Marsupio di parole, suoni e segni.

Pubblicazione quadrimestrale di 36 pagine rilegate a punto metallico con cd audio, dedicata alla poesia e alla musica per poesia, divisa in due parti, una a stampa e una sonora.


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a cura di Marianna Marrucci
a cura di Marianna Marrucci

SOMMARIO

1 La cangura nasce dal suo balzo
Lello Voce

2 Una canzone e una poesia
Roberto Roversi

4 Poesie di Osvaldo Lamborghini
Traduzione e cura di Massimo Rizzante

6 Letteratura? No, grazie
Gabriele Frasca

10 Per una retroguardia orale visionaria et danzante
Luigi Cinque

14 Ritmi e sensi che le canzoni disseppelliscono
Paolo Giovannetti

18 Comix poetry
Il gioco dei fumetti - Il viaggio
Claudio Calia

20 La voce di Antonio Porta
Marianna Marrucci

22 Per Demetrio (La laringe del mondo)
Maria Pia De Vito

26 Conversazione
Stefano Tassinari intervista Ares Tavolazzi

28 Una nuova vocalità
Mario Gamba

30 Con i Têtes de Bois, “sulla riva delle cose reali”
Stefano La Via

33 Non sono solo canzonette
Treno
Massimo Arcangeli

34 P.S.
In rete
Sergio Garau

35 Bimbalzi
Ventuno marzo
Chiara Carminati

36 Il verso della Cangura


canGura è a cura di:
Lello Voce
Luca Sossella
Gabriele Frasca
Redazione:
Franco Berardi, Claudio Calia,
Chiara Carminati, Luigi Cinque,
Paolo Gervasi, Stefano La Via,
Canio Loguercio, Alessandra Maiarelli,
Marianna Marrucci, Luigi Nacci,
Frank Nemola, Gianmaria Nerli,
Andrea Satta.
Estratto

Contenerla, la poesia! Non basta nemmeno il congegno che avete fra le mani, che già di suo, con tanto di marsupio che lo fa filare nell’altro senso, e il punto d’evanescenza telematica che di sensi ne irretisce un trio altrove, si sottrae alla compostezza delle catalogazioni. Già: come collocarla questa cosa qui, questa che al momento vi tiene e avete sotto tiro, nelle sezioni di una biblioteca, o negli scaffali di una libreria? Dove esporla, o stoccarla, se il suo supporto audio squinterna il fascicolo, e il suo punto di fuga è di per sé inaccoglibile? Senza contare che questa cosa incollocabile, perché trifida sul nascere, dovrebbe come se non bastasse contenere qualcosa che di suo, e praticamente da sempre, ben prima che ce lo ricordasse col suo proto-rap Raimbaut d’Aurenga allo scoccare del XIII secolo, beh proprio non si sa cos’è che sia. Finanche il contenuto della parola che la designa, sfugge nella poesia senza contenersi. Scomodassimo l’etimo, a cavarcela con poco, ne viene fuori un fare. Sì, ma un fare che?

Un senso desalato dai suoi suoni che consenta, come nell’epos, di frequentare a tempo il mondo d’ombre che avrebbe fondato, e a ogni nuova convocazione rifonda, la comunità? Un ritornello insensato nella sua insistenza, come nella lirica, che vale solo la sfacciata protesta di un transito nel mondo, stagliandosi se mai sul consueto scontro generazionale? O che cos’altro? “No sai que s’es” (non so cos’è), si lamentava per l’appunto il conte d’Orange ostentando l’atto di sfondare i limiti versali della canso nel ribollire di una prosa ritmata, alla faccia di lire, cetre, campanelli, chitarre saracene e quant’altro. E se persino la gabbia musicale a lei connaturata parrebbe non inguainarla tutta, dove mai si contiene, allora, la poesia? Nella pagina meno che altrove, ovviamente; eppure a crocifiggervela se ne fanno ancora di sforzi, non è così? Fogli e fogli di apparati, avantesti, rubriche, note, rimandi, e se tutto manca, ed è già un bel sollievo, almeno l’imbragatura di una collana. Che se ne stia buona lì, alla catena, e pace: a sorvegliarla nel suo candido monumento la civiltà del libro ha fatto in tempo a mettervi un intero corpo di guardia, ma per lo più, al solito, in uno stato di narcosi permanente. Al punto che al primo di passaggio disposto a tirarle fuori la lingua, neanche si saprebbe rigo su rigo come ostacolargli il passo. È una questione, si sa, che si ripropone allo scoccare di ogni verso: se la poesia nemmeno si contiene, chi la calza in quel solo momento, e ne è interprete, ne resta il tempo giusto incontenibile, quanto meno dalla pagina, e dunque dalla messa in stato con cui questa ha silenziato il mondo. Qualcuno ci fa i sogni a occhi aperti, coi mugugni che la poesia continua malgrado tutto a strappare al foglio ammutolito, e se ne sta buono lì a fremere sul posto, e tutti si tira un bel sospiro di sollievo; qualcun altro ci mette invece in questione la vita, e schizza via dai sogni con la messa in forma nientemeno di uno stato di allerta. Dove sono? Chi mi parla? Fa comunque sempre troppo fracasso, la poesia, per restarsene, come tanta prosa assuefatta al remoto ronzio di una teca, nel dormiveglia della lettura submissa voce. Già, e perché?

- Continua su canGura n. 1

Residante
L’infelicissima-coscienza
(Frasca, Sacchi, Bruno) 14’57”
Nino Bruno: chitarra, organo, tastiere, batteria, basso, voce.
Gabriele Frasca: voce, HAL emulator.
Massimiliano Sacchi: clarinetti, testiere, nastri, sassofoni.
Con:
Gaia Borrelli, Dana Di Martino, Matilde Sacchi: voci bianche.
Remix (2006) da L’infelice-coscienza, dal cd Il fronte interno, Luca Sossella Editore, 2003.
Prodotto da ResiDante.
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