-02-22 15:48:11|di andrea
ogni tanto lungo la strada sboccia un fiore ma nel mondo convulso pochi se ne accorgono