Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Christian Sinicco (CS): Parlaci dei siti e dei blog dove operi, delle loro caratteristiche, dei problemi inerenti alla fruibilità e delle statistiche, del tuo "programmarti" il lavoro. Se lo spazio che utilizzi è una tua creazione, o se è frutto di una tua idea o di un’idea condivisa con altre persone, parlaci delle tappe che hanno portato alla sua nascita e della forma che hanno preso le successive collaborazioni con altri artisti o critici.
Massimo Sannelli (MS): Opero in due blog su Splinder, «Sequenze» e «Microcritica»: il primo tende ad una certa creatività e il secondo era nato per ospitare un progetto saggistico, in particolare su autori giovani (e così è stato, in parte: Febbraro, Ghignoli, Giovenale, Guantini, Pianzola, Talon...). Con il tempo, «Microcritica» si è imbarbarito: ospitando traduzioni, immagini di Patrizia Bianchi, prose semiliriche, pensieri in libertà, alcune «lacrimucce», ecc. Sono tra i responsabili del progetto e del sito GAMMM (http://gammm.blogsome.com), che pubblica anche e-books, e si attiene ad un’idea - non militante (né militare!), ma strettamente culturale - di diffusione di testi di ricerca. E sono tra i «fondatori» dell’«Attenzione» (www.lattenzione.com), che fin dal titolo (Weil e Campo) evoca un sistema di lettura della realtà (la mia collaborazione è imperfetta: in due numeri sono usciti due cicli di traduzioni, per il pudore, vero, di teorizzare). Mi sono improvvisato webmaster per lo spazio personale di Bianchi (www.patriziabianchi.blogspot.com). Ma l’esperienza della rivista «Bina» - diffusa esclusivamente per posta elettronica - con Marco Giovenale non si è (ancora) trasformata in un sito: non tanto programmaticamente, quanto per la convinzione, istintiva, che una lettera-dono arriva e deve arrivare solo a quanti la richiedono e/o a quanti ci sembrano amici, maestri, punti di riferimento, compagni di strada...
CS: Hai mai fatto un’inferenza sui visitatori del tuo sito? Chi credi siano, che tipologie di utenti? In che rapporti sei con i tuoi utenti? Quali argomenti maggiormente li interessano? Quali, in sostanza, le correlazioni tra la rinascita della poesia e la diffusione dell’informazione su internet?
MS: Un blog non è una comunicazione, ma un accesso alla comunicazione, all’interno di un mare magnum di comunicatori. La cosa comunicata non ha molta importanza: conta solo il fatto di avere uno spazio tra chi comunica. Attenzione: non si tratta di «una stanza tutta per sé». Un blog è, nella sua versione base, gratuito. Perché? Parliamone sinceramente: è gratuito perché non ha importanza, agli occhi di chi ne fornisce la tecnologia, se non come strumento di autorappresentazione e/o di pubblicità (e anche: di dominio? e di livellamento?). E lo spreco tecnologico che porta a questa estensione on line di microdialoghi è parallelo allo «spreco di giovinezza» (Irene Bernardini, «Vanity Fair», 36 [2006], p. 104). Quando vogliamo, siamo molto ingenui, benché astuti come serpenti: crediamo davvero che società non missionarie possano concedere gratis il loro oggetto sociale? Vale a dire che ci aspettiamo da Splinder, da Blogspot, da Blogsome o da Wordpress quello che un fedele si aspetta dalla Chiesa e da Dio. Forse è per la consapevolezza di essere un ospite sulla piattaforma Splinder (e un ospite in tutto, sempre) che non ho mai cercato di analizzare più di tanto i lettori dei miei spazi in Rete: un ospite non ha il diritto di controllare altri ospiti.
CS: Parlaci dei siti che visiti di più, e dei blog sia collettivi che individuali. Quali i migliori secondo te e perché? Quale critica o pensiero, metodi di lavoro, emergono dall’impegno dei redattori degli altri spazi? Ti sei scambiato delle informazioni utili per il tuo lavoro? Hai collaborato con altri redattori? (Se sì spiegaci come, e se hai interesse in futuro a collaborare con altri redattori ipotizza quello che andresti a proporre e come lo realizzeresti).
MS: Sono stato un discreto lettore, e anche commentatore, di blog (in particolare, nel passato, quello - ora soppresso - della rivista «Atelier», quello di Biagio Cepollaro [www.cepollaro.splinder.com] ed Universopoesia [www.universopoesia.splinder.com], a cura di Matteo Fantuzzi) e di siti (soprattutto «Nazione Indiana» e «Vico Acitillo»: e quest’ultimo, in particolare, per la sezione audio, con straordinarie esecuzioni di Demetrio Stratos). Per ragioni molto pratiche, dopo, e non per un partito preso, ho perso l’assiduità verso la Rete.
Mi ha sempre colpito la qualità professionale dei commentatori ortonimi: in siti e blog che dovrebbero rappresentare l’informazione ‘calda’ sulla poesia di oggi, i nomi dei critici di professione, i docenti di letteratura moderna e contemporanea, ecc., non appaiono mai nella fascia dei commenti. Alfano, Bello, Cortellessa, Scarpa, Verdino, Zinelli, Zublena - e altri, e sono moltissimi, a studiare la nostra aiuola - o non visitano questi spazi o rifiutano di intervenire nel dibattito (o forse intervengono con uno pseudonimo: ma non sarebbe un buon segno). È troppo facile accusarli di un distacco dalla materia più scottante: forse è più vero che questi italianisti - bravissimi e spesso precari quanto i poeti (e quindi non identificabili come lobby) - hanno già espresso implicitamente un giudizio di valore sul fenomeno poesia-blog. Devono aver pensato che o non c’è alcun valore interessante o che il dibattito su un blog, anche noto, non è significativo. Ma, in generale, esiste da secoli un «gioco del massacro» (al quale, come Antonio Porta, si può dire «non ci sto»), che si è riverberato inevitabilmente anche nei blog; io non lo amo, soprattutto perché mi pare vanitas ed enfasi (sia chiaro: ogni Io è enfatico, quando agisce nella sua singolarità e dimenticando la propria mortalità; io stesso in questo istante; singolarità che è poi convenzionalità, e più spesso violenza). Provando a dirlo, mi sono sentito rispondere che si tratta di normali discussioni. No, secondo me: in una normale discussione non ci si insulta e non ci si maschera dietro pseudonimi. E come NON VEDERE la mortalità (imminente) e l’inutilità (evidente) di queste tendenze? Come NON VEDERE che questo Paese sta avendo una mutazione demografica micidiale rispetto alla miseria di questa retorica (e di questa lingua)? E come NON VEDERE nel disinteresse di decine di ottimi contemporaneisti (vedi supra) un giudizio oggettivo? Rimando ad un articolo di Giovenale (Versi come virus contagiano la rete, «il manifesto», 8 agosto 2006, p. 13), che indica i fenomeni migliori, e li colloca a ragione in una prassi della complessità, che - paradossalmente - si restringe, in quanto poesia in Italia, ad «un’enclave in un’enclave».
CS: Che importanza riveste il dibattito culturale, anche in rete, o il pensiero critico sulla contemporaneità nella tua realtà di artista e di operatore culturale? Quali i temi che hai affrontato o i problemi che hai contribuito a risolvere? Quali le tue linee guida oggi, e le tematiche che affronteresti con urgenza?
MS: Riceviamo ancora qualità dai tempi? Sì. Ad esempio: non si è (stati) in grado di vedere un nesso tra lo sregolamento sessuale (e dei rapporti in genere), la proliferazione dei «disturbi del comportamento alimentare», la precarizzazione del lavoro, la trasformazione dell’italiano scritto/parlato e la progressiva spaccatura violenta delle «lotte di giovani» in poesia. I nostri corpi confondono il godimento con la salute e la felicità, mentre è ovvio che Bisogno e Felicità sono incompatibili: chi sta bene gode, e gode chi sta bene (su un piano banalissimo, ma antropologicamente valido: certe cene, rumorosissime e senza grazia, dopo le letture di poesia... dopo i convegni...; un certo modo untuoso di rapportarsi tra i sessi...). Da parte sua, l’anoressia ha quasi una funzione profetica: ci ricorda tragicamente il piacere separato dal peso. Ma anche l’anoressia dilaga come fenomeno di massa: e questo significa isolarla, sempre di più, dal suo valore di segno (Kafka digiunatore) e di bisogno d’amore, per ridurla ad un altro degli spettacoli che ci offriamo a vicenda. Fine dell’esempio/exemplum: per dire che siamo ignorantissimi - ed è una colpa - su tutto ciò che riguarda il rapporto, ovvio, tra stato (statuto) della comunicazione e stato (statuto) del corpo. Infatti non c’è nulla (né merce né servizio) che non sia pagato, o da noi o da un donatore o da uno sponsor; e la concessione della gratuità informatica è il segno di un progetto superiore a noi e incontrollabile. Così l’ignoranza dei nostri corpi, che godono di riempirsi e/o di svuotarsi, è una fisiologia mancata, che comporta e annuncia l’incuranza del potere nei nostri confronti.
Dunque i temi che studio, come un «frate asino», sono questi: il corpo, l’Abbandono mistico, il ritmo, il tempo, la morte, le differenze (in particolare quelle sessuali, che lego a possibilità e modalità espressive: libri come A lettere scarlatte di Zaccaria, Perché non possiamo non dirci di Giartosio, Queste voci che mi assediano di Djebar sono inesauribili: anche per il cosiddetto ‘maschio’ e il cosiddetto ‘eterosessuale’). Ognuno di questi temi è, per me, quasi l’icona di moltissimi altri temi, che ne sono comportati. Quanto al vero Tema, che è il Tema dei Temi, è tanto maggiore di me da rendere ridicola ogni presa di possesso come «io lo studio» o «me ne interesso».
CS: Si parla spesso di migliorare la qualità dell’informazione, la comunicazione o il dibattito della poesia in rete, ma i siti non sono molto attrezzati dal punto di vista della multimedialità e sui blog - anche se ciò non accade solo su internet - prevalgono spesso linee oltranziste, si configurano lobby o gruppi di interesse.
Quali i problemi della riconoscibilità sociale del poeta in internet? E, dal punto di vista sociale o sociologico, quali a tuo avviso vantaggi e svantaggi che il web ha portato alla poesia e ai poeti? Cosa infine è stato di supporto alla tua attività, anche per ciò che concerne l’autopromozione?
MS: Perciò: spaccatura tra un versante rappresentativo e quasi pop (Ariano, Baldi, De Luca, Lorefice, Nannipieri, ad esempio) e un versante che ‘osa’ l’inosabile (! - in linea di massima, gli autori che a Romapoesia nel 2005 sono stati riuniti, sperimentalmente, sotto l’insegna dell’«informale freddo»). L’inosabile è non rappresentare, non solo per una vocazione al martirio; ma sapendo - ad esempio - che i concetti di realtà e tempo stanno subendo demolizioni scientifiche inaudite.
Questa spaccatura intorno alla parola e alla realtà non è un segno di salute. Che la rappresentazione ostentata (con un linguaggio possibilmente in tono minore, senza alcuna impennata ritmica: prosa, sola prosa, tagliata in versi) passi per un valore è segno di decadenza; e che, dall’altra parte, l’astratto lo sperimentale l’informale si debbano dialettizzare con un contrario aspro (che ignora o sopporta, in qualche modo, l’abnormità di Bene e di Villa, e forse ammira Zanzotto, ma trova glaciale e «illeggibile» Marco Giovenale); anche questo è triste. [Se dovessi dire di me, di passaggio: sono stanco. Troppo. E faccio fatica a comunicare senza scrittura, all’esterno di una gestione scritta delle parole. Se da una parte si gode (male, malamente), neanche questo mio stato è bello o raccomandabile]. La struttura del numero di novembre 2006 di «Poesia» vale, e rimane, anche come simbolo di questo dualismo.
Il vantaggio del blog è la possibilità di mostrare contenuti (mostrare, esattamente: come immagini sullo schermo, perché sono tali, in primo luogo); lo svantaggio è una sorta di adempimento dell’irrilevanza: il brutto, l’imperfetto e il falso appaiono ancora più negativi, nell’enfasi dell’impaginazione web. Sono brutte immagini, fornite da Schiavi e Ospiti illusi.
Dove c’è un uomo, c’è un corpo con una mente; dove ci sono molti uomini, lì c’è il potere, per quanto limitatissimo e ridicolo. E anche questo moltiplicarsi dei falli dice: «spreco di giovinezza» e decadenza. I falli sono sessi e sbagli. «Esclaves, ne maudissons pas la vie» (Rimbaud, Matin): proprio in quanto schiavi; e così non abbiamo saputo o voluto vedere che la gestione dei maggiori blog e siti di poesia italiani è maschile.
CS: Che importanza riveste su internet il lavoro di "mappatura" delle esperienze poetiche? E’ possibile tracciare un primo bilancio, critico e di autori, e quali le sue eventuali implicazioni a 360°? Quali gli autori interessanti che hai potuto leggere in rete e che ti sentiresti di promuovere anche in altri contesti, alzando la qualità della poesia nelle sue manifestazioni? (Indica i contesti - reading, performance, dibattiti, spettacoli, happening, installazioni... -, indica gli autori e motiva le tue scelte).
MS: Devo alla Rete l’incontro con l’esempio vivo di don Fabrizio Centofanti, che ha inventato un sito di servizio, «La poesia e lo spirito» (www.lapoesiaelospirito.com). Alla stessa Rete devo l’incontro con l’estremismo salutare di Gian Ruggero Manzoni (www.gianruggeromanzoni.splin...). La Rete ospita alcune raccolte di Marina Pizzi, tra le cose più sconvolgenti che accada, oggi, di leggere; e in Rete ho conosciuto l’esperienza salutare (anche per la sua allegria e per il suo bricolage) di Dusie, nella persona di Susana Gardner (e Gardner stessa è un poeta notevole, in To stand to sea; attraverso Gardner ho conosciuto i testi di Jen Hofer, impressionanti). L’attività grafica e i poèmes en prose (Un autre mois) di Éric Suchère sono in Rete: e Suchère è davvero un grande poeta. Ma alla Rete - nonostante la facilità, per ora, di aprire almeno un blog - non sono ancora approdati autori e autrici importanti: né Andrea Ponso, che ha comunque una meritata visibilità in altri contesti (cartacei, e tale è la sua dimensione, per classicità di dettato) né, ad esempio, autrici importantissime, la cui visibilità è precaria (penso, in particolare, ad un’esperienza misconosciuta e quasi inconoscibile come quella di Alessandra Greco, legata all’esoeditoria).
Il progressivo smantellamento culturale, antropologico e demografico dell’Italia (cioè dell’italiano; cioè degli italofoni) avrebbe meritato un sottofondo poetico migliore. Né il grigiore prosastico, né la goliardia sperimentale, né la difesa della (propria) vita, sono utili o dignitosi. Mentre saremmo dovuti arrivare alla Fine con la consapevolezza di trasmettere un testimone, dei files, dei libri e dei metodi per lavorare; invece le antologie e i blog sono proliferati per salvare il salvabile hic et nunc (me compreso, ad un certo punto: ma la mia presenza non ha molta importanza), non per protenderci verso un «popolo futuro». Il quale, giustamente, farà a meno di noi.
7 commenti a questo articolo
> La Macchia Nera indelebile del Web n°01
2006-11-27 11:13:11|di Luigi Nacci
Vi segnalo che il prox 1 dicembre a Foggia ci sarà un convegno sui blog con Mozzi, Benedetto, Pagano, Raimo, Astremo e altri, più info qui
Per riallacciarmi al filo rosso, invece, vorrei dire che: ha ragione Giuseppe quando afferma la necessità di ricostruire la/le storia/e del web-log; ha ragione Marco quando affianca alla palestra di libero accesso uno spazio più specializzato, con attrezzi e macchine più difficili da maneggiare; ha ragione Christian quando sottolinea che la diffusione della poesia male non fa.
Resta il problema del rumore.
Mi permetto di fare un esempio: ho studiato per alcuni anni la poesia triestina del secondo Novecento. Mancando un’opera critica di riferimento, ho dovuto cominciare quasi da zero. Prima di tutto ho iniziato a edificare un archivio, all’interno del quale è finito di tutto: dal libro della biblioteca civica a quello non registrato da nessuna parte e trovato per (puro) caso sulla bancarella del ghetto triestino. Molti altri libri li ho scoperti grazie alla biblioteca nazionale di Firenze. Molti altri a casa di poeti e amici di poeti. Alla fine sono arrivato a scovare circa 650 autori che dal 1950 al 2000 hanno pubblicato poesia (libri; riviste, antologie, etc.); di questi, più di 350 hanno pubblicato almeno un libro (min. 1 - max 30). La maggior parte di questi 350 ha pubblicato con minuscole case editrici/tipografie nate a partire dalla fine degli anni ’70 e sopr. negli anni ’90, con il boom dei piccoli editori a pagamento.
350 poeti sono rumore, o meglio: BACCANO. Ve lo assicuro, perché per anni quel rumore ha leso il mio apparato uditivo. Ma se quel rumore non ci fosse stato, non sarei stato in grado di sentire il silenzio (perdonate la patetica image) dei poeti forti, quelli maturi e compiuti, quelli che si differenziano naturalmente.
Doplicher per esempio. E come lui altri.
Quello che voglio rimarcare qui è che dal ru, dal rug, dal rumorem, fuoriesce sempre altro. Come dal fuori-quadro di Hitchcock.
Credo che i blog, come i siti, producano rumore, al quale oramai ci stiamo abituando. Tale assuefazione potrebbe ad un certo punto generare in noi la capacità di sentire/ascoltare/udire meglio, una specie di senso acutizzato (una specie di rinnovata MILITANZA).
Inoltre già il fatto che se ne parli, significa che si inizia a sentire fortemente l’esigenza di regole, di limitazioni e/o canoni e/o statuti, di (de)scrivere insieme delle regole e di attivare spazi nuovi (in)determinati da esse.
Credo, ad esempio, che nasceranno nei prossimi anni nuove riviste (carta+CD+DVD+?), e che esse avranno come genitori ANCHE i blog, web, e ciò che siamo e siamo stati noi, qui, impigliati fra queste reti.
> La Macchia Nera indelebile del Web n°01
2006-11-27 09:37:17|di Marco ::: sf
uno dei problemi di fondo - o forse quello principale - è e resta il rumore, ossia la moltiplicazione straordinariamente ampia di materiali. la quantità non è una minaccia per la qualità, ma per se stessa. per la percezione.
in questo senso è opportuno diffondere e accrescere siti blog e spazi (anche assolutamente non virtuali) che siano ’di riferimento’.
a livello di comunità ampie che si esprimono, la moltiplicazione e diffusione delle presenze e la ’mappatura’ pura e i luoghi in crescita esponenziale creano precisamente il vuoto di conoscenza e comunicazione che, a livello di comunità non ampie, vige tra gruppi che si fronteggiano.
un numero infinitamente grande di parlanti crea un perfetto silenzio per sovrapposizione. un numero non grande di ’scelte’ discrete all’interno di quel numero, non schiacciando né tacitando nessuno, permette all’ascoltatore di lavorare con le manopole della sintonia, piazzarsi su una stazione (o memorizzare due, tre stazioni) e ascoltare.
(p.s.: invece sul concetto di élite il discorso è complesso e ancora da articolare)
> La Macchia Nera indelebile del Web n°01
2006-11-27 07:17:50|di Christian
x Marco: la mappatura, nel senso della diffusione sociale della poesia, non fa male a nessuno. Il problema è: come far emergere la qualità? Ognuno ha i propri criteri, ma in parte ci pensa il tempo: la qualità si estrae da un processo, frutto di una serie di confronti serrati proprio dalle critiche (quelle militanti sono in deficit di idee, attualmente, o non sanno tramutare l’idea in realtà, o non sanno estrarre le idee dalla realtà, o hanno serie difficoltà a farlo), che nonostante tutte le cautele epistemologiche sono, appunto, in buona parte soggettive.
C’è una norma che ha ispirato anche la nascita della nostra giovane repubblica, ovvero l’idea che la cultura sia la realizzazione della libertà individuale di tutti; questa visione è affiancata da una sorta di tutela elitaria, un po’ ottocentesca, riguardante la libertà dell’insegnante, di colui che dovrebbe trasmettere la cultura, e salvaguardare la qualità, senza in fondo essere responsabile di ciò che fa. Di conseguenza accade ciò che puoi osservare, una profonda spaccatura tra una cultura elitaria, e il resto definito "massa".
Come mettere in comunicazione questi due "poli", salvaguardare la libertà di ognuno nel fondare la propria cultura, dare vita a un processo caratterizzato dal confronto?
> La Macchia Nera indelebile del Web n°01
2006-11-26 21:41:03|di Alessandro
Credo che quanto dicono Massimo, Marco e GiusCo qui sopra sia altamente condivisbile. Trovo forse ingiustificato il pessimismo sulla "decadenza" per ibridazione (imbarbarimento) a cui è soggetto l’italiano (ma in fondo tutte le lingue vive) per gli inevitabili processi di meticciamento di questi anni. Forse troveremo voci poetiche innovative e forti e comunque "concrete" poprio nei migranti (mi vegnono in mente per coinvolgimento "editoriale" diretto almeno i nomi di Gezim Hajdari e Ver Lucia de Oliveira). Grande davvero e ricchissima di spunti l’analisi di Massio e grazie a Christina per aver stimolato e "indotto" la discussione.
Alex
> La Macchia Nera indelebile del Web n°01
2006-11-26 17:04:43|di Marco ::: sf
condivido l’osservazione sul "rumore". ecco perché - stante la disponibilità ossia l’effettiva esistenza e plasticità del blog come mezzo - mi sembra prioritario un lavoro che vada in direzione della qualità e della selezione dei materiali; non della moltiplicazione di informazioni superficiali, di testi sciatti, di scritture poco solide. (in questo senso, il mito della "mappatura" su web della scrittura contemporanea può di fatto creare non pochi problemi).
meglio ancora: è importante che - come palestre o primi luoghi di confronto - esistano anche luoghi non vigilatissimi, di ospitalità e pubblicazione. (le riviste cartacee in passato sono state anche questo; hanno avuto anche questo ruolo). ma è altrettanto importante, anzi essenziale, far crescere strutture in rete che si propongano come giacimenti di scritture ’risolte’. come archivi di materiali di valore. è in questa ottica che leggo le pagine di Poesia italiana online, per esempio, a cura di Biagio Cepollaro.
> La Macchia Nera indelebile del Web n°01
2006-11-26 14:56:58|di GiusCo
Credo che per capire il rapporto tra internet e poesia si debba necessariamente ricostruirne la storia a partire dai primi anni ’80: BBS, mailing list, newsgroup; verso l’inizio dei ’90, i primi forum di discussione, i primi siti e portali tematici; con la progressiva crescita del numero di utenti, dal 1996 in poi c’e’ stato il boom delle e-mail e dei sottolinguaggi elettronici (di cui l’ultimo figlio e’ il simil SMS) che hanno distrutto l’italiano formale come-lo-si-imparava-a-scuola. Su questa base, nei primi anni del nuovo secolo, sono nati i blog, che sono gratuiti perche’ ripagano il gestore sotto forma di dati indiretti forniti alle compagnie pubblicitarie interessate a questi 2-3 milioni di individui i quali, senza saperlo, lasciano tracce del loro passaggio su quasi ogni sito che visitano o programma che usano.
Voglio dire: il blog, come strumento per la poesia, rappresenta la semplificazione quasi assoluta della techne’ necessaria a mandare un messaggio ("tutti possono farsi un blog in 5 minuti"). Che poi la qualita’ del messaggio proposto sia mediamente imparagonabile a quanto emergeva appena 5-6 anni fa (ad esempio, sul portale di Clarence con "la societa’ delle menti" curata da Giuseppe Genna), e’ un altro discorso e ognuno avra’ un’idea a riguardo. La mia e’ che da una parte il blog non favorisca la sedimentazione, essendo strutturato come un fast-food (ora un post, dopo due ore un altro, dopo sei ore un altro ancora del tutto diverso dai precedenti), dall’altra in moltissimi siamo effettivamente scarsi come lettori, poeti e critici, per cui -stringi stringi- nulla che abbia reale valore sopravvive piu’ di qualche ora (il tempo di tre-quattro post e quanto era scritto il giorno prima e’ dimenticato) e nulla che lasci intravedere una traiettoria emerge. Rumore, e’ la definizione di questo stato.
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> La Macchia Nera indelebile del Web n°01
2006-12-25 15:52:31|
Ma non mi fare ridere, Sannelli: che fai? scimmiotti "L’esortazione al Martirio?"
E che? non contempli che ci siano dotti, in circolazione anche su un blog, che abbiano letto e sappiano quello che tu sub-citi senza citare le fonti?
Mah! che sfrontatezza.....
Lori, 1973