Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Christian Sinicco (CS): Parlaci dei siti e dei blog dove operi, delle loro caratteristiche, dei problemi inerenti alla fruibilità e delle statistiche, del tuo "programmarti" il lavoro. Se lo spazio che utilizzi è una tua creazione, o se è frutto di una tua idea o di un’idea condivisa con altre persone, parlaci delle tappe che hanno portato alla sua nascita e della forma che hanno preso le successive collaborazioni con altri artisti o critici.
Massimo Gezzi (MG): In rete attualmente opero pochissimo. Contribuivo occasionalmente al blog di «Atelier», prima che lo stesso fosse costretto a chiudere i battenti per varie ragioni, interne ed esterne alla rivista. Attualmente sono tra i redattori del blog FuoriCasaPoesia (fuoricasapoesia.blogspot.com) e di Absolutepoetry, anche se intervengo molto di rado. Le ragioni di questa latitanza sono diverse: innanzi tutto credo che i miei ritmi di lavoro siano differenti da quelli di molti blog, dove gli argomenti, le parole, i versi scorrono a una velocità vertiginosa e per me del tutto sterile; certe volte avrei voglia di inaugurare una discussione, ma quando lo faccio ho l’impressione di gettare una biglia di cristallo in un macinasassi. Infatti poi non sempre si ha la possibilità di seguire le risposte, di controbattere, di argomentare con la dovuta calma, al fine di scrivere qualcosa che non sia la prima sciocchezza che ti passa per la mente. Invece capita che un post scompaia nel giro di poche ore, risucchiato dal maelstrom degli altri, o che i commenti siano talmente ricchi e problematici da richiedere non una risposta immediata ma una sacrosanta riflessione, prima di tutto. Ecco, credo che uno degli enormi difetti dei siti e dei blog aperti sia quello di azzerare, di ingolfare la riflessione, la dialettica autentica. Il fattore tempo viene bruciato. L’illusione dell’informazione globale si riverbera qui in quella del dibattito, della discussione e della comprensione totali e immediate. Detesto inoltre l’apoditticità con cui nel web (nel web di cui parliamo) certe ipotesi interpretative diventano immediatamente tesi forti: la poesia di ricerca, il trobar clus (e non mi riferisco certo al Marano della Parola infetta), il neolirismo... In passato bisognava incontrarsi e discutere un progetto per fondare il Gruppo 63 o per pubblicare La parola innamorata. Qui a volte sembra che basti lanciare un proclamino di tre righe (magari sorretto pure da un pensiero critico compiuto che però spesso non riesce a passare). Il meccanismo somiglia in maniera inquietante al vortice degli slogan pubblicitari, al valzer vertiginoso delle canzoni-tormentoni. Bisognerebbe sottoporlo a profonda critica.
CS: Parlaci dei siti che visiti di più, e dei blog sia collettivi che individuali. Quali i migliori secondo te e perché? Quale critica o pensiero, metodi di lavoro, emergono dall’impegno dei redattori degli altri spazi? Ti sei scambiato delle informazioni utili per il tuo lavoro? Hai collaborato con altri redattori? (Se sì spiegaci come, e se hai interesse in futuro a collaborare con altri redattori ipotizza quello che andresti a proporre e come lo realizzeresti).
MG: Seguivo con una certa regolarità LiberInversi 1.0 di Orgiazzi (liberinversi.splinder.com), spazio ben organizzato, semplice, leggibilissimo anche dal punto di vista grafico, moderato, puntuale: una mappatura seria dei lavori in corso. Seguo abbastanza Absolutepoetry (che secondo me, però, è poco leggibile e strutturato in modo che ci si discute con affanno...) e Nazione Indiana. Leggo sempre volentieri alcuni blog personali (per esempio quello di Filippo Davoli, che però ha allentato un po’ la presa: filippodavoli.splinder.com); talvolta quelli di Sannelli (sequenze.splinder.com e microcritica.splinder.com); Dissidenze di Marano (www.dissidenze.com, anche per la varietà degli argomenti - musica, politica, letteratura -, anche se non sempre sono d’accordo). Mi piaceva molto quello di Martino Baldi, prima che lo chiudesse (marzi.blog.excite.it). Mi piacciono i siti e i blog riconoscibili. Invece gli spazi in cui viene proposto di tutto, con un livellamento generale e aproblematico di pensieri, di visioni del mondo e di link, mi incutono un alto sospetto. Poi, tra quelli riconoscibili, mi interesso poco dei siti e dei blog che istituiscono un’equazione troppo immediata tra letteratura e Spiritualità o Assoluto, convinto come sono che la letteratura e la poesia siano un gesto integralmente umano, storico, laico (ma non per questo infondato o poco urgente). Concordo con Sannelli su Vico Acitillo: non so se c’è ancora, ma c’era un archivio di voci e di esecuzioni molto interessante. Conosco poco, e me ne dolgo, lo spazio telematico poetico extra-italiano.
CS: Che importanza riveste il dibattito culturale, anche in rete, o il pensiero critico sulla contemporaneità nella tua realtà di artista e di operatore culturale? Quali i temi che hai affrontato o i problemi che hai contribuito a risolvere? Quali le tue linee guida oggi, e le tematiche che affronteresti con urgenza?
MG: Sulla mia «realtà di artista» (!) il dibattito culturale, come qualsiasi altra cosa, non può non influire, ma sarebbe un vero delitto se influisse più di tanto, e soprattutto se influisse nelle modalità apodittiche di cui dicevo prima. Ad esempio: la mia limitatissima esperienza poetica è stata rubricata da qualcuno come «neolirica», spesso in opposizione a una specie di ‘partito dell’obscurisme’ teorizzato da Marano e per certi versi da Giovenale e da Sannelli (sia pure con finalità «culturali» e non «militanti», come tiene a precisare quest’ultimo. E mi scuso per la semplificazione: so bene che “ricerca” e “oscurità” non sono, non possono essere sinonimi). Quello che occorre fare quando si scrive è schivare, saltare, abbattere questi nuovi steccati: in poche parole impedirci di essere paghi del nostro posticino all’interno di una nicchietta di mercato (metaforico, s’intende). Ognuno di noi ha delle linee-guida, delle ossessioni stilistiche, dei compagni di strada e dei modelli: il dibattito in rete può contribuire senz’altro a problematizzare tutto ciò. Non bisogna però identificare la rete con la realtà. E soprattutto non bisogna cedere all’errore di prospettiva secondo cui il vero e urgente dibattito culturale avverrebbe solo in rete, alimentando così la frattura fortissima tra web ed editoria che Sannelli ha già rilevato, sebbene secondo un’altra direzione: perché per esempio nessuno parla, nei siti e nei blog (a parte auree eccezioni), dei libri di ricerca o di critica militante che escono (esclusa Parola plurale)? Stefano Colangelo ha pubblicato qualche anno fa un bellissimo libretto per Carocci, Come si legge una poesia; Roberto Galaverni l’anno scorso è uscito con Il poeta è un cavaliere Jedi (Fazi); Alberto Bertoni ha appena pubblicato un libro importante, La poesia. Come si legge e come si scrive (Il Mulino); Alessandro Carrera ha scritto un saggio provocatorio sin dal titolo, I poeti sono impossibili (Il Filo); Guido Mazzoni ha descritto lo spazio letterario della poesia moderna (Sulla poesia moderna, Il Mulino); Paolo Zublena l’anno scorso ha curato per la rivista «Nuova Corrente» un’antologia ragionata e articolata dei nuovi poeti italiani. Di tutto ciò non si trova quasi traccia nelle discussioni e nelle teorizzazioni che si tentano nel web. Come mai?
CS: Si parla spesso di migliorare la qualità dell’informazione, la comunicazione o il dibattito della poesia in rete, ma i siti non sono molto attrezzati dal punto di vista della multimedialità e sui blog - anche se ciò non accade solo su internet - prevalgono spesso linee oltranziste, si configurano lobby o gruppi di interesse. Quali i problemi della riconoscibilità sociale del poeta in internet? E, dal punto di vista sociale o sociologico, quali a tuo avviso vantaggi e svantaggi che il web ha portato alla poesia e ai poeti? Cosa infine è stato di supporto alla tua attività, anche per ciò che concerne l’autopromozione?
MG: Dal punto di vista sociale o sociologico credo che il web offra visibilità e pari dignità a tutti quelli che scrivono. Questo è certamente un bene e un vantaggio, perché tutti possono accedere, in teoria, agli stessi spazi, e comunque tutti hanno gli stessi strumenti per farlo. Dopodiché io credo che abbia ragione chi (Giovenale) si augura l’avvento di “luoghi” in cui si tenti un qualche tipo di atto critico responsabile e riconoscibile. Tutti quelli che scrivono possono pubblicare poesie on-line; non tutti pubblicano belle poesie. Più che di riconoscibilità sociale parlerei di riconoscibilità letteraria. I casi sono due: o lasciamo che siano tutti “i lettori” (o gli utenti) a decidere chi è ‘bravo’ e chi non lo è; o in qualche modo torniamo a fidarci, senza fideismi di sorta, della critica seria. Io temo tanto la «tutela elitaria» quanto quella che chiamerei «tutela plebiscitaria»: la prima dà luogo ad esclusioni e a oblii assai discutibili (io ho studiato Cattafi, che non figura in nessuna antologia del Novecento); la seconda alle aberrazioni secondo cui Faletti e la Tamaro sono i due più grandi scrittori italiani perché piacciono ai più, o al critico dei più. Poi c’è una terza, strana forma di tutela (auto-tutela, o tutela narcissica): quella per cui uno che scrive si costruisce un pubblico-nicchia (con il suo blog, il suo sito, o semplicemente i suoi contatti) e in base a quelli decide di essere un poeta e uno scrittore importante. Questo è uno dei fenomeni della rete che mi interessano di meno.
CS: Che importanza riveste su internet il lavoro di "mappatura" delle esperienze poetiche? E’ possibile tracciare un primo bilancio, critico e di autori, e quali le sue eventuali implicazioni a 360°? Quali gli autori interessanti che hai potuto leggere in rete e che ti sentiresti di promuovere anche in altri contesti, alzando la qualità della poesia nelle sue manifestazioni? (Indica i contesti - reading, performance, dibattiti, spettacoli, happening, installazioni... -, indica gli autori e motiva le tue scelte).
MG: La mappatura delle eperienze poetiche in rete è importante, se fatta con criterio. LiberInVersi in questo senso è stato esemplare: un curatore che si assume la responsabilità di chi invita, un format leggibile, una buona scelta di testi poetici, un dibattito moderato su quei testi, la possibilità di leggere in ogni momento, grazie a un sommario laterale sempre disponibile, tutti gli scrittori transitati nel sito. Grazie a questo blog ho conosciuto ad esempio una brava poetessa come Paola Febbraro. E poi grazie al sito di Biagio Cepollaro ho riletto Le streghe s’arrotano le dentiere di Luigi Di Ruscio; grazie ad Absolute e a Martino Baldi ho letto per la prima volta bei testi di Igor De Marchi e ho conosciuto Lorenzo Carlucci; grazie a FuoriCasa ho conosciuto Mimmo Cangiano, un giovanissimo poeta e critico di chiara intelligenza; grazie ai suoi blog ho conosciuto, anche “di persona”, Massimo Sannelli: nomi quasi random, come si vede, e legati unicamente all’occasione personale.
Detto questo, io resto uno che crede che la poesia bisogna leggerla e ascoltarla, prima di performarla (che è diverso da leggerla) e di installarla (ma su questo potremmo parlare all’infinito: sulla ragione intrinseca della performance, per esempio; sulla natura poetica oppure retorica della stessa; sulla discutibile equazione per cui chi scrive dovrebbe performare efficacemente i suoi testi: e perché non un altro?). Per questo sono favorevole ai luoghi e alle occasioni che mi danno l’opportunità di fare queste due cose (leggere e ascoltare) in modo sereno e intelligente: la rete, talvolta, è uno di questi luoghi (ad esempio mi piace ascoltare la voce dei poeti nel sito di Fahrenheit, e sono felice che qua e là stiano sorgendo siti analoghi).
Per quanto riguarda i bilanci: apprezzo i tentativi mastodontici di Sinicco e di Nacci, ma credo che per fare un discorso serio sulla poesia nuova occorra del tempo (con il che mi accorgo di tornare a quanto affermavo nella prima risposta). Soprattutto occorre capire, di nuovo, chi può o, meglio, chi dovrebbe fare un discorso serio e autorevole sulla poesia nuova. Tutti è come dire nessuno (il «rumore» di cui parlava Cornacchia: minaccia non già per la qualità ma per la stessa percezione, come ha scritto Giovenale). Abbiamo appena cominciato, non è tempo di bilanci: in tanti, tantissimi hanno scritto qualcosa di bello, o che almeno a me pare tale. Pochi, pochissimi resteranno alti e credibili nel tempo.
La Macchia Nera n.01. Massimo Sannelli
La Macchia Nera n.02. Sebastiano Aglieco
La Macchia Nera n.03. Tommaso Lisa
13 commenti a questo articolo
> La Macchia Nera n°04
2006-12-08 22:22:45|di matteo fantuzzi
non avevo in mente te massimo, forse mi sono fatto fraintendere
(e questo è un enorme problema di internet: si dice "a", si lascia intendere "b" e si finisce per discutere di "c", "d", "e"...)
dove sono i maestri ? sono nel poterci discutere... sono felice che bur tenga a piccini, e altrettanto che einaudi tenga a mazzoni: non sono per nulla degli "sprovveduti" ma persone preparate che "ci mettono la faccia": allora perchè parlarne è peccato mortale ? sbaglia bibliomanie, non sbagliano né piccini, né mazzoni ad avere il loro pensiero. e se vogliamo averne, di padri e fratelli maggiori, allora dobbiamo parlare con loro. se no sono solo lontani parenti, zii d’argentina che ogni 20 anni ci mandano una cartolina con scritto che va tutto bene. e non va sempre tutto bene.
> La Macchia Nera n°04
2006-12-08 20:09:12|di Luigi Nacci
Mi intrometto per una richiesta:
Cangiano, dove posso leggerti (poesia, intendo)? Ho trovato qualcosa nel blog di Fabbri e vorrei continuare la lettura, ciao
> La Macchia Nera n°04
2006-12-08 11:23:49|di Mimmo Cangiano
"Mi sento un po’ chiamato un causa dunque intervengo:
è vero, come afferma Matteo, che io ho sempre avversato la rete. Non si tratta però di una questione meramente “moralistica”. Il punto è che il continuo spianamento delle posizioni che permettono i commenti in “diretta”, se pur affine a una dialettica socratica che personalmente a livello filosofico apprezzo più dei grandi Sistemi, risulta fortemente dannoso quando poi si vuole cercare di mettere ordine, quando poi si vuole arrivare ad una mappatura, a fare programmi. In secondo luogo anche quando le posizioni sono irriducibili (e irriducibili restano) la rete difficilmente riesce a non rendercele “semplificate”, menomate e dunque, in ultima istanza, malleabili. Non sempre questo avviene, è vero, ma avviene spesso (devo ad esempio ancora capire come mai Nicola Vacca si trova in Fuoricasa). Mi trovo così costretto, davvero mio malgrado, ad apprezzare allora un lavoro come quello che sta portando avanti “L’attenzione” (di cui pur non condivido nulla, a partire dall’idea manzoniana di Assoluto che ben lungi da guardare ad un assoluto negativo novecentesco alla Lukacs, preferisce rifarsi alla prassi romantica che porta diritto diritto ad una accettazione della realtà e dei suoi rapporti di potere e forza).
Un poeta, caro Massimo ne abbiamo già discusso, è per forza anche un critico, nel momento in cui mette qualche parola su un foglio, e decide come metterla, sta piegando la realtà ad un interesse di parte, semplicemente la sta interpretando, magari non è un “sistematizzatore”, ma un critico lo è sempre (con gradi diversi di consapevolezza) e dunque sempre sta esprimendo un programma, e un programma sarà un boomerang, come scrive Sinicco, soltanto se ancora ci si ostina a credere alla possibilità di un fondamento-origine dal quale partire per costruire una realtà immobile. Sembra io sia finito in una contraddizione, ma non è così, e credo, per chi di voi ha letto Tabard (che è rivista sia online che cartacea), che la spiegazione lì data possa essere soddisfacente: “La comprensione si dà come possibile solo in un’idea di ricerca continua che non tenti di restringere il campo della propria indagine mediante la banalizzazione del fenomeno, ma che affronti con le armi della critica la rete di relazioni destinata a diventare sempre più intricata e complessa, nella piena coscienza che non potrà mai abbracciarla tutta. Tabard vuole mettere in luce il valore delle contraddizioni, degli scontri fra differenti poetiche, ritenendo che ogni scelta comporti una precisa responsabilità da parte dell’artista. Esaltiamo, dunque, la funzione della critica come necessario presupposto della pratica artistica. L’artista deve tornare a farsi critico di se stesso. Tabard rifiuta tanto la pretesa inutilità di un canone, come alcuni teorizzatori del postmoderno sostengono, tanto il dogmatismo del canone. L’arte deve muoversi per canoni, ma allontanando la pretesa assolutizzante di questi ultimi”.
Ecco allora che l’idea di Sistema chiuso viene sostituita con quella di una sistematica aperta, che non vuol dire che ognuno fa un po’ come gli pare, ma che un lavoro di messa in ordine, senza pretese dogmatiche, è indispensabile, e se, come da tempo notiamo, i critici non riescono a venire fuori dal mare magnum della produzione contemporanea (emblematico e coerente l’atteggiamento di Bertoni nella sua antologia, molto più corretto di quello di un Sanguineti che dice “non ci sono poeti all’altezza”), spetta a tutti, ai poeti in primo luogo, un atteggiamento di responsabilità, che vuol poi dire, in poche parole, rigore e studio e coerenza, senza paura di offendere qualcuno di importante.
Qualche tempo fa mi chiesero un intervento per Bibliomanie sull’antologia di Piccini, con Piccini ho poche idee in comune, ma non per questo non riesco a vederne l’intelligenza e la preparazione. Ebbene la redattrice a cui lo mandai disse che andava bene, poi mi riscrisse dicendo che il direttore aveva detto che la BUR manda loro un sacco di libri e che la BUR su Piccini conta molto (tutto quello che io avevo fatto era criticare, proprio partendo da alcune idee del libro di Mazzoni, la parte finale dell’introduzione su poesia e musica), e mi chiese se potevo modificare un po’ il pezzo. Ora questa paura del potere a tutti i livelli (intervento di un critico sconosciuto su un magazine online quasi sconosciuto) sicuramente non aiuta la ricerca. In conclusione, Matteo, so bene che ci sono critici più “grandi” di me (sia d’età che di valore, e non c’è bisogno neanche di andare tanto in là con gli anni, basta pensare a Marchesini), e se ricordi alcuni dei miei interventi su Fuoricasa si chiedevano proprio dove fossero finiti i maestri, il problema è che sono ancora qui a chiedermelo".
Mimmo Cangiano
> La Macchia Nera n°04
2006-12-08 02:02:10|
Che tutta la rete sia "troppo qualunquista", Matteo, io non l’ho mai sostenuto (non mi permetterei mai di dare del qualunquista a un Marano, ad esempio, e tanto meno a un Giovenale, sebbene - e anzi proprio per questo! - la mia opzione stilistica personale sia molto distante da quella che entrambi sostengono).
Mi pare di aver fatto dei distinguo ben chiari, e infatti Marano l’ho citato positivamente come esempio di un sito-blog pacato, chiaro, riconoscibile, sebbene Dissidenze sia una specie di propaggine (o almeno di satellite) di un libro molto impegnativo - cioè esattamente di un prodotto "cartaceo", come scrivi tu (cioè La parola infetta, NEM 2003).
Né vorrei aver sostenuto che ogni discussione è inutile: quella fluviale di questi giorni sulla neoavanguardia è molto interessante, ad esempio (sebbene difficile, materialmente difficile da seguire). Altrettanto interessanti sono state altre discussioni su argomenti anche parecchio complessi.
Continuo a pensare, però, che non ogni discussione sia interessante, che non ogni blog sia fondamentale, e che, oltre a crederci, bisogna anche che le cose che si offrono ai lettori siano rigorose, oneste, necessarie.
Di Mimmo Cangiano, infine, ho detto solo che è un ragazzo (conosciuto praticamente tramite web) di chiara intelligenza e competenza, come può confermare, credo, chi ha letto i suoi pochi e misurati interventi in giro. Non sono certamente così ingenuo da volerlo spacciare per il nuovo critico che soppianta tutti gli altri (ho un religioso rispetto per il lavoro di chi studia e riflette da anni sulla letteratura: non temere).
Un saluto, Massimo Gezzi
> La Macchia Nera n°04
2006-12-07 17:02:36|di matteo fantuzzi
confermo quanto dice christian, casualmente ho avuto modo di parlare con diversi critici negli ultimi giorni, persone che di mimmo cangiano potrebbero essere anagraficamente padri o per lo meno fratelli maggiori, e il punto fondamentale è comprendere che non tutta la rete è luogo "troppo veloce" e "troppo qualunquista" ma che mettendosi in gioco, se ci si crede, si può fare molto. e aumenterebbe di certo la possibilità di fruizione. e quindi l’invito di christian è da seguire. non stimiamo tutti forse marano che è uno dei pochi critici che in rete ci si è messo e fa critica che non ha nulla da invidiare al cartaceo ?
> La Macchia Nera n°04
2006-12-06 12:31:33|di Christian
Scusa Giuseppe, ma sai bene che una cosa pubblicata rimane in rete ed è disponibile. Ognuno lavori seguendo le proprie urgenze, purché lavori e ci sia traccia - questo è importante.
> La Macchia Nera n°04
2006-12-06 12:26:09|di Christian
Non ho detto questo Massimo, parlo dei compartimenti stagni: dei libri se ne parla, e si leggono, c’è molto più scambio di una volta e dal mio luogo di osservazione mi ritengo abbastanza agevolato da amicizie che me li sottopongono costantemente: semplicemente non è detto che le mie urgenze siano le stesse urgenze di altri critici, nel lavoro in rete e non, ma ci sono diversi comportamenti legittimi (vedi Fantuzzi su Up ne ha parlato, ma io stesso i libri li segnalo e li utilizzo, e non solo i libri di poesia...). Quello che mi interessa è proprio il contrario di ciò che tu affermi, è il coinvolgimento: essere coinvolti significa essere nei pressi dell’opera (o dell’informazione o del dibattito...), solo chi è coinvolto può fare in profondità: qui si entra nel problema della ricezione, che non è secondo me solo passiva, ma è accogliente e propositiva. Mi ha stupito molto - sto facendo un esempio - la Prammer, che traduce Zanzotto e la Rosselli in tedesco: due anni fa a Parco Poesia, ascoltava tutti e prendeva appunti sui nomi, chiedeva informazioni su qualsiasi cosa. Secondo me questo è l’atteggiamento del critico, poi viene il resto. La rete è uno strumento utile sia per agevolare questo lavoro, tenersi aggionati e informati, sia per ricostruire quel rapporto che manca tra la critica (o il poeta) e il resto del mondo. E allora che i critici si aprano un blog (è un invito)!
> La Macchia Nera n°04
2006-12-06 12:18:48|di GiusCo
Sono d’accordo con Massimo: non si puo’ ragionare seriamente "in diretta"; posizioni maturate negli anni, sia teoriche che pratiche, lentamente soggette a revisione e confronto attraverso esami approfonditi e rigorosi, non passano nei blog. Se l’intento e’ quello di lavorare in questa direzione, i blog presentino non piu’ di un post ogni due mesi, preparato con estrema cura (a livello di saggetto accademico) e aperto a commenti impostati nel medesimo modo.
Trovo comunque ci sia una distonia di fondo: e’ chiaro che molti gestori di blog letterari, al di la’ del minor livello di approfondimento, guardino alla letteratura non solo come discorso, ma anche come performance (orale, installata, multimediale o sociale); in questo senso il blog e’ un contenitore abbastanza adatto come esempio e vetrina. Non so pero’ quanto rientrante negli interessi canonici di chi fa critica, che sono ancora e giustamente (per me) legati al discorso.
> La Macchia Nera n°04
2006-12-06 11:49:27|
Non sono molto d’accordo, Christian: secondo quel che scrivi, la letteratura sembrerebbe un serie di compartimenti stagni. Di qua i poeti, che dovrebbero fare i poeti e parlare di sé o di altri poeti; di là i critici (in senso lato, eh, non solo filologico-letterario) che dovrebbero farsi il loro lavoro per poi porgerlo ai lettori
.
Voglio dire, un libro di critica è anche un libro sulla poesia, su una concezione del fare letterario che magari anche tu, autore, condividi (oppure avversi), e che quindi potrebbe riguardarti.
Questa percezione, in gran parte dei siti e dei blog, a me sembra del tutto scomparsa, e sono portato a pensare che la sovra-informazione e l’abbaglio universalista del web contribuiscano alla distruzione del conflitto (inteso in senso fertile e dialettico. Poi certo: che chi scrive versi debba continuare a scrivere versi va da sé. Non sto sostenendo che un poeta dev’essere per forza anche un critico).
Per quanto riguarda il discorso sui "proclami": parlavo del fenomeno di ricezione, non dell’ipotesi interpretativa. Cioè, a me sta benissimo che qualcuno faccia un lavoro critico e militante (o "culturale") serio, mettiamo, sulla poesia di ricerca (o neo-neoavanguardistica? o neo-neosperimentale? o sperimentale e basta?). Non mi piace la trasformazione immediata di tale ipotesi in tesi forte da discutere (ma: su quali premesse? su quali argomenti?).
Lo scritto di Carlucci è uno scritto ben fatto che però andrebbe collocato in modo diverso, ad esempio. Non si può discutere a colpi di commenti. E non si può pretendere che, a fronte di dieci, venti blog di poesia che parlano di letteratura, uno si metta a leggere tutto e a rispondere a tutto, praticamente in diretta. Le (mie) ragioni ho cercato di spiegarle sommariamente al punto 1. Sono d’accordo con Lisa quando parla dei classici (meno male!) e della necessità di rileggerli, meditarli, dedicare loro il tempo (e il silenzio) che gli spetta.
Vedi? Ho parlato troppo.
Massimo Gezzi
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> La Macchia Nera n°04
2006-12-09 12:53:57|di Mimmo Cangiano
Luigi, ti ringrazio per l’interesse, alcune mie poesie sono nell’ultimo numero di Faranews.
mimmo