Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

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LA SOLITUDINE DEL POETA

Articolo postato lunedì 25 febbraio 2008
da Nevio Gambula

dizione imperativa io
vorrei essere tutto, fuorché
la spiegazione del fascino dell’orrido

e stare a guardare
l’animale sgozzato nella notte, in un diluvio di buio
lasciandomi alla bianca quadratura della stanza

e si compiono gli anni a manciate,
nel cielo sinistro, senza strida
nel gran freddo, nel cieco calore

non ascolterò il gemito
le voci zitte dei morti
o questa mostra gente

e finirò incagliato nei pensieri
un annientato niente. e ho anche fame
mo proprio che son stanco, che mi svengo, io

che sbuffo come fossi in mala sacca
ogni volta è così, polvere e pena
mentre fuori la stagione trascolora

è stato un grande sogno vivere
ahi che stanchezza mi giunge adesso
che io scrivo poesie

mi smarrisco tra linee, forme, vuoti,
mi si affollano intorno per darmi conforto
tessuti con pazienza e mai disfatti,

senza emettere voce, pacifico, lugubre, inerme.
Si sente tutta la salvezza allora,
inizia anche lo sguardo il suo sforzo più acceso.

Con gli occhi serrati di luce.
Per rompere l’assedio
in una musica che ricordo le vostre danze.

È tempo di costruire, dopo i feroci incendi, sui fondi laceri
(questo bianco se lasciato non direbbe, se ci si può buttare giù qualcosa ogni
metàfora, illusion, trucco nel trucco.

dunque oltre il foglio bianco su
la giuntura (del foglio) del cuore all’arteria al femore sintattico
in irreale inerzia, né grido netto, né un sòn

Solo e pensoso e pallido e assorto vo ragionando
appunto, l’opera come maschera,
Contro la fitta boscaglia dei segni, una parete bianca.

disegnare geometrie trasgressive,
la pagina si riempie
Gli angoli della bocca della verità si smussano

se sent che ‘l ghè ‘n büs nel vöt,
sèinsa asiòun, vèrb ch’an se fa chèrna, pèrs
sul me coat de pavée.

– nìvuru –
par scurdês i fët ingarbuié e imbariégh
sbicòn, del cuor e del temp, scrit par sotsora

e in tutto questo qualcos’altro.
Lo scomporsi dei nomi.
è il passo falso, lo schermo, il binario

d’abbandoni e lupi d’ansia; ovale
nel chiudersi presente dello sguardo
g’hinn i traversinn anmô in fila schinchìgn

o di lingua fastidio tanto avverso,
la rabbia stilizzata in grida adorne, battiti
nelle vene e nel sangue. E disfare

per non lasciare nulla intentato
anche diverso fra i diversi.
Scivolo in nuove schegge di sconforto,

io non so dove sfocerà questo enorme fiume di catrame
una striscia di paesaggio che dura.
(Voce che dice di mancare)

il flauto della voce si calma qui:

NOTA
Questa odissea 1975-2005 è contraddizione dentro la pluralità, per forma di pensiero. Il transito delle linee, in rigido andamento da 1 a 64, è segnato tra i confini 73, 101, 111, 130, 143, 164, 180, 206, 230, 240, 249, 265, 277, 332, 352, 371, 398, 405, 423, 431, 441, 449, 459, 470, 498, 508,525, 551, 594, 633,658, 669, 679, 702, 721, 733, 747, 757, 770, 795, 829, 849, 859, 871, 879, 887, 902, 922, 935, 945, 958, 978, 996, 1014, 1025, 1033, 1050, 1057, 1069, 1079, 1090, 1100. Nella disfatta, dove tutto è pacificato, resta come unica forma di lotta l’oblio.

2 commenti a questo articolo

LA SOLITUDINE DEL POETA
2008-05-13 18:26:08|di nevious

Per chi ancora non l’avesse capito, ho qui rubato (e successivamente montato a caso) un verso per ogni autore presente nell’antologia “Parola plurale”, in rigido ordine di pubblicazione. I numeri della nota corrispondono alle pagine da cui ho tratto i versi. Il plagio è una forma di composizione originale. Anzi: è la composizione per eccellenza …

ng


LA SOLITUDINE DEL POETA
2008-02-28 01:06:21|di molesini

"se sent che ‘l ghè ‘n büs nel vöt,

sèinsa asiòun, vèrb ch’an se fa chèrna, pèrs

sul me coat de pavée.

– nìvuru –

par scurdês i fët ingarbuié e imbariégh

sbicòn, del cuor e del temp, scrit par sotsora"

questo cuorditesto mi ha incantata.


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