Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
È appena uscito
LA TERRA DELL’APPRODO
di Gabriele Frasca
("i libretti verdi", a cura di M. Moder, L. Nacci, U. Pierri,
Battello stampatore, euro 5)
qui sotto l’incipit
***
l’ultima lunga curva fra i castagni fin dove s’affacciavano le felci. erano femmine viste le foglie due volte suddivise verde chiaro. sbucavano dal folto delle piante che toglievano luce alle pendici. protese dallo zoccolo di pietra che chiudeva il canale dello scolo. appena comparivano alla svolta procedeva tenendole di vista. non cambiava il percorso né le soste giungevano inattese a rinnovarlo. così si mise in posa come al solito all’ombra inumidita delle chiome. in quell’irredimibile mollume sentì che ritornava a respirare. l’aria ora amara dell’autunno atteso malgrado il bello già pungeva il volto. oltre il riparo il sole risaltava la strada butterata di bitume. ma non aveva voglia di tornarvi a completare il giorno di cammino. c’era quel fresco spesso quasi d’acqua dove sentirsi tergere la terra. tutta quella rimasta sulle suole e l’altra che sapeva l’ingoiava. e quella ancora che con la saliva restava sul palato come pasta. non c’era per mandare giù quel bolo che il posto delle felci nella curva. dove all’umore della sgrondatura pareva il suolo appena emerso marcio. per questo quando il tempo dava al secco a lungo vi sostava a deglutire. tutto il troppo di terra che tornava ad otturare i varchi della pelle. e cementare quasi le narici dove passava solo un filo d’aria. socchiuse gli occhi e poi su quell’odore provò a calarvi un paio di richiami. rapidi scorci tratti dai residui di intrecci tramandati a voce muta. ne venne fuori il bel nome di nanfa ma perse il senso sùbito del frutto. tornò invece l’immagine del fradicio e senza il tanfo né la sua parola. una poltiglia prima e infine il limo che s’asciugava presto sul terriccio. guardò le mani a scorgerne le crepe dove il deserto non avrebbe smesso. né mai l’aveva fatto di calcare in silenzio il sentiero che alle rocce. sarebbe giunto quando col suo trito di sabbia avrebbe chiuso tutti i pori. finanche il filo d’aria che nell’umido assaporava ancora necessario. lo aveva visto sublimarsi a tanti dei troppi che serbava sempre vivi. nella bassa pescaia dove l’acqua sgrondava a tutti un corpo dilavato. cui far calzare tratti inconsistenti come il richiamo stesso dei profumi. un unico pupazzo e tante maschere appese alla bisogna lungo l’argine. un fantoccio di fango nel suo fluido e tanta terra cotta in tutta fretta. per riprodurre almeno l’espressione per quanto intercambiabile di un viso. ne cavò su il bel nome di mamma ma perse il frutto sùbito del senso. tornò invece in un rantolo il respiro come una replica o una sintonia. la stessa fame no la stessa sete non d’aria ma di quello che s’essicca. se ciò che irriga infine sedimenta e bisogna spurgare con la draga. persino l’acqua stessa che disseta deposita passando i suoi detriti. c’è sempre tanta roba in sospensione e basta poco per stratificarla. o vi è la pietra oppure la poltiglia e quella voglia d’essere solvente. mentre il livello della chiusa scende e altri calchi s’asciugano d’argilla. finisce poi che pesano e ogni giorno se li portava fino alla felceta. a respirare tutti col suo fiato l’umore stesso della prima vita. con cui sciogliere un gesto non richiesto come un corpo sommosso dal deflusso. ma sùbito spiaggiato sopra il senso sfruttato di un bel nome da disperdere. ancora in un residuo inaridito da compattare nella strozzatura. coi resti di materia che la mente trattiene via da quella disgregata. finché quel grasso in ultimo richiuda con la sua presa d’aria la ferita. secernendo da sé ciò ch’era d’altri e ognuno appiccicò come la biuta.
***
"i libretti verdi" si chiedono a:
Battello stampatore
Via Rismondo, 14 - Trieste
tel. 040761954 - fax 0403474448
tipografia@adriatica.191.it
4 commenti a questo articolo
Il nuovo LIBRETTO VERDE di Gabriele FRASCA
2007-11-16 10:06:22|di lorenzo carlucci
per scrupolo ieri prima di sentire la presentazione del nuovo libro di Elisa Biagini a Roma, mi sono comprato il volume "Prime" di Frasca ed. Sossella. le mie impressioni di qui sopra sono state più o meno confermate ma mi è venuto da fare qualche riflessione in più. Frasca sta diventando ai miei occhi un caso esemplare: qui c’è davvero sostanza, c’è sensibilità (prendete il termine in tutta la sua forza, anche filosofica). perché mutilare una cosa così preziosa con l’accetta di una serialità tanto eccessiva, applicata inflessibilmente a tutti i livelli (forma, tono, argomento; verso, strofa, poesia, raccolta; serie di raccolte, opera etc.)? comincio in questo caso a pensare che per Frasca vi siano motivazioni direi quasi psicologiche oltre a quelle "ideologiche", mutuate dagli anni Settanta e Ottanta. delle prime non posso parlare ma queste ultime sono residui tossici. non potendo decidere, sospendo il giudizio e mi limito a osservazioni neutre. ma qual’è l’origine storica dell’uso della serialità in
arte? per quanto ne so io si risale alla temperie della Scuola di Francoforte o giù di lì, che già stava elaborando a livello teorico "dati" precedenti (avanguardie etc.). insomma, semplificando, conosco la serialità come istanza di critica al capitalismo. è ancora questo, in Frasca? l’effetto ai miei occhi è devastante: la forza dell’impressione che la serialità dele macro- e micro-strutture dei lavori di Frasca imprime nella mente del lettore è tale da sviare completamente l’attenzione da ogni altro aspetto del testo. il lettore deve quasi lottare per continuare a leggere. il messaggio (sia pure esso il "nulla" della poesia) è poderosamente distorto, fittamente offuscato dall’eco della serialità delle strutture. se fosse soltanto così, non ci sarebbe molto da stupirsi: un’operazione leggibile chiaramente con strumenti disponibili da settant’anni o giù di lì. ciò che mi stupisce è che nel caso di Frasca questo Juggernaut seriale-ideologico sta effettivamente schiacciando un individuo. un individuo che respira d’un respiro naturale. un individuo che patisce e agisce. non un individuo-pretesto, come altrove. per questo mi chiedo "perché?" e dubito della risposta, e dubito della domanda.
ciao a tutti,
lorenzo
Il nuovo LIBRETTO VERDE di Gabriele FRASCA
2007-11-15 11:28:52|di lorenzo
dai anche grazie a nacci per averlo pubblicato. dichiaro subito la mia ignoranza: non conosco e non leggo le opere di frasca da anni. è invece la terza o quarta volta che leggo sue prose (recenti?) sul medesimo modello di quella qui sopra. e mi chiedo: la ripetitività dello schema quali funzioni assolve? a me sembra una scelta vintage anni settanta/ottanta, robotica ("i am the robot king of the monkey things, i’m a supergenius" come dice il re dei lemuri in "madagascar") che va a rinforzare il muro di comune manierismo, il rifiuto di libertà e naturalezza. e mi sembra anche in qualche modo un peccato perché in questa gabbia disumana si sente un respiro umano dolce tenue una meditazione calma una policromia del sentire. ecco i colori: cancellati brutalmente da un atto di violenza su sé stessi. perché?
lorenzo
Il nuovo LIBRETTO VERDE di Gabriele FRASCA
2007-11-13 12:22:45|
che dire della sua scrittura di Gabriele? che è bella, si rischia la banalità, che è complessa, ricca, raffinata, piena di echi, emotiva, che ti stupisce e ti lascia senza fiato anche se, come me, conosci le sue opere e le leggi da anni. Mah. Grazie a Gabriele per averci donato un altro pezzo di sé ed a Lello per avercelo segnalato
GRAZIE
Lucia (Marinelli)
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Il nuovo LIBRETTO VERDE di Gabriele FRASCA
2007-11-16 11:24:13|di luigi
ciao lorenzo, poni delle domande serie e sicuramente potrebbe nascere una bella discussione (al di là della scrittura di frasca, perché no), se anche i nostri (absoluters) avessero voglia di partecipare. spero di provare a dire qualcosa di intelligente nei prossimi giorni (se la mente si libera da altre preoccupazioni, e tempi preoccupati), ciao, luigi