Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Fabio Teti (Castel di Sangro, 17/12/’85). Attualmente, vive e studia a Roma. I testi qui presentati fanno parte di un lavoro in fieri titolato, forse non provvisoriamente, Del malintendere. Altri ne sono usciti, nell’ultimo anno, in diverse riviste, lit-blogs e web-zines, tra cui "Semicerchio", "Nazione indiana", "PRIVATE / Scrittura", "lettere grosse", "Per una critica futura", "Sud", "Poetarum Silva".
Cinque ipotenuse
§
adesso scarica però pisciando è preso
nello scarto di focale a lato
della lente | è registrato il dilatarsi di ombre
fitomorfe oltre il vetro
smerigliato potrebbe
essere l’echinocacto lasciato
dal locatario precedente
o la testa senza corpo di nick berg
§
l’antenna fuori è sopra, è grigia, smette –
non è più sé quando subisce
l’urto dello sguardo che la torce
in poche righe scritte dopo dove
capta solo l’home-video in cui una bocca
d’ologramma lo rifiuta –
«hai solo queste fosse, spostamenti,
per conoscere?» – si chiede dopo.
sta in una sua psicomachia per via
di sera e vetro. «se ho scritto è necessario sparire
è per questo», risponde l’altro,
che non sta impresso sulle cose e
freon del frigo – altre lancette. torto; buio
visto; e quando detto
ipotenusa
§
la decisione adesso presa è presa troppo
risapendoli i profili – dati a neutro, in cucina, a meta
buona – loro presenza come
cose sovrascritte, invece, rapprese-
ntate. / perciò per oggi valga: le quattro nocche
in quanto adatte all’inasprirsi sono
usate: sugli occhi, e continua,
nocche sugli occhi – all’ema-
toma. / così soltanto il forno entrato
nella vista fatta rossa forse è
sé in una giunzione verificata da
conati. («la conoscenza, quasi» – si dice;
poi ripulisce il vomito
da terra
…
dein aschenes Haar Sulamith
§
a questi punti così chiama le cellule
di margine, tira le retine, a questi
incroci dove il visto s’assottiglia, e dà a scontorni, in vacillare,
dall’aglio e porri della teglia bu-
tta brutto dentro un sangue di
secondi, buco di buio, di spazio
urtato: c’è il crasso lo squarciarsi come gli
strappano i centimetri, e sono
trenta, da dentro il culo, del filo
e ruggine, dello spinato: e l’urlo, e il prolasso d’intestino
e feci, – ogni cosa tra le fauci delle rane
pescatrici, qua nel guazzetto,
che si spalan-
cano
§
qui le parole dall’afelio – sì il sole a filo
sui parchimetri. possono andare,
passare asciutti sopra asfalto
i passi – quello che fanno è
delocato, calce su chiostre, costati,
le zolle zeppe dove esplodono,
bruciando, brucando i vermi
quelle parti, caviglie sparse, su terreno,
– tutto levato; spostato tutto.
cioè pure l’afelio è tolto – niente deporre la
versione, della lepre, quell’emisfero,
la retina è costretta a travisare,
per vedere, a fare il vero con
distorcere, con incistare ora nell’aria
il proprio poltergeist, la macc-
hia a margine, di nero – e accade
adesso: le buste in terra hanno una storta in
epitèli, di scuoiati, / è il malinteso,
il male inteso – se serve
(e serve) serve a
questo
4 commenti a questo articolo
Fabio Teti: Cinque ipotenuse
2010-11-28 00:51:24|di fabio teti
con ritardo, cara Renata, ti ringrazio davvero del commento.
in effetti il problema della delocazione del vero - e della necessità di malintendere le "interfacce", anche spaziali, per riapprossimarsi al vero - può o potrebbe quasi costringere, a quella "materia prima" cui accenni.
prendo poi atto (e ammetto del resto in tutta tranquillità: Giovenale, specie quello de La casa esposta e del Criterio dei vetri è per me un maestro) delle prossimità di dizione a volte spiccate (discorrere sulle motivazioni sarebbe assai lungo).
e invece, dovessi ricapitare da queste parti, sarei molto curioso di sapere cosa intendi con quel "gusto per il simbolico" che rilevi e che, d’istinto e non solo d’istinto, non sento in effetti propriamente mio (ma posso mal interpretare, e certo lo sto facendo, la tua frase).
un carissimo saluto,
f.t.
Fabio Teti: Cinque ipotenuse
2010-11-24 20:44:37|di renatamorresi
testi notevoli, bello questo modo di deterritorializzare tutto e ricostituirlo materia prima - si sente molto giovenale, ma forse (da questi testi almeno) qui c’è più gusto del simbolo e dell’accumulazione
un saluto,
r
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Fabio Teti: Cinque ipotenuse
2010-11-28 00:53:24|di fabio teti
"gusto del simbolo", pardon (si parlava di malintendere, del resto).
ancora un saluto,
f.t.