Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Ivan Schiavone, Strutture (2004-2006), postfazione di Cecilia Bello Minciacchi, Salerno/Milano, Oèdipus, 2011 (pp. 104 - € 12,00).
«Pur apparendo dopo Enuegz, dunque come secondo libro, STRUTTURE è a tutti gli effetti l’opera d’esordio di Ivan Schiavone. Costruito tra il 2004 e il 2006, dichiara in limine il suo processo strutturale: un congegno esatto, inflessibile, organizzato con disciplina ferrea e distanza critica metapoetica. Nel nitore del congegno i testi elaborano una materia calda, viva, tangibile, disposta in trittici di defigurazioni e torsioni espressionistiche, in violente mutilazioni sul corpo dell’uomo quantità, in testi che cadenzano alienazione e abbruttimento, in sequenze di materiali sezionati, dislocati e rimontati perché siano funzionali a un’allegoria aperta. Da fondamenti letterari artaudiani, si svelano in STRUTTURE sintomatiche radici figurative: il Francis Bacon più estremo, certo humour noir surrealista, il Duchamp della Mariée. La Sposa messa a nudo. Qui una Sposa senza volto che indossa il suo abito al rovescio, sul corpo esibendo tutte le cuciture che danno forma al tessuto.» (Cecilia Bello Minciacchi)
“Versetti che digradano ogni canto,
di un salmo inerte che resta inglorioso.”
da STRUTTURE (2004-2006)
ho un fiore nella bocca
un piccolo fiore di carne morta
ma è solo finzione
ho un fiore prostituito nella bocca
di carne livida
ho un piccolo fiore nella bocca
che è una piccola fica asfittica
di carne marcia
vi prego non credetemi ché è solo finzione
vi prego non credetemi, non credeteci
non è vero
non è affatto vero è solo finzione
ed a volte artificio
che fa questo fiore?
ho un fiore nella bocca prostituito
se vuoi qualcosa prendilo
chiedilo al mio fiore e te lo darà
non chiederlo a me
io non ti ascolterò nemmeno
te lo darà il mio fiore
è tutto finto
vi prego non credetemi
*
quando nacqui mi donarono un dono
e mi dissero:
“grazie a questo dono potrai vedere,
tra ciò che vedrai potrai scegliere cosa osservare
ma distruggerai tutto ciò che osserverai.
Un giorno ti vedrai, vedrai te ed il tuo dono,
talmente uniti
che non saprai se avrai osservato te o il tuo dono
distrutto te o il tuo dono.”
ora vivo in un deserto freddo
qui è pieno di miraggi
io li colgo e poi li mangio, i miraggi.
e poi ve li offro:
“se volete prendetene, qui ce n’è quanti ne volete”
se non fosse che anche voi siete miraggi.
qui, nel deserto, il suono giunge ovattato
quasi assente
e questo suono che giunge vuoto, che giunge assente
questo suono che è forma senza essere contenuto
questo suono è come se aumentasse il silenzio
*
lei è bella
vestita di vesti lunghe, leggere e bianche
lui è forte
coperto da una tunica bruna di panno rude
vagano fianco a fianco pei labirinti di ghiaia della scogliera
senza toccarsi mai
noi tutti prendemmo a seguirli,
mai li avremmo lasciati e mai li lasciammo
lasciano i neri anelli
scendere su quel viso, di regina
del deserto, su quel viso alido, arso
un ricciolo forte
d’arida beltà.
come temuto derviscio antico
possente le potenti mani porta
ai fianchi
contratte
ad attendere l’ora della dischiusa.
noi tutti prendemmo a seguirli,
mai li avremmo lasciati e mai li lasciammo
passati i passi sulla scogliera
passati i passi nudi
da spine di rosa o da schegge di vetro
e piangono i piedi nudi le piaghe aperte
piangono scie di sangue parallele
noi tutti prendemmo a seguirli,
mai li avremmo lasciati e mai li lasciammo
e fianco a fianco d’un passo hanno superato il ciglio
e fianco a fianco senza toccarsi volano per il dirupo
paralleli i corpi si perdono nell’abisso
-rit.-
*
2 descrizioni da utilizzarsi in altra sede:
-diurno: nell’aria tersa d’una terra arida di sole son tagliate le forme delle piante
piante di polvere
piante bianche, rugose d’un verde stinto
piante che al tocco si sfaldano
impalpabili sbuffi che presto svaporano nell’aria tersa
-notturno: viene la nebbia
il paesaggio s’inabissa nella sfocatura d’una notte acquatica
forme guizzano indefinite, affiorando vaghe e confuse
inconoscibili
capita che la luna, diafana medusa
s’affacci oltre la nebbia
*
1) sera d’autunno che s’era
stati amanti non è vero
che s’era stati non ricorda
ma così per finta
sotto la luna ch’era sotto al ponte
ancora così, per finta
belle le lune fiorite tra i rami secchi
belle le lune per finta ed ancora
2) quando s’apre e t’aspetti
grappoli di nubi in fiore
lo sfondo dilaga azzurro: è il cielo
3) gravi alla terra le nubi pesanti
gravi alla terra le nuvole gravi
s’attende
stecchi son gli alberi di rami secchi
le erbe si stanno e le foglie
s’attende
e presto accadrà
*
il vuoto.
immaginate il vuoto e collocatelo in esso.
immaginatelo senza nulla,
nulla che gli appartenga, nulla che lo vesta, nulla che lo circondi.
dategli la possibilità di camminare in questo nulla,
e di percepirlo.
immaginatevi che trovi una pietra pesantissima
e che si dica: “porterò questa pietra con me,
e sarà meglio che il nulla.”
immaginatelo impegnato a trascinare in questo nulla
la sua pietra
unicamente, con grande sforzo, perennemente.
immaginate che a causa del grande sforzo ogni tanto abbandoni questa pietra
ma già sapete che tornerà ad essa per trascinarla
continuandosi a dire: “meglio questo che il nulla.”
IVAN SCHIAVONE (Roma 1983) ha pubblicato il volume Enuegz (Onyx 2010), già presentato su “AbsoluteVille” (in cui è presente anche un altro suo testo, Duk of gton). Dirige la collana di materiali verbali “Ex[t]ratione” per le Edizioni Polìmata.
2 commenti a questo articolo
IVAN SCHIAVONE: STRUTTURE (2004-2006)
2011-05-04 15:23:34|di Gabriele
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IVAN SCHIAVONE: STRUTTURE (2004-2006)
2011-09-13 12:38:49|di Mashkatova
En sådan vacker articolo. Jag har alltid varit intressant att få information i denna nisch. Jag vill veta mer om det. Vad är, tackar jag för visning. Tyvärr Postscript till franska terribile mån, må jag lära cominciare