Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Romano; partigiano; giornalista professionista; scrittore di (quasi) tutte “le scritture (dunque totìlogo); sceneggiatore e regista; autore cinetelematografico e teatrale; traduttore e attorautore di film e videofilm; «poetronico» o «artronico» o « philopoetosopho» (detto autoironicamente, si capisce); fondatore e direttore di (troppe) riviste, periodici e quotidiani, editrici, collane; (dis)animatore di (ininfinibili, ahilui!) iniziative di orticoltura (o artificina), mostre e festival nonché sindacati e associazioni (degli scrittori o degli autori cinetelematografici); qualche volta, difficile «direttore artistico» di mostre internazionali (« L’Imaginaire Scientifique» ’86, a Parigi, per esempio): etce homo toticus”.
(da Strani attrattori)
che cosaal di là dello spazio e del tempo
aliunde ipototipotizzano
rallentare le stelle qualche milione
in un ammasso globulare –
raffreddare quell’ammasso magellanico…
cimiteri stellari l’inimmaginario
eppure tu parli tu scrivi tu leggi
di ammassi globulari defunti perenti
di cadaverità le quasi-stelle
il quasi-cielo il quasi-cosmo il quasi-nulla
il quasi-tutto il quasi-quasi-quasi
quam si
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Decisamente insignificante la terra
nel più grande del più grande indicibile così
(che cosa sono cento miliardi di stelle? una sola
galassia – e innumerabili le lattee che hanno
centomila anni luce diametrali per esempio la nostra
ogni anno nove milioni di milioni di chilometri più
un altro mezzo milione di chilometri può essere
che le galassie siano un infinito numero oh sì…)
la cosa dentro il buco dunque la « singolarità »
che sfinisce la chorochronìa l’estremo intremo
limite si osava dire di ciò che si può sapere
l’interfaccia dicono adesso fra il naturale e il super-
come ridircela altrimenti se lottiamo da sempre
contro « la gravità del linguaggio » reggiamo appena
il nostro peso di silenzio parlato insignificante
creature con « principio distruttivo » incorporato…
*
ter terere t(e)rare terebrátule trútine
draùscia pocciànghera verbale¿
(che mi sono ammalato di me –
malattia inguaribile – subito
i miei poemedici hanno sentenziato
da poetomografia e poematorisonanze
ecoscintigrafandomi poesitronicamente –
e che dovrei saltar giù dal cuore in corsa
e bere botti delle mie lacrime
e baciare baci già baciati
su bocche di inamabili riamate
sognando sogni-in-serie che si metton-in-abisso)
cimiteri verbali a visitare ora vado
tutti i giorni discaffalando –
dei pensieronzinanti sulle staffe
festeggio le mie ungule cacciate
nelle alte imperVie irrespiratorie –
delle guance inveclate i silenzuoli
sulle miniere esauste delle tempie-
leggo su cadaveritiere epigrafi:
sei diventato il tuo precursore
poesifisso in Galgalthe della lingua
nei corridoi optografici già in corsa
coi processori e con le stringhe cosmiche
autofiammifero controvento controverso
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questo pianeta non vuole salpare
dalle banchine dei miei piedi – pesa
sopra l’artrosi cervicale ancora
mi racconto ma sono raccontato
poetizzo ma sono poetetico
impersonaggio per le letteraglie
smarrito fra le irrivoluzioni
da rivelazionarie sottociglia
guaitato
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ma distenderò ancora
mani e gambe e schiene e toraci
magnetorisonanti o topografici
scientigrafando l’inguinabulo e «il coso»
sulla terra e sui còrpori
inediti che non mi si sanno
che mi muoiono che io non sono
e mi travestirò
da tempo di morire
per vivere più tempo nell’ex-tempo
(nel supertempospaziosimmetria)
e in questa vìvita commemorarmi
gennaieggiando fino a dicembrare
e lunediando finoa venerdiare
sabateggiando e sdomenicando
e mattinoneggiando pornottando
crepuscrupoleggiando a ogni eòne
albeginando serotineggiando verboludendo
tacinotturno
e se gianuaggerò
anneggerò inneggiandomi quando
(i secoli io già nanosecondeggio)
i millenni io secoleggerò
e milioneggerò i miliardenni
(soltanto ottantadue fino alla fine…)…
oh se anche voi mi aveste gennaiato
quando già fébruo Giano!
ma voi invernaggiavate autunneggiando
nelle vostre estetiche estati
e io primavereggiavo
secondavereggiavo
e terzavereggiavo logagònico
verso le ultimeggianti estremavere
che in eternavere si postùltimano
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si è sparato- disdicono
ma io ho sperato soltanto
confondo speratorie
con disperatorie e poetirotéos
mi conierò da solo
(e poemedaglie per voi)
fra ondanze e ridandanze
e andirrivieni e andirritorni verbolusori
o impiccatroneggiando a un co-raggio illunare
satellitando su un astro-neo-nato
(ormai ci si può impiccare
anche su altri immondi).
Prende così appunti per Lettere ai Terriani
il Tredicesimo Apostolo speciale
autoinviato nel trapassato futuro
per annunciare la
FINE
infinitura
*
il poiématon qui finisce – anzi
sfinisce qui – infinirebbe – tenui
deducta poemata filo…
avrebbe dovuto eposnarrarsi – e inenarra
perché il futuro va avanti e indietro
e il passato ripassa oltrepresente
eventi nudi – vestiti di nulla-
un sussulto nel tempo che respira
in uno spazio elastico e contratto
e decontratto – freccia di silenzio
questo siamo – e così noi poetiamo
contro il futuro nero il cosmo buio
senza più stelne sterne asterie o
asteropée astrognosíe asterótteri
astrolatríe astrónie uraniscénze
solo luce in prigione e l’eternotte
(ora soltanto la parola aiuta)
non ci saremo più – forse neppure
saremo stati – ma adesso siamo
scriviamo e irradiamo – corpi neri-
luce nera ma oscuro splendore.
TRIESTROMABURG - ’85-86
Le poesie e la nota biografica sono tratte dal volume Strani attrattori, Empiria 1986.
Si ringrazia Empiria Edizioni per la gentile concessione.
Per ulteriori informazioni sullo stesso autore, rimando ai due post di Nevio Gambula.
Gianni Toti
2008-10-24 18:40:46|di lettrici insaziabili di storie perdute
astracan di un birdumbalo, se ti avessi preso sotto brccio prima non avrei scritto delle sperezzometriche volantiche sbrugliose lingue fantastiche di monaci buddisti che se le inventano o meglio le sentono gli si creano nelle orecchie giaà pronte e loro devono solo scriverle, o quattro salti in una palestra dai mille muscoli senza stomaco per un doppio nervo frenetico ...
ti leggerò. a presto