Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
HAPPENING E FLUXUS
Fluxus
Manifesto 1961
1. Top purge. A fluid discharge, esp. an excessive discharge, form the bowels or other part.
(Purgare. Una liberazione fluida, esagerata, dalle viscere o da altre parti)
2. A continuous moving on or passing, as of a flowing stream
(Un movimento continuo, di passaggio, come un ruscello che scorre)
3. A stream; copious flow,
(Un ruscello, un fluire copioso)
4. the setting of the tide toward the shore,
(il fermarsi della marea sulla spiaggia)
5. Any substance or mixture, as silicates, limestone, and fluorite, used to promote fusion, esp. the fusion of metals or minerals.
(Ogni sostanza o mistura, come silicati, calcare e fluorite, usati per aiutare la fusione, la fusione di metalli e minerali)
di George Maciunas
*
L’idea di performance, di un’azione fatta dall’uomo che abbia di per sé valenza artistica, arriva negli Stati Uniti alla fine degli anni trenta. Gli artisti che vi si rifugiavano a causa della guerra portavano con sé la tradizione delle Avanguardie storiche, alla cui base c’era la speranza in un’arte totale in cui venisse meno la differenza tra arte e vita. Da questo presupposto erano nate una serie di esperienze artistiche performative e ambientali che dal 1945 raggiungono anche in America un loro riconosciuto status. Le esperienze in cui si utilizzava il corpo e la sua azione come momento artistico vantavano una lunga tradizione e si stavano del resto diffondendo in tutto il mondo, come ad esempio in Giappone nella seconda metà degli anni cinquanta con il Gruppo Gutai o in Europa con Yves Klein e Piero Manzoni.
In particolar modo si impongono due filoni differenti cui tutti i vari esperimenti artistici si possono ricondurre: le azioni casuali di Cage e quelle programmate di Kaprow.
John Cage già negli anni cinquanta lavora perché “L’arte non dovrebbe essere differente dalla vita, ma un’azione della vita. Come tutta la vita, con ciò che vi capita,le sue possibilità, i suoi casi, la sua varietà, il suo disordine e solo alcuni momenti di bellezza”. Cage è un compositore, allievo di Stockhausen e largamente influenzato dalle religioni orientali e dallo Zen. La sua è una musica che egli stesso definisce non intenzionale, i suoi spartiti sono in buona parte non scritti, egli strumenti sono “tutto ciò su cui possiamo mettere le nostre mani”.
Trova la sua metà artistica nel coreografo Merce Cunningham. Se infatti Cage vede i suoni dei suoi pezzi nei rumori della vita di ogni giorno, Cunningham considera come danza il semplice camminare, stare in piedi, sdraiarsi: con lui i movimenti di ogni giorno vengono messi in scena. Nel 1952, al Black Mountain College, scuola d’arte del North Carolina nota per il suo sperimentalismo, si svolge una serata storica che Cage costruisce basandosi sullo Chance method (il metodo del caso), mutuato dalle teorizzazioni di Duchamp. Mentre nella stanza pendono dal soffitto i quadri di Rauschenberg – un giovane artista che si trova al college per un periodo di studio e che diventerà uno dei maggiori esponenti del New Dada- Cage tiene dall’alto di una scala, una conferenza sulle relazioni musica e buddismo zen, seguito da un “concerto con radio” mentre Rauschenberg suona dei vecchi dischi e il musicista David Tudor suona un piano precedentemente modificato. Intanto Cunnigham danza insieme da latri sulla scena e due persone in piedi in mezzo al pubblico leggono brani di poesia. Lo stesso Cage definì la serata un successo, un evento “anarchico” […] senza uno scopo preciso, in cui nemmeno noi sapevamo cosa sarebbe accaduto”.
Gli ambienti e gli assemblage creati dagli artisti negli anni cinquanta avevano come passo successivo necessario il trovare un’arte che fosse viva. Il termine Happening, che deriva dal verbo to happen, accadere, viene usato per la prima volta da Allan Kaprow nel titolo del suo lavoro 18 happenings in 6 Parts: l’artista voleva sottrarsi all’obbligo di definire l’opera in base a schemi precostituiti quali teatro, rappresentazione, gioco. Kaprow definisce invece l’happening come un “assemblage di eventi che si svolgono in più di una situazione spaziale e temporale e un lavoro artistico attivato da performer e dal pubblico”.
Nel 1959 la Reuben Gallery di New York viene suddivisa da teli di plastica semitrasparenti in tre ambienti diversamente caratterizzati, tramite l’uso di specchi, luci, suoni e dipinti: qui il pubblico, che partecipa su invito cui sono allegate le necessarie istruzioni, interagisce con l’ambiente e con i performer che vi si trovano, tra cui lo stesso artista, leggendo, mangiando, chiacchierando. Ciò che importa di più a Kaprow non è cosa accade, ma il fatto che qualcosa stia accadendo. Due sono gli elementi, prima scarsamente considerati dagli artisti, che egli utilizza come materiali per la sua opera: il tempo e il pubblico. Il tempo è visto come qualcosa di concreto, che può essere usato tanto quanto la pittura o la tela, e allo stesso modo è considerato il pubblico e il suo comportamento. Tutto ciò che accade è quindi guidato dall’artista, precedentemente studiato e definito, ma i risultati ne rimangono in buona parte imprevedibili, per questo l’happening risulta comunque, dalle stesse parole di Kaprow (“qualcosa di spontaneo, qualcosa che capita che accada).
Per tutti gli anni sessanta a New York il numero di artisti che si dedica agli happening, o quanto meno li include all’interno di una più vasta produzione artistica, è altissimo.
Tutto a un tratto paiono la cosa più naturale che si possa fare. Artisti come Red Grooms, celebri esponenti del New Dada, quali Rauschenberg e Dine, della Pop Art, come Oldenburg, o della Minimal Art come Morris, realizzano una serie di Happening in cui i performer tengono la scena o in cui anche il pubblico è chiamato a intervenire. Nel 1965, a seguito dell’imporsi e del diffondersi di manifestazioni artistiche di stampo performativo che venivano genericamente definite happening, Kaprow si esprime a proposito della parola da lui stesso coniata: “Usata con grande disinvoltura per tutte le occasioni, la parola suggerisce l’idea di qualche cosa di abbastanza spontaneo che si dà il caso che capiti”. Nonostante il libro del 1966 dello stesso Kaprow Assemblage, Enviroments and Happenings lo teorizzi sistematicamente, il termine viene poco alla volta usato per estensione ad indicare una qualsiasi forma d’arte in cui venga utilizzata un’azione umana, che includa l’intervento casuale del pubblico, dell’artista, o di persone appositamente istruite. Rimane significativo il fatto che nessuno di questi artisti senta il termine come descrittivo delle sue opere, non si crei nessun gruppo o movimento, non vengano scritti manifesti né fondate riviste, e nonostante tutti gli artisti sopra citati abbiano sensibilità e facciano lavori molto diversi, tutte le loro opere di genere performativo vengano definite happening. L’unico comune denominatore per queste attività è il fatto che si svolgono in buona parte a New York, in loft, gallerie e caffè alternativi e che prendono piede nel passaggio tra gli anni cinquanta e sessanta. Possono in qualche modo essere spiegate con il desiderio di uscire dagli schemi di un’arte di regime non ancora del tutto dimenticata, o con l’esigenza di un’arte che fosse spettacolare e realmente coinvolgente, o più semplicemente con il desiderio di un’arte che non fosse più divinamente lontana dalla vita, ma che divenisse parte del vissuto quotidiano proprio e altrui.
Un modo non molto diverso di intendere l’arte in egual misura multidisciplinare e come flusso continuo di esperienze reali è alla base di Fluxus. L’artista lituano George Maciunas dà forma e nome a questa tendenza internazionale del 1961, cogliendo come occasione un concerto sperimentale intitolato Musica Antica e Nova da lui organizzato a New York. Il termine, mutuato dal latino, ha vari significati: scorrere, ondeggiare liberamente, infiltrarsi, fugace. I maggiori aderenti a Fluxus, nonostante Maciunas scriva un manifesto ufficiale del gruppo, agiscono in modo del tutto autonomo, come Wolf Vostell, George Brecht e Joseph Beuys (tedeschi), Yoko Ono e Saburo Muratami (giapponesi), Dick Higgins (americano), Daniel Spoerri e Ben Vautrier (francesi), Giuseppe Chiari (italiano), Nam June Paik (coreano), pioniere della videoarte, spesso in collaborazione con la violoncellista Charlotte Moorman.
Non si tratta di un gruppo definito, ma della libera collaborazione di artisti coinvolti in esperienze creative caratterizzate dalla massima libertà espressiva: tutti possono fare arte e tutto può essere arte.
Come dice lo stesso Higgings: “Fluxus esisteva prima di avere il suo nome e continua ad esistere oggi come forma, principio, modo di lavorare. […] Fluxus non è un movimento, un momento nella storia, una organizzazione. Fluxus è un’idea, un modo di vivere, un gruppo di perone non fisso che fa fluxlavori”.
Fluxus spinge per un’arte che sia totale, vitale, indeterminata, come l’esistenza quotidiana, concepisce l’evento artistico come fluire ininterrotto di situazioni. Ogni forma artistico- rituale proveniente dalla cultura popolare, come il circo, il musical, il teatro, la rivista, la serata, viene riutilizzata da questi artisti in grandi concerti happening, manifestazioni che li vedono protagonisti. Ne è un esempio il primo Fluxus Internazionale Festspiele organizzato da Maciunas nel settembre 1962. Può parteciparvi chiunque faccia un’arte che presenti connessioni tra arti visive, musica, teatro, letteratura, danza. Il festival desta grande scandalo ma è proprio quest’occasione che fa conoscere fluxus a livello internazionale.
In precedenza le serate Fluxus erano organizzate a casa di Yoko Ono, a New York, e successivamente, sempre nella stessa città, alla A.G Gallery gestita per un breve tempo da Maciunas. Alla base di queste serate c’è quasi sempre l’eredità di Cage che in quegli anni insegnava composizione alla New School for Social Research e che aveva così avuto modo di introdurre intere generazioni alla sua idea di indeterminatezza della musica contemporanea; gli artisti Fluxus suonano tutto ciò che possono avere sottomano, un pettine o delle monete trovate in tasca così come un pianoforte. Come Duchamp aveva spostato un orinatoio in un museo facendolo diventare per questo opera d’arte, così gli artisti fluxus spostano azioni quotidiane quali respirare, fumare, sedersi, sulla scena, facendole diventare anch’esse opere. L’intenzione è quella di rinnovare i contenuti dell’arte in modo che abbia sempre qualcosa da dire anche rispetto alla vita di tutti i giorni.
Nel 1962 Joseph Beuys invita tutti gli artisti al Festum Fluxorum Fluxus dell’Accademia di Düsseldorf : partecipano in una trentina tra americani, europei e giapponesi. Pur diventando Beuys uno dei più importanti esponenti di Fluxus, le sue performance hanno sempre un carattere assolutamente personale, tra idealismo, naturalismo e impegno sociale.
Tra gli anni 60 e 70, gli artisti vicini a Fluxus producono moltissime performance e pochissimi oggetti. La fase storica di Fluxus si esaurisce nella metà degli anni 70 e può essere associata all’ultima rassegna organizzata da Maciunas, il Fluxus Labyrinth nel 1976 a Berlino. Il titolo di quest’ultimo grande evento riassume in se stesso tutta la dimensione disorientante, dispersiva e al contempo liberatoria che caratterizza Fluxus e segna allo stesso tempo la sua condanna: è la sua estrema indefinitezza (tutto è Fluxus), a portare al suo scioglimento. Non esiste una data ufficiale di termine. Molti degli artisti che vi hanno partecipato continuano per tutti gli anni 80 e 90 con una ricerca individuale molto libera che non dimentica questa esperienza.
(da Arte contemporanea. Due. Anni sessanta- La Biblioteca di Repubblica- L’Espresso/ Electa)
4 commenti a questo articolo
HAPPENING E FLUXUS
2008-06-19 05:49:56|di pamela catucci,PamXtr(banana x gli intimi)
mi sarebbe piaciuto vivere in quegli anni che vanno dal 60’-70’a New york. . ora provo a chiudere gli occhi e ad immagi n a r e
omaggio il silenzio, i versi degli uccelli che nn prendono pace x almeno un’altr ora,e il maneggiare dei tasti del pc,o looptop o qualsiasi altro modo lo si voglia chiamare
HAPPENING E FLUXUS
2008-02-28 21:38:12|di maria valente
grazie a te, Valerio, per i tuoi contributi. Tu non lo sai, ma ho avuto modo di apprezzare il tuo lavoro prima dal vivo, durante un paio di eventi. Ti stimo molto.
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HAPPENING E FLUXUS
2010-06-16 18:05:45|di boresta
Fluxus-blitz di Pino Boresta
Auditorium Parco della Musica (Roma)
FLUXUS BIENNIAL - After Fluxus
Ore 20.30 Venerdì 26 Febbraio 2010
Intervista psichica # 2
George Maciunas interviewed by Ramundas Malašauskas
Arrivo, visito velocemente la sala dedicata a Maciunas quando poi Lucio Perotti si mette al pianoforte e incomincia a suonare si raduna tutto intorno un cospicuo numero di persone che si dispone a semi cerchio. Finito il primo brano musicale capisco che è arrivato il mio momento, mi tolgo la giacca che appoggio li accanto e vado in mezzo alla folla vicino al pianoforte e saltando strillo "E meno male che c’è Maurizio Cattelan.... E meno male che c’è Maurizio Cattelan" Nessuno mi interrompe e il pianista continua a suonare come se nulla fosse il pubblico non riesce a capire se ciò facesse parte della performance o meno. Dopo un paio di minuti qualcuno dell’organizzazione mi fa gentilmente cenno di smettere, io nonostante stessi quasi svenendo per la fatica gli faccio segno guardando l’orologio che avevo quasi terminato il mio blitz-perfomance. Continuo così ancora per un altro paio di minuti. Quando esausto smetto, inaspettatamente tutto il pubblico mi saluta con un bel applauso.
Quando poi vistosamente affaticato seduto su una sedia sotto il portico dell’Auditorium qualcuno mi chiede perchè lo avessi fatto, rispondo che era un omaggio a tre menti indubbiamente geniali come George Maciunas, Simone Cristicchi e Maurizio Cattelan e comunque ognuno poteva tirare le proprie conclusioni.
Pino Boresta
http://pinoboresta.blogspot.com/201...