Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce

Redatta da:

Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.

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Futuro di-verso

[a temperatura: ambiente!]

Articolo postato martedì 13 febbraio 2007

«Tutti mi vogliono/Tutti mi cercano» rimane. Come: «la chiamavano/bocca di rosa». Perché? La musica: apporta, supporta e performa? Opera! E nessun dorma: bisogna conciliare le lingue! Dagli aedi ai cantautori, dai Lirici ai performer – la querelle continua. Lo strabismo espressivo tra il musicale e il fatico si concilia nella messa a fuoco d’intenti o diverge per sinestetica fobia?
La teoria si spreca, quando si perde la pratica: l’analisi al microscopio vanifica la ricerca – se lo scopo non è dato. L’occhio va puntato come Teatro docet: le diversità e le molteplicità sono risorse drammaturgiche per la catarsi, per la polis, per incidere le coscienze. Jacopo Peri (autore, compositore e cantore “a voce sola”) sostenne che “senza dubbio mai si parlò cantando” ritenendo che i Greci praticassero una via mezzana: un’armonia del canto superiore al parlato, inferiore alla melodia. Peri ricercò una voce “quasi trattenuta e sospesa”, una voce di corso temperato (= intermedio) tra il ritmo del canto e quello della favella. La componente melodica accentuava i sentimenti, puntando sugli effetti (da qui: la fortuna dei “Lamenti”).
Hic et nunc: a quale dunque è giunta la parola? La comunicazione Inter(net)mittente? Come effettare lo scritto? E il ricevente: vuole un corpo per referente? Post - scriptum che cosa "si sente" quando il visto diventa udito? Che cosa permette e sancisce quali verba – volant? Il volere. Fermo, saldo, forte: volere. Nel momento in cui il privato diventa pubblico si rende fattore comune: commoinis. Un fatto che compartecipa all’incarico: alla trasmissione. Diretta e indiretta portatrice sana/malata di un messaggio: il bello, il brutto, il non detto, l’emozione, l’azione, la stasi, la crisi.
Oggi figlio di Ieri quale Domani: intona? Quale energia: detona? Chi cambia la realtà? Chi la canta e che cosa decanta? Un pubblico formato (dagli anni e dalla Storia) come reagisce al nuovo? Quando l’asse si sposta e le nuove generazioni interagiscono con altre percezioni ed è il cantante il "poeta delle masse", in mass-mediatica mole, in massima parte? Quale gruppo a riunire, a rilegare? Se lo spazio della moviola è sostituito dal tempo veloce che ci compete e ci connette in ritmo frenetico: come spezzare fotogrammi in successione di violenza – non comunicazione – overdose di bene e male, mischiati? Di canale in canale: l’unica via è presenziare.
Con la potenza del proprio essere, col linguaggio (particolare, misto, di nicchia, universale) purché il proprio fine sia: fatto. Per chi resta. Un’immagine pro-positiva.

* Così la tribù proseguiva il cammino nella selva cercando, nelle sonorità che quella natura offre la eco delle note che lo pifferaio magico lasciò in quella valle fatata ante a un quinto di lustro. D’un tratto s’oscura il cielo, scrosci di lampi e tuoni ode la villica tribù, soffiano gli alisei e spingono lo branco verso sconosciuta dimora, abbracciati da oscuri arti silvani, continuano l’incedere per raggiungere lo mitologico loco da numerosi sovrani agognato ma da pochi impavidi raggiunto, ne mai da alcun mortal domato. D’improvviso ode la tribù un ancestrale suono ma speranzosa essa s’accinge a seguir la eco delle affascinanti note, anelando di trovar così la via alla più volte decantata messa di vespiri. Risucchiati dal turbinio dei venti seguono adesso il risonante rio, che posa le sue acque dinanzi ad un maniero, bussare o non bussare, restare oppure andare, si guardano, si indagano tra loro ma vince il desiderio di unirsi a chi da tempo si anima nel culto dello messaggio, dello divertimento e della spiritualità, bussare o non bussare, si ...lor bussarono. OH, POSSO ENTRARE?
E’ arrivato un produttore
Sta cercando facce nuove

Uno: devi essere tra i sedici e i vent’anni
Due: devi sorridere che tanto dopo azzanni
Tre: sono i mesi della competizione
Quattro persone t’insegnano ballo canto e dizione
Cinque anni di contratto e sei adatto
Non ci credo a chi ti vende un sogno
Che l’anno prossimo sarà finito

* Loro mi dicevano:

Fiorello e Panariello alla tv/l’italiano medio/ un bravo cittadino onesto/al mattino un bel caffè corretto/dopo cena il limoncello in vacanza la tequila/la gazzetta d’inverno/d’estate novella 2000 /che bella la vita di una stella/Marina o Martina o quella della velina/ la mora o la bionda è buona e rotonda/ al centro commerciale/ il mio problema è solo dove parcheggiare/ non togliermi il pallone e non ti disturbo più

Ma spero che un sogno così
non ritorni mai più

Loro mi dicevano di “stare zitto e buono”/ Loro mi dicevano “tranquillo e cambia tono”/ Loro mi dicevano “di non parlare con la bocca piena”;/e “camminare dritto bene eretto con la schiena”;/ di “non andare fuori tema” di “seguire lo schema/ oppure “andare a letto senza cena”/ “di non creare un problema, che non ne vale la pena”;/

[scratch] E’ una tipica espressione della vocalità/ e della leggiadria del canto/ all’italiana
Cara vita sarò la tua puttana amica
sarò la tua mignotta
la calda bocca, la tua ferita preferita
dammi un’altra botta
non puoi avermi come vuoi
non puoi avermi come vuoi

non m’importa se in salita ci vorrà tutta
la vita - scuoterà da far vibrare la città
se metti il cuore quando ti muovi e
quando rispondi ai cori: Benvenuto

è la tua libertà
e dalle volume

Loro mi dicevano di “stare sui binari”/loro mi dicevano “rispetta questi orari”/ loro mi dicevano “stai con i piedi a terra”/ loro mi dicevano “è giusta questa guerra”/ Mi spiace per ora non credo sia un mondo perfetto!
Contro ogni sogni impossibili/ di predicatori non credibili,/ fonti poco attendibili,/ segnali poco udibili, deboli, muri infrangibili,/ segni tangibili/ di circuiti invisibili di cui noi siamo/ i fusibili. Ogni tanto uno fonde/ come fonde ora Chiara/ mentre suo padre urla / e la sta picchiando ancora,/ a 16 anni una valigia/ fatta in fretta /una città grigia che l’aspetta e la rabbia/ che le pigia in testa. Loro mi dicevano
Me li ricordo come elefanti/ parlanti dirmi di valori edificanti/ e di lavori qualificanti/ e poi darmi delusioni puntuali,/ unti, arroganti, dentro i ristoranti/ con sorrisi smaglianti ma una coscienza da maiali,/ pronti a giurare sull’ennesima bugia/ presi da fobia perché sempre più spesso i Davide ammazzano i Golia,/ che sia pazzia che ci travolga io resto fuori e sto gridando: IO VIVRO’ OGNI SECONDO FINO IN FONDO. [Articolo 31]

E domani NON smetto.

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