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LE PAROLE TRA GLI UOMINI, n. 10: BONA

di Luca Baldoni

Articolo postato martedì 15 febbraio 2011

Numero_10: BONA


Gian Piero Bona, torinese, è autore di romanzi e racconti, testi teatrali e raccolte poetiche. Sin dall’esordio poetico nel 1955 Bona affronta il tema dell’omosessualità in maniera molto coraggiosa per l’epoca, mentre lo stesso percorso viene articolato con maggiore gradualità sul versante della prosa (si veda Gnerre, pp. 321-23 in particolare). Considerando che la sua ultima raccolta risale al 2005, Bona è uno dei pochi poeti italiani che possa vantare una produzione omoerotica di alto livello che attraversa mezzo secolo.
L’immaginario di Bona è intriso di riferimenti alla classicità, e in particolare all’ideale atletico rivissuto da un punto di vista omo, come si evince ad es. dalla poesia dedicata alla famosa statuaria dello Stadio dei Marmi a Roma. Ciò detto, tali riferimenti intensamente vissuti vengono calati in un contesto contemporaneo, che è poi quello dell’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta, da alcuni vista come epoca chiusa e discriminatoria, da altri, tra cui Bona stesso, celebrata come una fase di grande “ingenuità” e libertà sessuale precedente all’affermazione dei valori borghesi e consumistici. L’Italia pre-industriale risulta dunque essere equivalente all’antica Grecia e a Roma benché, oltre agli atleti, le altre figure erotiche che vi spiccano siano marinai e poliziotti. Bona celebra questo mondo per le stesse ragioni di Pasolini, quindi per la facilità d’incontro con uomini eterosessuali in cui si incarna un certo ideale di mascolinità. A differenza di Pasolini però Bona non è minimamente interessato alla Storia, e la sua poetica si fonda su una celebrazione pagana di Eros/Priapo che rifiuta tanto la repressione sessuale quanto qualunque discorso incentrato sull’identità sessuale e la rivendicazione. Da qui il suo mantenersi, sino alla prove più recenti, aristocraticamente e polemicamente al di sopra delle istanze di cambiamento affermatesi dal ’68 in poi:

Preti, obbiettori, pacifisti,
al vostro sole furon visti
meno verità e meno amore
che all’ombra dei sergenti in fiore.

L. B.


Gian Piero BONA (1926)





Da I giorni delusi (1955)



Ora i ragazzi tirano la gonna
alle guardie del re, e nei frutteti
sognano le fianciulline dell’Attica.

Stefanos marinaio guardacoste
mi scrive lettere e fa il corridore.
Si allena di mattino sulla spiaggia.

Non parlo greco come Adriano
imperatore, e fa sole sul varco
di Corinto. È il suo paese. Qui
casto è il mare e frequentato da uccelli.

Lui è felice e io vorrei morire.



Da Eros Anteros, (1962; 1965 seconda edizione accresciuta)



L’ITALIA NASCOSTA


Ma conosci nelle sere d’estate
la provincia amorosa dell’Italia?
Al canto dei grilli i carabinieri
escono e intorno alle latrine volano
le lucciole. I ragazzi si slacciano
le cinture e le vallate suonano.

Sopra i monti ai campeggi militari
i torrenti portano acque felici.
Con un candido lino le pattuglie
vanno a lavarsi le spalle e l’ardente
virilità. È commovente. Papaveri,
fiordalisi, margherite li vestono.

Se qualcuno li incontra per la strada
essi offrono il loro seme colore
della luna. Ma che vuoi giudicare?
Qui Venere è immensa.


IL CALCIATORE DI ANZIO


Tu, il più bravo, giochi in riva al mare
e presenze invisibili ti guardano.
Sopra l’onda dei tuoi occhi ritornano
le flotte imperiali e nel tuo piede
i bramosi cavalli dei Volsci corrono.
Così si fanno eterne le vicende,
ragazzo, così forse la nostra…

Il vento rialza la palla. Qui sveglio
nelle sue ville Nerone discende
ad abbracciarti. All’amore e alla gloria
non credere. Come una barca lieve
passerà la tua bellezza e la mia
poesia, passerà anche la terra
e nessuno saprà chi siamo stati.


***


Ora ogni esperienza è stata fatta.
Mi parlate di lecito e non lecito?
Ma conoscete la natura umana?
Materia, intelligenza, soffio, anima,
vita? Ma conosciamo noi stessi?
Chi siamo? Chi eravamo? Chi saremo?
I tuoi amori sono dunque inspiegabili?
Che vasta luna, che notte infinita,
che immensità, che vuoto, che mistero…


***


(ai parenti)


Poiché uno zio avevo bersagliere
in Crimea, uno gesuita cassiere
in Tanganica e parenti perversi,
nella penna ho trovato questi versi:


- Si tengono due timidi soldati
per mano, con i mignoli intrecciati.
Nelle chiese non ho udito, fratello,
un sermone d’amore tanto bello.





Da La vergogna (1978)


La magica latrina
annuncia in riva al mare
con i suoi soni di ocarina
la leva militare.

Qual è la verità?
Guerra morte progresso?
Fiorisce il loro sesso
come mille anni fa.


***


Il suo bell’organo rinnega
contro i cieli si fa una sega.

Idiota! Gli astri son fecondi,
i mari, gli infiniti e i mondi.

Ipocrisia partorisce
dignità e in follia finisce.

Come un crisantemo ha polluto
il suo bell’organo venduto.


***


L’amor mio è il bel mulo da parata
che escrementa in un regale palazzo;
è il ciuco trombettiere che raglia

nell’aurora di una messa cantata;
è il brigadiere che si lava il mazzo
nel battistero blu, con la medaglia

d’oro; è la vacca al lume di candela
munta male da un angelo fuggiasco;
è il guardacoste abbeverato al sogno

solcato da una testicola vela;
è il camionista ubriaco col fiasco
dell’ambrosia; è il ladro nel suo bisogno

accucciato; è la fava tempestosa
dalla patta sbottonata sul mare
che un picchetto, con l’elmetto stempiato,

ritira nella pelle di mimosa,
saetta nel suo nembo; è il masturbare
dei numi sulla storia e sopra il fato.

L’amor mio è quest’immensa scemenza
che apre le porte della conoscenza.


***


Preti, obbiettori, pacifisti,
al vostro sole furon visti
meno verità e meno amore
che all’ombra dei sergenti in fiore.





Da Sonetti maestosi e sentimentali (1983)


XXIII - L’AMICO


Quando nel mio crepuscolo carnale
il contrappunto del cirro lebbroso,
modulando sul vascello virtuoso
dei monti, gonfierà il madrigale

stracciato delle vele e dalla salma
del mio canto terreno, sull’altare
aperto dell’operaia tua palma,
con le sue penne di pioppo lunare

s’involerà la tortora affannosa
dell’anima, signore contadino!
rimbocca sul tuo òmero marino

la camicia del mio trapasso e posa
la mia vita sul tuo braccio: una storia
di fieno falciato dalla tua gloria.





Da Gli ospiti nascosti (1990)



Un’ombra non umana
muove paura tra le foglie.
Mi abita un crudele cavaliere.
I capelli dal vento sgomentati
mi annega lo straniero
e sul livido stagno ondeggia
la salma della mia gioventù.

Tu mi guarivi, amato,
illuminando vivido il prodigio.
Ora sei morto. Che fare?
Quanto sangue al tramonto
ha perduto la mia nube.


***


Se indietreggio nel buio
e il lume volto alle mie spalle
il tuo viso m’appare. M’annienti
e la tela del vero si strappa.
Ma nel ricordo disteso sul filo
si sono asciugati i tuoi detti
e dalla vetta raggiunta
franano tutti i miei sensi.

O sepolto,
esci dalla putrida terra.
Nella fitta boscaglia, dove
colgo la tua lezione di miele,
la tua morte sussurra
alla brezza soave di un labbro.
A te, così, mi do interamente.





Da Canzonette priapee (2005)


ADOLESCENZA


Nella verde oscurità
di una braghetta
canta nascosto
amore

Solo

come nel folto del ramo
un rosignolo


LA NOTTE


Belle le sere
in cui i ragazzi pisciano alle stelle.

Sembrano alberi col potere
della grazie e così umani
quando si guardano il fiore tra le mani.

La notte allora è religione
che splende chiara sul garzone
che la fotte


IL MERLETTAIO


Un bersagliere di ellenico mare,
superdotato, in filo dorato
fa l’uncinetto nella sala fanfare.

Centrini e scialletti di lamé
escono dalle sue dita sorelle
come doni di amore per te.

O belle, volete essere ammirate?
Imparate come nei calli si sposa
soavità guerriera e mollezza vigorosa.


LA RETATA


Brillano nelle patrie galere
le stellette di un carabiniere.
Suonano come liuti
contro la sua coscia le manette.

Un fringuello
gli cinguetta nelle brache
e un cielo per evasi
è il suo nero mantello.

Se ho voglia di chi m’imprigiona
Che “amor nella mente mi ragiona”?


FORO ITALICO


Non ho visto negli sportivi di Tiberio
mai tanta nerchia e tanto desiderio.

Un campione spogliava il fidanzato
e scoppiante era la sua virilità.

Marziale gli aveva tatuato
sulla chiappa un cuore trapassato.

Mio cuore, come gli somigli a volte.
O! frecce inique molte e molte e molte…


IL LAMENTO DI PRIAPO


Tutto è finito. L’orto è spogliato,
vuoto il porcile, il mio batacchio bruciato.

Oh la gioia con cui vi inculavo
nei freschi vespasiani che amavo!

Ora non fate che infilarmi dei guanti
quando vi fotto nei trivi ruspanti.

L’ Angelo Irato Della Storia
mi ha ucciso. Per sempre vi ho inciso
nel cuore il mio disperato promemoria.

****


LE PAROLE TRA GLI UOMINI - L’omosessualità e la poesia italiana moderna e contemporanea
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2 commenti a questo articolo

LE PAROLE TRA GLI UOMINI, n. 10: BONA
2011-02-20 13:51:55|di Luca Baldoni

Da quel che mi risulta l’unico libro di poesia di Bona facilmente recuperabile sono le "Canzonette priapee". I volumi precedenti, anche se editi da Einaudi o Mondadori, sono introvabili. Consiglio di controllare regolarmente Maremagnum dove ogni tanto appaiono.


LE PAROLE TRA GLI UOMINI, n. 10: BONA
2011-02-19 15:43:37|di Pietro Roversi

Che spettacolo! Difficile comprare i suoi libri in rete pero’: che sia un caso?


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