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Il libero arbitrio del corpo. Piegiorgio Welby

Quotidiani E-Polis - Ed. Nazionale, 2006

Articolo postato domenica 24 dicembre 2006
da Lello Voce

Normalmente non posto su questo blog i miei interventi ’politici’. Sperando di non causar disturbo, per questa volta, visto il tema, mi sono concesso un’eccezione

A volte le parole sono drammaticamente inadeguate a descrivere la realtà e, nei casi più sfortunati, come quello delle dichiarazioni dell’On. Volontè sulla morte di Piergiorgio Welby, la loro inadeguatezza si esplicita in tutta la sua rozza superficialità, con un’amplificazione retorica nelle cui pieghe si raggruma, siero di falsa coscienza, tutto l’astio per la libertà altrui di differire da come siamo noi. Definire l’interruzione dell’accanimento sul corpo di Welby un ‘omicidio’ è esplicitare sino in fondo come ormai in parte del pensiero cattolico la cura di Ratisbona stia avendo i suoi effetti, scomunicando la carità e la compassione. E’ questa di Benedetto una religione del dolore come dovere, o meglio della rinuncia al piacere perché peccaminoso, anche se inteso, leopardianamente, in quanto interruzione del dolore. Eppure il rifiuto della terapia e l’accettazione della morte sono atti di libertà, come tali certo non estranei alla cultura cattolica, che infatti li elogia e li addita ad esempio nel caso in cui una giovane madre rifiuti le cure per essere certa di portare a termine la sua gravidanza. Questa Chiesa, che pure assiste indifferente alla morte dell’anima di tanti suoi fedeli, una morte fatta di profitto, disonestà, ipocrisia, non tollera, però, licenze sui corpi, quasi non ci fosse libero arbitrio per il corpo, perché il corpo è ancora il luogo dell’interdetto e delle proibizioni. Quasi che alla Chiesa interessasse non tanto la proprietà sulla nostra anima, ma quella sul corpo, anche se quel corpo è nostro quanto l’anima, anzi di più.

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