Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce

Redatta da:

Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.

pubblicato martedì 19 novembre 2013
Blare Out presenta: Andata e Ritorno Festival Invernale di Musica digitale e Poesia orale Galleria A plus A Centro Espositivo Sloveno (...)
pubblicato domenica 14 luglio 2013
Siamo a maggio. È primavera, la stagione del risveglio. Un perfetto scrittore progressista del XXI secolo lancia le sue sfide. La prima è che la (...)
pubblicato domenica 14 luglio 2013
Io Boris l’ho conosciuto di sfuggita, giusto il tempo di un caffè, ad una Lucca Comics & Games di qualche anno fa. Non che non lo conoscessi (...)
 
Home page > e-Zine > Ferruccio Brugnaro: ENTRI E MUORI. E’ LA NUOVA SOLITUDINE OPERAIA

Ferruccio Brugnaro: ENTRI E MUORI. E’ LA NUOVA SOLITUDINE OPERAIA

("Il Manifesto", 19 gennaio 2008)

Articolo postato domenica 20 gennaio 2008
da Luigi Nacci

Ferruccio Brugnaro «Petrolchimico fine anni ’60, facemmo una dura lotta contro l’entrata nei serbatoi»

«Entri e muori. È la nuova solitudine operaia»


«Era la fine degli anni ’60 e avevamo ingaggiato una battaglia durissima contro l’entrata nei serbatoi dei lavoratori del Petrolchimico». Ferruccio Brugnaro, poeta operaio, a Marghera ha lavorato una vita. Usava le sue poesie per denunciare le condizioni di lavoro. E l’avvelenamento degli operai. E’ scosso per l’incidente di ieri mattina e dice che quella tragedia gli ha fatto tornare alla mente le azioni sue e dei suoi compagni contro la discesa nei serbatoi. «Si entrava e si moriva. E’ successo a tanti compagni e alla fine abbiamo detto basta. E ci siamo rifiutati di scendere in quei serbatoi. Allora hanno cominciato ad additarci, a dirci che non avevamo voglia di lavorare. Ma per noi allora la battaglia per le condizioni di lavoro, per la sicurezza era fondamentale».
Siamo tornati indietro nel tempo?
Il problema sono i carichi e i ritmi di lavoro. Siamo di fronte a una regressione storica e sociale che riguarda il lavoro e i lavoratori. Ormai la vita dentro il lavoro non conta né determina nulla. Oggi come negli anni ’60, il lavoratore fa tutto quello che gli viene richiesto perché davanti ha lo spettro della disoccupazione. C’è un costante ricatto, si lavora per sopravvivere e non ci si può permettere il lusso di contestare. Il sindacato deve mettere nuovamente mano a questioni che sembravano un ricordo del passato. La tragedia di Marghera dipende dal fatto che si mette il prodotto, la produzione davanti a tutto. La vita diventa secondaria.
Tu dici che oggi il lavoratore è più solo che in passato.
Non v’è dubbio. A metà degli anni ’60 e fino al 1975, o giù di lì, in Italia c’erano otto morti al giorno nelle fabbriche. Purtroppo stiamo tornando lì. Le lotte in fabbrica avevano successo perché eravamo noi lavoratori, assieme ai sindacati, a avere il controllo dell’organizzazione del lavoro. Oggi il controllo è in mano ai padroni. La solitudine del lavoratore è la cosa che più mi preoccupa. Passo davanti alla Breda: a qualunque ora, giorno e notte, c’è un via vai continuo. Si lavora a ritmi serrati e insostenibili. Tutto deve essere prodotto presto. Non importa se i lavoratori sono formati o meno. Il ricatto che subiscono è enorme. E purtroppo va detto che anche le organizzazioni sindacali di oggi non sono più quelle di una volta. Il consiglio di fabbrica una volta era una organizzazione forte. Ora non è più così.
Ritornando all’incidente di oggi, tu sostieni che era assolutamente evitabile.
Certo. Chiunque sa che un carico di cereali fermenta. Insomma, qualcuno avrà pur dato l’ordine di entrare in quella stiva. Si parla tanto degli ispettori. Ma purtroppo sappiamo bene che gli ispettori possono fare solo una parte di lavoro. Il resto dipende da un cambiamento che deve prodursi in questo sistema che mette la merce al centro. La merce prevale su tutto ormai. Sul lavoratore e sulla sua stessa vita.


Questo carico di morte

La morte in questi giorni
non ha limiti.
La fabbrica ingoia la vita
nella più totale indifferenza.
Morte e solo morte.
7 operai bruciati lo scorso mese
alla Thyssenkrupp
2 asfissiati stanotte anche
a Porto Marghera
nella stiva di una nave.
Tutti i giorni
tutti i giorni
giovani vite
stritolate schiacciate cadute...
Il sole tanto amato è lontano.
Chi fermerà mai questa guerra?
Chi smaschererà il pianto generale
su questa strage?
Non certo la devozione esasperata
al prodotto interno lordo
alla corsa illimitata alla produttività
al profitto.
Non tornerà indietro tutto questo carico di morte
non tornerà indietro questa immensa solitudine.


2 commenti a questo articolo

Ferruccio Brugnaro: ENTRI E MUORI. E’ LA NUOVA SOLITUDINE OPERAIA
2008-12-25 17:36:57|di vittoria oliva

un saluto ad un compagno operaio e poeta e ai suoi canti di rivolta e passione per il riscatto degli esseri umani. Adoro anche il suo modo di verseggiare.

vittoria oliva


un salto

Ferruccio Brugnaro: ENTRI E MUORI. E’ LA NUOVA SOLITUDINE OPERAIA
2008-01-20 23:50:23|di giacomo

sette – sedici

otto ore filate più una per il pranzo per contratto

ci dovrebbero dare un paio di scarpe antinfortunistica

e dei guanti ma niente allora le mani

cominciano a tagliarsi dal primo mattino

si ricuciono e riaprono conficcate dai cartoni

la lentezza con cui si cicatrizzano

sta lì a significare la pazienza che ci vuole

questa lotta si vince al collasso di una delle parti

allo stesso tempo diventare il loro tempo e combatterlo

ritagliarselo chiudersi nel bagno come scampo tenere duro

arrotolarsi le cicche prendersi un caffé senza timbrare

ingoiare arrotondare la mezzora de scondiòn.

la benedizione quotidiana dell’assegnazione del reparto

deciderà del tuo supplizio se sarà lombare o più su dorsale

se ti tireranno i tendini lungo le braccia o perderai

la sensibilità dei polpastrelli se ti sveglierai

nel cuore della notte continuamente informicolato

da quando ho cominciato a lavorare non cago più come prima

dal naso mi escono solo bruni pezzetti che sembra catrame.

impolverati dentro.

è con la terza settimana di fila che tutto si uniforma

che finalmente la schiena si rompe

il filo asseconda il turno della sveglia mugugnando meno

si uniformano i pensieri tra le fila dei reparti (nella foga

per la fuga nella figa) le bestemmie

rabbiose sfilate a forza dai denti esplosioni

di cristi e madonne che squarciano il petto

e danno sollievo il tempo che durano sono un canto

sono un canto che le mani sono dure per sempre

non basta la crema idratante

non toccano più queste mani non toccano

premono afferrano spingono tirano

non toccano si dimenticano come fare

come posso infilare queste dita

nella bocca della donna che mi piace, come farei,

aprirei delle voragini.


Commenta questo articolo


moderato a priori

Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Un messaggio, un commento?
  • (Per creare dei paragrafi indipendenti, lasciare fra loro delle righe vuote.)

Chi sei? (opzionale)