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FINIMENTI DI FRUMENTO di Viktor Kubati

(poesia straniera - numero II)

Articolo postato lunedì 8 gennaio 2007
da Luigi Nacci

Dopo il noto e magiaro Pilinszky della prima puntata, faccio un balzo in avanti e arrivo ai nostri giorni, scendendo per i Balcani. Oggi propongo i testi di un giovane poeta albanese inedito, Viktor Kubati, che scrive direttamente in italiano. Nonostante incorra a volte nel rischio di soluzioni retoriche, sono stato colpito dalla sua semplice (genuina: non alterata) umanità. Rara nei suoi coetanei italiani. Si pensi inoltre alla difficoltà di scrivere in una lingua altra - non sarebbe il caso di aprire prima o poi qui su Absolute uno spazio dedicato alla poesia dei migranti?

***

Viktor Kubati è nato nel 1980 in Albania. Ha origini russe. Da pochi anni in Italia, scrive in lingua italiana. Suoi testi sono stati recentemente pubblicati nella rivista “Nae” e ad aprile appariranno nel sito “Kuma” diretto da Armando Gnisci. Finimenti di frumento è la raccolta inedita da cui sono tratti i testi che seguono.

***

Aspetto che la notte mi aggredisca
oltre la frontiera il silenzio che attende
il mio passo trema
ma ho un solo passo da fare,
un solo fiato da urlare.
Avanti mi dico, oltre il silenzio sarà colori aspri
forse, forse montagne di corallo, ma
non più silenzio, non più buio intorno.
Lascio la mia parola alla mia lingua
il mio seme al corpo morbido di Sara
alle sue trecce ora sole nel vento di Tirana.
Ad ogni pensiero, ad ogni rimpianto
il mio cuore, la mia anima, il mio sangue sanno
che ho un solo passo da fare,
un solo fiato da urlare.
Oltre la soglia il mio passo sarà diverso,
la mia lingua avrà nuove parole sorelle,
il mio seme porterà in un nuovo corpo
le ferite di una guerra, l’eredità del dolore,
ma ora quel passo è sospeso tra due terre,
origine e futuro, storia e presente.
Alzo la gamba, distendo il ginocchio
nel passo col coraggio, unico faro
nella notte buia della scelta imposta.
E ora urlo, urlo il mio unico fiato
alla notte del deserto che mi accoglie
e mi fa suo, urlo fino a che l’urlo si spegne
nel fiato, lo stesso di sempre, mio.

***

Lascio un nuovo vento squarciare il mio petto
un vento diverso ma fratello
di quello che mio nonno mi indicava
accarezzare il frumento nella pianura di Tirana
“Avrai una nuova pianura, una nuova paura”
mi diceva indicando il mare,
“E porterai con te i finimenti di questo frumento
per farne strumento lucente di rabbia e vita”.

***

Guardo dietro le mie spalle
ma non c’è ritorno,
si distruggono i ponti alle truppe
per infondere nei soldati l’allucinante
volontà di avanzare e il coraggio di uccidere.
Così distolgo dal cuore lo sguardo
e tolgo la patina di pietà che lo ricopre,
la depongo ai miei piedi la pietà
per renderla tappeto dei miei passi,
dove avanzare con volontà fredda
ma senza il coraggio di rivalsa o vendetta.

***

Non so cos’è la morte,
nel mio cuore ci sono soltanto i morti
disposti in recinti di sogni bui
come segni incisi sulla mia carne,
come tatuaggi impressi dal cielo
e non da mani umane, precise.
Non so cos’è la morte,
nel mio cuore ci sono soltanto i miei morti,
come un suono carsico scava le mie notti
ne insidia la speranza come un colpo di fucile
lontano nella notte annienta la speranza di un altro sole.
I miei morti resi burattini e fantocci,
giocattoli da regalare ai bambini nei cortili
come le parole che scrivo per ricordare
che non ho attese di altre speranze
ma una vita storta da vivere senza domandare
chi l’ha donata ai miei passi così e perché.

***

Nessun esilio dorato
oltre la porta dei passi migranti,
la sorte è questa spina
che lacera a ogni passo la carne,
il non appartenere ad altri che a se stessi
quando gli occhi guardano un mondo
di colori che si fanno bianchi, estranei.

***

Prima di partire
ti ho chiesto di accecare i miei occhi,
di prendere la mia vista e di farne pane,
di ridurre il pane in briciole e di disperderle
nel campo di frumento all’ombra dell’antica casa.
Così gli uccelli richiamati dal cibo,
si sarebbero avvicinati per beccare le briciole
e portarle in alto nel cielo con il loro volo,
cosicché io avrei avuto uno sguardo ampio
ed eterno sul mondo dell’uomo e della vita.
Ma tu mi amavi e non mi hai ascoltato,
il tuo bacio ha sigillato la mia vista ai miei occhi
per sempre ed ora quando guardo la vita
vedo solo ciò che posso vedere mentre
lo sguardo ricerca in alto il volo degli uccelli.

***

Non si ha più età
quando assurdità e bellezza
si sposano in un confine di sangue
leccato dalle bocche di donne profumate e perse.

***

Non tornerò indietro,
i passi, i fiati, le grida
quando escono dal nostro sangue
si fanno sangue di tutti,
non hanno patrie, paesi, cortili
dove riposarsi al fresco degli alberi,
ma divengono parole di uomini
e infine uomini.

3 commenti a questo articolo

> FINIMENTI DI FRUMENTO di Viktor Kubati
2007-01-10 08:55:15|di Martino Baldi

Cribbio! avevo risposto ieri sera ma non devo aver confermato l’invio! Adesso sono di corsa. Spero di trovare un po’ di tempo oggi per ricomparire. Saluti. Martino


> FINIMENTI DI FRUMENTO di Viktor Kubati
2007-01-08 17:47:26|di Luigi

Mi ha detto che prima scriveva in albanese e che questa è la sua prima raccolta in italiano. Non so invece che rapporti abbia con gli autori albanesi. Se ci stai leggendo, Viktor, ti invito a farcelo sapere!


> FINIMENTI DI FRUMENTO di Viktor Kubati
2007-01-08 14:11:18|di Christian

Mi interessa sapere se Kubati scrive (e scriveva prima di giungere in Italia) anche in albanese e se ha rapporti con autori del suo paese. Tra l’altro Martino Baldi curava una pagina di poesia italiana per una rivista albanese, e forse può partecipare alla discussione.


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