Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Giacomo Sandron è nato a Portogruaro (Ve) verso la fine dell’estate del 1979. Si è laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Trieste. Fa parte dei Poeti Benandanti, progetto sorto in seno all’associazione culturale "Porto dei Benandanti" che ha sede a Portogruaro. Negli ultimi anni, tra Veneto e Friuli, ha partecipato a diverse serate di lettura e ad alcuni poetry slam. Sulla carta ha pubblicato una poesia, nella raccolta Notturni Diversi (ediciclo 2006), e un racconto, sulla rivista "Indobia", pubblicata dall’associazione culturale Gruppo Area di Ricerca con sede a Dobbia (Go). Alcuni suoi vecchi testi sono leggibili sul sito www.radiosilenzio.it
sette – sedici
otto ore filate più una per il pranzo per contratto
ci dovrebbero dare un paio di scarpe antinfortunistica
e dei guanti ma niente allora le mani
cominciano a tagliarsi dal primo mattino
si ricuciono e riaprono conficcate dai cartoni
la lentezza con cui si cicatrizzano
sta lì a significare la pazienza che ci vuole
questa lotta si vince al collasso di una delle parti
allo stesso tempo diventare il loro tempo e combatterlo
ritagliarselo chiudersi nel bagno come scampo tenere duro
arrotolarsi le cicche prendersi un caffé senza timbrare
ingoiare arrotondare la mezzora de scondiòn
se a volte non ritorno se arrivo in ritardo
stavo a girare tra gli umani solo perché gli umani
l’hanno fatto ma non abbastanza
i lombrichi quando sollevi una zolla di terra
se li tagli si muovono lo stesso be-bop
i tira rampegae tip-tap tipo le cartacce
i sacchetti rimasti impigliati sui rami degli ulivi
la benedizione quotidiana dell’assegnazione del reparto
deciderà del tuo supplizio se sarà lombare o più su dorsale
se ti tireranno i tendini lungo le braccia o perderai
la sensibilità dei polpastrelli se ti sveglierai
nel cuore della notte continuamente informicolato
da quando ho cominciato a lavorare non cago più come prima
dal naso mi escono solo bruni pezzetti che sembra catrame
impolverati dentro
è con la terza settimana di fila che tutto si uniforma
che finalmente la schiena si rompe
il filo asseconda il turno della sveglia mugugnando meno
si uniformano i pensieri tra le fila dei reparti le bestemmie
rabbiose sfilate a forza dai denti esplosioni
di cristi e madonne che squarciano il petto
e danno sollievo il tempo che durano sono un canto
sono un canto che le mani sono dure per sempre
non basta la crema idratante
non toccano più queste mani non toccano
premono afferrano spingono tirano
non toccano si dimenticano come fare
come posso infilare queste dita
nella bocca della donna che mi piace, come farei,
aprirei delle voragini
*
non voglio sclerare con te che dopo lo so
che sto sclero mi fermo a lasciarlo passare
mi attacco a guardarlo e non voglio vorrei la libertà
che mi arrivasse direttamente in bocca
sti oci strachi de lavoro finalmente ti sei trovato un lavoro
mi manca Berlinguer che muore sul palco
che rantola e non molla la nausea il senso di vomito
a vederlo saperlo che fra poco si rompe per sempre
ecco si passa il fazzoletto sulle labbra e poi ancora
e ancora e tiene duro gli applausi e non molla
la spilla con falce e martello che tengo sulla mia borsa migliore
diventata un vecchio pezzo di design fuso da chissà chi
i cccp mi mancano i testi fedeli alla linea
gli album all’inizio i primi i testi tipo
voglio rifugiarmi sotto il patto di Varsavia
un piano quinquennale la stabilità ecco, quella
l’ultimo governo è caduto
mentre davamo da mangiare ai maiali in fondo alla valle
un posto in cui la radio non si prendeva
ci si abitua a dire addio come se niente fosse a un insieme di facce
andare nella folla nella folla frolla sono tutti che fanno le foto
avvicinarsi alla folla la folla vuol dire che ti vuole bene
alla fine rimane quello che rimane è un cd
che non ho restituito alla fine del contratto
quando l’ho messo in macchina tornava su tutto
let’s get let’s get let’s get let’s get rocked
i Def Leppard il loro batterista senza un braccio
make love like a man racchiuso in una camera da letto
l’armadio davanti alla porta la nave spaziale
io che suonavo la chitarra con una racchetta
la libertà, che mi arrivasse dritta, in bocca
*
Xe che le robe le me sbrissia indosso
un fià massa lisse che no capisso…
Quando un mondo ‘l va a ramengo
no vol dir che se ga da sentir per forsa
lampi e toni, s-ciopetoni e spussa de brusà
Xe che me sa che me son desmentegà
de come che go fato a rivar fin qua…
No vol dir negar ta un mar de fogo
o la tera che te magna che la se ga verto in meso,
quando un mondo ‘l va a ramengo
xe ‘na roba lenta, un tochetin par volta
‘na lagrimuta picia che la se ciava
de quel che ghe sta intorno
che la vien so sensa far bordel
in ta le sfese del respiro e la fa mucio, la pesa
in scarsela o soto le onge o te macia i denti…
Te ga presente star sperso tal caigo
in simitero quando tuto xe compagno…
La tomba de me nono la se disfa.
El someia che i xe drio russarte i ossi.
Me vien voja de corer anca mi
trovarla na roba, na robuta quaunque
tignirla strenta, no molarla
no molarla
no molarla
E’ che le cose mi scivolano addosso
un po’ troppo in fretta che non capisco…
Quando un mondo finisce
non si devono sentire per forza
lampi e tuoni, scoppi e puzza di bruciato
E’ che mi sa che mi son dimenticato
di come ho fatto ad arrivarci, fino a qua…
Non si deve per forza annegare in un mare di fuoco
o venire inghiottiti dalla terra,
quando un mondo finisce
è un cammino lento, un pezzettino alla volta
una lacrima piccola che non gl’importa
di ciò che la circonda
che scende senza rumore, piano
tra le fessure del respiro e va ad ammucchiarsi
pesa in tasca o sotto le unghie, ti macchia i denti…
Hai presente perdersi in mezzo alla nebbia
in cimitero quando tutto si assomiglia…
La tomba di mio nonno si disfa.
Sembra che stiano lì a grattarti le ossa.
Mi viene voglia di correre anche a me
trovare qualcosa, una cosa qualunque
stringerla forte, non mollarla
non mollarla
non mollarla
*
E mi sitto, vojo dormir come ‘na sopa tai campi
a metà febraio, l’istà che no la riva,
la verta ‘pena ‘pena, dormir pesante,
saporìo, cò vignarà fora ‘l sol vedaremo,
ma che ‘l staghi là, no se invisini
ancora par un fià, par un fiatìn
un cicinìn ancora, ancora
un cic.
E io zitto, voglio dormire come una zolla di terra nei campi
a metà febbraio, l’estate non arriva,
appena un po’ di primavera, dormire pesante,
saporito, quando verrà fuori il sole vedremo,
ma che stia là, non si avvicini
ancora per un po’ , per un pochino
un pochettino ino ino, ancora
un cic.
8 commenti a questo articolo
GIACOMO SANDRON: la libertà dritta, in bocca
2008-03-09 15:49:11|di Christian
Giacomo, non ho molte cose da dirti, forse alle volte la sequenza complessiva è troppo regolare, quando la potresti variare maggiormente come ritmo. Del resto me par tuto ben, no?
GIACOMO SANDRON: la libertà dritta, in bocca
2008-03-08 14:38:59|di marco sorzio
Di nuovo, Giacomo (tocco educatamente il berretto in segno di ossequioso risaluto). Ascolta The last poets. Son certo ti piaceranno (a te e a quelli come te). Il loro sito (www.thelastpoets.net) è in restauro (eppure era molto bello), ma da lì ti mandano al loro myspace. Poetano dagli anni ’70, credo, e sono molto -come dire?- intriganti: poesia politica, e iniziatori dell’hiphop.
Oplà. A presto
GIACOMO SANDRON: la libertà dritta, in bocca
2008-03-07 18:31:00|di giacomo
grazie Marco e Alessandro per il vostro sostegno che fa sempre bene,
desidero inoltre ringraziare molto Luigi per il suo invito a pubblicare qualche testo su queste pagine. merci
GIACOMO SANDRON: la libertà dritta, in bocca
2008-03-07 14:14:08|di Marco Sorzio
E’ bello farsi accompagnare dalle tue parole. E’ un piacere (davvero!) leggerti e ascoltarti.
GIACOMO SANDRON: la libertà dritta, in bocca
2008-03-07 03:21:40|di Alessandro Ansuini
Hanno un gran tiro queste poesie, me le sono proprio godute. bella giacomo.
GIACOMO SANDRON: la libertà dritta, in bocca
2008-03-06 22:10:11|di giacomo
Christian, fa’l serio, piuttosto mi farebbe piacere e mi sarebbe sicuramente utile se mi dessi un tuo parere più articolato
GIACOMO SANDRON: la libertà dritta, in bocca
2008-03-05 18:34:37|di Christian Sinicco
più che spuza de brusà, se senti odor de vin/se passà Sandron e ’l suo morbin!
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GIACOMO SANDRON: la libertà dritta, in bocca
2010-07-01 16:04:17|di alfonso petrosino
Grande Sandron. Auguro a tutti di sentirlo recitare dal vivo: son cose.