Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce

Redatta da:

Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.

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La Macchia Nera n°13

Luigi Metropoli - Le fasi embrionali

Articolo postato martedì 26 dicembre 2006
da Christian Sinicco

Christian Sinicco (CS): Parlaci dei siti e dei blog dove operi, delle loro caratteristiche, dei problemi inerenti alla fruibilità e delle statistiche, del tuo "programmarti" il lavoro. Se lo spazio che utilizzi è una tua creazione, o se è frutto di una tua idea o di un’idea condivisa con altre persone, parlaci delle tappe che hanno portato alla sua nascita e della forma che hanno preso le successive collaborazioni con altri artisti o critici.

Luigi Metropoli (LM): L’unico blog di mia creazione è www.vocativo.splinder.com. Un blog che solo a fatica definirei di poesia. Parlo di vini, di cinema, di libri, talvolta di teatro e naturalmente, con una certa frequenza, di poesia. L’idea è nata per caso e non ho mai preso il mio spazio seriamente, benché di tanto in tanto ci si possa imbattere in qualche articolo o spunto interessante. Nessun intento autocelebrativo alla base, nessuna intenzione di registrare grandi numeri, solo uno spazio da riempire con divagazioni. Tuttavia un blog “fa rete” e questo mi pare importante. Il nome del blog è di chiara ascendenza zanzottiana e infatti disseminati lungo il percorso vi sono diversi articoli dedicati al poeta veneto. Non rispetto nessuna scadenza e scrivo prevalentemente di sera, quando, finito il lavoro quotidiano, ho più spazio per me. Col tempo mi è capitato di collaborare con altri blog o siti, a vari livelli.

CS: Hai mai fatto un’inferenza sui visitatori del tuo sito? Chi credi siano, che tipologie di utenti? In che rapporti sei con i tuoi utenti? Quali argomenti maggiormente li interessano? Quali, in sostanza, le correlazioni tra la rinascita della poesia e la diffusione dell’informazione su internet?

LM: Come dicevo, non sono molto interessato ai numeri. Noto che qualcuno mi legge. Spesso si tratta di amici (conosciuti tramite la rete o da sempre, non importa). Talvolta qualche passante distratto inciampa sul fondo dissestato del vocativo. Avendo creato uno spazio molto spurio, non saprei dire quali siano gli argomenti più attraenti. A qualcuno interessa di più la poesia, a qualche altro il cinema. A me, per esempio, interessa il vino, ma mi accorgo che è un argomento perlopiù snobbato. Per quanto riguarda la poesia, posso dire, non solo per l’esperienza di blogger, che mi imbatto in persone che la amano (e la praticano), ma la frequentano con circospezione perché intimoriti dalla sua “settarietà”, dal tecnicismo... talvolta ritengono i propri strumenti e conoscenze troppo ridotti per comprenderla, per cui giova tracciare delle piccole mappe di orientamento. I blog in questo sono utili: abbattono le barriere tra docente e discente. L’ex cathedra è del tutto abolita. Lo spazio commenti disinibisce, si diventa parte attiva della creazione del testo. Non mi sento però di inneggiare ad una rinascita della poesia: sarebbe prematuro e deleterio. Più che altro bisogna riformare le scuole e le università...

CS: Parlaci dei siti che visiti di più, e dei blog sia collettivi che individuali. Quali i migliori secondo te e perché? Quale critica o pensiero, metodi di lavoro, emergono dall’impegno dei redattori degli altri spazi? Ti sei scambiato delle informazioni utili per il tuo lavoro? Hai collaborato con altri redattori? (Se sì spiegaci come, e se hai interesse in futuro a collaborare con altri redattori ipotizza quello che andresti a proporre e come lo realizzeresti).

LM: Non credo ai blog in cui il “valore espositivo” diventa paradigma di credibilità e autorevolezza. Il più delle volte si tratta di autopromozioni e arrivismo o pratiche masturbatorie dettate da un egotismo arrogante. Bisogna stare attenti anche quando si parla di blog di poesia. In Italia l’incremento del numero di bloggers è impressionante e tanti pubblicano in rete poesie proprie, racconti o vicende private con velleità letterarie. Credo che i luoghi della poesia in rete (quelli in cui la conoscenza della materia e la professionalità nel trattarla emergono chiaramente) siano una piccola percentuale. Nessuno di questi luoghi ha pretesa di esaustività né tantomeno si erge a spazio deputato al dominio assoluto della materia. La rete è una palestra di idee, sebbene in alcuni casi più che attraversamento riesce ad essere già riva (la qual cosa ci rende felici, ma giova conservare un profilo basso). Infatti blog che assumono le forme di una rivista, siti specializzati, portali letterari e riviste online si stanno assestando e sono una realtà da tenere in considerazione.
Prevedibilmente muteranno ulteriormente, ma al momento rappresentano una nuova frontiera. Tuttavia, la verità è che i pochi spazi degni sono dei fiori nel deserto. I blog che mi sento di citare sono LiberInVersi, ideato da Massimo Orgiazzi (ma che ora si avvale di diversi collaboratori), il collettivo Absolute Poetry, Fuori casa di Massari & C., La costruzione del verso di Gianfranco Fabbri, Blanc de Ta Nuque di Guglielmin, Erodiade di Passannanti e Paci, Universopoesia di Fantuzzi, Microcritica e Sequenze di Sannelli, Slow-Forward di Giovenale, il blog di Biagio Cepollaro, La poesia e lo spirito di Centofanti, naturalmente Nazione Indiana e l’imprescindibile Dissidenze di Giampiero Marano. Poi il sito Poesia da fare di Cepollaro, quello di Chiara De Luca (con annesso blog), Faranews di Ramberti. In questi spazi (con alcuni dei quali talvolta mi capita anche di collaborare) è possibile cogliere delle riflessioni che vanno ben oltre il puro piacere di scriversi addosso. Si pongono questioni importanti in un riverbero continuo tra il cartaceo e il virtuale, spesso in un prolungamento del primo e allo stesso tempo da una distanza critica; altre volte, proprio da qui nascono sollecitazioni che poi si espandono e fuoriescono dal web.
Le proposte si valutano a seconda del contesto, di indirizzi e orientamenti preesistenti, e nondimeno a seconda degli strumenti e dei supporti materiali. Il web è in continua evoluzione: è bene misurarsi con gli strumenti a disposizione. Le proposte più interessanti, forse, devono ancora maturare. Ora per quanto riguarda la rete non siamo nemmeno alla “fase dello specchio”... Comunque, rispondendo a molteplici passioni, seguo anche diversi siti specializzati in cinema e enogastronomia.

CS: Che importanza riveste il dibattito culturale, anche in rete, o il pensiero critico sulla contemporaneità nella tua realtà di artista e di operatore culturale? Quali i temi che hai affrontato o i problemi che hai contribuito a risolvere? Quali le tue linee guida oggi, e le tematiche che affronteresti con urgenza?

LM: Per me è fondamentale rifondare il critico militante tanto quanto è importante promuovere i poeti. I critici più attenti oggi nascono in seno alla poesia stessa: Cepollaro, Giovenale, Sannelli, Guglielmin e molti altri che coltivano stili e approcci personalissimi nel fare critica... Questa ovviamente non è una novità (in Italia abbiamo avuto il caso illustre di Montale, tanto per citare il più noto). Il punto, più che altro, è che in ambienti accademici si parla troppo poco di poesia italiana attuale (ma del resto ciò che è istituzione è per sua costituzione lenta ad aggiornarsi), per cui restano alcune riviste (il più di esse invisibili, o quasi) e infine il web a porre domande, senza dare nulla per scontato e senza rimuovere la questione o banalizzarla. Altro capitolo è quello di Dissidenze di Giampiero Marano, che riesce brillantemente a coniugare poesia e temi relativi alla società, la politica, l’ambiente, l’uomo nella sua interezza, per canali e accostamenti piuttosto inediti. Marano pone l’attenzione sull’adiacenza della poesia alla terra madre e sul suo essere fondamento antropologico, caratteristiche occultate nel tempo, specie nell’era dell’utilitarismo esasperato e del consumismo in cui l’emarginazione della poesia è totale: arte come margine e, in quanto tale, dissidenza. Dissidenze propone il recupero di articoli, pubblicazione di testi poetici. Più che un blog è una vera e propria rivista nonché deposito dinamico di pensiero critico.
Altro tema fondamentale: la poesia e il pubblico e, di conseguenza, la poesia e l’editoria. Cepollaro si è spinto fino alla creazione di una editrice online, che opera gratuitamente e permette di scaricare e-book, riviste, ristampe di libri introvabili...
Dal web nascono proposte alternative che col tempo indurranno i canali tradizionali a riformulare i propri criteri di operare: è solo questione di tempo. Essere scettici vuol dire essere miopi. Nei casi migliori, nei blog nascono anche dibattiti interessanti (i limiti restano, ovviamente, le intrusioni dei troll, la troppa accondiscendenza o l’eccessiva vivacità del dibattito). Quando una Nazione Indiana costringere a scendere in “rete” critici consacrati della carta stampata c’è da chiedersi con più attenzione se qualcosa non sia già cambiato in modo irreversibile.

CS: Si parla spesso di migliorare la qualità dell’informazione, la comunicazione o il dibattito della poesia in rete, ma i siti non sono molto attrezzati dal punto di vista della multimedialità e sui blog - anche se ciò non accade solo su internet - prevalgono spesso linee oltranziste, si configurano lobby o gruppi di interesse. Quali i problemi della riconoscibilità sociale del poeta in internet? E, dal punto di vista sociale o sociologico, quali a tuo avviso vantaggi e svantaggi che il web ha portato alla poesia e ai poeti? Cosa infine è stato di supporto alla tua attività, anche per ciò che concerne l’autopromozione?

LM: Il web è appena in fase embrionale e quel che viene fuori adesso è solo una manifestazione minima delle possibilità espressive del futuro. Sono anni luce distante da chi suona il de profundis ai blog. Il blog è appena nato come strumento di informazione e diffusione. Maggiormente lo adoperiamo come un medium paragonabile a quelli pre-esistenti, una sorta di foglio virtuale e nulla più, mentre invece già si compone come ipertesto sinestetico: foto, audio, scrittura. In direzione della tematizzazione (almeno parziale) dello strumento, con volontà “semantiche”, si muove PoEcast di Della Mea. Tuttavia la piena coscienza del mezzo è ancora tutta da attendere. Dal punto di vista espressivo il medium non ha ancora inciso sul messaggio, per dirla alla Mc Luhan. La poesia futura cambierà molto e cambierà a causa del web. Eppure qualcosa già si muove (gli esperimenti di Giovenale con la google poetry e il cut up è già un passo, la poesia di Giuseppe Cornacchia muove in direzioni simili, così come alcune sperimentazioni recentissime di Adriano Padua). Si pensi, per esempio, alle prime piccole destabilizzazioni nel fare poesia: la perdita della “traccia”, in un mutamento strutturale del segno, per coloro che compongono direttamente online (si vedano annessi e connessi problemi filologici: sarà del tutto da reinventare la filologia dei futuri testi, la cui origine è il loro farsi online, nell’oblio più assoluto del punto di partenza del componimento), alla smaterializzazione e dispersione dell’io per far posto ad un’identità che si configura come plurale anche all’interno delle strutture tradizionali. Al momento ciò che cambia, più che la forma in senso stretto è la relazione tra le parti (io, tradizione, linguaggio) e le modalità di fruizione: la poesia-dono e il bisogno di comunità sembrano essere patrimonio di molti dei poeti che navigano tra blog di poesia e siti specializzati (paradossalmente si sta anche cercando di guadagnare l’umano per la via più difficile, la rete, individuandola forse come spazio franco, massimamente democratico e ancora svincolato da sistemi di poteri forti: in qualche modo il non-luogo dell’esperienza artistica).
Non credo si possa parlare di vantaggi o svantaggi: si rischia di scadere nella banalizzazione reale vs virtuale. Il web è un fatto e in quanto tale accade. Di certo, si è venuto a configurare uno spazio che si oppone a quelli tradizionali, generando dei conflitti che, sebbene oggi solo in parte visibili, incideranno profondamente nel dibattito sulla poesia e nel tessuto sociale. Spesso, infatti, il web è una periferia, una nuova banlieu in cui si rifugiano degli “esuli”: questo accade per fuoriuscire da sistemi di lobby, e creare nuove comunità autonome, spesso di opposizione o, almeno, di pensiero critico. Il poeta ama i margini. Non può essere altrimenti. Più che di autopromozione si tratta di rifondare uno spazio comunitario e di condivisione. Tuttavia il poeta è, per natura, un po’ narciso, altrimenti terrebbe i suoi scritti per sé. Il web potrebbe essere, in questo caso, una prima occasione di pubblicazione (qui il pericolo di considerarsi “arrivati”). All’opposto, chi scrive poesie, come dicevo, coltiva i margini, così preferisce anche appartarsi e, di conseguenza, il web potrebbe essere un nuovo approdo e una nuova esperienza (si veda il caso di Cepollaro e del suo abbandono, al momento definitivo, del cartaceo; caso questo che non smetterò mai di citare).

CS: Che importanza riveste su internet il lavoro di "mappatura" delle esperienze poetiche? E’ possibile tracciare un primo bilancio, critico e di autori, e quali le sue eventuali implicazioni a 360°? Quali gli autori interessanti che hai potuto leggere in rete e che ti sentiresti di promuovere anche in altri contesti, alzando la qualità della poesia nelle sue manifestazioni? (Indica i contesti - reading, performance, dibattiti, spettacoli, happening, installazioni... -, indica gli autori e motiva le tue scelte).

LM: Il web è una parte del tutto, non il tutto, almeno per il momento... Lavori importanti proposti da Massimo Orgiazzi e da Gianfranco Fabbri sono significativi, ma non possono rispondere a criteri di esaustività: è possibile includere un gran numero di poeti, ma molti di quelli che vedono i blog e il web con sospetto restano ovviamente fuori dalla mappatura su internet. Stefano Guglielmin, a sua volta, propone degli autori dimenticati, il più delle volte non più operanti (ma quest’ultima più che mappatura è già un lavoro orientato, discriminante: si pone già ad uno stadio successivo, perché presume un numero di poeti già noti e quindi non adatti al percorso proposto dal curatore). Sono lavori che fanno da pendant alle antologie e riviste cartacee, dove spesso si assiste a consorterie e/o, nei casi meno terribili, a comunanze teorico-poetiche tra i curatori e i poeti. Con ciò non voglio dire che internet è un luogo puro. Non lo è affatto e, anzi, spesso ripropone gli stessi schemi del cartaceo, inciampando negli stessi errori.
La mappatura di un fenomeno in corso è sempre difficile; certo LiberInVersi, La costruzione del verso, Blanc de Ta Nuque dispongono di una discreta banca dati: è un punto da cui partire. Al lavoro di mappatura, che è fondamentalmente sociologico, dovrebbe seguire quello del critico (il cui approccio è vincolato squisitamente ai testi). Ma quale sarebbe il fine? Creare nuove, ulteriori antologie? Si compie un lavoro di selezione rispondente a quale criterio? Sarebbe prioritario ridefinire il ruolo del critico, cercando di non ricadere nel pantano delle teorie preconfezionate. Il critico non dovrebbe essere più chi, rispondendo a criteri prestabiliti, sceglie, seleziona e scarta, bensì chi si avvicina ai testi “con soggezione”, evitando di appropriarsene: il testo è l’incontro, non un oggetto di cui determinare l’appartenenza.
Rispondendo alle altre domande, in rete ho conosciuto alcuni poeti di grande spessore (e di grande umanità). Devo dire che da questo punto di vista sono stato fortunato. Gli incontri con i testi e con le persone in carne e ossa sono stati tanti, molti di questi fondamentali. Tutti quelli citati in precedenza (il più delle volte anche bloggers) sono da seguire. Un poeta “nato” su internet, di talento, è Adriano Padua, uno dei curatori di Absolute Poetry: i suoi orientamenti si dirigono verso una poesia ad alto tasso di sperimentazione (e credo che non possa essere altrimenti per uno che muove proprio dalla rete). Mi sentirei di citare, poi, un poeta e intellettuale che è un outsider, sebbene abbia diverse “pesanti” pubblicazioni alle spalle: Francesco Marotta. Per persone come lui e come Giuliano Mesa (nome imprescindibile) vale il concetto di poesia semi-clandestina, specie per questo scorcio di tempo del loro impegno poetico-intellettuale. Ecco, la buona poesia si fa soprattutto in silenzio. È chiaro che gioverebbe a tutti organizzare manifestazioni ben curate per promuovere la poesia, uscire dal web, ma il fine DEVE essere la poesia, non altro.

La Macchia Nera n.01. Massimo Sannelli

La Macchia Nera n.02. Sebastiano Aglieco

La Macchia Nera n.03. Tommaso Lisa

La Macchia Nera n.04. Massimo Gezzi

La Macchia Nera n.05. Matteo Fantuzzi

La Macchia Nera n.06. Cristina Babino

La Macchia Nera n.07. Alessandro Ansuini

La Macchia Nera n.08. Massimo Orgiazzi

La Macchia Nera n.09. Giampiero Marano

La Macchia Nera n.10. Erminia Passannanti

La Macchia Nera n.11. Silvia Molesini

La Macchia Nera n.12. Stefano Guglielmin

21 commenti a questo articolo

> La Macchia Nera n°13
2007-01-08 23:18:30|di Marco ::: sf

uso tutti i mezzi possibili, per l’annotazione, la prima stesura e articolazione, la scrittura, o la trascrizione e la citazione: uso la matita, la carta, la penna, il pennarello, il palmare, il pc, il blog, la schermata wordpad txt, l’editor di jpg, l’email o l’sms (autospedendomi in volata appunti che rischierei di perdere). se ultimamente non uso quasi mai la macchina da scrivere è solo per difficoltà logistiche in casa.

posso fare cut-up trascrivendo frammenti con la stilografica o comporre
direttamente ’lirica’ o narrazione apparentemente classica usando il
palmare.

il lavoro successivo di elaborazione (a volte minima o nulla, a volte
pesantissima) dei materiali, e la loro collocazione in architetture più ampie
(o anche la loro cancellazione) sono in linea di massima momenti demandati al passaggio al pc ma anche al palmare.

i ’nuovi strumenti’ li ho presi e appresi, mi sono sicuramente & decisamente gettato sui new media (?si dice?) con interesse assoluto. ma certo
un’impronta [tipografica!] forte me l’ha trasmessa la civiltà gutenberghiana. di qui la tendenza a una limitazione delle tentazioni di variare indefinitamente un testo; e anzi la tensione alla lectio ne
varietur.


> La Macchia Nera n°13
2006-12-29 10:29:43|di vocativo

vedo che dei poeti hanno già risposto sul loro modo di operare trovandosi di fronte allo schermo.

Come scrivevo in uno dei commenti, sono molto affezionato ad un libro L’estetica dei media, di Mario Costa, che consiglierei a Nacci di leggere. LO troverebbe senza dubbio interessante.

un caro saluto e un grazie a coloro che si sono fermati a leggere. Un grazie anche per gli apprezzamenti e per gli appunti.


> La Macchia Nera n°13
2006-12-28 16:31:52|di erminia

Ripeto: in senso comparativo, ma senza per questo sminuire nessuno dei partecipanti, me compresa, quello di Luigi è uno dei migliori interventi in assoluto: sobrio, e al contempo appassionato, ma dotato di lucida competenza.

Intenso sul piano delle conoscenze teoriche ed intimo su quello di chi scrive a stretto contatto con chi produce poesia oggi in rete.

Ancora più prezioso perchè viene appunto da una persona che non è poeta, ma che i poeti li osserva con acume e delicatezza: una mente aggraziata, davvero.

Giovane e anzi giovanissimo, uomo di misura e stile, dottorando dotato, da cui è legittimo aspettarsi egregie cose. Sottoscivo quasi tutto quello che qui egli sostiene.

Rispondendo a Nacci: anche io scrivo solo e sempre al PC, l’abuso del quale mi ha incapacitato ormai a concepire l’uso della penna, con la quale a stento appongo la firma a documenti ufficiali, ma in modo evidentememte meno persuasivo che in passato, per cui spesso le mie firme sono dissimili e non coincidono....alla verifica.

erminia


> La Macchia Nera n°13
2006-12-28 13:23:56|di Gabriele Pepe

Sono anni che scrivo esclusivamente al pc, anzi con penna e foglio cartaceo ormai non ci riesco più e questo forse è un male.

Caro Luigi è esattamente quello che volevo specificare. Se posso portarmi ad esempio ho scritto parecchie cose con il contributo del traduttore altavista. Prima un testo molto elaborato poi tradotto in varie lingue fino a ritornare all’italiano. Quel guazzabuglio diventa così una nuova base di partenza. La coscienza in quel caos riesce sempre a trovare spunti e correlazioni, idee e folgorazioni. Quindi anche se il risultato finale è scritto in versi apparentemente tradizionali la procedura è del tutto anomala. Ma ho usato anche altre tecniche sempre con l’aiuto del pc e la rete.

Insomma l’elettronica e la rete influenzano e influenzeranno sempre di più le varie tipologie di scrittura ed è questa indagine che andrebbe approfondita.

pepe


> La Macchia Nera n°13
2006-12-28 12:34:37|

Segnalo che la Paris Review (www.parisreview.com) sta rilasciando in .pdf il suo cinquantennale archivio di interviste agli autori: voglio dire, il meglio dei blog ancora non coincide con il meglio della rete, anche se l’esperimento di Cepollaro va in quella direzione. Saluti.


GiusCo

> La Macchia Nera n°13
2006-12-28 09:02:15|di gugl

anch’io ho abbandonato la penna, in effetti. Credo tuttavia che, dopo un po’, lo sfondo bianco elettronico, la tastiera, la verticalità della postura passino sullo sfondo, diventino un "residuo fenomelologico", per dirla con Husserl, tuttavia ’a bassa intensità semantica’, dal quale l’atto creativo in gran parte prescinde, per concentrarsi nel buio della parola-che-chiama. In altri termini (e per me) il mezzo agevola i passaggi intermedi (scrivere, cancellare, spostare eccetera), ma influisce solo in minima parte nella stesura definitiva del testo (in ogni caso, è un’influenza che passa a livello inconscio). Semmai, la rete mi aiuta a far girare velocemente inediti e a sentire i commenti, questi sì utilissimi per ritarare il tiro.


http://golfedombre.blogspot.com/

> La Macchia Nera n°13
2006-12-27 22:32:34|di lorenzo

alla domanda di nacci rispondo - spero brevemente - con la mia esperienza: ho cominciato a scrivere al computer nel 1999 mentre scrivevo la tesi di laurea. lavoravo in’aula computer che a una cert’ora chiudeva e non si poteva più uscire e quindi spesso ci passavo la notte. allora ho cominciato ad andare in chat e l’influenza principale che l’uso del pc ha avuto sulla mia scrittura viene proprio da quel periodo di chat. come descriverla? credo che l’essenziale fosse questo: necessità di convogliare tutto attraverso lo scritto (pause, tono, espressioni del viso, connotazioni), in modo estremamente rapido, sulla soglia dell’irriflesso. anche: presenza di un altro individuo in tempo reale all’altro capo del "filo", dunque necessità di una scrittura capace di tenere alta l’attenzione di un individuo umano che offre una attenzione generica a una molteplicità di interlocutori. formalmente, che effetto ha avuto? nessuna deriva - forse paradossalmente -
verso la paratassi, anzi, un uso massiccio dell’ipotassi, non ’ricercata’ ma naturale (sempre scrivendo molto rapidamente), e un esercizio di ascolto dei ritmi dell’attenzione umana e del dialogo naturale (ma trasferito in scrittura, anzi, in letteratura). non dialogo quotidiano, ma dialogo letterario, perché l’unico modo di riuscire una comunicazione in un ambiente del genere è quello di cercare di utilizzare tutta la potenza della lingua, perché vi è solo la lingua.
mi fermo qui, con il timore di annoiare. spero di aver detto cose sensate. da quell’esperienza sono nate delle "favole ungheresi", in gran parte scritte "in tempo reale" in chat. subito dopo, un lungo testo metà in italiano metà in inglese chiamato "the cycle of judah".
anche nelle cose che ho molto più recentemente scritto (dialoghi e soliloqui) credo si senta un’eco di quel periodo, benché questi ultimi testi siano stati scritti in totale solitudine, e senza "connessione" alcuna con un interlocutore reale.

lorenzo


> La Macchia Nera n°13
2006-12-27 21:21:23|di vocativo

Naturalmente prendevo in considerazione altre generazioni rispetto a quella di Luperini, così come parlo di altri poeti e non di Sanguineti, tanto per fare un nome a caso. Luperini ha reso centrale nella sua riflessione il discorso sul ruolo del critico militante da diversi decenni (c’è un libricino di Mancorda uscito da poco, Apologia del critico militante; c’è una sezione su Atelier, dedicata a questo problema da qualche tempo). Voglio dire, non che manchi il dibattito, ma si faccia in modo di estenderlo ulteriormente. Tutto qui.

Per Luigi (Nacci), mi vengono sempre in mente le teorie di Mario Costa quando mi trovo di fronte a domande del genere...

Comunque, rimando a domani per una risposta meglio centrata.

ciao a tutti


> La Macchia Nera n°13
2006-12-27 21:03:37|di Luigi Nacci

Sullo scrivere al pc:

anch’io sono anni che scrivo solo al computer, sia poesia che prosa. Ho scritto di tutto, dalla lirica egotica al poemetto cacofonico, passando per gli esercizi metrici puntuali e il verso libero-lunghissimo. E dunque, prendo spunto da quanto detto e mi(ti/ci/vi) domando: il mezzo determina/contamina/trasforma la scrittura, o no? e se sì, come? (domanda per nulla nuova, anzi, scontata e retrò, ma mi pare ci sia un buon clima per parlarne informalmente)


> La Macchia Nera n°13
2006-12-27 20:38:00|

Romano Luperini è critico-critico. Ancora vivo e vegeto?


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