Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
FRAGILI GUERRIERE
Manifesto di poetica per una nuova proposta femminista
fantasticavo una folla immaginaria alla quale rivolgevo quel canto…
(da un’intervista ad Amelia Rosselli a proposito de La libellula)
Il momento storico presente rende estremamente necessario anche per le donne artiste prendere posizione a favore di una rinascita degli ideali del movimento femminista e delle sue battaglie nella seconda metà del Novecento, battaglie attualmente dimenticate e grottescamente negate dal potere politico e dall’annichilimento delle coscienze nell’Italia contemporanea.
Il nostro manifesto vuole essere una proposta di mobilitazione culturale volta alla presa di coscienza dell’enorme patrimonio poetico femminile dell’Italia contemporanea e alla sua valorizzazione.
Il titolo del nostro manifesto, Fragili Guerriere, è ripreso dal video di Daniela Rossi in ricordo delle due grandi poete scomparse, con un intervento di Rosaria Lo Russo che inaugurava il contenuto critico, etico-politico e poetico del presente manifesto sulla novità della poesia epica scritta da donne. Il video è stato presentato in occasione della bellissima iniziativa di Maria Teresa Carbone e Franca Rovigatti ROMAPOESIA-PO/EPICHE, Roma 2010, Festival interamente dedicato alla poesia delle donne.
Dalla seconda metà del Novecento ha preso corpo in Italia un nuovo filone letterario, la poesia epica scritta da donne, non ancora storicizzato in quanto tale e quindi non ancora sufficientemente conosciuto e valorizzato dal pubblico e dalla critica, né mai prima tentato dalle autrici di poesia italiane dei secoli precedenti, sempre limitate alla poesia lirica occasionale o d’imitazione del canone petrarchesco. Le madri fondatrici del poema epico femminile italiano contemporaneo sono Amelia Rosselli con La libellula, composta fra il ’58 e il ‘62 e Patrizia Vicinelli con I fondamenti dell’essere,
scritto fra l’’85 e l’’87. Queste due opere, con la relativa distanza compositiva fra di esse, inaugurano una scrittura poetica di lungo corso, oggi rappresentata - secondo noi - da molta poesia scritta da donne. Sono dunque due opere storicamente cruciali, per aver iniziato una nuova poetica antiliricistica e poematica e di carattere sperimentale, in forte opposizione al canone letterario italiano, ovviamente maschile, e al contempo in lacerante dialogo con esso, e fortemente interrogativo rispetto ad esso, soprattutto in relazione alla riformulazione, sovversiva ed eversiva, dell’imperante Io poetico, onnipresente (ovvero sia lirico che poematico) eroe della nostra tradizione letteraria.
L‘epopea di Rosselli e Vicinelli riformula e rifonda le basi canoniche della lirica e del poema tradizionale. I loro sono poemi di fondazione in cui l’Amore (il fulcro stilnovista della nostra tradizione) fra l’Io e il Tu lirici diventa il mezzo di un percorso iniziatico che ha come fine la costituzione di un nuovo Sé poetante, una nuova identità autoriale, diversa da quella canonica in quanto declinata al femminile. Si tratta propriamente di guadagnarsi sul campo l’autorizzazione a scrivere, tramite una riformulazione identitaria esperita nella sperimentazione delle forme pronominali, verbali, sintattiche, tematiche: autorizzazione, nel doppio senso di ‘permesso di scrivere’ – non dimentichiamolo, sostanzialmente negato fino all’Ottocento alle donne – e ‘diventare autore’, assumere cioè una propria identità stilistica, rifondare un genere, il genere epico. Le nostre due poetesse hanno sfidato l’autorialità maschile entrando nel canone attraverso la porta privilegiata, quella aulica e mitica del poema epico; sono entrate nell’agone letterario liberandosi dei limiti qualitativi e quantitativi imposti dalla lirica amorosa, l’unica concessa nei secoli alle poetesse, imbrigliata in griglie metriche e tematiche soffocanti e ripetitive.
La domanda bruciante, nel loro viaggio iniziatico, è questa : chi sono Io? Chi è che dice, qui e ora, nel poema delle donne, Io? Il mito della ricerca del Santo Graal, parodiato ne I fondamenti dell’essere (titolo, in tal senso, eloquentissimo), è la ricerca di un Sé poetante androgino, in cui rimane ancora irrisolto il conflitto fra l’eroe del passato e un’ipotetica eroina del futuro, che pure, paradossalmente, è già in azione per il fatto stesso della poematicità nella poesia di Vicinelli. Ne La libellula, il combattimento caotico fra l’Io e il Tu, che percorre tutto il poema come un’interrogazione ossessivamente incessante – una questione di vita o di morte – si risolve nel finale del poema in un reperimento identitario coraggiosamente partenogenetico, quello di una Figlia dei Padri che, assumendosi la responsabilità dell’autorizzazione, si autorigeneri come Figlia del Sé: “ben fortificata alla pioggia, ben sommessa/ al dolore, ben recapitata fra i tanti filtri/ delle esperienze – sapere che la luce è tua madre, / e il sole è quasi tuo padre, e le membra tue/ tuoi figli”. Automusività, partenogenesi del Sé, un Io che è madre e padre a se stesso, oppure un Io androgino, un Io Donna che è un cavaliere antico, “imberbe” (Rosselli) e atavicamente sconfitto (Vicinelli). I poemi di Rosselli e Vicinelli ci interrogano sulla coraggiosa fragilità del Sé femminile, ancestralmente relegato al ruolo sottomesso di un Tu lirico-poematico, di un oggetto lirico, piuttosto che di un Io, di un soggetto lirico-poematico.
Ma qual è oggi lo stato dell’arte? Sicuramente le voci che sfidano la tradizione dialogando con essa sono molte, e forse la sconfitta non è più il necessario epilogo della fragilità dei frammenti del poema contemporaneo. Com’è oggi il Sé poetante delle donne? In che modo si può ancora parlare – sapendo però che se ne deve parlare perché l’argomento è ancora ampiamente tabuizzato – di una differenza di genere quanto all’identità poetante? Se Rosselli sfidava, tramite la sperimentazione formale, la poesia di Dante, di Campana, di Montale, e la Vicinelli quella di Eliot, mutuando i modelli alti dei Padri antichi e contemporanei, tenendo la misura, andando al passo epico con i Santi Padri, se Elsa Morante con Il mondo salvato dai ragazzini non temeva di protestare ad alta voce, con toni da proclama, con toni assolutamente antilirici, successivamente Patrizia Valduga e Rosaria Lo Russo si sono affermate parodiando Dante (con i poemetti epici La tentazione della prima e Comèdia della seconda), Vivian Lamarque con il fitto citazionismo aulico-lirico e fabulistico del poemetto Questa quieta polvere, tutta la produzione poematica di Iolanda Insana è in diretto rapporto con la ricerca rosselliana, per giungere al caso di Sara Ventroni con la ricerca poematica molto innovativa di Nel gasometro. Ma sono solo pochi esempi ad hoc, perché non è questo il luogo per dare definizioni sommarie di autrici che pure sono in stretta relazione con la sfida letteraria che vogliamo delineare: che dire della produzione di Antonella Anedda, Maria Grazia Calandrone, Ida Travi, Laura Pugno, Mariangela Gualtieri, Mariella Bettarini, Loredana Magazzeni, Florinda Fusco, Biancamaria Frabotta, Enrica Salvaneschi, Anna Lamberti Bocconi, Mariapia Quintavalla, Paola Turroni, Geraldina Colotti, Antonella Bukovaz, Jonida Prifti, Gilda Policastro (ciascuna, ovviamente, con le sue inconfondibili peculiarità, anche derivanti dal divario generazionale) e molte altre, nonché di moltissime autrici esordienti, come Maria Valente o Renata Morresi? Rivolgiamo a tutte queste autrici una domanda: vi sentite rappresentate da questo manifesto? Come affrontate po-eticamente il vostro operato artistico, che peso date ad esso nella vostra vita sociale e civile?
Nella ricerca poematica di cui stiamo parlando l’Io personale e occasionale, l’Io autobiografico dominante nella produzione femminile fino alla prima metà del Novecento, quello che ha reso deteriore o secondaria la poesia scritta da donne e ridicolmente lezioso il termine ‘poetessa’ – tanto che tutte le autrici cercano di schivarlo, chi facendo proprio il veterofemminista ‘poeta’ declinandolo latinamente al femminile, chi omettendo del tutto l’autodefinizione – quindi la stessa autorizzazione…? Potenza della terminologia! – è l’oggetto epistemologico che oggi vuole essere reinventato. Coniando per comodità il termine ‘poetrice’, poeta donna che è anche attrice dei suoi versi, immettiamo nel presente discorso la seconda questione centrale. Ognuna delle autrici citate come pioniere, alla ricerca del Sé autoriale agente e dell’abolizione della soggezione del Tu, ha risposto creando un attante epico: un Sé transpersonale portatore del desiderio di una comunità, di un’autocoscienza femminile sia poetica che etica, volta ad espandere ed accrescere la consapevolezza del proprio ruolo letterario, tramite la ricerca stilistica e contenutistica. Parte ineludibile e altrettanto fondante di questa ricerca è l’importanza sostanziale che tutte le ‘poetrici’ citate hanno dato e danno – consustanzialmente alla scelta epica – all’oralità. Quella di Rosselli, Vicinelli, Lo Russo, Valduga, Insana, (e Ventroni, Gualtieri), è inequivocabilmente poesia scritta anche per essere letta ad alta voce ad un pubblico, ovvero per essere appunto portatrice di una coscienza collettiva; poesia performativa nel senso più ampio del termine: canto di una collettività (come nuovo soggetto femminile) rivolto alla collettività (la società).
Noi vogliamo che le autrici di poesia lavorino nella consapevolezza della loro conquistata autorializzazione e che, consapevoli di un proprio Sé autoriale autonomato dalla tradizione anche perché in relazione ad essa, abbiano la forza e il coraggio di perseguire progetti poetici di ampio respiro e innovativi. Noi riteniamo che il modello letterario inaugurato dalla destabilizzazione e riformulazione letteraria di Rosselli e Vicinelli possano dare alla poesia femminile di oggi un senso etico oltre che estetico, una ragione profondamente e non occasionalmente civile del proprio operare poetico, volto alla trasformazione della società – dell’immagine della donna nella società attuale, disastrosamente regredita rispetto alle conquiste del femminismo storico – basato sulla consapevolezza della forza dirompente e nuova di un Sé, liberato dall’imperio dei modelli maschili del femminile, e che parli ad alta voce: che canti la propria libertà di pensare e di creare ad un pubblico più ampio possibile. Noi vogliamo che le giovani autrici, ma anche le autrici già affermate, si sentano autorizzate e incoraggiate a perseguire progetti poetici ampi e organici, con il coraggio e la generosità di dare un senso e una partecipazione collettiva al loro operato individuale.
Questo manifesto, nella convinzione dell’importanza sociopolitica oltre che artistica del filone po-epico femminile, è volto alla sua valorizzazione tramite una serie di iniziative quali l’organizzazione di eventi: reading-performance multimediali di poesia, interventi didattici nelle scuole secondarie e nelle università, dibattiti e seminari sugli argomenti esposti, ma anche raccolta e selezione di testi inediti di nuove autrici da presentare al pubblico nei festival di poesia. Perché nella confusione dell’iperproduzione poetica la nostra scelta sia chiaramente distinta e storicamente finalizzata.
Disse che anche la poesia andava detta
in un altro modo, perché servisse ad altre schiere,
e perché diventasse movimento attivo
(da I fondamenti dell’essere di Patrizia Vicinelli)
Rosaria Lo Russo e Daniela Rossi
Gennaio 2011
12 commenti a questo articolo
"FRAGILI GUERRIERE - poepiche" di ROSARIA LO RUSSO e DANIELA ROSSI
2011-04-07 14:14:24|di Gloria Gaetano
Questo è un blog libero e,veramente interattivo.
Vorrei fare un accenno a Bachtim che è stato riportato,di lato, e alla sua affermazione che il romanzo, la narrativa si sarebbero estesi su tuttia la letteratura,anche la poesia,che diviene sempre più epos, e epos urbano . Quest’affermazione trova riscontro anche in Berardinelli, che vede la tendenza alla narrazione estendersi nella poesia. Lio lirico è morto?
Forse soprevvive in qualche brevissima e pulitissima poesia evocativa, certamente apprezzabile, ma di un nuovo ermetismo che non risponde alle esigenze di sofferenza collettiva, di disagio, e di volontà di resistere alle sopraffazioni sociali e economiche di questa nostra stagione storica.Non è più tempo di poesie belle e cesellate, ma di rabbia e scontento, e anche di ’amore’,di etica. Mi annoterò i nomi che suggerite, perchè vorrei fare una anotologia di queste poetrici italiane e straniere.
Ho letto un articolo in cui si sostiene che forse noi non scriveremo mai bene come gli uomini e non faremo mai capolavori.
Allora voglio dimostrare che il petrarchismo non è attuale. E quindi diviene estraneo anche al nostro sentire.
"FRAGILI GUERRIERE - poepiche" di ROSARIA LO RUSSO e DANIELA ROSSI
2011-03-19 14:51:07|
Condivido la proposta di un’epica al femminile intesa come apertura e non condizione riservata. E’ tuttavia necessario operare in giustizia. Il femminismo con le stesse regole del potere maschile non può essere credibile. Ritengo perciò che la poetica-poepica debba misurarsi con i nomi della letteratura rimossi dal potere. Che dire per esempio di Maria Grazia Lenisa? Del silenzio di troppe donne e studiose su libri come "Erotica" e la "Laude dell’identificazione con Maria" e "Verso Bisanzio"? Prima di rispondere con il silenzio, dovremmo saper dialogare con il femminile rimosso, prendercene cura. Perciò propongo le riflessioni di questa poesia, tratta da "L’ombelico d’oro" (Bastogi, 2003):
SUPPLICA DEL POTERE
"Essere premiati per la
propria onestà è sconvolgente
ti fa sentire disonesto"(D.Bòccardi)
Il potere depresso, letterario del secolo
sconnesso
in agonia, disse a Lenisa:
Mia spina
nel fianco, fammi morire dolcemente, pia
per le tue mani sia l’eutanasia, favorita
senz’altro dalla rima.
Premevo l’ombelico
e volò via.
Restava l’equazione straordinaria:
passato più futuro con l’eguale d’un presente
immortale.
"FRAGILI GUERRIERE - poepiche" di ROSARIA LO RUSSO e DANIELA ROSSI
2011-03-18 18:14:34|di Marco Simonelli
Scusate il ritardo.
Leggendo prima di questo progetto e poi, successivamente, il discorso di Febbraro, non posso esimermi dal commentare con un’assoluta, balzana bischerata che mi ha attraversato la mente:
Le donne, il poema, ce l’hanno più lungo e più profondo.
Questa grossolana boutade inframentale di chiara natura sporcacciona e sessista in realtà si riallaccia a quello che fa notare Renata quando analizza l’etichettamento di Febbraro.
Io sinceramente credo che il sesso (inteso come identità testuale e/o autoriale e/o (anche) personale, come "differenza" che si assimila e si comprende per poi arricchirla arricchendosi, come energia, come metafora, come tema, come fisicità) sia una componente importante, da considerare, da non bypassare quando si parla di poesia.
Pensando a questa accoppiata Rosselli/Vicinelli che ingloba e protende le altre voci citate nel progetto e ne veicola una pluralità mi viene in mente una rielaborazione delle Troiane di Euripide, spostate (trasportate) temporalmente e spazialmente in un post-900 terrorizzato prima e in un inconscio collettivo di inquietudini poi.
Si tratta di un progetto a mio avviso interessantissimo perché ha potenzialmente (virtualmente) la capacità di approdare alla elaborazione e al superamento dell’io-autore per mettere in scena un io-personaggio-femminile che (mi sembra) abbia tutto a che fare con la tradizione del teatro greco antico, con la sua funzione "civile" (nel senso di un teatro semicircolare, un Epidauro ideale e risonante per l’Italia, un luogo cittadino che torna finalmente a svolgere la sua funzione non di mero "intrattenimento" ma di catarsi collettiva dove i vari "io" messi in scena sono il dramma di tutti: il famoso luogo dove rimettersi in contatto con la "pietas" dopo il logorio della vita moderno - e ce ne fossero di più!)
Visto in quest’ottica io, da spettatore (uomo gay sorellamente solidale) mi aspetto un macropoema queer: "queer" nel senso di forma che abbatte le dualità (autoriali, attoriali, sessuali, identitarie, io/tu, lirica/poema) e che va a ricercare la declinazione del personaggio femminile euripideo nel nostro tempo.
Mi interessa moltissimo la resa e credo che dovremmo attivarci tutti, tutte per aggiungere idee a questo progetto. CI riguarda. Molto.
Un bacio
Marco
"FRAGILI GUERRIERE - poepiche" di ROSARIA LO RUSSO e DANIELA ROSSI
2011-03-17 11:34:24|di renatamorresi
ciao Luca, ciao tutte, grazie per aver citato uno ’splendido’ esempio di miopia, che, secondo me, è soprattutto metodologica: Febbraro prima dice che per lui "la poesia è poesia", non la divide per le (presunte) appartenenze identitarie di chi la scrive, ma poi LO FA, affermando, appunto, che non gli piace la poesia delle donnne, affibbiandovi sopra l’etichetta di ’poesia del corpo’. Allora, si decida: o ha senso suddividere la poesia in ’generi’ a seconda di chi la scrive, oppure no. Ma lui non si pone il problema, tira il sasso (anzi, il sesso) e nasconde la mano. Fa quello che hanno sempre fatto i critici maschilisti: pone uno standard costruito sulla voce maschile (ed etero, ca va sans dire) e poi dice che esso è ’naturalmente’ migliore, che è ’evidentemente’ più ’universale’, che le donne, nella loro poesia ’particolare’ (troppo emotiva, troppo sentimentale, troppo corporea, o, vedi quando cita Rosaria, troppo sperimentale, troppo giocosa, ecc.), non ci arrivano.
La poesia degli uomini sarebbe migliore perché non si riconosce la loro voce, la loro esperienza particolare di uomini, perché essi non parlano solo di ’cose di uomini’: eheh, ma questo è inevitabile se a priori l’esperienza maschile è costruita, per default, come il modello universale, naturale!
Insomma, Febbraro (almeno in questo caso, magari altrove ha fatto meglio) costruisce un modello formalista in cui il maschilismo si nasconde dietro l’oggettività della forma, che di oggettivo e universale ’in sé’, naturalmente, non ha un bel nulla.
Come tutti i formalismi questo punto di vista ha un difetto sostanziale: non tiene conto che la voce poetica non sta nel vuoto, nel Bello e nel Vero, che i sessi non stanno nell’extraletterario, là fuori nel mondo. La persona poetica si costruisce in un rapporto preciso e continuamente rinegoziato tra io poetico, soggetto autoriale, forme del dire, opzioni del dicibile, ecc.
Il fatto che i giovani poeti maschi, per es., abbiano spesso bisogno di sentirsi confermati circa l’idea della poesia come ’universale’ (ovvero: tagliata su misura di/per loro), la dice lunga: evitano lo spettro di doversi confrontare con la loro posizione (ricevuta a gratis) di egemonia nei rapporti di genere, evitano di doversi occupare delle diversità che li relativizzano, evitano di considerare i loro corpi come espressioni particolari del sentire, dello stare al mondo.
E questo accade tanto più, ahimé, tra i progressisti, che sembrano temere che misurarsi con le questioni del sessismo (anche il proprio), per esempio, possa mettere a rischio il proprio tonante impegno civile.
Grazie e un saluto caro a voi,
Renata
"FRAGILI GUERRIERE - poepiche" di ROSARIA LO RUSSO e DANIELA ROSSI
2011-03-14 21:43:27|di Francesca Matteoni
Una nota su maggioranza/minoranza. Bisognerebbe anche capire COSA è minoranza e cosa è Maggioranza. Se penso, partendo dai nuclei tematici che ricorda Rosaria, al CORPO mi sembra impossibile pensarlo come una minoranza. Mi sembra altresì ridicolo e quanto mai fuori da ogni tempo pensare che il corpo è un tema femminile - gli uomini sono scorporati? E’ probabilmente un tema che uomini e donne declinano diversamente, ma non necessariamente. Questa ovvietà tanto ovvietà non è nel paese in cui siamo. Se io parlo di un paesaggio già parlo di un corpo, se io parlo della pancia già parlo di un paesaggio - ci sono modalità, forse riconducibili ad un femminile ed un maschile (ma anche qui non sarei troppo dicotomica) per farlo. Se invece mi interesso dell’autodeterminazione dello scrivente/ del poetante, allora sì, parlo di una minoranza. E ne parlo anche se il poeta non è donna non è gay non è lesbica e non è un ippogrifo. Riconoscere lo sforzo delle "donne che scrivono" dei "gay che scrivono", non necessariamente di mestruo o di amor greco, ma senz’altro da una loro netta e decisa presa di coscienza del loro status quo, dovrebbe in questo senso servire allo sforzo di chiunque di vedere da dove e come sta scrivendo. Mettere il suo "sè" in discussione. E qui si arriva alla libertà - gli uomini/etero in genere, per fortuna non tutti, non avvertono la necessità di questa comprensione del sè, prima del gesto scrittorio. Le altre tre categorie, comprese gli ippogrifi, invece sì. E questo è un dato sul quale dobbiamo interrogarci ogni volta che prendiamo in mano una penna o accendiamo il computer per buttare giù i versi - consapevoli che dietro di loro i lettori-critici italiani tenderanno a vedere "la donna che scrive da donna" e non l’autore che dentro ci scompare.
"FRAGILI GUERRIERE - poepiche" di ROSARIA LO RUSSO e DANIELA ROSSI
2011-03-14 09:56:27|di ROSARIA
sono d’accordo su tutto quanto dice (e fa per la poesia) Luca Baldoni, e desidero esprimere il mio disappunto nei confronti di quegli intellettuali, pur capaci e preparati, come Paolo Febbraro, che sottovalutano gli aspetti TEMATICI della poesia,evidentemente vittime ancora di quel purismo linguistico frigido che affligge le nostre Patrie Lettere dall’accoppiata eterosessuale Bembo-Petrarca in poi... Scherzare come faccio io con i testi sacri non significa non parlar sul serio, significa par-odiare, oltre che par-mare i testi della tradizione. Solo l’amore e l’odio, le forze contrastanti eterne, archetipiche, possono creare una POESIA NECESSARIA e non quegli eterni giochini lamentoso-e(r)metici che tanta riverenza suscitano dalle candide pagine delle biancheinaudi e degli specchimondadori delle loro brame. Elettra! le tue università! Esclamava ironica e beffarda l’Amelia bellica, certo sgomenta del Sonno Sbuffante dei Santi Padri Eterosessuali
Luca TI ABBRACCIO, FRATELLO GAY, SORELLA FEMMINISTA
"FRAGILI GUERRIERE - poepiche" di ROSARIA LO RUSSO e DANIELA ROSSI
2011-03-13 15:54:25|di Luca Baldoni
Mi fa tristezza vedere che nessun uomo ha sentito il bisogno di commentare un’iniziativa che - oltre a riallacciarsi a un discorso poetico femminile in fieri e in espansione da circa cinquant’anni - mi sembra avere in questo momento nel contesto italiano un carattere di urgenza e necessità.
All’interno del fronte progressita, liberale, libertario, il problema oggi in Italia è che ognuno cerca di lottare e di resistere con iniziative anche sensate e di livello, ma che rimangono all’interno del proprio campicello. Io sulle pagine di questo sito conduco un lavoro sulla poesia omosessuale maschile che ha molti punti di contatto (come anche differenze) con il vostro progetto e i fini che vi proponete. Non sarebbe forse un bene confrontarci e unire le forze? Purtroppo non ho dubbi che la maggior parte delle persone che leggono e commentano i miei interventi sono gay, perché in Italia siamo ancora ben lontani dal momento in cui la "maggioranza" sentirà le istanze apportate dalle minoranze come sue proprie, come stimoli che conducono a un avanzamento della società nel suo complesso.
Penso, insomma, che se non facciamo rete tra diverse istanze di resistenza al clima attuale, potremmo fare qualche piccolo passo ma non andremo molto lontano.
E come ultimo punto faccio presente come in Italia le resistenze e l’incomprensione - diciamo anche tout court, l’ignoranza - non vengano solo dall’"altra parte" ("quelli" di destra, i berlusconiani, i fascisti, i lobotomizzati dalla TV generalista...), ma anche da un campo che ci si attenderebbe progressista. Non so se avete avuto occasione di leggere l’intervista a Paolo Febbraio a cura di Luigi Nacci apparsa su questo sito il 24/2/2008. Questo è il link http://www.absolutepoetry.org/PAOLO..., ma mi farebbe piacere sapere cosa pensate almeno di questi due brani a mio avviso illuminanti sulle limitatezze dell’intellettuale tradizionale italiano (maschio eterosessuale):
"Non ho poi nessun interesse specifico per le poetesse. E trovo grottesche le antologie di donne, di gay, o quant’altro. Ignoro protervamente le minoranze vere o autocostituitesi, anche perché ignoro del pari le maggioranze. Così come detesto gli attenti bilanciamenti politicamente corretti, che si traducono nel conteggio dei “posti riservati”, in parlamento, alle Poste o in poesia. "
A domanda di Nacci su quali sono i poeti della sua generazione che apprezza Febbraro, dopo aver enumerato solo nomi di uomini, aggiunge:
"Le poetesse? Non mi viene in mente nessun nome: fanno una poesia troppo femminile (monotematica, sul corpo, sull’essere donna), mentre i maschi non fanno una poesia troppo maschile. Certo, da una Rosaria Lo Russo c’è da aspettarsi ancora molto, appena sarà più tranquilla nei riguardi dei “padri” e delle “madri”, la sua tradizione."
Sottolineo in particolare, perché mi fa ridere, la frase: I MASCHI NON FANNO UNA POESIA TROPPO MASCHILE!
Comunque i miei migliori auguri per la vostra iniziativa!
LUCA
"FRAGILI GUERRIERE - poepiche" di ROSARIA LO RUSSO e DANIELA ROSSI
2011-03-11 03:06:30|di Gloria Gaetano
Eravamo a un passo da tutto.... Ma le donne, dopo un silenzio di 15 anni sono tornate nelle piazze, con slogan minimalisti, senza la forza della passione delle idee , ma hanno sentito l’odore della piazza della lotta e torneranno ancora. Io lo spero
Perciò ho fatto un quadro dellastoria,delle lotte delle idee, delle riviste di quegli anni, sperando che la meoria storica spinga il movimento a rinascere su obiettivi più chiari di genere
E spero che siano...non non voglio illudermi troppo
http://ilmiolibro.kataweb.it/scheda...
"FRAGILI GUERRIERE - poepiche" di ROSARIA LO RUSSO e DANIELA ROSSI
2011-03-10 10:31:16|di rosaria
e invece purtroppo è guerra. guerra in italia contro la dignità delle donne a cui le donne devono rispondere con impegno bellico NEL SENSO ROSSELLIANO DEL TERMINE
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"FRAGILI GUERRIERE - poepiche" di ROSARIA LO RUSSO e DANIELA ROSSI
2011-04-07 16:38:10|di Gloria Gaetano
Ecco, ho deciso di fare un’antologia di poesia al femminile con quasi tutte voi, ma anche con le poetrici di altri paesi. Poesia attuale, Certo Maria grazia e Gilda le ho già lette,
Inserisco pezzi del Manifesto, o riscrivo.
Sono seccata di vedere case editrici a pagamento che impongono poesie liriche, piccolissime, con una quantita standard di aggettivi, E poi, su un blog che forse conoscete si dice che le donne non faranno mai un capolavoro, nè poesia buona. Vogliono tutto in serie. per i romanzi un po’ porno eun po’ horror, o pseudostorici. Agli autori affermati chiedono di scrivere un libro all’anno. Così certo capolavori non ce ne saranno più. Mai. Le donne scrivono da un secolo... e i maschi da millenni.J.Austen nascondeva i fogli alla famiglia.. Allora dimostriamo che certa poesia fa parte del manierismo new ermetic. Che dite procedo’ Insersco anche arabe, americane,francesi, inglesi,prendendole dal blog. Ne ho trovate parecchie, ma se mi date qualche nome ancora...Non ce ne sono molti di libri così...