URSULA RUCKER
(U.S.A.)
Timother Motzer:
guitar and effects
Gintas Janusonis:
drums
Da Philadelphia, l’indiscussa regina dello Spoken Word presenta il suo ultimo lavoro: Ma’at Mama.
Ma’at mama è poesia pura, è sensualità e critica sociale, è emozione esplosiva e sorprendente dolcezza. Ispirato al principio della sovranità universale dell’ordine e dell’armonia ipotizzato dall’antico kemet egizio, il nuovo album della Rucker non risparmia il pubblico: il suo inconfondibile linguaggio schietto, vibrante, ora sinuoso, ora amaro e sempre autenticamente profondo, staglia spazi d’intimità definiti con la precisione di una punta d’acciaio.
BIOGRAFIA
Nata a Philadelpia, Ursula Desiré Rucker si laurea alla Temple University in giornalismo e vuole diventare copywriter. Invece diventa presto una tra gli artefici della rinascita del panorama poetico di Philadelphia, imponendosi alle luci della ribalta ben prima che gli Slam e i Def Poetry Jam giungessero ai loro esordi. Ispirandosi ai più diversi aspetti della realtà, dalla condizione femminile alla schiavitù, dall’amore al sessismo, dalla politica a molto altro, Ursula ridefinisce lo spoken word con un suo personalissimo “marchio” delineato dall’urgenza socio-politica delle sue argomentazioni e dalla dolcezza del suo song-speak.
Qualunque sia il contenuto, Ursula ha una misteriosa, inquietante e fantastica abilità di colpire con il suo spoken word assieme morbido e seduttivo.
Nel 1994 Ursula per la prima volta affronta il pubblico con la sua poesia straordinariamente spontanea allo Zanzibar Blue di Philadelphia. Quasi dieci anni dopo Ursula è felicemente sposata, e mamma di quattro figli. Il debutto discografico nel 2001 con Supa Sista serve come ulteriore prova che la musica impegnata può essere di grande passione e divertimento.
Nel suo secondo album, Silver or Lead (2003) combina l’elaborazione delle parole con la musica, consolida il suo stile lirico dolce-amaro, e trova la sua cifra caratteristica muovendosi tra il verso parlato e il linguaggio cantato.
I suoi racconti ritmati delle lotte e dei problemi di tutti i giorni inchiodano ogni tipo di pubblico, da Tokyo a Capetown. Quando Ursula – timida all’inizio – afferra stretto il microfono, tutto si ferma.
Call me crazy, divine, Ma’at, true honeybun, Supreme Pontifica, electric lady, holy prostitute. I don’t care what you call me. I know who I is.
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