Absolute Poetry 2.0
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LE PAROLE TRA GLI UOMINI, n. 1: Umberto Saba

di Luca Baldoni

Articolo postato domenica 4 luglio 2010

Numero_1: Umberto Saba (parte I: 1900-1934)



NOTA: gli autori dell’antologia vengono presentati cronologicamente per anno di nascita. Le raccolte dalle quali sono tratti i testi appaiono in ordine cronologico di pubblicazione. Qualora però le raccolte contengano testi di anni molto precedenti a quello di pubblicazione, si è deciso di inserire le poesie alla corretta altezza cronologica, segnalando in parentesi la data di pubblicazione della raccolta e quella effettiva di redazione dei testi.


Tutti sono al corrente della (omo)(bi)sessualità di Saba, eppure sono ancora molto forti i condizionamenti che pesano su un’analisi spassionata di questo aspetto dell’opera e della personalità del poeta. L’attenzione della critica si è concentrata soprattutto su Ernesto, dove l’elemento (omo)sessuale è praticamente sbattuto in faccia al lettore, mentre quasi nessuno si è occupato delle ampie zone omoerotiche affioranti con diverse modalità nelle varie parti del Canzoniere.

Come è risaputo il Canzoniere è strutturato, piuttosto che come un contenitore di raccolte poetiche, come una sorta di romanzo in versi – o meglio, seguendo le indicazioni di Brugnolo, una mitobiografia – a carattere realistico-narrativo-psicologico. Ogni nucleo psicologico importante viene dunque ripreso a diverse altezze cronologiche e con diverse modalità che manifestano lo sviluppo intervenuto nel frattempo nella personalità di Saba.

Oggi presento le poesie omoerotiche di Saba dai primi due volumi del Canzoniere (1900-1920 e 1921-1932 rispettivamente) e dalla prima raccolta del terzo volume (1934). In questa fase l’espressione dell’omosessualità, se pure chiaramente preme per manifestarsi, rimane a metà di un guado; da un lato abbondano in praticamente tutte le raccolte poesie su fanciulli che via via si cristallizzano nella splendida figura poetica del fanciullo sabiano. D’altro canto in questi testi il desiderio omoerotico è sublimato; Saba ci appare come osservatore, e nulla nel testo ci induce a pensare che con questi ragazzi egli abbia/abbia avuto effettivamente dei rapporti. Riassume ottimamente Jattoni: “Ma le reticenze di carattere prettamente psicologico-culturali esistono, e pertanto la confessione omosessuale viene relegata nelle allusioni ambigue di certi ritratti di giovinetti, le viene cioè permesso di esistere poeticamente, ma solo attraverso vagheggiamenti classici della bellezza dell’eromenos.” (Massimiliano Jattoni, Gli umani amori. La tematica omoerotica nell’opera di Umberto Saba, “The Italianist”, 24, 2004, p. 32.)

La maggior parte delle poesie che presento oggi appartengono a questo corpus che alla chiara ispirazione omoerotica unisce una reticenza che fa sì che la vera natura dei trasporti di Saba per questi adolescenti rimanga comunque vaga, oggettivata nella figura del giovane piuttosto che espressa soggettivamente. Fa eccezione il sonetto VI dalla raccolta Autobiografia, nella quale Saba ripercorre in forma compressa gli eventi fondamentali della propria vita. Ecco che qui abbiamo la prima candida, diretta ammissione, di un amore per un compagno di scuola. È una fase di evidente presa di coscienza, se è vero che nello stesso anno (1924) Saba pubblicherà nella raccolta I prigioni due poesie su Oreste e Pilade le quali, da una prospettiva più mediata e meno confessionale, rielaborano le passioni amorose maschili del periodo dell’adolescenza e della pubertà (per la lettura in chiave omoerotica del mito di Oreste in Saba rimando al mio articolo segnalato nella Numero_0).
L’episodio di liberazione del 1924 avrà un impatto psicologicamente profondo ma esiti all’apparenza circoscritti. Ancora dieci anni dopo, all’inizio del III volume del Canzoniere, Saba riprende il modulo delle poesie su fanciulli come l’aveva praticato in precedenza, con l’unica eccezione di una minor tasso narrativo e di una maggiore icasticità probabilmente ricollegabili all’influenza del poeta/amico Sandro Penna.
L. B.


da Poesie dell’adolescenza e giovanili (1921, testi del 1900-1903)

GLAUCO

Glauco, un fanciullo dalla chioma bionda,
dal bel vestito di marinaretto,
e dall’occhio sereno, con gioconda
voce mi disse, nel natio dialetto:

Umberto, ma perché senza un diletto
tu consumi la vita, e par nasconda
un dolore o un mistero ogni tuo detto?
Perché non vieni con me sulla sponda

del mare, che in sue azzurre onde c’invita?
Qual è il pensiero che non dici, ascoso,
e che da noi, così a un tratto, t’invola?

Tu non sai come sia dolce la vita
agli amici che fuggi, e come vola
a me il mio tempo, allegro e immaginoso.



da Versi militari (in Poesie, 1911)


IN CORTILE

In cortile quei due stavan soletti.
Era l’alba con venti umidi e freschi.
Mi piaceva guardar sui fanciulleschi
volti il cupo turchino dei berretti;

quando l’un l’altro, dopo due sgambetti,
fece presentat’arm colla ramazza.
Seguì una lotta ad una corsa pazza,
colle schiene cozzarono e coi petti.

Mi videro, e Dio sa quale capriccio
sospinse a me quei due giovani cani.
Con molti “Te la sgugni” e “Me la spiccio”,
motteggiando, mi presero le mani.
Ed io sorrisi, ché ai piccoli snelli
corpi, agli atti parevano gemelli.



da Con i miei occhi (1912)


IL GIOVANETTO

A mezza estate su noi si riversa
la bora, e soffia nell’aperto prato
dove giochi, ed il florido incarnato
del viso e le tue gambe nude sferza.

Tu stai sul prato come un dio in esiglio
sta sulla terra. E, chi ti ammiri, l’occhio
non abbassi, lo guardi con fierezza,
come un nemico, in volto;
mentre al compagno nella finta guerra
parli sommesso e ridere t’ascolto.
La guerra è intorno ad una palla enorme,
che si lancia col piede;
ed il rado passante, ecco, ti vede
svolgere in essa le tue snelle forme.
Scende intanto la sera, e tinge di rosa
le nubi, e a quanto del tuo corpo è ignudo
fugacemente intona il suo colore.

La sua bellezza con la tua si sposa;
e una malinconia quasi amorosa
mi distilla nel cuore.



IL FANCIULLO
Coi miei occhi non mai sazi di luce,
tutto, nel letto, il lungo estivo giorno
rivivo; e d’un fanciullo oggi è il ricordo
che a non chiuderli ancora mi seduce.

Come d’un balzo arrovesciata preda,
nell’ora che più l’uomo affretta il passo,
di sé ingombrava un angolo di via.
Non cercava al suo gioco compagnia;
ed il suo gioco era trarre dal sasso
schegge e scintille a colpi di scalpello.
Io pensavo Alcibiade monello,
che in altro tempo e più gentil contrada,
non guarda se di lì altri lo scacci,
non teme il carrettiere con la frusta
alzata contro i suoi nudi polpacci;
ma si getta bocconi nella strada,
e ride, ed i cavalli fa impennare.
Senza un grido la folla il suo daffare
lascia, e par solo quel periglio veda.
Il bel fanciullo la sua gloria gusta.

Nel chiaro giorno, se ho vagato assai,
poco rinvenni più fraterno e grato
d’un fanciullo, nei cui gesti ho ascoltato
i miei pensieri reconditi e gai.



da Autobiografia (1924)


6

Ebbi allora un amico; a lui scrivevo
lunghe lettere come ad una sposa.
Per esse appresi che una grazia avevo,
e a tutti ancor, fuor che a noi due, nascosa.

Dolci e saggi consigli io gli porgevo,
e doni a tanta amicizia amorosa.
Sulle sue gote di fanciul vedevo
l’aurora in cielo dipinta di rosa.

Su quelle care chiome avrei voluto
por di mia mano l’alloro una sera
di gloria, e dir: Questo è l’amico mio.

Fede il destino a lui non ha tenuto,
o forse quale mi apparve non era.
Egli era bello e lieto come un dio.



da Parole (1934)


FANCIULLI ALLO STADIO

Galletto
è alla voce il fanciullo; estrosi amori
con quella, e crucci, acutamente incide.

Ai confini del campo una bandiera
sventola solitaria su un muretto.
Su quello alzati, nei riposi, a gara
cari nomi lanciavano i fanciulli,
ad uno ad uno, come frecce. Vive
in me l’immagine lieta; a un ricordo
si sposa – a sera – dei miei giorni imberbi.

Odiosi di tanto eran superbi
passavano là sotto i giocatori.
Tutto vedevano, e non quegli acerbi.



“FRUTTA ERBAGGI”

Erbe, frutta, colori della bella
stagione. Poche ceste ove alla sete
si rivelano dolci polpe crude.

Entra un fanciullo colle gambe nude,
imperioso, fugge via.
S’oscura
l’umile botteguccia, invecchia come
una madre.
Di fuori egli nel sole
si allontana, con l’ombra sua, leggero.


***

LE PAROLE TRA GLI UOMINI - L’omosessualità e la poesia italiana moderna e contemporanea, n. 0: QUI.

2 commenti a questo articolo

LE PAROLE TRA GLI UOMINI, n. 1: Umberto Saba
2010-07-04 15:50:10|di Luca Baldoni

Ci ritroviamo dopo circa un mese a causa della mole di lavoro che è gravata sugli organizzatori del sito in questo periodo di esordio. Da ora in poi ci aspettiamo un ritmo più regolare, anche per non perdere il filo della conversazione che si è avviata.

Ringrazio di tutto cuore i visitatori della pagina LE PAROLE TRA GLI UOMINI e chi è direttamente intervenuto al dibattito. Dai risultati diffusi ieri la nostra pagina risulta la più visitata del sito! Segno, a mio avviso, che l’argomento e il modo in cui è stato proposto non interessa solo la minoranza gay ma ha attratto e incuriosito molte altre persone.

Questa settimana è l’inizio vero e proprio del nostro viaggio poetico con la poesia di Saba di cui ci occuperemo anche nella prossima puntata. A questo proposito mi sento di "rilanciare" un quesito a cui ho frettolosamente risposto nel numero 0. Come mai iniziare con Saba? E ad esempio non con Pascoli o D’Annunzio? La questione è importante, e nel corso del lavoro sono arrivato a maturare una posizione diversa da quella di Franco Buffoni, che mi incoraggiava con forza ha iniziare con Pascoli. Se Franco è in ascolto forse può darci le sue ragioni, ragioni che ritengo a loro modo valide e meritevoli di una riflessione comune?

Per finire ancora grazie a tutti/e e STAY TUNED!

LUCA


La comprensione attraverso la sistemazione
2010-07-04 15:25:29|di Pietro Roversi

Lidea di "antologia" ci e’ familiare, ma mai come in questo caso ho capito che dalla sistemazione, dalla scelta operata con una comprensione, scaturisce una comprensione assai migliore. I sentimenti sommersi sopraffanno. Queste poesie sono testimonianza che la repressione sessuale (personale, sociale) va a braccetto colla nevrosi, mentre l’adesione alla propria sessualita’ puo’ spalancare le porte alla salute. E: che stranamente la poesia non appartiene ne’ alla salute ne’ alla malattia. Leggero’ i prossimi numeri con rinnovato interesse.


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