Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Christian Sinicco (CS): Parlaci dei siti e dei blog dove operi, delle loro caratteristiche, dei problemi inerenti alla fruibilità e delle statistiche, del tuo "programmarti" il lavoro. Se lo spazio che utilizzi è una tua creazione, o se è frutto di una tua idea o di un’idea condivisa con altre persone, parlaci delle tappe che hanno portato alla sua nascita e della forma che hanno preso le successive collaborazioni con altri artisti o critici.
Davide Nota (DN): Ho iniziato con il blog relativo alla rivista cartacea “La Gru” assieme ai miei amici Daniele De Angelis, Loris Ferri, Stefano Sanchini, Gianluca Pulsoni e Riccardo Fabiani. È stata un’esperienza in cui ho creduto molto e che speravo potesse svilupparsi. Tra i progetti quello di trasformare il blog in un portale di pensiero e confronto a 360 gradi, tra indagine politica, riflessione filosofica e proposta artistica: una specie di Politecnico on line, sull’esempio organizzativo di Nazione Indiana o di Absolute Poetry. Invece proprio sul più bello ci sono stati tolti i fondi e l’intera redazione è stata vittima di ritorsioni politiche correlate di avvisi di garanzia per “diffamazione” e “minacce aggravate” (a causa di un sito di satira politica collegato alla nostra associazione) da parte di un senatore della repubblica in quota UDC: naturalmente un caso mediatico montato ad arte dai politicanti locali che hanno preso la palla al balzo per schiacciare il nostro gruppo. La destra di provincia non ha ancora imparato il significato di termini quali democrazia e repubblica. In questo clima, dalle ceneri de “La Gru,” quindi da un’esigenza comunicativa frustrata, è nata la mia vera e propria esperienza on line, il blog “Carta sporca”, dove ho continuato a pubblicare interventi, articoli e testi poetici miei o di amici poeti già noti come Andrea Ponso, Danni Antonello, Flavio Santi, Enrico Piergallini o letteralmente sconosciuti come Emiliano Michelini, Simone Lago e Augusto Amabili, che non hanno ancora pubblicato nessun libro ma sono molto bravi. L’apertura del blog è stata inizialmente una reazione impulsiva e del tutto personale nei confronti del potere lobbistico di provincia. In seguito ho capito che avere un blog tutto mio mi avrebbe consentito, a livello nazionale, di alzare il tiro e permettermi invettive più sfacciate e teppistiche senza che altri ne pagassero il pegno, come è successo ad esempio dopo il mio intervento su “Universopoesia” che fece andare su tutte le furie Lello Voce. Il lavoro non lo programmo, non ho nessun metodo. Non mi considero un intellettuale ma un poeta di venticinque anni che crede di avere qualcosa di molto personale da dire sopra la realtà e sopra la poesia. Gli spunti per maturare intuizioni non mancano (viviamo in un periodo molto particolare della storia dell’umanità) quindi almeno una volta a settimana sento la necessità di mettere per iscritto ciò che credo sia davvero urgente dire. Se questi frammenti stanno delineando una linea coerente, un mio preciso discorso, non sono ancora in grado di dirlo, e forse per ora preferisco non saperlo. Ci sono senza dubbio le mie scelte, i miei gusti, le mie necessità ed esigenze espressive. Ho la sensazione che queste siano condivise da molti altri poeti, artisti e intellettuali, tanto che allargherò a breve la direzione di “Carta sporca”, divenendone un semplice redattore. In fin dei conti la mia ossessione organizzativa è sempre e solo la risposta ad una carenza. Chissà che nei prossimi anni non si possa riprendere un percorso comune davvero importante, unire le forze per un’operazione culturale indipendente dai ricatti finanziari e dai mecenatismi critici, universitari ed editoriali. Bisognerebbe davvero aprire un Nuovo Politecnico on line, con molte sfumature ma una precisa direzione, quella dell’umanesimo impuro, da Saba a Pasolini, da Campana a Santi, della voce poetica sporca come forma di resistenza all’inautentico sociale, contro ogni idea di post-umano e naturalmente contro ogni tentazione neo-cruschiana. In Italia gli unici intellettuali non poeti che hanno avuto la capacità di capire e difendere teoricamente questa linea sono stati lo storico marxista Luigi Alberto Sanchi, il professore Mario Nicolao e Gianluca Pulsoni, un giovanissimo studioso di Nietzsche e Colli. Questa differenza culturale è anche l’apertura di dibattito che auspico per un futuro progetto.
CS: Hai mai fatto un’inferenza sui visitatori del tuo sito? Chi credi siano, che tipologie di utenti? In che rapporti sei con i tuoi utenti? Quali argomenti maggiormente li interessano? Quali, in sostanza, le correlazioni tra la rinascita della poesia e la diffusione dell’informazione su internet?
DN: Ad Ascoli Piceno “Carta sporca” è molto letto dai giovani ragazzi di venti o trent’anni. Ascoli Piceno è una città molto strana, secolarmente oscurata e soffocata da un potere clerical-fascista che si è trasformato nella prima repubblica in un perenne governo DC-MSI ed ora in un sicuro dominio UDC-AN, che oltre a stadio, neo-fascismo, fabbrica, eroina e bar non è riuscito ad offrire nient’altro alle ultime due o tre generazioni, sbandate e senza prospettive. Allo stesso tempo i giovani di Ascoli sono molto sensibili e intelligenti, soprattutto molto educati alla ricezione artistica e poetica. Organizzare una lettura ad Ascoli Piceno significa fare spesso un pienone di ragazze e ragazzi magari estranei all’ambiente ma molto partecipi, e non solo di future professoresse o specialisti delle lettere come capita altrove. Forse qui c’è davvero bisogno di poesia. Quindi metà del mio pubblico immaginario è formato da questa platea di non addetti ai lavori a cui sono molto affezionato. Non dimentichiamo che una poesia come quella di Augusto Amabili nasce nel ventre dei bar della provincia ascolana, ed è in questo clima che io stesso vivo e scrivo. L’altra metà del mio pubblico è composto invece da poeti italiani che sperano si possa fare ancora qualcosa per liberare la poesia dal tanfo delle università. In Italia se non si fa arte alla maniera degli affermati è quasi impossibile pubblicare: bisogna sapersi organizzare in proprio, unire le forze. Io sono ottimista. La gioventù italiana è meravigliosa e la letteratura ha bisogno della sua forza. Non lasciamo la poesia in mano ai professori, non lasciamo la tradizione in mano ai bacchettoni. Internet, che come un grande bar è fatto di discussioni interessanti come di grandi sbronze e scazzottate, può senza dubbio rivitalizzare l’ambiente: lo sta già facendo. Ma è nelle cose della realtà, non occorrono grandi teorie o discussioni.
CS: Parlaci dei siti che visiti di più, e dei blog sia collettivi che individuali. Quali i migliori secondo te e perché? Quale critica o pensiero, metodi di lavoro, emergono dall’impegno dei redattori degli altri spazi? Ti sei scambiato delle informazioni utili per il tuo lavoro? Hai collaborato con altri redattori? (Se sì spiegaci come, e se hai interesse in futuro a collaborare con altri redattori ipotizza quello che andresti a proporre e come lo realizzeresti).
DN: Se devo fare dei nomi, naturalmente UniversoPoesia di Matteo Fantuzzi, Absolute Poetry, Nazione Indiana, FuoriCasa di Sissa e Massari, Dissidenze. Poi certamente anche altri blog personali, come i blog di Stefano Guglielmin, Luciano Pagano, Biagio Cepollaro, Fabbri, Davoli... L’idea di PoeCast è ottima, si arriverà forse a costruire un unico meta-blog? Ma il problema oggi non è quello della quantità (di utenti, di interventi, di redattori) quanto della direzione. A che pro gestire un portale pur molto visitato che però in definitiva non ha niente da dire perché ogni intervento nullifica il precedente? È l’ideologia della comunicazione contestata da Perniola in “Contro la comunicazione” (Einaudi) a cui abbiamo anche dedicato un importante numero de “La Gru”. Vedo che l’ala neo-spiritualista di Orgiazzi, Manzoni e di don Fabrizio Centofanti ha saputo reagire bene a questa sfida e fondare “L’attenzione”, che è una rivista on line di linea come era a suo modo “La Gru”: rivista-movimento e progetto culturale. Ecco, dopo il naufragio del pensiero debole, delle antologie e dei festival buonisti, è forse il momento di ricostituirsi in gruppi di pensiero e litigare. Litigare fa sempre bene. Io auspico e invoco nei prossimi anni l’apertura di una rivista con fratelli di sangue come Santi, Piergallini, Fantuzzi. Non solo: si dovrebbe in realtà tentare di ricucire la frattura neo-avanguardista, riunendo la grande famiglia dell’opposizione umanista in una nuova Officina che comprenda tutte le eredità teoriche e poetiche: da Pasolini a Leonetti, da Roversi a Fortini. Questo significa pensare di unire in una stessa redazione Flavio Santi, Enrico Piergallini, Massimo Gezzi e Marco Giovenale... Impossibile?
CS: Che importanza riveste il dibattito culturale, anche in rete, o il pensiero critico sulla contemporaneità nella tua realtà di artista e di operatore culturale? Quali i temi che hai affrontato o i problemi che hai contribuito a risolvere? Quali le tue linee guida oggi, e le tematiche che affronteresti con urgenza?
DN: Questa è una domanda molto personale a cui non posso rispondere che da poeta. Il dibattito culturale non credo influenzi direttamente il proprio modo di fare poesia e a volte avviene proprio il contrario. La poesia determina la poetica e non viceversa, così come molte posizioni politiche o semplicemente “culturali” un poeta le scopre scrivendo una poesia e non ragionando attorno a un tema. Io do ragione a Esenin quando afferma che la poesia deve essere “stupida”. Ma essere stupidi non vuol dire essere superficiali: vuol dire essere talmente convinti della propria “intuizione” da non aver bisogno di argomentazioni. Una siepe illumina Leopardi sull’infinito, e non c’è bisogno di consultare l’enciclopedia: ogni pezzo di terra battuta sa istruire il poeta più di un corso universitario. A parte queste considerazioni di carattere tecnico, che riguardano cioè l’esperienza di scrittura, naturalmente l’esperienza quotidiana dello studio, come ogni altra esperienza empirica (libro è oggetto), agisce sulla propria visione e dunque sulla propria musicalità (pensiero, spiega Agamben, è musica). La fisica quantistica la si scopre altrettanto naturalmente: nell’istante dell’intuizione poetica ogni elemento elementare è ovunque, cosicchè è impossibile pensare di guardare un albero senza stare guardando non solo sé stessi come Baudelaire ma anche ogni altra cosa al di là del soggetto e dell’oggetto. Io tocco una pietra e sto sfiorando la fronte di un marine agonizzante in Iraq. Ecco, proseguendo questo discorso si può affermare che non è possibile scrivere una poesia su una pratolina senza per lo meno intuire cosa stia accadendo al mondo in cui è nata. Per approfondire questa intuizione naturale e poetica lo studio della storia contemporanea è un validissimo strumento cosicchè si arrivi a capire che “ogni oggetto” è non tanto il soggetto proiettato quanto “ogni altro oggetto”. Io e Non-io non esistono più. Dire “ogni altro è lo stesso io” (formula espressa proprio su L’attenzione) ha questo senso. Non capisco come si possa ridurre questo mio approccio con il reale a poesia “civile” o “neo-realistica” (con tutto il rispetto che ho per questi due generi, che spesso utilizzo come inserti). La parzialità sta piuttosto in chi vuole negarmi la possibilità di inglobare nel mio getto musicale quanta più esistenza possibile.
CS: Si parla spesso di migliorare la qualità dell’informazione, la comunicazione o il dibattito della poesia in rete, ma i siti non sono molto attrezzati dal punto di vista della multimedialità e sui blog - anche se ciò non accade solo su internet - prevalgono spesso linee oltranziste, si configurano lobby o gruppi di interesse. Quali i problemi della riconoscibilità sociale del poeta in internet? E, dal punto di vista sociale o sociologico, quali a tuo avviso vantaggi e svantaggi che il web ha portato alla poesia e ai poeti? Cosa infine è stato di supporto alla tua attività, anche per ciò che concerne l’autopromozione?
DN: Come ho già detto credo che questo ritorno a gruppi di pensiero sia un bene, dopo il naufragio buonista dell’ultimo decennio che francamente umilia la poesia ad una sorta di intrattenimento acritico, quindi credo che naturalmente anche nella rete si andrà verso la formazione di meta-blog o portali di direzione. Il mio “Carta sporca” ad esempio potrebbe benissimo funzionare come rubrica settimanale all’interno di un ipotetico quotidiano on line di politica e cultura d’opposizione e credo che in linea di massima si andrà verso questa direzione. L’unione di affini è anch’essa un’esigenza naturale e non ha niente a che vedere con il calcoletto dell’inserimento. Quest’ultimo appartiene piuttosto alla logica delle lobby e dei gruppi pilotati da qualche poeta affermato che istiga mediante facili pubblicazioni i giovani poeti a perdere di vista le proprie esigenze espressive cioè a vendere l’anima della poesia al demonio della poetica. In questo senso l’utilizzo di internet può essere senza dubbio d’aiuto, per lo meno come forma di emancipazione dell’individuo dal baronato regionale. Oggi ad esempio qualunque giovane poeta di provincia può confrontarsi con diverse realtà nazionali e intraprendere un cammino più personale, inviare testi, litigare, e questo è un bene che va nella direzione del creolo stilistico. Ma prima naturalmente si devono leggere i classici: le tragedie greche, i poeti latini e la poesia italiana da Jacopo da Lentini a Leopardi.
CS: Che importanza riveste su internet il lavoro di "mappatura" delle esperienze poetiche? E’ possibile tracciare un primo bilancio, critico e di autori, e quali le sue eventuali implicazioni a 360°? Quali gli autori interessanti che hai potuto leggere in rete e che ti sentiresti di promuovere anche in altri contesti, alzando la qualità della poesia nelle sue manifestazioni? (Indica i contesti - reading, performance, dibattiti, spettacoli, happening, installazioni... -, indica gli autori e motiva le tue scelte).
DN: La rete è un dato di fatto, uno strumento reale come molti altri: né da mitizzare né da irridere aprioristicamente. Forse ancora spaventa il concetto di labrinto ipertestuale e l’altra faccia del rigetto bacchettone è proprio questa deificazione futurista: atteggiamento che mi lascia sinceramente perplesso. Io faccio poesia ed internet è solo uno strumento di cui mi servo, non di certo un ideale tecno-pagano. Certamente come si è cantato l’odore dell’inchiostro si canteranno i byte, ma lasciamo che la poesia venga da sé, non ostentiamo un irreale modernismo da antologia. Per rispondere alla tua domanda, realtà entusiasmanti sinceramente non ne ho trovate. Proprio per questo ho sempre sentito la necessità di ritagliarmi degli spazi molto personali che potessero servire anche da richiamo per i miei fratelli immaginari. Autori che non conoscevo e a cui mi sono avvicinato grazie alla rete sono pochi: fondamentalmente solo Massimo Sannelli e Biagio Cepollaro (il cui ultimo percorso on line apre davvero orizzonti insperati). Per il resto sono entrato in contatto con vari gruppi senza riscontrare idee di particolare interesse, ma questa è naturalmente una posizione di parte. Il problema della mappatura, che sinceramente non mi riguarda, non può basarsi sulle realtà presenti in rete. Ci sono poeti importanti ed anche molto attivi di cui internet non dà traccia (Piergallini, Bajec, Brancale) e questo significa che c’è ancora molto lavoro da fare per una vera e propria mappatura che non sia solo un compromesso tra gruppi di tendenza. C’è bisogno di un ricerca antropologica sul campo, di scoprire sfumature non riscontrabili in rete. Una proposta: dividiamoci in gruppi provinciali di lavoro, ogni gruppo stili una propria mappatura locale, poi proviamo ad unire i risultati. Un’altra idea: apriamo un sito collettivo e formiamo un archivio delle pubblicazioni di poesia italiana degli ultimi dieci anni ordinate per anno e mese: plaquette, libri ed e-book. Daremmo vita alla più grande bibliografia al mondo di poesia contemporanea.
La Macchia Nera n.01. Massimo Sannelli
La Macchia Nera n.02. Sebastiano Aglieco
La Macchia Nera n.03. Tommaso Lisa
La Macchia Nera n.04. Massimo Gezzi
La Macchia Nera n.05. Matteo Fantuzzi
La Macchia Nera n.06. Cristina Babino
La Macchia Nera n.07. Alessandro Ansuini
La Macchia Nera n.08. Massimo Orgiazzi
La Macchia Nera n.09. Giampiero Marano
La Macchia Nera n.10. Erminia Passannanti
La Macchia Nera n.11. Silvia Molesini
La Macchia Nera n.12. Stefano Guglielmin
La Macchia Nera n.13. Luigi Metropoli
La Macchia Nera n.14. Manila Benedetto
La Macchia Nera n.15. Stefano Massari
La Macchia Nera n.16. Rossano Astremo
La Macchia Nera n.17. Luciano Pagano
91 commenti a questo articolo
> La Macchia Nera n°18
2007-01-11 17:11:57|di erminia
grazie stefano della specificazione. Stiamo continuando la discussione su erodiade. All welcome.
Per tornare indietro, quello che comunque va combattuta è, come suggerivo all’inizio del mio intervento sulla natura stessa del post di Davide, è la persistenza e il mantenimento volontario(e non) dei “cultural stereotypes " patriarcali nella società italiana, qui ad opera proprio degli artisti che, come qualsiasi volgare uomo di partito, non vogliono mollare appunto lo prototipo del maschio come unico incontrastato produttore di significati.
E’ chiaro a chiunque sia stato fuori dall’Italia, in Paesi civilizzati e progressisti, che questa tendenza è del tutto inaccettabile altrove: il non citare donne e il non contemplare la loro opera e presenza, l’ orientare il discorso in senso stagnantemente maschilista taglierebbe la persona colpevole di questa mancanza inesorabilmente FUORI da qualsiasi politica o discorso contemporaneo.
grazie stefano della specificazione. Stiamo continuando la discussione su erodiade. All welcome.
Per tornare indietro, quello che comunque va combattuta, come suggerivo all’inizio del mio intervento nell’intervista di Davide, è la persistenza e il mantenimento volontario(e non) dei “cultural stereotypes " patriarcali nella società italiana, qui ad opera proprio degli artisti che, come qualsiasi volgare uomo di partito, non vogliono mollare appunto lo prototipo del maschio come unico incontrastato produttore di significati.
E’ chiaro a chiunque sia stato fuori dall’Italia, in Paesi civilizzati e progressisti, che questa tendenza è del tutto inaccettabile altrove: il non citare donne e il non contemplare la loro opera e presenza, l’ orientare il discorso in senso stagnantemente maschilista taglierebbe la persona colpevole di questa mancanza inesorabilmente FUORI da qualsiasi politica o discorso contemporaneo.
Ma in Italia gli uomini continuano a farlo come se fossimo in Medio Oriente. Non è stano che gli artisti progressisti Italiani, che vorrebbero essere parte dell’Europa emancipata, ancora commettano questa stolta manchevolezza di rivolgersi alle artiste donne loro compagne (come fanno tanti di voi), insultandole, con il solo esito di autodefinirsi, in tal modo, dei retrogradi? Quasi non sfiora ancora oggi nel 2007 la mente di costoro che il genere è un sistema dei segni o significati culturalmente assegnati dai vari istituzioni e meccanismi sociali i cui pregiudizi hanno un effetto diretto su come viviamo le nostre diverse vite.
Quasi non sfiora la mente di costoro che le differenze di genere sono determinate e condizionate (anche e soprattutto quelle maschili) dall’ambiente sociale e culturale che li plagia e li opprime.
Nessuno di noi è "chi é", o chi "crede di essere", ....in fin dei conti, siamo tutti mascheroni patetici di stereotipi stagnanti, improponibili, pirandellianamente parlando.
Vengono qui, costoro, a "fare" i "POETI", ma in effetti vengono qui a farsi portavoce del pregiudizio e dell’essere retrogradi.
Vengono qui a confrontarsi con quella che ritengono non già la compagna, ma la "controparte femminile", e a farsi promotori in prima persona della misoginia e dell’arretratezza italica. Dell’atavico, ineradicabile, odio del castrato,ovvero dell’odio del maschio italiano verso la mamma, la zia, la nonna e la sorella, di cui bene parla "La cognizione del dolore". Odio che invece che rivolgersi al padre stupratore, investe la madre, la zia, e la nonna, altrettanto vittime. E in questo loro odio trasversale, castrato, si sentono nobilitati e redenti. Riscattati. Ecco perché il castrato italiano lecca i piedi all’altro maschio (dominatore) e spara alla madre, alla zia e alla sorella, per frustrazione, per compensazione delle ferite che riporta nei suoi confronti con l’altro maschio bullo e misantropo. Nel suo ineradicabileodio verso la donna, il maschio italiano, e perfinol’artista, nelle sue variegate forme di “domestic violence” si sente recuperato, appagato, “trasgressivo”!
Al confronto dell’Italia, la Spagna è un Paese Illuminato.
> La Macchia Nera n°18
2007-01-10 15:36:50|di gugl
cara Erminia, la tua lettura di Vattimo è corretta. La difficoltà d’intenderla sta nel fatto che usi un lessico non familiare a chi legge Vattimo, tipo: ricerca pura, analisi interiore, tensione astratta...
ciao
> La Macchia Nera n°18
2007-01-10 14:28:55|di come sotto....
volevo dire che il merito di davide nota in questa intervista è stata l’immediatezza, l’assenza di malizia, la non volontà snobistica verso terzi o verso altre poetiche, il non desiderio di vituperare o disprezzare nessuno, relazionalità aggregativa e comunicativa, per citare solo delle evidenze iniziali a cui sono seguite senso della misura di sé, progettualità, modestia, capacità di autocritica, e gentilezza.
> La Macchia Nera n°18
2007-01-10 14:15:56|di erminia
leggo solo adesso della mancanza di humor di lorenzo e della sua non fine non accettazione delle mie scuse. dell’ulteriore aggravio di offese e devo questa volta dirti: che se come diavolo sono qualcosa, allora sono certamente la protagonista femminile del The Monk, di Lewis. fortunato il monaco che incontra tale diavolo.
a Davide: no, treasure, no worries: sarò assente perchè... dopo di te... l’Apocalisse.
> La Macchia Nera n°18
2007-01-10 08:20:15|
identificare Erminia con il diavolo.....uhhhhhaaaaaaa! esagerato!!!!
tizzi
> La Macchia Nera n°18
2007-01-10 00:08:50|di lorenzo
erminia, non ho apprezzato minimamente il tuo humour, né il tuo non-humour. se io fossi un credente, stasera ropenderei nettamente ad indentificarti con il diavolo.
comunque ti ringrazio per il chiarimento, e ti saluto con l’augurio zingaro "che tu possa avere tutto ciò che il tuo cuore desidera", e con una piccola citazione da C.S.P.:
"[...] l’atto dell’asserzione non è un puro atto di significazione. E’ una esibizione del fatto che ci si assoggetta alle pene previste per un bugiardo se la proposizione asserita non è vera."
[da ritradurre in inglese, in memoria del buon Faustroll, nostro comune amico.]
saluti,
lorenzo
> La Macchia Nera n°18
2007-01-10 00:05:16|
E come mai Erminia? Delusa da qualcosa o scelta di silenzio? Spero ci ripenserai perchè per tutti noi è importante confrontarsi con persone che hanno qualcosa da dire, da donare alla comunità. Davide
> La Macchia Nera n°18
2007-01-09 23:49:28|di ermi
lorenzo, ciao, è stato un piacere dialogare con te e Davide in primis.
mi spiace la tensione del formaggio avvelenato. era oltre ad una allegoria, una iperbole per rendere il concetto.
inoltre conteneva una referenza alla poesia teorica/espressionistica di Franco Fortini, “L’animale” (che appunto muore avvelenato da un boccone di cui non si aspettava la malvagità.)
era dunque uno scherzo e spero tu abbia apprezzato lo humor alla Agatha Christie, espertissima di veleni e medicine.
vi auguro ogni benessere e prosperità.
ma credo che non mi vedrete in giro per un bel pezzo.
> La Macchia Nera n°18
2007-01-09 23:08:03|di lorenzo
N.B.B. domanda non polemica a Marco #. dato che rimproveri a V. l’anonimato, mi permetto di chiedertelo: quale identità cela il tuo nick?
lorenzo
p.s. a V.
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> La Macchia Nera n°18
2007-01-11 18:42:56|di erminia
Non dico qui, ma in generale su qualche web di poesia, c’è ancora qualcuno che nel dibattito con la donna viene a fare mostra di pistole e servizi militari come se queste cose fossero prerogativa ancora maschile: non da quella provincia della mente, da dove vengono le donne a cui penso.
Ancora costoro citano armi-giocattoli dell’infanzia o pratiche indotte da una certa “mentalità” che non considerano totalmente tramontata, responsabile del condizionamento sottile e malevolo dell’isola nè rosa, né celeste bensì nera: quella del potere che sfrutta l’individuo maschile e feminile tramite la famiglia, la scuola, la religione e lo stato.
Per non dare l’impressione che qui si attacchino solo gli uomini, direi che ci sono ancora donne che si assoggettano volontariamente a questo regime.
Donne condizionatee plagiate che ritengono di dovere essere soldatesse di Dio e dello Stato, come se non ne avessero abbastanza di quanto/di come la religione e lo Stato le abbia perseguitate condannate e punite.
Ci sono donne che considerano trasgressivo non già assumere atteggiamenti trasgressivi verso il potere che regola questi stereotipi, ma verso gli stereotipi, come se dietro di essi non ci fossero causa ed origine.
Viene da pensare all’Italia come una patria dubbia, dovesse questo potere creatore di insensati stereotipi sussistere.
allora, bisognerebbe rivedere interamente la definzione di questo post.
se questo mio ultimo intervento viene percepito come un deragliamento me ne scuso.