Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

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Redatta da:

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Franca Mancinelli: PASTA MADRE

“Figli degli anni 80”, n. 6 - di Valerio Cuccaroni

Articolo postato domenica 3 luglio 2011

Come sanno bene tutti i fan dell’Elettro-Collana “Figli degli anni 80”, i veri poeti hanno i super-poteri.
Alessandro De Francesco, come abbiamo dimostrato carte alla mano, è un Jeeg-Robot del verso e Carlo Cuppini un Mr Super-Fantastic.
Ebbene, chi proponiamo stavolta non può non ricordare Mystique degli X-Men, una mutante muta-forma.

Franca Mancinelli è nata a Fano nel 1981. Ha pubblicato un libro di poesie, Mala kruna (Manni, San Cesario di Lecce 2007; premio opera prima “L’Aquila”, “Giuseppe Giusti”). È inclusa nell’antologia nodo sottile 4 (Crocetti, Milano 2004), nodo sottile 5 (Le lettere, Firenze 2008) e ne Il miele del silenzio. Antologia della giovane poesia italiana, a cura di Giancarlo Pontiggia (interlinea, Novara 2009). Sue poesie sono state tradotte in spagnolo (in Emilio Coco, Jardines secretos. Antologìa de la joven poesìa italiana, Sial, Madrid 2009). Ha vinto con gli inediti il premio “Castelfiorentino” e “Senigallia-Valerio Volpini”. Un’ampia silloge dei suoi versi è apparsa su «Poesia» nel marzo 2006. Suoi testi sono usciti su varie riviste cartacee e online, tra cui «Nazione Indiana», «l’immaginazione», «Graphie», «Versodove». Collabora come critica con «Poesia» e con altre riviste e periodici letterari.


Franca Mancinelli Inediti

Pasta madre

«ho lavorato con la morte
nel cuore per un mese».
E gli occhi le strabordano al pensiero
delle notti quando all’altro lato
del letto un fiume s’ostruiva
lento di rifiuti. Poi nel sonno
profondo un gran cantiere
riallacciava la vita a quattro ponti.
Sono vent’anni che dormiamo
insieme e solo ora
so che il sangue
va dal mio atrio al suo.

*

il corpo è un cucchiaio nel sonno
raccoglie la notte. S’alzano farfalle
sepolte nel petto, stendono ali.
Quanti animali migrano in noi
passandoci il cuore, sostando
nella piega dell’anca, sul ramo
di una costola; quanti
vorrebbero non essere noi,
non restare impigliati tra i nostri
contorni di umani.

*

da una sponda all’altra
le lenzuola erano garze
ma non potevano bendarmi,
tiravo e non coprivano
e non potevo morire,
aspettavo tremando che crescesse
fino a qui, che un orlo
azzurro s’allungasse
a toccare l’orizzonte, la punta
dell’ultima montagna.

*

torno a immergermi nel corpo
azzurro e buono di una domenica
mattina, con muchi e umori
affraternati a quelli di altri
senza capelli e occhi, muti
come in un giorno di lavoro
per corridoi
con altre ombre accanto.
Ma in questo chiaro di saliva
cloro e seme, abbandonata ognuno
la sua scorza, gesto dopo gesto entriamo
bambini con un segno d’acqua in chiesa.

*

mute si sono addensate
e come bende mi hanno avvolto
in un sudario d’alghe secche
e fieno. Si contano già i giorni
dal deposito nel fondo, strappi
e piccoli rinvii, prima che sorga
abbandonando i succhi luminosi
e i fili di bava sul cuscino.

*

sono tornati nomadi i quadri
scorrono come lampi rotti
sulle pareti dove un ritmo batte
chiodi insicuri, incerti semi, e tu
dalla mattina presto
in piedi sulla sedia
a cercare l’angolatura esatta
il punto a cui restare appesi.

*

ci porteremo i muri
come calchi di gesso
finché non sarà stato rimpastato
nella saliva l’ultimo granello

allora la casa colma
d’acqua lentamente
scenderà nell’ombra, gonfiandosi
come un sacchetto vuoto.

*

ho scritto quello che volevo dirti
sotto le palpebre. Domani
appena le riapro leggerai.

Ma guardami soltanto e non dovrò
portare tutto il bianco tra le ciglia.
Dammi i tuoi occhi e sarò salvata.

*

un’esca guidi dentro
le luci dell’estate. Uno spillo
ci regga le pupille, ci fissi
a una parete, decisi finalmente
ad appartenere a una qualsiasi
collezione della specie.

*

dopo la mietitura
si affacciano allo specchio
con i nodi e le doppie
strade sforbiciate, e molta luce
entrata a mulinare
nel petto come
tra i raggi di una bici.

*

come formiche rosse velenose
discendevano in te salivano
per una cupa crepa della terra
trovandoti nel viso
una ciotola buona.

*

nel circo dove addestrano gli affetti
entriamo solo in due, con tutti gli altri
svaniti in una doccia, fuoriusciti
dal principio di non contraddizione.

*

torni ad affondare qui, a colpi
di reni gettare fondamenta
nella melma dove è infinito
ogni tuo gesto, come all’inizio.

*

anche queste mani che apro
colmandole d’ombra come dovessi
lavarmi gli occhi nel mattino
sanno dove sorgeva anticamente
un viso, una profonda
e chiara insenatura.

*

Maria come mi chiamo
nel profondo e più nascosto
viso, in sotterranei
cinti e altri
luoghi di ricovero
dove rasoterra odoro
bruna come la viola e il mosto.

*

un dito scorre la schiena, la apre
come togliendo la spina più lunga
deciso a rendere innocua la carne
s’introduce cogliendo
gli organi amari; un istante mi volto
a vedere quel furto con le fattezze
di un figlio, di un pugno portato
dentro fino a svanire.

*

con le tue carezze ai piedi
secche foglie, aspetto nuda
le ossa oltre la carne,
gemme nell’inverno
mia armatura.

*

dove mi dirigono le vene
questi condotti gelati
che vanno esauditi
fino all’ultima goccia
scendendo allo specchio
offuscato del mare
mercurio che sempre si muove
al contrario di noi,
ammainati in un atto
di andata e ritorno
a sfiorare la riva
come figli prodigi.

*

dormivo su una pagina ogni notte
bianca. Il mattino
un’ombra del mio peso, alcune pieghe
e subito voltava: proseguire
è questo a capo del principio,
bocca che passa calore
all’aria come potesse svegliarsi
essere ancora salvata.

*

con i piedi punta di matita
sul bianco del lenzuolo a fare il caldo
a bruciare a gambe giunte
nella notte che impugna
i fianchi, spinge
alla sua goccia che s’allarga nera
e guarda.

*

Si sono spogliati, sono tornati
un groviglio nell’aria tersa
aperte le confuse direzioni
opposte e coincidenti
dita che avrebbero voluto
allungarsi come un’unghia, incarnirsi
nell’altro che scompare
che muore senza cielo
o inizia a respirare
attraverso rami che non sono
della sua linfa. Così si sono
spogliati, sono tornati
ossa stagliate sul bordo
di un tepore convulso, tirato
da una parte o dall’altra,
mentre avrebbero potuto
custodire l’oscuro
cuore, forcella con un nido
che l’estate nascondeva.

4 commenti a questo articolo

Franca Mancinelli: PASTA MADRE
2012-02-06 21:04:05|di Blumy

sono testi inediti oppure fanno parte di Mala kruna?

anch’io trovo sensazionale questa giovanissima poetessa e mi piacerebbe avere un suo libro.


Franca Mancinelli: PASTA MADRE
2012-02-06 21:03:14|di Blumy

sono testi inediti oppure fanno parte di Mala kruna? anch’io trovo sensazionale questa giovanissima poetessa e mi piacerebbe avere un suo libro.


Franca Mancinelli: PASTA MADRE
2011-07-16 20:19:54|di elio grasso

mala kruna è senza dubbio uno dei bei libri di poesie di questi anni - obbligatorio leggerlo.

elio


Franca Mancinelli: PASTA MADRE
2011-07-14 15:17:45|di Chiara Catapano

Volevo leggere Mala Kruna ma non mi è ancora capitato.
Dopo questo assaggio mi sono ulteriormente incuriosita, mi piace.
Vorrei leggere di più di lei, per farmi un’idea più precisa, ma decisamente mi piace


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