Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce

Redatta da:

Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.

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Il movimento della poesia

Un intervento di Antonino Contiliano sulla Polietica

Articolo postato domenica 3 maggio 2009
da Valerio Cuccaroni

L’amico poeta Antonino Contiliano mi ha inviato, a distanza di un anno dalla sua pubblicazione, un commento al MANIFESTO DELLA POLIETICA, da me postato qui il 25 maggio 2008.

Un gesto inusuale nel mondo veloce e distratto in cui viviamo, un gesto che scaturisce dal tempo lungo della riflessione e della letteratura, un gesto che ha avuto bisogno di lentezza. E per questo ringrazio Nino, compagno di strada, che mi ha accolto nel suo Elmotell Blues, un uomo che crede ancora nel potere della parola, che resiste, e ci aiuta a restistere, alla brutalità di questa epoca canagliesca.

Avvertenza: si tratta di un intervento non facilmente commestibile, per palati forti. Per questo sarà ancora più piacevole digerirlo insieme.

* * *

Antonino Contiliano

La pubblicazione del MANIFESTO DELLA POLIETICA su “Absolute Poetry” ha messo in movimento un’ampia possibilità d’interventi e discussione. Ritorno, così, dopo aver letto quanto finora emerso dai riscontri, con un secondo giro di penna, e una riflessione che attenziona qualche punto, quale “bene comune”, “cooperazione”, “ibridazione”… che la voce del manifesto, lanciata da Valerio Cuccaroni, ha messo in scena. Emerge, infatti, il delinearsi di una tendenza po(i)etica comune che si trova in linea con i movimenti aperti delle singolarità sociali, plurali e meticciati di questo tempo storico e materiale che annuncia un futuro diverso rispetto a quello dei monolinguismi e dei centralismi discriminanti lasciati dal Novecento e ancora operanti. C’è in giro, infatti, una pratica di scritture collettiva che nulla ha a che vedere con il “monolitismo” della “poesia in scatola” dell’Io appartato e confinato nel dolore esistenziale e nell’intimismo piangente, evanescente.
In questa tendenza, infatti, è presente la stessa tensione dialettica “disgiunta” ma viva dei movimenti che, nell’era della rete globale, sono in conflitto antagonistico continuo con la politica unilaterale e monologica del neoliberismo, così che si è possibile rintracciare una certa corrispondenza tra resistenza socio-politica collettiva senza confini e la resistenza artistico-letteraria dello sconfinamento dei generi. Una corrispondenza di forza d’uso produttiva autonoma – proiettata verso un futuro delle eterogeneità migranti e dialoganti fuori le coordinate monologico-politiche del pensiero unico, ma non indipendenti tuttavia dalla storia in itinere – che fa pensare a un soggetto collettivo del “comune” di queste singolarità plurali; un soggetto ibridato e comune, che si muove unitariamente come uno “sciame” o onda armonica che vibra oltre l’operatività delle singole frequenze dei singoli soggetti “lirici”. Un soggetto collettivo che offre un campo di azione e un montaggio testuale pluricomposto, connettendo eterogeneità diverse nel pensiero come nello stile, ma uniti nella stessa azione antagonista e aperti, conflittualmente produttivi di progettualità alternativa alla proprietà e al possesso dell’imperium “classista” dell’Io e del Capitale.
Un comune ethos (progetto), plurale e ibrido, attraversa, infatti, poesia e politica, laddove tutti gli elementi, che si intrecciano nel testo dello spazio di pertinenza e nello spazio del testo di riferimento, lo fanno rendendosi collettivamente cooperativi e interdipendenti, come in una democrazia “assoluta” di soggetti e soggettività al tempo stesso singolari, collettivi e autonomi. Soggetti ubbidienti solo all’utilità dell’“interesse disinteressato” del bene comune che avversa il profitto e l’interesse dei pochi su tutti. Non credo, così, che non ci sia “nulla di nuovo sotto il sole” o che gli “atomi” e le “lettere” siano sempre “quelli”.
L’atomo di cui si parla oggi nella fisica quantistica o nella chimica molecolare degli “orbitali” diversi, che si incrociano per dare vita a orbitali ibridi, è qualcosa di nuovo rispetto all’atomo di Democrito; e le “lettere” che fanno parlare e comunicare un testo po(i)etico ibridato, composto cooperativamente – il comune collettivo open source dell’intelligenza sociale in rete –, scompaginano la logica individualistica dell’Io poetico classico, per essere, come dice Spinoza, “suddito” (Trattato teologico-politico, cap. XVI) della poesia come “bene comune” e polietico, prodotto da soggetti liberi, eguali e agenti nell’orizzontalità della rete.
Una poesia polietica – come bene comune, in quanto incrocio e intreccio di elementi in dialogo polifonico interdipendente, e autonomo nel comune cooperativo della comunicazione dialogica orizzontale – è allora come un quantum-materialistico di atomi/lettere potenziale affatto stagnante nella “scatola” o nel copyright dell’io privato, devoto soltanto all’ordine esistente del profitto privato e ripiegato nella rassegnazione del prete. La poesia è un “bene comune” in quanto è un tutt’uno dinamico con lo stesso futuro degli uomini. E il futuro è di tutti e per tutti, di nessuno in particolare.
Questa poesia, che immagina allora una spazialità occupata dai soggetti dell’esodo, dell’abbandono del lavoro dell’Io capitalistico, è una nuova testualità e spazialità po(i)etica di “qualità” profetica. In quanto, nel mondo della biopolitica, è già pratica significante del comune che lievita il tessuto del futuro; e non può non essere d’avanguardia (parola da rimettere in circolazione), quando testualità sociale dell’intelligenza collettiva in divenire, è collegialmente scritta e montata. E se è vero che nessuna pratica linguistico-semiotico-simbolica, oggi, nella produzione e comunicazione “immateriale” della rete biopolitica, scinde più nettamente linguaggi, politica, economia, sociale, cultura, nessuna produzione e soggettività, ormai, è immune dalla miscela; e l’ibridazione non è l’asse del male!
Così se, oggi, “il poeta ha perduto il proprio statuto sociale” di atomo semplice e ruolo appartato nella propria enclusure, o quello di intellettuale “organico” vecchio tipo (subordinato a un principe, a un partito o a un gruppo rappresentativo-gerarchico del modello “eliocentrico”), il tempo e la storia biopolitici deterritorializzati e riterritorializzati, considerata la tendenza metamorfica radicale in atto, tuttavia, lo posizionano diversamente socializzato; lo situano soggettività singolare sociale direttamente partecipe e costruttore dell’essere comune come “bene comune” causa sui et simul corpo sociale agente cooperativamente. E, immerso nell’intelligenza collettiva comune, tesa a potenziare la libertà e l’eguaglianza di tutte le singolarità in mutua coazione, non può non essere soggetto plurale e aperto al collettivo che lo processa e lo mette in atto nell’interdipendenza, senza confini d’esclusione. E in ciò anche l’“utilità” sociale – valore d’uso demercificato – della poesia e del poeta che, “bene comune” essi stessi, pongono l’esercizio del potenziamento e della resistenza del “comune” stesso – “interesse disinteressato” – come radicalità di soggettività politica collettiva ribelle e rivoluzionaria, che processa una comunità democratica assoluta, dal basso, di liberi e eguali. Del resto, credo, che un testo poetico, per la sua peculiare struttura, sia testimone diretto di democrazia “assoluta” realizzata, lì dove ogni elemento e livello del sistema ha una sua utilità cooperativo-semiotica simultanea, nonché aperto al mutuo scambio irrinunciabile come un sistema proprio. Una testualità in cammino – aseica, direbbe Galvano della Volpe – come uno sciame che si muove in sintonia di moto e direzione, e sebbene gli attriti non gli siano risparmiati, anzi. La realtà ha più forme (B. Brecht) di quante ne possa cristallizzare una letteratura! Allora l’immaginazione! ... la creatività sociale della cooperatività orizzontale e di rete … immancabilmente “caminando” insieme!
Imperante, oggi! E imperante è che lo si faccia insieme, e anche con le armi della poesia collettiva e della soggettività materiale e plurale dei blogunderground, dal momento in cui, nella società della produzione immateriale neoliberista e capitalistica, la cultura e i linguaggi – come il progetto del manifesto della polietica invita a pensare/agire – sono stati messi a lavoro dal biopotere dei pochi, e immessi nella catena del “valore” di scambio secondo la solita logica devastante e criminale del profitto dei privati e delle etno-disuguaglianze di classe interne ed esterne, chiamate a cooperare per l’integrazione individualistica e gerarchizzata.
Incentivare il rilancio individualistico dell’individuale e, correlativamente, sul piano della produzione artistica e letterario-poetica, proporre percorsi di cooperazione di “io” letterario-artistico-poetici biograficamente corrispondenti e paralleli a quelli dell’Io del Capitale delle diseguaglianze gerarchizzate del mercato, non è, però, la stessa cosa della cooperazione del soggetto collettivo dell’open source e degli “orbitali ibridati”.
Se le scienze sociali “hanno illustrato l’efficacia della cooperazione di campo e interdipendente assoluta dei sistemi partecipativi e degli atteggiamenti pro-attivi”, e se le conoscenze scientifiche hanno dimostrato e mostrato che corpi e menti sono capaci di modificare se stessi in un continuum circolare sociale e massmediale, così come i nuovi movimenti politici no-global “ibridi”, polifonicamente conflittuali e antagonisti, hanno, nel comune plurale, esercitato un’azione di rottura e proposizione irriducibile, allora la tendenza in atto della poesia della “polietica” è “giusta” (W. Benjamin). È giusta in quanto divenire identità ibrida e circolare di soggetti/soggettività collettiva, potenza in progress e mutuo scambio democratico che circola, simul, sia nel politico che nell’etica, quanto nella poesia del soggetto collettivo, decretando finita la poesia in scatola, chiusa e vuota, quanto la stessa rappresentanza dell’Io e del Capitale privati, i soggetti di produzione proprietaria sia che l’oggetto sia prettamente economico che culturale.

6 commenti a questo articolo

Il movimento della poesia
2009-05-05 23:20:50|di ng

La pars construens :

pensare l’impensabile e agire l’impossibile, ecco … Mettere mano a una nuova controversia, dare fiato a una risalita: nulla è più urgente, e non dico in ambito poetico, di cui mi frega relativamente, ma nella socialità globalizzata. Solo che si tratta di farlo – mi si passi il termine – leninianamente, ossia stando nella situazione misurando attentamente i rapporti di forza, il grado di coscienza generale, le forme organizzative, etc. … Il contesto è particolarmente frustrante. Ma è l’unico che abbiamo: non possiamo che starci dentro; tanto vale farlo non cedendo di una virgola a quanto, in un modo o nell’altro, fa il gioco del mondo che avversiamo … Disertare, non partecipare, tenersi in disparte … Attenzione però: non è questione di «esodo», ma di preparazione, con creatività e rigore (e nei tempi lunghi della razionalità che rifiuta le illusioni), dello scontro frontale con il Faraone e le sue truppe … Non Tony Negri, ma Slavoj Zizek …

ng


Il movimento della poesia
2009-05-05 11:56:24|di ng

Purtroppo, Valerio, anche la realtà che ho fotografato io è in movimento, corre in direzione di un abisso da cui faremo fatica a risalire … Ci sono dentro, la osservo tutti i giorni, e ne soffro … Anch’io, come te, non sto fermo, tentando di bloccarne l’esito negativo; ma lo sforzo necessario è tale da rendere i nostri sforzi inutili … Almeno per l’immediato … In ogni caso, ripeto: condivido lo sguardo politico, anche estremo, di Contiliano. L’unica cosa che non mi convince è l’alea di positività che si respira. Cita il movimento no-global … Ci sono stato dentro prima e dopo Genova 2001 … Ho vissuto la sua fase ascendente e, con dolore, quella che lo ha portato alla dissoluzione … Quel movimento non esiste più. O meglio, non esiste in quanto “movimento”, ma solo come grumo di opinioni che trovano sbocco pubblico raramente, e del tutto disordinatamente. E mi lascia perplesso la sottolineatura del “mutuo scambio democratico” che sarebbe in atto … Dove? Quanto conta? Quanto è influente? No, Velerio, la mia non è una presa di posizione a priori, ma ben meditata e del tutto interna a quanto si muove in senso alternativo al costituito … Dirò di più: le declinazioni di Contiliano mi appartengono tutte da sempre: tendenza, avanguardia, eticità, cooperazione … Ecco, se questa è la parte costruttiva, ci sono già dentro, come potrai facilmente verificare … Anzi, se mi passi la provocazione, Valerio, mi chiedo come tu possa conciliare le proposte “operative” di Contiliano con il tuo apprezzamento del NIE; mi paiono due universi distanti e per nulla avvicinabili …

ng


Il movimento della poesia
2009-05-05 01:56:51|di Valerio

I miei non sono sognanti propositi. O almeno, non solo. Sono realtà di fatto. Progetti realizzati che coinvolgo sempre più persone, poche ma sempre più. E io guardo al futuro come regno delle possibilità.

Questo tuo pessimismo mi sembra, ripeto, una presa di posizione a priori. Citi dati che fotografano una realtà già morta. Io guardo alla realtà in movimento.

Non mi nascondo lo sprofondo, anzi, come puoi verificare dal Diario di bordo dell’ultimo ARGO, ma cerco di non esaltarne la profondità, piuttosto mi concentro sui punti d’appoggio per superarlo. La mia esaltazione nasce dalla voglia di superarlo. Tu invece ti esalti a scrutarlo e a indicarlo.

L’Italia è un paese giovane, dal punto di vista dell’unità linguistica, quindi culturale: i nostri illuministi sono i vari Umberto Eco, Fabrizio Gatti, Curzio Malaparte; non abbiamo avuto un regime monarchico assolutistico, abbiamo avuto la dittatura fascista. E ancora dobbiamo abbattere l’ancien régime. È diffondendo le nuove idee che si abbatte, però, l’ancien régime.

Insomma, mi sembra manchi la pars construens alle tue ricognizioni.


ARGO

Il movimento della poesia
2009-05-04 09:45:06|di Nevio Gambula

Forse, Valerio, abitiamo una realtà diversa … Quella che abito io è molto triste, ed essere pessimisti è l’unico modo di salvarsi. Pensa che qui, dove sto io, il 75% della popolazione dà il proprio consenso a uno che si chiama Berlusconi, mentre 20-22% del restante si divide tra un fascistoide (Di Pietro) e un partito “ibrido”, detto PD, che ha sposato l’ideologia del mercato e della guerra … Certo, resta un piccolo manipolo di intrepidi avversatori del decadimento, tra cui mi ci metto anch’io … ma siamo irrilevanti, credimi, costretti a una marginalità sciagurata. Sono felice che, almeno dove abiti tu, le cose vadano diversamente. Pensa che qui, addirittura, in questa mia realtà proto-fascista, oltre a emarginazione, intolleranze e violenze di ogni genere, fenomeni che riguardano gran parte delle persone che mi stanno accanto, sono state fondate, col consenso popolare, ronde di cittadini che presidiano le strade, simili in tutto ai “volontari per la sicurezza” del ventennio. Non serve, qui da noi, essere degli scienziati per constatare l’aumento del controllo sociale con il bene-placido delle folle ammansite, o captare il plauso diffuso fatto scrosciare a favore della limitazione del diritto di sciopero o anche solo di espressione … Tu sei fortunato, Valerio; qui, in questa mia realtà in crisi di civiltà, gli applausi sono assordanti e ben vistoso è il fallimento di ogni tentativo di opposizione seria. Sono stato in piazza, il 1° maggio, come ogni anno da 35 anni a questa parte; credimi, eravamo proprio pochi. Ci guardavamo in faccia e, coi soli sguardi, ci siamo detti che il “popolo” ci ha licenziato; almeno per i prossimi decenni, noi testardi nel proclamare un’altra realtà, saremo costretti all’angolo, sotto lo stretto controllo dei questurini. Ah, dimenticavo … Qui da noi, in questa realtà segregata e auto-referenziale, la “gente” legge sempre di meno (un calo di 7% di lettori l’anno, dati Istat), e pensa, Valerio, che quasi la metà della popolazione non legge nemmeno un libro l’anno, mentre gli altri, i lettori, si attestano mediamente sui 5-6 libri cadauno per anno, compresi quelli scolastici o professionali (letture obbligate, dunque). Come puoi benissimo immaginare, in questa realtà illettrice, è difficile proporre una poesia o un’arte alternative al sistema generale; lo si fa, con tenacia e in forme irriducibili, ma non ti dico con quali fatiche e a quale prezzo! No, Valerio, davvero, qui ogni ottimismo è del tutto immotivato. D’altra parte, in una società che ha interesse a tenere le coscienze sotto il livello di guardia, tenute al guinzaglio col divertimento annacquato, chi insiste nel segnalare le contraddizioni, al fine di aprire spazi di alterità, ebbene, che speranze vuoi che coltivi? Senza una collettività a sostegno ogni azione, anche la più sensata e “giusta”, sarà sempre un’azione destinata alla sconfitta. Qui, Valerio, in questa realtà che sfocia quotidianamente in retrive forme di razzismo popolare, tra diversivi e intrattenimento, tra revisionismi e sdoganamento di personaggi squallidi e apertamente fascisti, ecco, qui da noi, ogni speranza è illusoria. Nessuno, qui, tra i pochi intrepidi con cui divido il pane, ha capitolato; resistiamo, senza declamare illusioni. Abbiamo certezza della nostra impotenza, però non smettiamo di fare: resistiamo, appunto. Resistiamo alla sostanza fascista di questa realtà che siamo costretti ad abitare. E resistere, qui da noi, non è facile, credimi. Per questo ti invidio, Valerio. Invidio la situazione esaltante che si vive nella tua realtà, che purtroppo – e lo dico con molto rammarico – non è la mia … Sì, Valerio, qui da noi non ci possiamo permettere sognanti propositi; restiamo ancora, noi pochi che resistiamo, ancorati al materialismo rigorosamente scientifico, con lo sguardo rivolto al di là di questa preistoria, ma con i corpi ben incastonati, nostro malgrado, alla roccia storica del capitale. Io, intorno a me, vedo solo volgarità e nulla, e vedo estinta ogni ipotesi alternativa, o comunque relegata in riserve incapaci di allargarsi al corpo della società; vedo liquidazione culturale e chiacchiera e un Piano di Rinascita ormai diventato humus approvato dal gregge; e vedo dappertutto menzogne truccare le carte … Sono felice per te, Valerio; io, però, sono costretto a consumarmi in una realtà che non corrisponde alle mie idee, e con questa mi devo misurare. Il mio pessimismo è solo una forma del fastidio che provo vivendo in questa realtà … È il solo modo che ho di praticare l’intelligenza del reale … Tutto il resto, almeno qui da noi, sarebbe, per dirla col vecchio Marx, una immane sciocchezza …

ng


Il movimento della poesia
2009-05-03 23:08:22|di Valerio

È un periodo questo di incubazione, come per il compostaggio. Tanti micro-organismi (singoli, associazioni, ecc.) stanno creando un humus fertile, sperimentando nuove forme di democrazia.

La tua visione, Nevio, mi sembra intrisa di compiaciuto pessimismo. Potrebbe apparire dialettica negativa, se non fosse che si ferma all’apparenza dei fenomeni. Delle masse atomizzate facciamo parte tutti, ma ci aggreghiamo a formare molecole e micro-organismi.

E sinceramente espressioni vetero-intellettualoidi come “i gusti dei nostri connazionali, completamente asserviti al Nulla” lasciano il tempo che trovano.


ARGO

Il movimento della poesia
2009-05-03 17:03:22|di ng

Perché, pur condividendo molto di questo scritto, la sua lettura mi lascia una sensazione fortemente negativa? Forse perché mi sembra troppo “esaltato” … A leggerlo, pare di trovarsi in una situazione pre-rivoluzionaria, dove il “movimento”, e i poeti ad esso collegati, sono prossimi a diventare protagonisti della storia … Eppure l’ondata reazionaria che aleggia in tutti i campi è evidente e direi anche inarginabile; eppure mi pare indubitabile che il “movimento” no-global è in fase discendente, del tutto avvinghiato alle proprie deficienze teoriche e incapace di promuovere iniziative aggreganti (la repressione di Genova ha dato i suoi frutti!); eppure mi pare lampante che l’Onda non è riuscita a diventare esempio per altri settori, rimasti sostanzialmente seduti e trascinati da quella stessa onda nera … Per non dire delle masse atomizzate, tenute all’oscuro delle reali cause della crisi e quindi incapaci di pensare un’alternativa efficace a ciò-che-è; o dei “gusti” estetici dei nostri connazionali, completamente asserviti al Nulla; o dell’ignoranza diffusa … Ecco, condivido lo sguardo politico di questo scritto, ma mi lascia perplesso l’enfasi che lo anima, come in precedenza avevo trovato velleitario il “manifesto” di Valerio … L’unico futuro che vedo presentarsi davanti ai miei occhi non è quello “diverso” intravisto da Contiliano, ma un’altra e più pervasiva glaciazione culturale …

ng


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