Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

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La Macchia Nera indelebile del Web n°02

Sebastiano Aglieco - Visione del mondo/Scambio di esperienza? La sfida in un questionario spedito ai blogger

Articolo postato domenica 3 dicembre 2006
da Christian Sinicco

Christian Sinicco (CS): Parlaci dei siti e dei blog dove operi, delle loro caratteristiche, dei problemi inerenti alla fruibilità e delle statistiche, del tuo "programmarti" il lavoro. Se lo spazio che utilizzi è una tua creazione, o se è frutto di una tua idea o di un’idea condivisa con altre persone, parlaci delle tappe che hanno portato alla sua nascita e della forma che hanno preso le successive collaborazioni con altri artisti o critici.

Sebastiano Aglieco (SA): Attualmente lavoro su RADICI DELLE ISOLE, un blog creato dopo vari esperimenti in cui cercavo di rendermi conto delle urgenze, ma anche delle mie aspettative. A questo spazio sono poi correlate altre esperienze più personali, in funzione di pubblicazione di miei inediti, ma anche in rapporto a un discorso, in qualche modo, metatestuale, di riflessione sul senso della propria scrittura e dello scrivere in seno a una Comunità. “Radici delle isole” è un tentativo di indagine sulle differenze e sui legami fra le scritture. Molto spazio è dato alle recensioni; vuoi perché credo ancora alla centralità del libro, vuoi perché ritengo la lettura come un esercizio creativo importante e insostituibile. Il libro, di per sé, non è uno spazio finito. Esso chiama alla lettura e alla parola che lo ricrea, nella stessa funzione che gli antichi facevano dei miti, che infatti conosciamo in molte varianti. Credo poi fermamente nell’idea di una Comunità di anime, fra etica e fruizione delle esperienze; e nella ricerca di legami profondi, da indagare in una mappa di riferimento nel tempo e nello spazio. So di essere fuori luogo dicendo questo, ma sono un insegnante, e credo nella centralità dei fatti, della technè, intesa come carne del pensiero, deperibile, consumabile, vendibile. Partito come esperienza soggettiva, impegnativa per il tipo di lavoro che vi viene svolto - recensioni, contatto a tu per tu con il libro - ultimamente “Radici delle isole” comincia a incontrare l’interesse di amici poeti e critici - ne ha parlato Stefano Guglielmin su Tellusfolio. Il lavoro che vi conduco, dicevo, è molto duro. Presuppone una lettura frontale, senza fronzoli, né interferenze. Una lettura “barbara”, scomposta anche, decentrata se necessaria, che non tenga necessariamente conto dell’humus, del contesto, ma frontale, a tu per tu. Lettura in ascolto. Non scrivo dei libri perché te li manda l’amico di turno ma perché vanno letti, semplicemente, e scaraventati contro la tua personale esperienza del mondo. Si sta con i libri per giorni, settimane. Bisogna aspettare. A un certo punti essi cominciano a parlarti. Paragono questo atteggiamento alla cura amorosa di madre Teresa di Calcutta verso il corpo dei martiri: togliere i vermi, far splendere, toccarsi. Ma la cura non è merce di scambio; per tutti o per nessuno.

CS: Hai mai fatto un’inferenza sui visitatori del tuo sito? Chi credi siano, che tipologie di utenti? In che rapporti sei con i tuoi utenti? Quali argomenti maggiormente li interessano? Quali, in sostanza, le correlazioni tra la rinascita della poesia e la diffusione dell’informazione su internet?

SA: In origine il blog nasce come diario privato. I poeti hanno scoperto che se ne poteva fare un uso un po’ diverso, soprattutto, credo, complementare alle riviste letterarie che, pur mantenendo il loro fascino, non riescono a rispondere alle esigenze, sempre più pressanti ma anche complesse, dei lettori e dei poeti: letture, recensioni, rimandi, etc... Inoltre il blog permette una conversazione a “salotto”, quindi libera, e molto spesso da sottoporre a censura. I progetti sulla poesia si sono quindi innestati nell’utilizzo di un mezzo che, conforme alla sua natura, ha provocato una specie di evoluzione della specie. I visitatori dei blog, in genere, sono alquanto selettivi; visitano gli spazi di persone che conoscono; richiedono una certa frivolezza, anche una certa superficialità, mi pare, nei testi e nei commenti. Sono spesso come bambini, incapaci di guardare a un centimetro dal proprio naso. Spesso giocano su una certa furbizia, che è quella di stare dalla parte di quelli che sono di più, di quelli che hanno più voce in capitolo. Non mi interessa, fondamentalmente, conoscerli. Spesso, poi, il padrone di casa risponde con una sorta di “salamelecchi” appiccicoso, ed ecco generarsi un cortocircuito, che è il vero rischio di un provincialismo nella Rete. Il mio blog, per esempio, credo che soffra di una sua “serietà” a tutti i costi, che non lascia spazio ai convenevoli. Non è un blog in senso stretto, ma quasi una rivista. Inoltre ci sono ancora molti letterati, critici e poeti, che non amano utilizzare il web; lo ritengono culturalmente poco stimolante ma è un male perché credo che il nostro compito consista nel cercare di diffondere i valori della letteratura nel contatto fra le persone che la fanno, i critici, i lettori. Se crediamo ancora alla letteratura come a una opportunità per parlare del mondo.

CS: Parlaci dei siti che visiti di più, e dei blog sia collettivi che individuali. Quali i migliori secondo te e perché? Quale critica o pensiero, metodi di lavoro, emergono dall’impegno dei redattori degli altri spazi? Ti sei scambiato delle informazioni utili per il tuo lavoro? Hai collaborato con altri redattori? (Se sì spiegaci come, e se hai interesse in futuro a collaborare con altri redattori ipotizza quello che andresti a proporre e come lo realizzeresti).

SA: Ormai esiste in rete una piccola comunità di persone che si occupano di letteratura e di poesia, nello specifico. Ognuno ha una propria visuale, una propria poetica che generalmente coincide, se trattasi di artisti, con la propria visione del mondo. Ma è bene che sia così, sarebbe grave se si registrasse un appiattimento, che è sempre possibile, però, se si crea un blog solamente per logiche di piccolo potere e di enumerazione. I blog che segnalo credo facciano parte ormai di una specie di comunità, anche se non tutti così assiduamente frequentati. Credo sia necessario scambiarsi esperienza. Quello che lamento è una forte settorialità nella frequentazione che rischia, mi sembra, la creazione di salotti buoni e meno buoni. Il problema invece riguarda la nascita di una rete di differenze, di un arcipelago di isole, per stare nell’immagine del lavoro che sto facendo. Esistono blog che sono dei veri e propri diari, a volte fatti bene, con l’intento del tutto legittimo, di una onesta vetrina rispetto alla propria opera letteraria. Per esempio “Cosmo Blues Hotel”, del poeta Stefano Lorefice. Ma aggiungerei anche “La distanza immedicata” di Stefano Guglielmin. Altri sono una via di mezzo tra diario personale e annotazioni sui libri. Di questa natura mi sembrano, per esempio, “Davoli vostri”, di Filippo Davoli; “Radio Londra”, di Andrea Margiotta; “Sguardo di transito” di Franco Romanò; “Blanc de ta nuc” di Stefano Guglielmin; Il blog di Giovanni Nuscis; “Nel verso giusto”, del critico e scrittore Nicola Vacca; “Enzo blog”, di Vincenzo Della Mea, che si è segnalato per una delle iniziative più interessanti, anche tecnicamente, della Rete; e cioè “PoeCast”, un aggregatore di blog di poesia, notizie e altro. Esistono poi dei blog che hanno l’aspetto di una rivista letteraria e che quindi, in genere, professano una propria poetica, un proprio manifesto di intenti: “l’(a)bile traccia”, del poeta e giornalista Pietro Pancamo; la recente “L’attenzione”; “Adiacenze”, una recente rivista dell’associazione Milanocosa; “L’Ulisse”, di Lietocolle. Vico Acitillo, di Emilio Piccolo e Antonio Spagnolo; “Dissidenze”, di Giampiero Marano, molto seria, molto poco propensa alla condiscendenza. Chiaramente ce ne sono molte altre, immaginate come vetrine della rivista tradizionale, cartacea. E’ un elenco fatto a caso, molto incompleto. Sul versante della critica pura abbiamo poi i due blog di Massimo Sannelli: “Microcritica” e “Sequenze”; ma anche “Fuoricasa” di Stefano Massari mi sembra orientato in tal senso. Esistono poi degli spazi più liberi, nel senso che si occupano di letteratura ma non solo e professano a volte l’intento di un progetto culturale più ampio, che investa anche la poesia: per esempio “La poesia e lo spirito”, di Fabrizio Centofanti. I più conosciuti sono sicuramente “Universopoesia”, di Matteo Fantuzzi, che recentemente ha segnalato in suo intervento la necessità di rivedere la funzione dei blog di poesia; “La costruzione del verso” di Gianfranco Fabbri e “Liberinversi” di Massimo Orgiazzi. Questi ultimi due si sono resi protagonisti di un lavoro sugli inediti e su un confronto, a presa diretta, con i lettori. Molto interessante ma non più aggiornato è un altro blog di Massimo Orgiazzi, “Delle poetiche e dei casi”, un tentativo di indagine, appunto, sulle poetiche dei singoli autori. Questa ultima esperienza a me personalmente sembra la chiave per leggere la funzione del blog in rapporto alla poesia. Essendo un diario, probabilmente la natura che più gli si addice è appunto quella di un laboratorio in atto, di una verifica dei processi, spesso misteriosi, per i quali si giunge al testo. Ma anche le interferenze che lo sviano, sempre presenti e necessarie, altrimenti un testo si configurerebbe come “la parola di un angelo”. Ma il blog ha finito per sopperire, come dicevo, alle mancanze della carta stampata. Per questo abbiamo esperienze così diverse. Questo percorso che ho tracciato è in realtà quello più semplice e più scontato, se si considera il modo, meccanico, in cui ci si passa le informazioni. Forse questo, però è sintomo di un’autoreferenzialità anche nella Rete e del rischio che le altre esperienze non possano essere messe in luce. Vedo l’autroreferenzialità come un limite umano, e un vizio perché finisce per creare criteri di lettura alquanto violenti. Faccio un piccolo esperimento: mi invento un piccolo percorso per la Sicilia , segnalando alcuni siti che non rientrano nel solito circuito. La qualità degli indirizzi è tutta da verificare e li segnalo semplicemente come spunto di indagine:

http://www.paroledisicilia.it/
http://www.siciliaweb.org/
http://ilconvivio.interfree.it/somm...
http://www.lires.altervista.org/
http://www.poetidelparco.it/

E’ chiaro che si aprono dei mondi e ci si rende conto della necessità di una trasversalità. Mi viene l’immagine della dimenticanza, la stessa che ti assale quando sfogli, per esempio il libro dei ritratti del Fayun, così vividi e umani, eppure sepolti, morti e sepolti. A mio parere, comunque, non si tratta di sbattere la testa su una mappatura a tutti i costi - cosa che ritengo improbabile - quanto piuttosto porsi il problema della verifica di una trasversalità contenutistica. In “In un gorgo di fedeltà”, dialoghi con venti poeti italiani, volume pubblicato da Il ponte del sale di Rovigo e curato da Maurizio Casagrande, esiste indubbiamente uno squilibrio nella scelta delle voci. Ma il libro non vuole la ricerca di una indagine oggettiva a tutti i costi. Quello che però risulta è la consonanza tra voci appartenenti a geografie diverse eppure somiglianti per chissà quali misteriose alchimie storiche, culturali e antropologiche. In Luciano Caniato, per esempio, ho scoperto un incredibile verso che ritrovo nella novella “Libertà” di Verga. Distanza, ma evidentemente consonanza nel conoscere e subire il tema dell’essere periferici, del contatto e del rapporto col centro del mondo. In poesia, credo, rimanga sempre la necessità di incontrare il libro che ci parla, che ci dice qualcosa. E il libro è unico. Un’indagine a tutto campo deve pervenire a queste ultime sponde: l’incontro. Non può trattarsi, dunque, semplicemente, di un’operazione sociologica. Si tratta di porsi nella dimensione del favorire la scoperta - che è incontro; della curiosità, come atteggiamento verso il mondo e le persone. In fondo, non è questo sentimento di apertura che ci si chiede verso gli immigrati? Ecco: immagino un libro come un immigrato, un estraneo che ha bisogno di accoglienza. Il nostro Sud non è la Sicilia, ma sono tutte le periferie dell’anima. Aggiungo per finire: la collaborazione mi interessa molto. Credo che ci debba essere alla base la voglia del dono, del libero scambio, senza aspettarsi nulla in cambio. Questa è, deve essere, una propensione umana. Credo, ad esempio, che il discorso generazionale sia in procinto di esaurirsi. Non si tratta più di organizzare redering fra trentenni, escludendo quelli che hanno un anno in più o in meno, - ma quanti se ne vedono ancora, e li reputo molto tristi! - ma di cominciare a dialogare con “gli altri”. E sottolineo: gli altri non sono “gli influenti”. Questo atteggiamento di apertura e di predisposizione al confronto deve cavalcare la Rete, come le riviste e i festival e le tanto odiate antologie.

CS: Che importanza riveste il dibattito culturale, anche in rete, o il pensiero critico sulla contemporaneità nella tua realtà di artista e di operatore culturale? Quali i temi che hai affrontato o i problemi che hai contribuito a risolvere? Quali le tue linee guida oggi, e le tematiche che affronteresti con urgenza?

SA: Appartengo alla cosiddetta generazione sommersa, cioè quei poeti nati a cavallo degli anni sessanta che hanno fortemente subito l’influenza dei maestri lottando per il raggiungimento di una propria autonomia, di una personale visione del mondo e dell’arte. Ma credo che questo sia anche un problema di identità molto profondo; la nostra piena adolescenza si è svolta negli anni settanta/ottanta. Quando io frequentavo il primo anno del magistrale, era di competenza di quelli del quarto anno fare le battaglie, le manifestazioni politiche; le prese di posizione. Io mi sentivo un fratellino minore. Credo che la mia generazione abbia dovuto fare pesantemente i conti con figure molto ingombranti. Probabilmente, per primo, il p/Padre. Non è solo un discorso di autobiografia: è anche un stile di presa di posizione del mondo che, credo, forse si connota nei termini di un “esserci” in sordina, nelle situazioni minori. In un nascondersi. Che non vuol dire fregarsene, ma guardare da lontano. Una delle difficoltà che incontro nella costituzione di una redazione per RADICI DELLE ISOLE, è proprio quella di un coinvolgimento dei poeti della mia età. Uno dei temi che sto cercando di affrontare - ma, come detto, nelle forme non di una presa di posizione forte, ma sibillina, tra le righe - è questo della creazione di una Comunità, non solo formale, ma in grado di far circolare le sensibità, le esperienze. La letteratura non è qualcosa di avulso dal mondo; è imparentata con le biologie, con le tecnologie. Con l’etica, oltre che con l’estetica. I mezzi sono cambiati ma rimane costante il nostro soggettivo rapporto con le cose, con le parole. Non credo agli strumenti intesi come le chiavi che aprono tutte le porte - e parlo anche di strumenti concettuali - Sono un insegnante, e so quanto deleterio strutturalismo circoli ancora nella scuola, ancora più deleterio perché inconsapevole. E so quanto questo sia deleterio per i ragazzi, i quali non vengono messi nella condizione di coltivare un amore naturale, nutrito col gioco e la sensibilità, verso la letteratura. Manca una sana critica militante sul testo, che è fattibile, perché io la faccio con i bambini della scuola elementare con risultati spesso sorprendenti. C’è troppa paccottiglia critica di cibi precotti, preconfezionati, solo da consumare. E poi bisognerebbe recuperare un rapporto col testo non necessariamente mediato dalla letteratura. Sintetizzando direi che: a me interessa una nuova pedagogia; l’operato di maestri veri; una critica militante, capace di rigenerare il libro nel contatto con il personale vissuto delle persone; l’etica delle azioni. Soprattutto quella dei poeti.

CS: Si parla spesso di migliorare la qualità dell’informazione, la comunicazione o il dibattito della poesia in rete, ma i siti non sono molto attrezzati dal punto di vista della multimedialità e sui blog - anche se ciò non accade solo su internet - prevalgono spesso linee oltranziste, si configurano lobby o gruppi di interesse. Quali i problemi della riconoscibilità sociale del poeta in internet? E, dal punto di vista sociale o sociologico, quali a tuo avviso vantaggi e svantaggi che il web ha portato alla poesia e ai poeti? Cosa infine è stato di supporto alla tua attività, anche per ciò che concerne l’autopromozione?

SA: Credo di avere risposto in parte, a questa domanda. Aggiungerei questo: è chiaro che la Rete ha una sua specificità rispetto alla carta stampata. Ha delle possibilità tecnologiche che la carta stampata non ha. Però è vero anche che, certe iniziative ultime sulla Rete, derivano da progetti legati alla carta stampata che gli editori hanno fatto circolare già da qualche tempo: per esempio le voci dei poeti; per esempio l’utilizzo della loro immagini - vedi il mensile Poesia che su questa trovata ha costruito gran parte della sua fortuna - Credo allora che il compito di internet, malgrado la sua natura, non sia quello della multimedialità ma quello della “comunicazione filtrata”. Intendo una comunicazione che, proprio a causa di questo eccesso di parole, vada in qualche modo ricondotta a un alveo, al rapporto con i maestri. Per questo credo sia necessario la creazione di una comunità in grado di filtrare, senza essere censoria.Io credo che le riviste abbiano avuto una specie di reazione negativa rispetto alla Rete. Hanno pensato, cioè, che in internet venisse pubblicato di tutto e di più e che quindi bisognava preservare una forma di sacralità del testo scritto, diventando ancora più selettive. Il nostro compito, dunque, è quello di preservare questa serietà, e diffonderla in rete, costruendo, o continuando a costruire iniziative che si distinguano per democraticità, impegno e originalità. Personalmente posso dire che tutti i contatti epistolari degli ultimi anni sono nati attraverso la Rete. La Rete permette anche una forma di autopromozione, anche se sicuramente questo non basta per diffondere la propria opera e il proprio pensiero. Mi colpisce, per esempio, l’autorevolezza che alcuni navigatori poeti hanno conquistato rispetto ad altri; o per contatti che non c’entrano o c’entrano poco con la Rete - e allora si dimostrerebbe che essa non è necessaria - o per una forma di corporativismo ideologico che francamente mi sfugge. Per me, che venivo dal silenzio di lunghi anni, cominciare ad utilizzare internet è stata un’esperienza importante. Ma devo ammettere che si è trattato di una conseguenza quasi naturale dopo l’esperienza dolorosa e francamente scandalosa della mancata assegnazione del Montale, nel 2003. Avevo bisogno di parlare con qualcuno, di capire se questa mancanza di etica fosse patrimonio di tutto il mondo delle lettere; se dovessi limitarmi a stare a contatto con i libro, senza il suo autore. Si è trattato, dunque, di una specie di necessità. Uscire da un grande silenzio, prima di entrare nella confusione, è un’esperienza che tutti dovrebbero fare. Questo ”sentirsi a contatto” è, a mio avviso, l’abbozzo di un nuovo status della poesia. Essa, dunque, opera e dichiara apertamente, perfettamente conscia della differenza come ricchezza e della responsabilità verso chi vuole e chiede di crescere.

CS: Che importanza riveste su internet il lavoro di "mappatura" delle esperienze poetiche? E’ possibile tracciare un primo bilancio, critico e di autori, e quali le sue eventuali implicazioni a 360°? Quali gli autori interessanti che hai potuto leggere in rete e che ti sentiresti di promuovere anche in altri contesti, alzando la qualità della poesia nelle sue manifestazioni? (Indica i contesti - reading, performance, dibattiti, spettacoli, happening, installazioni... -, indica gli autori e motiva le tue scelte).

SA: Non circolano ancora molti testi in internet. Qui il pensiero è molto diverso. Alcuni pensano che la Rete possa servire, diciamo come base di appoggio; l’anticamera della vera pubblicazione che si continua a pensare in forma cartacea. La Rete va bene per gli inediti, quasi che non ci si fidasse molto. “Liberiinversi” e “La costruzione del verso” sono specificamente orientate verso una mappatura, ma ha cominciato a farlo, se questa sarà la linea, anche Stefano Guglielmin su “Blanc de ta nuc”. Avevo incominciato a farlo anch’io nel primo blog aperto ma mi sono subito spaventato perché il lavoro da fare era enorme. Avevo incominciato a reperire i poeti nascosti, scomparsi, di cui non si sa niente o poco. Soprattutto quelli siciliani. Ero partito da un libro degli anni settanta: Febbre furore e fiele, un libero molto coraggioso, zeppo di nomi e tentativi di percorsi, che nessuno oggi oserebbe più scrivere. Ci sono molti poeti da portare a galla. Parlo anche di poeti viventi, che tuttavia vengono considerati come già morti. Ce ne sono anche molti, a mio avviso, da seppellire, ma qui entreremmo nella polemica e la cosa non mi interessa. La richiesta di un ricambio generazionale è troppo forte e pressante. A volte sulla Rete, scoppiano delle vere e proprie risse verbali. Guarda caso quando si tratta di fare dei nomi, liste, classifiche. O quando viene stampata qualche antologia. Sono strumenti morti, inutili, che non servono a nessuno. C’è tutto un lavoro da fare sull’invenzione di strumenti nuovi. Le serrature sono cambiate, e noi cerchiamo ancora di aprirle con le chiavi vecchie. La critica non può comportarsi come la grande bocca di un lupo che divora tutto. Il ruolo della critica deve essere propositivo, esortativo.Internet è uno strumento di ricerca; permette la ricerca rapida dei nomi; permette di rintracciare persone e opere scomparse. Questa è la sua grande forza, ma le opere mancano, rimangono ancora i grandi fantasmi. Si trovano, spesso, solo i nomi. D’altronde questa estrema democraticità può anche costituire un rischio, un rischio nel senso di una maggiore difficoltà nel separare. Hanno, a mio avviso molta importanza i siti guida, le esperienze guida, riconosciute per un minimo di serietà. Ma la mappatura è un problema culturale. Ci si sottopone sempre al rischio dell’operazione facile, personalizzata. E’ un rischio che non si può eliminare. Ma può essere fatta, al limite, come operazione asettica, limitandola, per esempio, ai libri, alle pubblicazioni, e procedendo poi, in un secondo momento, a un’operazione riassuntiva. Sicuramente non dandole una funzione ideologica, ma di gioco, di pura scoperta.
Su “Radici delle isole”, personalmente, mi sono inventato un’operazione di confronto e di scontro: mettere insieme due, tre poeti diversi, farli risuonare contro le corde di un’ arpa eolica che suona al vento e produce nuove vibrazioni, complessità e divergenze. Detto in forme meno poetiche vuol dire cominciare ad indagare le relazioni, piuttosto che scegliere i casi eclatanti, col rischio poi che intorno a certe figure, poche, si venga a creare una specie di alone, un’aurea che mette in ombra tutto il resto. Questa è un’operazione che va condotta nel senso, appunto, di un mettersi e mettere in gioco, rintracciando nei libri non necessariamente la bellezza ma l’ambiente, le risonanze con altri libri, con altre esperienze. Siccome in rete si può scrivere moltissimo e in breve tempo e pubblicare subito, questo può accelerare i tempi, può facilitare la ricerca e la fruizione. Ecco, al momento attuale, credo, la Rete sia poco interessante per la reperibilità dei testi. Andrebbe fatta un’operazione partendo ancora dai libri, quelli che abbiamo in biblioteca e che abbiamo comperato nelle bancarelle; autori sconosciuti o pochissimo noti. Mi piacerebbe, se trovassi un editore serio e un collaboratore serio - ma non credo ci siano problemi in questo - scrivere una storia della poesia degli ultimi trentenni assolutamente inedita. Non nel senso di una scelta personale di nomi, ma di un’assoluta verginità e ignoranza. Ritornando alla Rete: è molto facile segnalare i soliti percorsi. Molto più difficile andare a scovarne altri, soprattutto quelli di nicchia, che hanno una loro specificità regionale. La Rete, e dico una cosa che non mi piace, è ancora un’operazione del Nord d’Italia, come l’Editoria. A volte spunta qualche nome lontano, ma solo qualche nome. Per il resto siamo ancora nell’Italia del Nord. Questo vuol dire che siamo anche dentro una certa lingua.

La Macchia Nera n.01. Massimo Sannelli

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2007-01-24 07:22:26|di microsoft outlook webmail

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