Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Per Jacopo Ramonda le sue prose brevi sono "l’equivalente letterario di un album di polaroid che ritrae dettagli, presentimenti, rivoluzioni silenziose ed eventi marginali". Non ci è dato sapere da quale testo base siano estrapolati questi "cut up"; forse tale termine, in questo caso, non è da intendersi nell’accezione "tagliare a pezzi", piuttosto in quella di "sradicare": potremmo trovarci di fronte a brani isolati di una o più epopee contemporanee di cui non conosciamo né prologo né epilogo. Meglio allora soffermarci sull’icasticità dei dettagli, su quanto v’è di condivisibile nei suoi presentimenti, sulla marginalità di eventi più o meno riscontrabili, in attesa di auspicabili rivoluzioni silenziose ma, certamente, non mute. [M.S.]
CUT UP N. 91
Quando mi hai invitato a passare da te per prendere un caffè e parlare di quello che è successo, ho tirato un sospiro di sollievo, ma ora che siamo seduti al tavolo non riesco a raggiungerti, a scavalcare la tua indifferenza. È una barriera trasparente, velata da un sottile strato di condensa e intuizioni a cui non ho accesso. C’è una calamita che attira la tua attenzione. Per tutta la sera i miei alibi rimbalzano su di te come se fossi fatta di gomma e cadono a terra, formando un mucchietto sul pavimento.
Mentre mi accompagni alla porta, alzo lo sguardo: il soffitto è una nuvola nera, carica di pioggia e presagi. Dopo averti salutata con un abbraccio, mi volto e scendo la prima rampa di scale lentamente, sentendo la porta che si richiude alle mie spalle; poi mi siedo su un gradino e ti spio dalla mia immaginazione. Sei tornata in cucina, hai aperto l’anta sotto il lavandino per prendere una paletta. Con la scopa raccogli il mucchietto che si è formato sulle piastrelle e lo versi nella stufa. Poi fai un passo indietro e ti appoggi al tavolo, soffermandoti con lo sguardo su un punto imprecisato davanti a te, prima di spegnere la luce uscendo dalla stanza.
CUT UP N. 55
Sono uscito dall’ufficio e ho guidato dritto fino a qui. Ho imboccato la strada semidisabitata in cui la casa dei miei è cresciuta rigogliosa, innaffiata dagli sputi di qualche dio minore. Sono sceso dalla macchina e mi sto avvicinando a piedi. Entro nell’alloggio. Camminando di stanza in stanza ritrovo quelle vecchie porte chiuse in se stesse, con i cardini che cigolano. Quando le aprivamo sembrava che si lamentassero, come se qualcuno stesse torcendo loro un braccio. La casa dei miei non è più cambiata, è rimasta la stessa di allora. Gli anni dei miei arresti domiciliari a cielo aperto, quando uscivo da solo o restavo chiuso in camera mia, come le foglie messe a seccare nelle pagine delle enciclopedie.
CONVERSAZIONI INDIRETTE (cut up n. 94)
G. stava parlando con F., rivolgendosi in realtà ad una terza persona, una sconosciuta seduta di fianco a loro al bancone. G. tentava di pilotare la conversazione con F. verso argomenti che gli dessero l’opportunità di esprimere quelle che immaginava essere le opinioni giuste per farsi notare. Mentre F. si dilungava nelle sue confidenze, G. aveva colto alcuni stralci della conversazione in cui lei era impegnata e si era stupito della grande quantità di impressioni che era riuscito a raccogliere dal tono della sua voce, dalla gestualità, dal suo aspetto e dai suoi vestiti. Stava cercando di ricostruire una mappa di lei che lo aiutasse ad orientarsi tra gli indizi e ad inviarle i segnali giusti per attirare la sua attenzione. Doveva toccare un argomento che, senza rendere plateale il suo intento, funzionasse da esca e la spingesse a rivolgergli la parola per prima. Era sicuro che, se fosse riuscito a farsi notare e a catturare il suo interesse indirettamente, avrebbe tratto vantaggio dall’apparente spontaneità delle circostanze.
ENFANT PRODIGE (cut up n. 119)
Durante gli anni delle elementari, io e mio fratello minore siamo cresciuti con la sensazione di essere destinati a qualcosa di grande, ad un futuro radioso. Il nostro comportamento e le nostre parole suscitavano commenti e reazioni di vivo entusiasmo nei nostri genitori. Ricevevamo lodi sperticate, apprezzamenti sproporzionati rispetto alla nostra ordinarietà e ovviamente preferivamo crederci speciali, piuttosto che viziati. Questo atteggiamento dipendeva in massima parte dalla naturale ingenuità e dall’egocentrismo tipico dei bambini, ma era anche diretta conseguenza di quella stessa propensione genetica alla celebrazione e alla vanità che induceva i nostri genitori a considerarci speciali in quanto loro figli. I nostri temi in classe venivano letti e accolti con grande calore all’interno di quel mondo protetto e utopico che era la cerchia famigliare. Le note positive degli insegnanti venivano enfatizzate e ingigantite, mentre noi maturavamo l’idea che da grandi saremmo diventati scrittori. Inutile dire che quest’ambizione lusingava i nostri genitori, che si rispecchiavano nel nostro presunto talento molto più di quanto noi ci identificassimo in loro: da piccoli non avremmo mai pensato di ereditare il lavoro di nostro padre, una volta adulti. Stavamo crescendo con la sensazione surreale che chiunque avrebbe voluto essere al nostro posto; quella vita meravigliosa, fatta di appoggio incondizionato e approvazione continua, sembrava essere solo un assaggio di quello che il futuro ci avrebbe riservato.
CUT UP N. 31
Stavo uscendo da casa tua, da solo. Mi avevi appena lasciato, nello stesso modo in cui si dimentica una borsa semivuota sulla poltrona del cinema. C’erano dei guanti in mezzo alla strada, guanti di pelle che non erano ancora stati calpestati dalle altre macchine e avevano mantenuto la loro forma, il loro volume. Sembravano mani mozzate, mi guardavano come se fossero mani mozzate. Sembrava che qualcuno avesse perso le mani.
In quel momento ero decisamente a pezzi e, appurato che quelli non erano pezzi miei, mi chiesi di chi fossero. Imboccai la statale nella direzione che mi indicavano, senza pensare a niente in particolare. Seguivo la pista di mani, braccia, costole, interiora, polmoni persi per strada, nella speranza che mi portassero da qualche parte, o per lo meno lontano da te. Immaginavo che li avesse persi un camion carico di immondizia biologica, e non vedevo l’ora di arrivare in quella discarica umana per buttarmi via.
RAMPICANTE (cut up n. 111)
Se scegliessi di essere triste per sempre, niente mi potrebbe più scalfire. Non avrei mai più paura di aver paura. Lascio che l’apatia mi cresca addosso, come l’edera. La calma che trovo in fondo alla malinconia è il dolore più piacevole che io abbia mai provato. Dopo cena esco a fumare una sigaretta sul balcone; L. dice che di sera si sente più giù, a me invece piace guardare il cielo di notte, lo trovo deresponsabilizzante. Secondo un articolo che ho letto, alcune di queste luci provengono da stelle ormai spente. La dose massiccia di distacco che mi tiene in trappola è diventata il mio riparo; mi sono rifugiato nei miei ergastoli, finendo per affezionarmi ai miei sequestratori. È la mia sindrome di Stoccolma. Ho fermato tutti gli orologi e ho messo le preoccupazioni in stand-by. Guardo i giorni cadere uno addosso all’altro, come tessere del domino. Niente conta e mi sento al sicuro. Resto lontano. Mi immergo in apnea, torno allo stato fetale. È tutto ok, è tutto ok. Niente conta. Forse è vero: l’unica cosa insopportabile è che nulla è insopportabile. Niente conta. È tutto ok. Niente conta. Non mi resta che aspettare.
Jacopo Ramonda, nato nel 1983, scrive testi collocabili in un’area di confine tra prosa e poesia.
Le sue prose brevi sono state pubblicate su Nazione Indiana da Andrea Inglese; sulle riviste Prospektiva, La Masnada, Writers Magazine e saranno incluse in un’antologia collettiva di poesia contemporanea, in uscita per Bel-Ami Edizioni a fine settembre.
Link:
http://www.nazioneindiana.com/2012/07/09/nuove-prose-brevi/
http://www.nazioneindiana.com/2011/11/28/prose-brevi/
Nota:
L’illustrazione, ispirata alla prosa breve Cloe (cut up n. 43), è stata realizzata da Ilaria Bossa
(www.ibjames.com).
Jacopo Ramonda - Scatti Rubati
2012-10-04 10:02:14|di Nicetomeetflavio
Molto interessanti questi cut up. Dei Flash. Dei cortometraggi. Immagini giustapposte nella mente tritatutto dell’autore. Mi domando come nel processo creativo le parole vengano ’sewed up’. Il bravo chirurgo farà sì che le cicatrici siano appena percettibili.