Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Jure Jakob è nato nel 1977 a Celje, in Slovenia. Si è laureato in Filosofia e Letterature Comparate alla Facoltà di Filosofia di Ljubljana e vive facendo la spola tra le due città. Poeto e critico, ha pubblicato testi in tutte le maggiori riviste letterarie slovene. Finora ha pubblicato due sillogi: Tri postaje (Tre stazioni, 2003) e Budnost (Veglia, 2006). Ha vinto il premio Zlata ptica (L’uccello d’oro) ed è stato finalista al Premio Jenko. Molte sue poesie sono pubblicate in antologie nazionali e - tradotte in varie lingue - internazionali.
L’UOMO CON LE PAROLE
Siede nella camera.
Non vuole perdere le parole.
Solo questo vorrebbe dire ancora,
che aspetta già da tanto
che qualcuno apra la porta.
Le pareti sono stanche. Quattro pareti.
Vorrebbe dire di non sapere
perché mai ci sia sulla porta la serratura
e in che direzione girino tutte le chiavi,
perché non si apre.
Perché c’è la porta.
Qualcosa gli si è conficcato in gola
e ora tossisce, dopo fuma, il fumo
si estende.
Non si vede granché.
Sempre meno.
Giocherella con la barba e fantastica
di essere vecchio e pieno di ricchi ricordi.
Dietro gli occhi gli crescono le visioni,
ma è difficile
guardare con altri occhi.
Le unghie gli s’incarniscono sempre di più.
Teme molto
che qualcuno lo guardi direttamente in faccia.
Il suo volto è sensibile,
non riesce a trovare il volto giusto.
China sempre la testa
e l’appoggia alle parole.
Si sveglia spesso,
anche quando dorme gli sembra di essere desto.
Da quando si ricorda, cerca di indovinare
chi potrebbe trovare la porta e avere la fragranza del pane.
Col tempo non cambia.
Il tempo lo interessa come movimento
intorno alle stesse cose.
Respira, poi dice di respirare
e continua a farlo.
Comunque nella camera non c’è polvere,
le superfici sono lucide e gli oggetti vivono.
Vi si è abituato, ma probabilmente non è ancora
abbastanza rassegnato.
Nessuno sostiene che ogni cosa
dovrebbe essere diversa.
Ci saranno sempre queste parole,
o altre
e anche quando qualcuno aprirà la porta
ed entrerà nella stanza,
rimarranno, inevitabili,
a metà.
*
SILENZIO IN UNA FOSCA NOTTE D’ESTATE
La luna è chiara. I cani abbaiano. Le anime sono raffreddate
anche se siamo in piena estate.
La notte è scesa lesta e completamente nuda
come una donna che apre la porta e si dirige verso il letto con
il pallido corpo opaco.
Dietro da qualche parte sento il treno che si muove,
probabilmente oltre Vič, come un pattinatore, avvolto in una pelliccia.
Le cadute sono impercettibili.
Sedendo su una sedia mi sento respirare, negli angoli
i ragni hanno disteso le loro reti come bianche tovaglie
sulla tavola della domenica. I bicchieri son rimasti semivuoti,
il vino si sta asciugando.
Non so in quale direzione dovrei essere rivolto.
Non so se mi raggiungo.
La notte è tale da non pensare alle uscite d’emergenza.
Il telefono è disinserito.
Sedere, guardare, sopportare il tempo, rassegnato e dipendente,
così il sangue circola nel corpo.
Naturalmente sento i passi che si avvicinano.
Si fa giorno, la città si risveglia, di mattina al mercato
venderanno soluzioni fresche.
Sono abituato
e taciturno.
*
L’UOMO CON LE CAMPANE
Campane.
Tirava la corda e le campane sbriciolavano il silenzio.
Le rondini stanno partendo, le città deserte si moltiplicano.
I topi ballano in sacrestia e i calici cadono per terra
e colpiscono come pallottole.
Non la smette di suonare.
Con tutto il corpo si appende alla corda.
Il corpo sale, scende, oscilla, non è più padrone di se stesso.
I muri della chiesa sono già stanchi.
L’intonaco ormai si sta screpolando, indeciso,
le fondamenta invece dormono.
C’è stato un battesimo.
Di un caldo bimbo roseo.
L’olio santo gocciolava e la fronte luccicava.
Si sono fermate perfino le campane, gravi come vegliarde,
folgorate dai ricordi.
Ma dopo.
Fuori aspettava la nebbia
e in essa le sue mani con le dita tese.
Subito ha riafferrato la corda lasciando
entrare all’interno i cani di bronzo.
Ogni intervallo è breve e veramente superfluo.
Poi il metallo riprende a slanciarsi con forza nuova
e i trapani si spingono ancora più in fondo nell’orecchio.
Assomiglia allo scandire della lancetta dei secondi.
Precisissimo.
Gira inesorabilmente nel cerchio, su e giù
e un po’ tutt’intorno.
Suona ormai fin dagli inizi.
E continuerà a suonare anche quando sulle bancarelle,
dopo la prima comunione,
i cuoricini di panpepato cominceranno a disfarsi.
*
L’UOMO CON LA MUSICA
Siedo solo.
Su una sedia, sprofondato, presente.
I suoni diffondono nella stanza una rete invisibile di lana.
Il vano è pieno zeppo di realtà.
Nella mia camera è come in un corpo.
Respiro.
Lungo il braccio del sassofono corro giù e poi guizzo scrosciante fuori
Sulla tavola si sparpaglia un sacchetto di monetine.
Le stelle sono gelide.
Scalpitare di zoccoli come suono di tamburo che trattiene a stento
e a stento rende i colpi.
Dall’altoparlante a sinistra cade la polvere,
qualcuno mi riempie i polmoni.
Il vetro è ricoperto di rugiada,
umidità, l’aria si addensa.
Le dita trasudate scivolano dai tasti neri ai bianchi
e a ritroso verso l’alto fino al collo,
sulle labbra, nella carne morbida,
dove c’è la voce.
Dopo, l’uccello si conficca nel soffitto.
Quando torna, il becco è ammaccato, ancora più bello.
La musica non si espande, fa cerchi, cade,
si rialza, i denti si frantumano.
Sono sempre più vuoto,
nelle ossa c’è il vuoto come nei lunghi corridoi,
le piastrelle sono verniciate, belle, risplendono.
In seguito talvolta scrivo.
Attendo che i miei nervi diventino tesi al massimo,
Quando si spezzano
siedo solo sulla stessa sedia.
Mi sembra che tutto questo sia disumano.
Mi sembra che così io non possa vivere più.
(traduzioni di Jolka Milič; SILENZIO IN UNA FOSCA NOTTE D’ESTATE è già apparsa su "Le Voci della Luna", novembre 2008)
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Foto di Zoran Arizanović / Un ringraziamento particolare a Michele Obit, che ha reso possibile il contatto con Jakob.
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post precedenti:
I - János Pilinszky (Ungheria)
II - Viktor Kubati (Albania)
III - Slavko Mihalić (Croazia)
IV - Mircea Dinescu (Romania)
V - Rade Šerbedžija (Croazia)
VI - Alfred Lichtenstein (Germania)
VII - Marcello Potocco (Slovenia)
VIII - Stanka Hrastelj (Slovenia)
IX - Pablo García Casado (Spagna)
X - Gonzalo Escarpa (Spagna)
XI - Juan Carlos Abril (Spagna)
XII - Ana Brnardić (Croazia)
XIII - Natalia Menéndez (Spagna)
XIV - Alberto Santamaría (Spagna)
XV - Arben Dedja (Albania)
XVI - Yolanda Castaño (Spagna)
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XVIII - Matjaž Pikalo (Slovenia)
XIX - Sookee (Germania)
XX - Leire Bilbao (Paesi Baschi)
XXI - Christian Teissl (Austria)
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