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I capitoli di una commedia umana, troppo umana

prosasticità e narrazioni di Martino Baldi

Articolo postato martedì 28 febbraio 2006
da Christian Sinicco

Martino Baldi (1970) è nato e vive a Pistoia. Ha pubblicato le plaquette Morte improvvisa di un portiere di notte (2001) e Trentadue lattine (2002), entrambe per Ass Cult Press. Capitoli della Commedia, la sua prima raccolta, è uscita per Atelier. Altri suoi interventi critici, prose e poesie sono stati dispersi o raccolti su libretti, riviste, e-magazine, blog e antologie in Italia, Albania e Macedonia.

5 commenti a questo articolo

> I capitoli di una commedia umana, troppo umana
2006-03-03 19:44:38|di lorenzo

io ho trovato bello il pezzo iniziale, sul padre (forse avrei tolto il post-mortem). la lingua davvero si fa trasparente, tiene un equilibrio notevole tra l’autonegazione (la scomparsa) e la rivelazione (anche o forse sopratutto in versi apparentemente insulsi come "da tutti i giorni uguali precedenti" (che mi e’ piaciuto tanto!)). allora, si, si pensa anche a palazzeschi. e’ raro trovare questa comunicazione riuscita.

sul resto, devo ancora pensare. io toglierei un po’ il cote’ aldo nove/bukowski/bruce springsteen, sinceramente ("ho trentasei possibili canali su cui vedere/l’unico film che danno oggi" e simili). li trovo francamente inutili, banali e riempitivi. specie perche’ l’autore si dimostra capace di essere piu’ efficace, nella stessa direzione, con mezzi piu’ originali e meno sputtanati.

lorenzo


> I capitoli di una commedia umana, troppo umana
2006-03-03 19:10:35|di Martino

Grazie per le lusinghiere opinioni, che mi danno anche l’occasione per aggiungere qualcosa.

Condivido molto quanto dice Luigi Nacci a proposito delle categorie narratologiche (e, aggiungerei, teatrali) e della forma poematica come tentativo di ridisegnare un’unità. Certo non un’unità "predisposta" (ingenua proprio nel suo pensarsi rappresentativa) ma un qualcosa che offra interpretazioni/rappresentazioni possibili e complesse. Io ho provato a farlo rispettando le mie corde, ovvero cercando di eliminare al massimo le sovrastrutture linguistiche e scrivendo contro i limiti dell’impoetico (per difetto e per eccesso), in una lingua quotidiana ma utilizzando più toni, stili e punti di vista: una suite leggibile ma spiazzante in cui la soggettività, se si sottrae, non si sottrae ricomparendo sotto forma di voce o intonazione ma ella stessa in balìa di un disordine.

Credo in effetti che le strategie in atto siano perlopiù narrative; sia quelle coscienti (soprattutto nel tentativo di realizzare la struttura per sviamenti) sia quelle incoscienti (per una connatura tendenza alla narrazione, a cui ho sinceramente lasciato una briglia abbastanza sciolta all’interno dei testi).

Al brodo crepuscolar-govoniano individuato da Nacci aggiungerei - almeno per quanto riguarda quel milieu - mezzo dado di Palazzeschi. Contro il logorìo della vita moderna.

Per quanto riguarda l’aspetto ritmico o musicale, c’è una macrostruttura che credo emerga proprio come partitura. La musicalità del dettato invece - è vero - scarseggia. In alcune ho lavorato con più intenzione ritmica ("Explicit" e "Canzonetta", per esempio, che in questa selezione non ci sono), in altre meno. Il fatto è che il ritmo porta sempre con sé anche un amplificazione della componente persuasiva, oratoria o sentimentale che sia. E siccome queste componenti sono già ben forti nel libro, qualche volta lavorare in direzione della musicalità poteva servirmi ma altre volte mi serviva proprio il contrario o almenon non era necessario che tornassi su quell’aspetto.

Grazie di nuovo per le osservazioni che mi hanno dato l’occasione di precisare meglio anche a me stesso queste cose.


> I capitoli di una commedia umana, troppo umana
2006-03-02 17:24:40|di maria

Anch’io non posso fare a meno di apprezzare la sensibilità di un poeta come Martino, soprattutto il sorriso amarissimo della "casa gialla" .


> I capitoli di una commedia umana, troppo umana
2006-03-02 12:34:02|di L.N.

ps: puntualizzo sulle ultime righe.

Scegliere il poema, la forma unitaria, non per rifuggire la complessità della realtà, né per inventare o rinverdire mitologie di facciata, ma perchè credo che la poesia abbia anche il compito di cogliere l’unità nel diseguale, di tessere assieme stoffe restie ad essere intessute. Credo che il miglior atto di mimesi nasca dalla commistione tra una rappresentazione delle fratture, da una denuncia, e allo stesso tempo dal tentavivo di unificare e prospettare una strategia alternativa. Non significa dare un colpo al cerchio e uno alla botte, ma rispondere più proficuamente ad un’ansia di totalità. Proprio quando tutto va verso la brevità, come diceva Calvino. Mentre l’sms insegna a non scrivere in 160 caratteri. Il poema è l’anti-sms, l’anti-slogan pubblicitario, l’anti-marketing, l’anti-velocità. Come tornare al carosello...


> I capitoli di una commedia umana, troppo umana
2006-03-02 12:10:44|di Luigi Nacci

Mi auguro che nasca una discussione sui testi di Baldi, in questa sede. Rispetto ai giovani (non mi piace la categoria "giovani", ma la uso solo per ragioni di immediata comprensibilità) di cui si è parlato ultimamente, qui ci troviamo su un’altra sponda. La leggibilità non è sbandierata superficialmente, o per astuzia, ma è parte di un progetto di poetica dell’autore. Il mondo di Baldi è ben delineabile, le sue figure sono nitidamente tratteggiate, la lingua non le sovrasta, il quotidiano non è frastagliato in deliri egotici o psicanalitici. I fermi-immagine sono visualizzabili (questo è un merito). E una certa patina crepuscolare avvolge tutto (direi: govoniana). L’abbassamento non è ideologico, i personaggi non sono marionette o cartelli da esporre in proscenio, ma sono genuini elementi della sua rappresentazione (non vanno in cerca dell’autore, insomma). Peccato solo per una cosa: manca a mio parere ancora un po’ di ritmo, di sound, di accelerate e di frenate, ma credo sia anche questa un’esplicità volontà autoriale. Al di là dei gusti, credo ci sia necessità di poeti, in particolare giovani, come Baldi. E ora mi si potrebbe dire: ma come, parli bene anche del giovane Bulfaro, poeta lontanissimo da Baldi! Sì, perchè non credo all’univocità, né alle dicotomie tagliate con l’accetta. Credo anche che bisognerebbe parlare un po’ più spesso di POETICA. E di MONDO POETICO. Di storie e trame e personaggi che restano alla fine di un libro e cercare di applicare (lo dissi in questo blog qualche mese fa) alcune categorie della narratologia anche in poesia. Ma forse è solo il mio desiderio di maggior poematicità che mi spinge a cercare questo. Eppure credo che l’oggi avrebbe bisogno del poema, un organismo capace di farsi cantare e di mantenere, nonostante la parcellizzazione della realtà, una propria unità. Con dei soggetti che agiscono. Non parlo di romanzi. O mi sbaglio?


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