Absolute Poetry 2.0
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La "Maria" di Aldo Nove secondo me

(che non credo nella poesia)

Articolo postato lunedì 29 gennaio 2007
da Nevio Gambula

Non amo commentare un poema altrui. Se qui, con queste note, lo faccio, è perché il poema Maria di Aldo Nove, pubblicato parzialmente sul numero 212 di Poesia (Gennaio 2007), è destinato ad avere una risonanza che va ben oltre quello che esso effettivamente è. Cominciano a vedersi le prime avvisaglie. Ciò che mi ha mosso a farlo – e a farlo da un punto di vista totalmente soggettivo – è il fatto che trovo esagerata la sua esaltazione; al contrario, lo trovo un poema di basso profilo qualitativo. Non solo. Per me che sono cresciuto con una cultura atea e anticlericale, quel poema contiene tutte le peggiori ossessioni della religione. Invidio – lo ammetto – la sicurezza con cui l’autore esibisce questa «preghiera-invocazione». Io non sarei capace di dire le mie bestemmie con la stessa mancanza di dubbio. Invidio, ma allo stesso tempo mi insospettisce. Una sicurezza molto teatrale. Lungi da me, in ogni caso, giudicare la persona. La mia parzialità di giudizio riguarda le parti del poema pubblicate e il modo in cui è stato presentato (Cfr. Andrea Cortellessa, Lo scandalo dell’amore infinito, Daniele Piccini, Maria, o della necessità della poesia, in Poesia n. cit.).

***

Lo «stupore» e lo «scandalo» …
Quanto possono – le parole – essere lontane da ciò che designano? …
Ci si stupisce quando la chiarezza di un dettato cede il passo all’enigma, all’enigma che attrae senza minaccia. Le interrogazioni che pone inebriano. E disorientano, invitandoti a percorrere altre strade. L’incertezza prodotta dallo stupore non dà angoscia. Mi sono stupito, recentemente, alla lettura delle Opere di Giovanni Testori. La fede problematica, le ferite esibite con sincerità, quei lembi di carne che interrogano la divinità senza compiacimento, la crudezza del linguaggio: una bellezza così diversa da quella cui ero abituato, questo mi ha stupito. Certo, Testori resta aggrovigliato ad una concezione della vita fatta di penitenze, di peccati da espiare; troppo vincolato ad una idea di desiderio da reprimere, magari ansimando e sputando sangue per la consapevolezza della repressione, ma accettandola senza colpo ferire, mostrandosi dunque come persona sostanzialmente non libera. La scrittura di Testori trabocca di santità, e si fregia di una idea di amore che non è la mia, che non può essere mia. Ma c’è qualcosa che mi attrae; qualcosa di quella scrittura mi attira. Forse perché a tratti, proprio per come è disposta sulla pagina, sembra prendere le distanze dallo stesso autore, nel senso che riesce a non esaurirsi nelle sue concezioni, nella sua ideologia logora. Forse perché il suo esito è imprevedibile. Lo stupore, in questo caso, è un abbraccio sorprendente. E «fa semenza». …
Nessuno stupore leggendo Maria di Aldo Nove. Disgusto, forse. O almeno contrarietà per quella che mi sembra una regressione all’infanzia: dell’umanità e della poesia. Nessuna «adesione», dunque. Nessuna «emozione». …
E lo scandalo? …
Ci si scandalizza quando la nostra sensibilità viene turbata da un evento, quando un dettato spregiudicato ci spiazza. Lo scandalo sabota una normalità. Lo scandalo è offesa, in particolare offesa della concezione cattolica della vita (scandalo e peccato – e colpa – sono concetti paralleli). …
L’ultimo “cannibale” ha ormai passato la soglia, pronto a prostrarsi davanti all’altare, come ogni altro discepolo. Dov’è lo scandalo? …
Scandalizzarsi per l’ennesima conversione? O per l’ennesima confisca della razionalità che non ritiene Dio una ipotesi plausibile? Niente di più prevedibile, in questi che sono tempi di totale disarmo critico. Niente di più scontato. Chi si scandalizza dell’adesione di Aldo Nove al pensiero del sacro non è capace di confrontarsi con questi tempi, con questi tempi – questi nostri tempi di decadenza generalizzata – dove torna il “vizio” di sottomettere la ragione all’assolutismo religioso; e dove i modi della poesia tornano a privilegiare la parola incantata: senza tragedia, ignorando l’innovazione, si avanza a fari spenti inseguendo il fantasma di una poesia «delle origini», purificata dal male del finito, un luogo dove «Dio è presente»; torna la poesia come emanazione «dello spirito umano che è lo spirito di Dio». …
Nessuno scandalo, davvero. Contrarietà, appunto. Radicale contrarietà. …
Umana e razionale contrarietà. E politica – e poetica – perplessità. …
Può dare scandalo il «turbamento» e la «disperazione» che si rifugiano nel bagliore della Madonna? Scandalo? Fastidio, piuttosto. Non è infatti un atteggiamento consolante? E proprio perché consolante, quanto colpevole? Se il turbamento è per il reale barbarico – se è per – elevare un canto a Maria non è cercare un rifugio? Se la disperazione – il perpetuo terrore – è consapevolezza del degrado dell’avventura umana presente, che senso ha sprecare energie per composizioni che esplodono in obnubilazione? È marcio, il reale, lo sappiamo bene. Ma non sapevamo altrettanto bene, almeno sino a ieri, che la risposta non è in una gloria ultra-terrena né in quella «novella speranza»? Non avevamo già rifiutato – con la ragione, con la scienza, con la lotta, con l’utopia – il culto dell’eterno? Non avevamo già ucciso ogni idea di trascendente? E spento ogni fede diversa dal dubbio? Rifuggito ogni venerazione? Che bisogno c’è di questa nuova euforia mariana? …
Quello che ha forgiato Maria è un turbamento – e una disperazione – che non solleva ciò che lo rende tale, ma che lo conserva. Che lo conserva. …
Nello smarrimento – nell’inquietudine, nella paura del finito, nel disarmo del pensiero critico, nella resa d’ogni “speranza” laica – la poesia torna a coagularsi attorno a una visione del mondo che riduce l’essere umano a protesi del divino. E torna a farlo senza neanche avere la forza di bruciare di alterità. Ecco, torna l’ossequio deferente verso una verità che è impotenza della verità, verità che si respinge da se stessa, che si relega nella fede poliziesca. …
In molti lo applaudiranno, è certo. Chi lo applaudirà? …
Non capisco l’applauso di Andrea Cortellessa, che pure reputo uno dei critici più interessanti. A cui pongo una prima domanda: se anziché Maria il personaggio del poema fosse Lenin o, declinandolo al femminile, Rosa Luxemburg, e se per esaltarne la figura si ricorresse allo stesso tipo di metafore usate da Nove, diciamo alla stessa affermazione oltranzistica d’un sentimento oleografico, non avresti gridato alla pedagogia, al sermone rosso, alla morale d’accatto, alla didascalia pedante? Mi ha colpito, nello scritto di Cortellessa, l’assenza di giudizi di valore sulle esposizioni – teologiche, e di riflesso ideologiche e filosofiche – che il poema contiene. Posso, approssimandomi criticamente ad una poesia, evitare di prendere posizione rispetto all’universo di pensiero che richiama? …
Cortellessa parla di «concetti teologicamente ardui». Chiedo: sono anche neutri? …
Quale pensiero-mondo grava – come incubo, grava come trama tenebrosa – su quei concetti? Quanti sperperi contengono? Quante oppressioni? Quanti roghi? …
Qual è il valore – etico, politico, fisolofico – dei concetti racchiusi nella Maria di Nove? …
Compio una forzatura se metto in relazione questo poema con quella sorta di nuova crociata per la riaffermazione dell’egemonia cattolica condotta da Papa Benedetto XVI? Quanta contiguità c’è tra i «concetti» di Nove e la teologia retriva del Papa? Non fanno parte di un unico humus culturale? …
Certo, mi si dirà, la poesia non si risolve nel solo aspetto semantico: ciò che conta è il rito della poesia come poesia. Ma in Maria tutto l’artificio retorico – da composizione di aspirante prete al seminario, o da insegnante di catechismo – è teso a tracciare l’inno (evidente, evidente inno adeguato) all’iconografia ufficiale del Vaticano: la Madre che consola, la Madre che sostiene, la Madre Celeste Patetica, la Madre-chioccia, la Madre-terapia, la Madre-mammona. Una Super Woman Immacolata, il cui «sorriso» – addirittura! – «proibisce la morte» del vivente. …
Il poeta-sacerdote riesce a organizzare, per accumularsi di rime da prontuario («bella» / «stella»), una devota esagerazione, una scena mirabile della venerazione, quasi un singhiozzo auratico, del tutto incredibile per un essere umano che tenga in conto l’intelligenza. Ma incredibile anche per un credente fieramente dubbioso delle storielle per il popolino costruite ad arte dalla nomenclatura vaticana. E sì, perché «il nucleo più intimo e popolare della cristianità» di cui parla Cortellessa riferendosi al tema del poema di Nove è questo inganno ordito dalle gerarchie ecclesiastiche nei secoli dei secoli (triplo salto mortale di amen!) a scapito dei popoli. E infatti sono forti le assonanze tra quanto scrive Nove e le pagine che Giovanni Paolo II ha dedicato al culto di Maria. «La vittoria, quando verrà, verrà per mezzo di Maria», scrive Vojtyla … Aldo Nove scrive qualcosa di diverso? Totus tuus Maria ego sum … …
Diciamocelo chiaramente: s’ode, in questa Maria di Aldo Nove (s’ode, chiaramente e fiero) il segno oscuro del Dogma. E in particolare del Dogma della divina maternità di Maria («luce che s’irradia nell’incanto / del ventre tuo»). Senza stare a scomodare l’impossibilità del concepimento senza rapporto sessuale, non basterebbe ricordare quanto di negativo ha portato, in termini di morale sessuale repressiva, quella che Reich chiama «la negazione dell’abbraccio genitale»? …
È azzardato affermare che il poema di Nove è confermativo? …
Sì: il poeta conferma. …
Conferma la grande favola-trappola della Maternità Divina di Maria. …
La sacra menzogna della verginità di Maria. …
Il poema conferma. …
Non libera, conferma. …
Non si oppone al pensiero osceno (umanamente o-sceno, fuori dal possibile dell’umano), ma appunto con-firma: rende stabile ciò che già è. Economia profittevole dell’inganno reso eterno. Ecco: la devozione – nuova, appena cominciata, lieta e difficile come ogni inizio – si mostra come vana credulità. …
Una rappresentazione catartica, questa Maria. …
Versi divini, come una siringa per il tossico. …
Versi senza enigma. E dunque, proprio perché immediatamente traducibili in significato chiaro, versi senza quella ambiguità che da sempre caratterizza la migliore poesia. Versi senza fascino, senza sorpresa, senza fremito crudele, senza l’abisso delle carni lacerate. Versi senza “mistero”, insomma, ma colmi del Mistero della fede, che è entusiasticamente cantato come litania. Può una poesia riprodurre la banalità – che non è semplicità, ma fatale e chiara banalità – della preghiera? Può ripeterne i suoi piani sintattici e fonetici? Può, se vuole farsi come preghiera. …
Se vuole farsi accettare come preghiera della concordia e conciliatrice. …
Se vuole immolarsi al credo appena acquisito. …
Se vuole iniziarsi. …
I versi di questo poema ci dicono che solo l’amore infinito di Maria può consolare l’infermità umana. Nove lo scrive in maniera inequivocabile: «dell’amore che rimane / a consolare le vicende umane». E ci dicono che soltanto in Maria, in quanto colei che darà i natali a Cristo, è la salvezza («che la morte / in te è sconfitta»). E confermano anche – in barba a ogni scienza! – la credenza che vuole l’universo creato dalla Parola: «Regina tu della parola / che l’ha creato» … …
Maria, dunque, è la manifestazione di ciò che genera tutto, dell’ente sovrasensibile, e perciò inconoscibile, chiamato Dio. È in lei che lo Spirito si manifesta per primo e tramite lei si farà carne. La sua essenza è la nostra salvezza. Senza di lei, senza il suo concepimento privo di sperma, la salvezza non sarebbe neppure cominciata («Senza di te, non era vero / l’inizio»). Lei è «il senso» dell’universo, appunto; più propriamente il principio dell’unico senso possibile. La sua in-finitezza è la sua stessa perfezione e la nostra letizia. …
D’altra parte, se il poeta scrive «dorme, dentro di te, tutta la storia» … se scrive «Tu diventi / il nome nuovo che agita tra i venti / la verità che brucia i documenti / che celebrano il corso degli eventi» … se scrive che il male (raffigurato guarda un po’ – che ardita invenzione! – dal solito biblico «serpente») «ad ogni tuo respiro è cancellato» … ecco, se scrive queste e altre storielle rimate, io incredulo ne deduco che l’amore di Maria è l’unico antidoto al «potere» e alla «infinita guerra». È inutile dannarsi nella prassi oppositiva dentro la storia; affidiamoci alle sue benevole mani, tutto si chiarirà. È inutile ogni idea abominevole di rivoluzione, o anche solo di trasformazione di questa nostra società disumana basata sul denaro: sarà Maria, con il suo parto, a scacciare il serpente («in te noi tutti un’unica vivente / ascesa verso il cielo nei battelli / celesti delle tue preghiere»). È nella preghiera estasiata alla «madre di dio» che solo possono farsi i «destini» dell’umanità. …
Dunque il senso del poema è anche questa affermazione politica – eminemente politica – della teologia dominante, ossia di quella teologia “spiritualistica” che mette in primo piano «la liberazione dal peccato» e che decreta come «opera vana» occuparsi della vita al di fuori dell’obbedienza ai dogmi; quella stessa teologia che non ha esitato a condannare «gli alcuni» (i teologi della liberazione) che concepiscono l’impegno del credente come «liberazione dalle schiavitù di ordine terrestre e temporale» (Giovanni Paolo II, discorso in Argentina durante la dittatura dei generali, riportato dal Corriere della Sera del 3 aprile 1987). In fondo, se è in Maria che «la nuova sorte / del mondo si manifesta forte», se in lei «non è più dato inverno / né decadenza o forza né governo / che non sia amore», che senso ha perseguire quel camminare insieme (insieme, al di là di ogni divisione tra credenti e non credenti) affinché siano «rovesciati i potenti dai troni, innalzati gli umili, ricolmati di beni gli affamati e rimandati a mani vuote i ricchi» (Luca 1, 52-53)? L’immaginetta convenzionale della madre di Gesù tracciata da Nove fa emergere chiaramente un pensiero che offusca ogni ricerca terrena del regno della libertà, un pensiero simpateticamente coincidente con la teologia ufficiale vaticana. …
E allora la nuova alba – questo «profilo originario della forma poetica» (sic!) – ci confina nella decadenza. …
E nella decadenza resta la solitudine dell’uomo, la sua dissoluzione. E l’epoca dei porci, anch’essa resta. E gli apostoli del capitale restano, rinvigoriti da quel confermare l’alienazione. Ecco: resta la preistoria dell’umanità, ancora costretta a feticizzare se stessa nella religione. …
La religione così concepita è un ostacolo. Di fronte al “mistero” della vita – di fronte all’impossibilità di conoscere il finito – ci si affida alle credenze, cercando consolazione nella fede (tutto il Canto I della Maria di Nove è dimostrazione di questo atteggiamento). Si cercano risposte in un luogo da cui non possono arrivare risposte. Si inventano illusioni (Freud). Ecco: la religione è un’invenzione illusoria, un’invenzione che tutto schiaccia, stravolge, annienta, che disarticola l’umano con la potenza del Totem-Nulla (è l’oggetto sostitutivo che tiene incatenato l’esistere). Finché il mondo non fuggirà da questa «immondizia dello spirito» (Denis Diderot), non ci sarà “salvezza”. …
Restare ciò che si è: questo è il segreto della religione così intesa. …
Un orrendo strumento di conservazione. …
Servi, dobbiamo restare servi miserabili. Almeno sino alla putrefazione. E finalmente, dopo aver consumato il rito dell’omologazione alla Parola (alla sua ideologia), le luci si spegneranno. Nasconderanno le tracce dell’incantamento che segnala il sublimarsi della tragedia terrena, il degradarsi dell’esperienza a farsa mistica, il diffondersi furioso simile a lava dell’inganno, dell’insensato canto mariano. E altri ancora, profeti dell’incanto, proveranno a nascondere la storicità della conversione, la sua prevedibilità. Parleranno di poesia. …
Di una poesia che torna indietro, però. Che conclude con un gesto perentorio ogni ricerca. Che annichilisce ogni possibilità di fare cortocircuitare linguaggi e sensi comuni. Che nella frenesia del recupero di una forma anteriore chiude ogni dinamica “altra”. Che torna – che novità! – all’unità ammaliante di significato e significante braccando e divorando in un sol boccone lo sguardo distaccato e ironico e critico dello straniamento, cioè di una delle essenza dell’arte novecentesca. Che insomma ricicla ciò-che-era bloccando ogni ciò-che-sarà. Uno spettacolo insulso. …
Un poema ideologico, Maria. …
Veicola una visione del mondo «assurda» e allo stesso tempo soffoca ogni verità scettica, eretica, gnostica, atea. E veicola un’idea di poesia come «bellezza sacra», dove la denuncia del presente si compie recuperando esteticamente il feticcio dell’aura. Un poema che torna indietro, davvero. …
Un poema che è un miscuglio di preghiere puerili e di attitudine all’acquiescenza. Un poema che idealizza la sofferenza umana nella piacevolezza delle rime colme di sentimentalismo appagante. Che rompe con i malefici della storia proprio per come li richiama. Finché la poesia appaga l’anima, non bastano quattro versi à-là-Rodari per esorcizzare il marcio del reale («e cambia le parole della terra, / e chiama pace l’infinita guerra // che il suo cammino riempie di bandiere / di ogni colore eppure tutte nere»). Non bastano perché, idealizzandolo a simulacro da rifiutare abbracciando l’amore della «madre di tutto il creato», lo allontanano. Quando è il tono alto e luminoso a fare la poesia, quando la poesia è affidata al canto consolante di nuovo discepolo mariano, niente spinge a uscire dalla adorazione estasiata. La sfida irriducibile contro ciò che ci rende servi delle cose è spenta in una invocazione sterile. Parole mielose che perseverano nella perversione delle credenze infantili. Umanità bambina. Preistoria dell’umanità. …
Poesia priva di verità (di verità verificabile, non di quella teologica). Poesia dunque di tenebra, malgrado la luce esibita. …
Poesia dell’abbaglio. Dilettevole abbaglio mistico. …
Poesia dell’inerzia umana. …
Della salvazione. …
Poesia-terapia. …
La solita stupida fiducia nelle possibilità della parola – della Parola! – di salvare il mondo. …
Nessuno scandalo, davvero. Nessuno stupore. Solo radicale contrarietà. …
Umana e razionale contrarietà. E politica – e poetica – perplessità. …
Me ne resto lontano da questo equivoco. …
Fuori dal paradiso.

60 commenti a questo articolo

La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-02-02 15:21:09|di maria

Andrea Cortellessa: " [...] segnerà sen’altro un nuovo, ben più clamoroso scandalo Maria,[...]di prossima pubblicazione per la bianca Einaudi [...]. Convinti come siamo io e Nicola Crocetti, che si tratti di un vero avvenimento[...]. Lo scandalo consiste in quella che verrà definita, c’è da scommettere, la "conversione" del già "cannibale" al cristianesimo [...]
Nessuna conversione, dunque: è esattamente questa la fisionomia di Aldo Nove [...]
Di qui la capacità di Maria di fare propria - con assoluta e sbalorditiva naturalezza - la tradizione secolare dell’inno mariano: che usa parole semplici e fiammeggianti per dire concetti anche teologicamente ardui, che tocca i sesnsi e il cuore di chi ascolta con una sovrabbondanza esilarante di rime e assonanze, anche interne al verso. [...] ed eccelle proprio per la calibratissima trama metrica [...]E davvero nel leggere Maria chi non è credente, come me, è continuamente provocato all’incredulità. Non si crede ai nostri occhi, al nostro cuore: nell’aderire con tale immediatezza e insomma con tanta emozione a queste parole. Forse solo Clemente Rebora, nel nostro Novecento, aveva scritto poesie religiose la cui intensità e acuminatezza emotiva, prima che stilistica, era riuscita a rapire chi non era in grado di condividere il suo credo. E forse lo strumento semplice e antico che ha scelto NOve per far rivivere l’inno mariano nella nostra lingua e nella nostra sensibilità postmoderna, la quartina di endecasillabi, non è immemore di certi episodi laterali dei Canti dell’infermità [...]
Ma mai come in questo caso poco importa ristabilire nessi, sancire genealogie, analizzare al microscopio. In questa sede quel che conta è condividere un’emozione che davvero nulla ha di microscopico: quella - antichissima e sempre futura - del vede nascere una grande poesia"

( A me interesserebbe più lo spacciatore di Cortellessa a questo punto ;-)

Daniele Piccini : " A scandalizzarsi laicamente di questo libro o a clamare alla conversione del figlio irregolari saranno gli innamorati delle forme, i servi delle categorie -

(ma non era proprio il Piccini un innamorato delle forme? mah...dubbio amletico su questa affermazione sibillina ;-)-

Questo Maria, insieme inaspettato e preparato nella carriera del suo autore, non è da leggere come una soggettiva conversione e palinodia, ma credo, come un fatto prima di tutto eminentemente letterario [...]
Nel tempo della modernità e tardo-modernità, l’inizio e l’apprendistato possono avvenire nella destrutturazione, nella contestazione, laddove quelle erano tappe che un tempo potevano giungere a tradizione introiettata o almeno come un possibile rovescio (essendo ben chiaro quale fosse il recto)".
"Ora si fa l’inverso: si assume in sé, fino alle vene e alle vertebre, la negazione e poi, chi ne ha forza ed energia, può risalire alla traccia, alla matrice che in partenza ha dato per morta, negata."

- e suonarono a festa le trombe della Restaurazione per aver tratto dagli inferi un’anima smarrita riguadagnata alla causa della distruzione di un pezzo di Novecento, ahimé perché Nove ci hi fatto questo? Perché perché perché?-

"[...]Dove si nota subito che il rischio del manierismo è sostanzialmente evitato (quello che colpiace diverse zone del cosiddetto filone neometricista degli ultimi anni) per lasciar posto a una necessitata chiusura, al barricamento in una sostanza così intima che è tutt’uno con il ventre di Maria insufflato di parola fertilizzante e con la matrice originaria della parola poetica: senso e suono incatenati in una forma economica, conclusa, rinserrata e però molteplice. La parola si crea il suo contenuto"

- e a Giuliani gli sta venendo un crampo allo stomaco, poveraccio!-

"Ecco perché Maria è anche, e tanti segnali ce lo dicono nel panorama circostante, non il ritorno a un ordine, ma il riemergere di una struttura primaria della poesia fondata sulla fprma, sulla concentrazione e perché no sul suono, sull’eco, sulla ripetizione interminabilmente variata (...) di una corrispondenza possibile, di un richiamo tra corpi verbali.[...]"

Beh, Lisa è stato spietato ma direi che non ha tutti i torti...io ho sottovalutato il peso ideologico però effettivamente, qualunque fosse l’intenzione di Nove, l’impatto sul pubblico della bianca con tutte ’ste fanfare m’inquieta non poco...

@ Margiotta

guardi che non ce l’ho con Paolo in particolare, tutto sommato mi sta simpatico, è uno cui il gioco è sfuggito di mano, come a Gesù Cristo, che ne poteva sapere di tutto quello che ne sarebbe venuto fuori?
Voglio dire: era uno che si premurava di spalancare le porte del Regno a tutti avendo premura che non si sottoponessero più alla tortura del taglio prepuziale, mentre il vostro Papa le chiude a doppia mandata a chi sputa sangue senza benedire. Forse non sarebbe male rispoleverare un uso corretto di Paolo, che tra l’altro nell’articolo di Cortellessa e Piccini è citato dozzine di volte per lo "scandalo" sbagliato.


La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-02-02 12:23:24|di Christian

Domanda: che hanno scritto Cortelessa e Piccini nei saggi introduttivi?


La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-02-02 11:30:49|di Tommaso Lisa

Le anticipazioni su “Poesia” di questa nuova opera Teocon di Antonello Satta Centanin confermano l’evoluzione della sua peggiore poetica intimista. A prescindere dalle valutazioni espresse dal mostruoso e affermato binomio critico Cortellessa-Piccini, il poema pare sia ispirato, fonte Buffoni, da una remota parente di Antonello, devota al culto della Vergine, o a un amore fenomenologicamente esperito; poco importa, solo la forma integrale potrà chiarire. Persiste e si amplifica il tono elegiaco, che motiva l’uso di questa quartina, e delle immagini trite e stereotipate, specchio di questi tempi, ma anche assolutamente pop, in quanto potrebbero essere recitate da Benigni al prossimo San Remo. Niente di rivoluzionario nella poetica di Antonello. Piuttosto un avvilimento di tono e di immagini, oltre che di poetica. Credo che la chiave di volta dell’architettura dell’opera sia questo nichilistico abbassamento. Un gioco tragico e beffardo, che va oltre il valore intrinseco del testo. Nel tentativo di deludere e frustrare le attese degli affezionati lettori pulp. E di accondiscendere l’entusiasmo dei nuovi credenti, integralisti cattolici.


La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-02-02 11:23:20|di Andrea Margiotta

Maria, anche io penso che non sia il luogo adatto: dunque, solo una risposta e poi stop...

Vere le dispute, anche tra Pietro e Paolo: però mi sembra che attribuisci a quest’ultimo atteggiamenti egemonico-culturali che non sono mai stati il problema fondamentale dei cristiani,(ma più di certi opinionisti laici) anche se alcuni, troppi, ci son cascati...

Tutta la predicazione di S.Paolo è per l’affermazione di un Altro (cioè di Cristo) e di un disegno Altro... e non di un suo personale progetto di egemonia culturale...
Tu ne fai invece, anzitempo, un intellettuale laico gramsciano...

A questo proposito, ti consiglio di leggere un articolo di Giancarlo Cesana apparso su Il Foglio di giovedì 1 febbr. a pag2, interessante per la passione alla libertà umana che traspare...

Prima delle connivenze con il Potere, di cui dici, ti ricordo che ci furono molti martiri cristiani...

Ad ogni modo, questi discorsi che tu fai mi paiono sempre secondari rispetto alla decisione prima della libertà umana: quella di dire sì o no a Cristo, come si dice sì o no all’amore di qualcuno nella vita quotidiana...

andrea margiotta


La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-02-02 10:23:45|di maria

Margiotta, converà che questo non è propriamente il luogo più adatto per dispute teologiche, tanto più che io non sono interessata a turbare la fede di nessuno, anche se sarebbe auspicabile che chiunque prima di credere si domandasse in che cosa lo inducono a credere, niente di diverso da un comune catechismo che invece di fondarsi su elementari trivialità avesse come base un buon testo di storia del cristianesimo e magari un altro di letteratura cristiana antica, niente di più semplice.
Io non risponderò più a domande sull’argomento perché non mi ritengo un’autorità in materia, sono solo una studentessa (molto fuori corso) di lettere classiche, abbia pazienza.
Ma, per fugare qualsiasi sospetto di complottismo o esoterismo o strane correnti ai cui mulini vorrei tirare acqua, mi limiterò a rispondere alla domanda più semplice che mi ha rivolto.

Il cristianesimo si apre come frattura all’interno del giudaismo. Gesù fu ebreo circonciso,e così Paolo, Pietro, Giacomo, Giovanni etc.
Nessuno di loro si definì mai cristiano perché il termine neanche esisteva, esisteva il termine cristo, ma non divaghiamo.
I suoi seguaci ritenevano soltanto di essere loro i "veri Ebrei" perché in grado di comprendere esattamente le SS e di riconoscere il compimento delle profezie in Gesù Cristo, appunto.
La portata rivoluzionaria del messaggio di Cristo e di Paolo non era lo scandalo della croce come può sembrare, cioè come lo intendete voi, adesso, ma come lo si poteva intendere allora, e cioé: lo scandalo della salvezza al di là della Legge farisaica, perché Dio è Amore, Misericordia etc.
I primi scontri all’interno del giudaismo riguardarono le norme sull’osservanza, una questione che sembrerebbe marginale e circoscritta a una bega fra sette se non fosse che Paolo pensò di spalancare le porte ai non-ebrei di nascita, che allora non si chiamavano "pagani" ma "gentili", donde l’appellativo di Apostolo dei Gentili, evitando lo la circoncisione, da qui in avanti si scatenò il putiferio che costrinse Paolo a spostarsi sempre di più in occidente, per felicissima intuizione a Roma, cui invia la sua ultima epistola, che avrebbe rivendicato l’eredità di Gerusalemme.
La Grande Chiesa nasce con Paolo, è il trionfo dell’ideale universalistico contro il settarimo giudaico, ma è anche una comunità che per raggiungere questo scopo, ha bisogno di dotarsi immediatamente di un’efficiente organizzazzione, prima differenziazione di compiti poi struttura sempre più verticistica e autoritaria, ha bisogno di accordi di pacifica convivenza col potere politico, (almeno all’inizio, poi si tratterà di vera compromissione e l’uno avrà bisogno dell’altra) infatti Paolo predica l’obbedienza alla legge di Cesare, avrà bisogno di dotarsi di un armamento dottrinario-filosofico imponente per fare adepti tra i gentili che vantavano secoli di cultura alle spalle e forme spirituali raffinatissime ...
a monte di tutto questa macchina enorme che verrà messa in moto a cominciare da Paolo, il più antico testimone scritto, come unica credenziale c’è la divinità di Gesù Cristo: la prova più "tangibile" di quell’Amore divino che non si riduce ad un do ut des ed infrange la Legge (giudaica).E, per di più, Paolo per farsi accettare dalla primitivissima comunità giudeocristiana locale di Giacomo, Cefa, Giovanni dovrà urlare loro in faccia l’esperienza personale della rivelazione perché è solo questa a conferirgli il crisma della missione e fargli ottenere dopo scontri e riluttanze varie il riconoscimento ufficiale.


La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-02-02 07:36:15|di Andrea Margiotta

Il commento di Maria (Valente) non mi chiarisce il perché S.Giovanni e S.Paolo dovessero essere interessati a "costruire" la tesi della divinità di Cristo: mi sfugge il movente... S.Paolo, poi, era anche stato un persecutore di cristiani prima della conversione...

Poi che cosa vuol dire che il soggetto Vergine con bambino era precristiano?
Sarebbe come voler negare valore o contenuto di verità alla Commedia di Dante semplicemente perché ingloba anche una cultura e tradizione romana, virgiliana, staziana e perfino suggestioni arabe?

Ma i maestri rinascimentali quando dipingevano le loro Madonne mica pensavano alla dea Lucina...

andrea margiotta


La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-02-01 20:39:07|di eneavirgiliostefano rasputin in in

il contenuto e’ forma
game over


La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-02-01 19:24:34|di marie in cancrena

titolo:
Marie
in cancrena
( ovvero
poeti descrittivi aulici.
senza la natura l’anatomia
i santi.
siamo mente lavata
nella notte grulla?)

Svolgimento:

pio e’ l’uomo

che mai fu’ libero

dodici
in piazza
non s’alzano...

scordati

mille treni
corrono
un vagone e’

scoppiato

sghembo
dentro un cestino
un pacchetto e’

scordato

fermo d’orologio
verso l’albatro
mai domo

piange una citta’ psichica
sotto

ottanta morti otto
per settanta volte sette
ottanta morti otto
per settanta volte sette

scruta il volo il paese

che sull’aereo giace

non si salvera’ nessuno

ma come

diecimila piedi!

non si salva nessuno?
cosi’ vicino a Maria

basta un grido

lei ti sente
ti percepisce

se non ti vuol salvare?

Ah... se non ti vuol salvare
vuol dire che Maria
usa un’altra compagnia

evidentemente’

ascolta il gingle che svela cosa piace a Maria

alla sua onorata famiglia

forse i bucatini col cus cus

forse le mani bucate del gelido solitario di montalcina

forse uno spicchio della sacher pietra
nera blu gialla turchina....

salta una bomba in san pietro

non e’ la mia

SCORDATA

e’ la voce riapparsa dell’’uomo scipito.

attenzione

attention

atencion
auchutung

Aufmerksamkeit

l’umanita’ è attesa solo da se stessa
l’umanita’ è attesa solo da se stessa

loop


La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-02-01 19:12:28|di gaetano bresci

titolo:
Marie
in cancrena
( ovvero
poeti descrittivi aulici.
senza la natura l’anatomia
i santi.
siamo/te mente lavata
nella notte grulla?)

Svolgimento:
pio e’ l’uomo
che mai fu’ libero...
dodici
in piazza
non s’alzano

scordati

mille treni
corrono
un vagone e’

scoppiato

sghembo
dentro un cestino
un pacchetto e’

scordato

fermo d’orologio verso l’albatro
mai domo
piange una citta’ psichica
sotto

ottanta morti otto
per settanta volte sette
ottanta morti otto
per settanta volte sette

scruta il volo il paese
che sull’aereo giace
non si salvera’ nessuno
ma come
diecimila piedi non si salva nessuno?
cosi’ vicino a Maria
basta un grido
lei ti sente
ti percepisce
se non ti vuol salvare?
Ah... se non ti vuol salvare
vuol dire che la vergine Maria usa un’altra compagnia
evidentemente’
ascolta il gingle che svela cosa piace a Maria
alla sua onorata famiglia
forse i bucatini col cus cus
forse le mani bucate del gelido solitario di montalcina
forse uno spicchio della sacher pietra
nera blu gialla turchina
forse gli assorbenti allegorici....

salta una bomba in san pietro
non e’ la mia
SCORDATA
e’ la voce riapparsa dell’’uomo scipito.
attenzione
attention
atencion
auchutung
Aufmerksamkeit
l’umanita’ è attesa solo da se stessa
l’umanita’ è attesa solo da se stessa
loop


La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-02-01 14:50:24|di Marco Simonelli

Due giorni fa chiacchieravo con una mia amica, accesa femminista, dei brani del poema di Nove apparsi du Poesia. Lei sosteneva che era ingiusto e immorale che a tutt’oggi un poeta come Aldo Nove si ostinasse a vedere la donna come una "succursale" di Maria. Abbiamo parlato un po’ di socio-psicologia da comodino per un’ora buona, poi, il giorno dopo, preso da un dubbio atroce, mi sono rimesso a rileggere quei brani su Poesia di gennaio. Non nego che ci siano dei riferimenti "mariani". Il fatto è che ad una seconda lettura l’argomento mi è apparso completamente diverso. Non parla SOLO di Maria ma ANCHE "della" maria, quella minuscola, quella che si coltiva di nascosto, quella che si fuma. Non entro nel merito artistico del testo, ma vorrei limitarmi a sottolineare questa polisemia. E soprattutto, vorrei conoscere lo spacciatore di Nove.


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