Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Non amo commentare un poema altrui. Se qui, con queste note, lo faccio, è perché il poema Maria di Aldo Nove, pubblicato parzialmente sul numero 212 di Poesia (Gennaio 2007), è destinato ad avere una risonanza che va ben oltre quello che esso effettivamente è. Cominciano a vedersi le prime avvisaglie. Ciò che mi ha mosso a farlo – e a farlo da un punto di vista totalmente soggettivo – è il fatto che trovo esagerata la sua esaltazione; al contrario, lo trovo un poema di basso profilo qualitativo. Non solo. Per me che sono cresciuto con una cultura atea e anticlericale, quel poema contiene tutte le peggiori ossessioni della religione. Invidio – lo ammetto – la sicurezza con cui l’autore esibisce questa «preghiera-invocazione». Io non sarei capace di dire le mie bestemmie con la stessa mancanza di dubbio. Invidio, ma allo stesso tempo mi insospettisce. Una sicurezza molto teatrale. Lungi da me, in ogni caso, giudicare la persona. La mia parzialità di giudizio riguarda le parti del poema pubblicate e il modo in cui è stato presentato (Cfr. Andrea Cortellessa, Lo scandalo dell’amore infinito, Daniele Piccini, Maria, o della necessità della poesia, in Poesia n. cit.).
***
Lo «stupore» e lo «scandalo» …
Quanto possono – le parole – essere lontane da ciò che designano? …
Ci si stupisce quando la chiarezza di un dettato cede il passo all’enigma, all’enigma che attrae senza minaccia. Le interrogazioni che pone inebriano. E disorientano, invitandoti a percorrere altre strade. L’incertezza prodotta dallo stupore non dà angoscia. Mi sono stupito, recentemente, alla lettura delle Opere di Giovanni Testori. La fede problematica, le ferite esibite con sincerità, quei lembi di carne che interrogano la divinità senza compiacimento, la crudezza del linguaggio: una bellezza così diversa da quella cui ero abituato, questo mi ha stupito. Certo, Testori resta aggrovigliato ad una concezione della vita fatta di penitenze, di peccati da espiare; troppo vincolato ad una idea di desiderio da reprimere, magari ansimando e sputando sangue per la consapevolezza della repressione, ma accettandola senza colpo ferire, mostrandosi dunque come persona sostanzialmente non libera. La scrittura di Testori trabocca di santità, e si fregia di una idea di amore che non è la mia, che non può essere mia. Ma c’è qualcosa che mi attrae; qualcosa di quella scrittura mi attira. Forse perché a tratti, proprio per come è disposta sulla pagina, sembra prendere le distanze dallo stesso autore, nel senso che riesce a non esaurirsi nelle sue concezioni, nella sua ideologia logora. Forse perché il suo esito è imprevedibile. Lo stupore, in questo caso, è un abbraccio sorprendente. E «fa semenza». …
Nessuno stupore leggendo Maria di Aldo Nove. Disgusto, forse. O almeno contrarietà per quella che mi sembra una regressione all’infanzia: dell’umanità e della poesia. Nessuna «adesione», dunque. Nessuna «emozione». …
E lo scandalo? …
Ci si scandalizza quando la nostra sensibilità viene turbata da un evento, quando un dettato spregiudicato ci spiazza. Lo scandalo sabota una normalità. Lo scandalo è offesa, in particolare offesa della concezione cattolica della vita (scandalo e peccato – e colpa – sono concetti paralleli). …
L’ultimo “cannibale” ha ormai passato la soglia, pronto a prostrarsi davanti all’altare, come ogni altro discepolo. Dov’è lo scandalo? …
Scandalizzarsi per l’ennesima conversione? O per l’ennesima confisca della razionalità che non ritiene Dio una ipotesi plausibile? Niente di più prevedibile, in questi che sono tempi di totale disarmo critico. Niente di più scontato. Chi si scandalizza dell’adesione di Aldo Nove al pensiero del sacro non è capace di confrontarsi con questi tempi, con questi tempi – questi nostri tempi di decadenza generalizzata – dove torna il “vizio” di sottomettere la ragione all’assolutismo religioso; e dove i modi della poesia tornano a privilegiare la parola incantata: senza tragedia, ignorando l’innovazione, si avanza a fari spenti inseguendo il fantasma di una poesia «delle origini», purificata dal male del finito, un luogo dove «Dio è presente»; torna la poesia come emanazione «dello spirito umano che è lo spirito di Dio». …
Nessuno scandalo, davvero. Contrarietà, appunto. Radicale contrarietà. …
Umana e razionale contrarietà. E politica – e poetica – perplessità. …
Può dare scandalo il «turbamento» e la «disperazione» che si rifugiano nel bagliore della Madonna? Scandalo? Fastidio, piuttosto. Non è infatti un atteggiamento consolante? E proprio perché consolante, quanto colpevole? Se il turbamento è per il reale barbarico – se è per – elevare un canto a Maria non è cercare un rifugio? Se la disperazione – il perpetuo terrore – è consapevolezza del degrado dell’avventura umana presente, che senso ha sprecare energie per composizioni che esplodono in obnubilazione? È marcio, il reale, lo sappiamo bene. Ma non sapevamo altrettanto bene, almeno sino a ieri, che la risposta non è in una gloria ultra-terrena né in quella «novella speranza»? Non avevamo già rifiutato – con la ragione, con la scienza, con la lotta, con l’utopia – il culto dell’eterno? Non avevamo già ucciso ogni idea di trascendente? E spento ogni fede diversa dal dubbio? Rifuggito ogni venerazione? Che bisogno c’è di questa nuova euforia mariana? …
Quello che ha forgiato Maria è un turbamento – e una disperazione – che non solleva ciò che lo rende tale, ma che lo conserva. Che lo conserva. …
Nello smarrimento – nell’inquietudine, nella paura del finito, nel disarmo del pensiero critico, nella resa d’ogni “speranza” laica – la poesia torna a coagularsi attorno a una visione del mondo che riduce l’essere umano a protesi del divino. E torna a farlo senza neanche avere la forza di bruciare di alterità. Ecco, torna l’ossequio deferente verso una verità che è impotenza della verità, verità che si respinge da se stessa, che si relega nella fede poliziesca. …
In molti lo applaudiranno, è certo. Chi lo applaudirà? …
Non capisco l’applauso di Andrea Cortellessa, che pure reputo uno dei critici più interessanti. A cui pongo una prima domanda: se anziché Maria il personaggio del poema fosse Lenin o, declinandolo al femminile, Rosa Luxemburg, e se per esaltarne la figura si ricorresse allo stesso tipo di metafore usate da Nove, diciamo alla stessa affermazione oltranzistica d’un sentimento oleografico, non avresti gridato alla pedagogia, al sermone rosso, alla morale d’accatto, alla didascalia pedante?
Mi ha colpito, nello scritto di Cortellessa, l’assenza di giudizi di valore sulle esposizioni – teologiche, e di riflesso ideologiche e filosofiche – che il poema contiene. Posso, approssimandomi criticamente ad una poesia, evitare di prendere posizione rispetto all’universo di pensiero che richiama? …
Cortellessa parla di «concetti teologicamente ardui». Chiedo: sono anche neutri? …
Quale pensiero-mondo grava – come incubo, grava come trama tenebrosa – su quei concetti? Quanti sperperi contengono? Quante oppressioni? Quanti roghi? …
Qual è il valore – etico, politico, fisolofico – dei concetti racchiusi nella Maria di Nove? …
Compio una forzatura se metto in relazione questo poema con quella sorta di nuova crociata per la riaffermazione dell’egemonia cattolica condotta da Papa Benedetto XVI? Quanta contiguità c’è tra i «concetti» di Nove e la teologia retriva del Papa? Non fanno parte di un unico humus culturale? …
Certo, mi si dirà, la poesia non si risolve nel solo aspetto semantico: ciò che conta è il rito della poesia come poesia. Ma in Maria tutto l’artificio retorico – da composizione di aspirante prete al seminario, o da insegnante di catechismo – è teso a tracciare l’inno (evidente, evidente inno adeguato) all’iconografia ufficiale del Vaticano: la Madre che consola, la Madre che sostiene, la Madre Celeste Patetica, la Madre-chioccia, la Madre-terapia, la Madre-mammona. Una Super Woman Immacolata, il cui «sorriso» – addirittura! – «proibisce la morte» del vivente. …
Il poeta-sacerdote riesce a organizzare, per accumularsi di rime da prontuario («bella» / «stella»), una devota esagerazione, una scena mirabile della venerazione, quasi un singhiozzo auratico, del tutto incredibile per un essere umano che tenga in conto l’intelligenza. Ma incredibile anche per un credente fieramente dubbioso delle storielle per il popolino costruite ad arte dalla nomenclatura vaticana. E sì, perché «il nucleo più intimo e popolare della cristianità» di cui parla Cortellessa riferendosi al tema del poema di Nove è questo inganno ordito dalle gerarchie ecclesiastiche nei secoli dei secoli (triplo salto mortale di amen!) a scapito dei popoli. E infatti sono forti le assonanze tra quanto scrive Nove e le pagine che Giovanni Paolo II ha dedicato al culto di Maria. «La vittoria, quando verrà, verrà per mezzo di Maria», scrive Vojtyla … Aldo Nove scrive qualcosa di diverso? Totus tuus Maria ego sum … …
Diciamocelo chiaramente: s’ode, in questa Maria di Aldo Nove (s’ode, chiaramente e fiero) il segno oscuro del Dogma. E in particolare del Dogma della divina maternità di Maria («luce che s’irradia nell’incanto / del ventre tuo»). Senza stare a scomodare l’impossibilità del concepimento senza rapporto sessuale, non basterebbe ricordare quanto di negativo ha portato, in termini di morale sessuale repressiva, quella che Reich chiama «la negazione dell’abbraccio genitale»? …
È azzardato affermare che il poema di Nove è confermativo? …
Sì: il poeta conferma. …
Conferma la grande favola-trappola della Maternità Divina di Maria. …
La sacra menzogna della verginità di Maria. …
Il poema conferma. …
Non libera, conferma. …
Non si oppone al pensiero osceno (umanamente o-sceno, fuori dal possibile dell’umano), ma appunto con-firma: rende stabile ciò che già è. Economia profittevole dell’inganno reso eterno. Ecco: la devozione – nuova, appena cominciata, lieta e difficile come ogni inizio – si mostra come vana credulità. …
Una rappresentazione catartica, questa Maria. …
Versi divini, come una siringa per il tossico. …
Versi senza enigma. E dunque, proprio perché immediatamente traducibili in significato chiaro, versi senza quella ambiguità che da sempre caratterizza la migliore poesia. Versi senza fascino, senza sorpresa, senza fremito crudele, senza l’abisso delle carni lacerate. Versi senza “mistero”, insomma, ma colmi del Mistero della fede, che è entusiasticamente cantato come litania. Può una poesia riprodurre la banalità – che non è semplicità, ma fatale e chiara banalità – della preghiera? Può ripeterne i suoi piani sintattici e fonetici? Può, se vuole farsi come preghiera. …
Se vuole farsi accettare come preghiera della concordia e conciliatrice. …
Se vuole immolarsi al credo appena acquisito. …
Se vuole iniziarsi. …
I versi di questo poema ci dicono che solo l’amore infinito di Maria può consolare l’infermità umana. Nove lo scrive in maniera inequivocabile: «dell’amore che rimane / a consolare le vicende umane». E ci dicono che soltanto in Maria, in quanto colei che darà i natali a Cristo, è la salvezza («che la morte / in te è sconfitta»). E confermano anche – in barba a ogni scienza! – la credenza che vuole l’universo creato dalla Parola: «Regina tu della parola / che l’ha creato» … …
Maria, dunque, è la manifestazione di ciò che genera tutto, dell’ente sovrasensibile, e perciò inconoscibile, chiamato Dio. È in lei che lo Spirito si manifesta per primo e tramite lei si farà carne. La sua essenza è la nostra salvezza. Senza di lei, senza il suo concepimento privo di sperma, la salvezza non sarebbe neppure cominciata («Senza di te, non era vero / l’inizio»). Lei è «il senso» dell’universo, appunto; più propriamente il principio dell’unico senso possibile. La sua in-finitezza è la sua stessa perfezione e la nostra letizia. …
D’altra parte, se il poeta scrive «dorme, dentro di te, tutta la storia» … se scrive «Tu diventi / il nome nuovo che agita tra i venti / la verità che brucia i documenti / che celebrano il corso degli eventi» … se scrive che il male (raffigurato guarda un po’ – che ardita invenzione! – dal solito biblico «serpente») «ad ogni tuo respiro è cancellato» … ecco, se scrive queste e altre storielle rimate, io incredulo ne deduco che l’amore di Maria è l’unico antidoto al «potere» e alla «infinita guerra». È inutile dannarsi nella prassi oppositiva dentro la storia; affidiamoci alle sue benevole mani, tutto si chiarirà. È inutile ogni idea abominevole di rivoluzione, o anche solo di trasformazione di questa nostra società disumana basata sul denaro: sarà Maria, con il suo parto, a scacciare il serpente («in te noi tutti un’unica vivente / ascesa verso il cielo nei battelli / celesti delle tue preghiere»). È nella preghiera estasiata alla «madre di dio» che solo possono farsi i «destini» dell’umanità. …
Dunque il senso del poema è anche questa affermazione politica – eminemente politica – della teologia dominante, ossia di quella teologia “spiritualistica” che mette in primo piano «la liberazione dal peccato» e che decreta come «opera vana» occuparsi della vita al di fuori dell’obbedienza ai dogmi; quella stessa teologia che non ha esitato a condannare «gli alcuni» (i teologi della liberazione) che concepiscono l’impegno del credente come «liberazione dalle schiavitù di ordine terrestre e temporale» (Giovanni Paolo II, discorso in Argentina durante la dittatura dei generali, riportato dal Corriere della Sera del 3 aprile 1987). In fondo, se è in Maria che «la nuova sorte / del mondo si manifesta forte», se in lei «non è più dato inverno / né decadenza o forza né governo / che non sia amore», che senso ha perseguire quel camminare insieme (insieme, al di là di ogni divisione tra credenti e non credenti) affinché siano «rovesciati i potenti dai troni, innalzati gli umili, ricolmati di beni gli affamati e rimandati a mani vuote i ricchi» (Luca 1, 52-53)? L’immaginetta convenzionale della madre di Gesù tracciata da Nove fa emergere chiaramente un pensiero che offusca ogni ricerca terrena del regno della libertà, un pensiero simpateticamente coincidente con la teologia ufficiale vaticana. …
E allora la nuova alba – questo «profilo originario della forma poetica» (sic!) – ci confina nella decadenza. …
E nella decadenza resta la solitudine dell’uomo, la sua dissoluzione. E l’epoca dei porci, anch’essa resta. E gli apostoli del capitale restano, rinvigoriti da quel confermare l’alienazione. Ecco: resta la preistoria dell’umanità, ancora costretta a feticizzare se stessa nella religione. …
La religione così concepita è un ostacolo. Di fronte al “mistero” della vita – di fronte all’impossibilità di conoscere il finito – ci si affida alle credenze, cercando consolazione nella fede (tutto il Canto I della Maria di Nove è dimostrazione di questo atteggiamento). Si cercano risposte in un luogo da cui non possono arrivare risposte. Si inventano illusioni (Freud). Ecco: la religione è un’invenzione illusoria, un’invenzione che tutto schiaccia, stravolge, annienta, che disarticola l’umano con la potenza del Totem-Nulla (è l’oggetto sostitutivo che tiene incatenato l’esistere). Finché il mondo non fuggirà da questa «immondizia dello spirito» (Denis Diderot), non ci sarà “salvezza”. …
Restare ciò che si è: questo è il segreto della religione così intesa. …
Un orrendo strumento di conservazione. …
Servi, dobbiamo restare servi miserabili. Almeno sino alla putrefazione.
E finalmente, dopo aver consumato il rito dell’omologazione alla Parola (alla sua ideologia), le luci si spegneranno. Nasconderanno le tracce dell’incantamento che segnala il sublimarsi della tragedia terrena, il degradarsi dell’esperienza a farsa mistica, il diffondersi furioso simile a lava dell’inganno, dell’insensato canto mariano. E altri ancora, profeti dell’incanto, proveranno a nascondere la storicità della conversione, la sua prevedibilità. Parleranno di poesia. …
Di una poesia che torna indietro, però. Che conclude con un gesto perentorio ogni ricerca. Che annichilisce ogni possibilità di fare cortocircuitare linguaggi e sensi comuni. Che nella frenesia del recupero di una forma anteriore chiude ogni dinamica “altra”. Che torna – che novità! – all’unità ammaliante di significato e significante braccando e divorando in un sol boccone lo sguardo distaccato e ironico e critico dello straniamento, cioè di una delle essenza dell’arte novecentesca. Che insomma ricicla ciò-che-era bloccando ogni ciò-che-sarà. Uno spettacolo insulso. …
Un poema ideologico, Maria. …
Veicola una visione del mondo «assurda» e allo stesso tempo soffoca ogni verità scettica, eretica, gnostica, atea. E veicola un’idea di poesia come «bellezza sacra», dove la denuncia del presente si compie recuperando esteticamente il feticcio dell’aura. Un poema che torna indietro, davvero. …
Un poema che è un miscuglio di preghiere puerili e di attitudine all’acquiescenza. Un poema che idealizza la sofferenza umana nella piacevolezza delle rime colme di sentimentalismo appagante. Che rompe con i malefici della storia proprio per come li richiama. Finché la poesia appaga l’anima, non bastano quattro versi à-là-Rodari per esorcizzare il marcio del reale («e cambia le parole della terra, / e chiama pace l’infinita guerra // che il suo cammino riempie di bandiere / di ogni colore eppure tutte nere»). Non bastano perché, idealizzandolo a simulacro da rifiutare abbracciando l’amore della «madre di tutto il creato», lo allontanano. Quando è il tono alto e luminoso a fare la poesia, quando la poesia è affidata al canto consolante di nuovo discepolo mariano, niente spinge a uscire dalla adorazione estasiata. La sfida irriducibile contro ciò che ci rende servi delle cose è spenta in una invocazione sterile. Parole mielose che perseverano nella perversione delle credenze infantili. Umanità bambina. Preistoria dell’umanità. …
Poesia priva di verità (di verità verificabile, non di quella teologica). Poesia dunque di tenebra, malgrado la luce esibita. …
Poesia dell’abbaglio. Dilettevole abbaglio mistico. …
Poesia dell’inerzia umana. …
Della salvazione. …
Poesia-terapia. …
La solita stupida fiducia nelle possibilità della parola – della Parola! – di salvare il mondo. …
Nessuno scandalo, davvero. Nessuno stupore. Solo radicale contrarietà. …
Umana e razionale contrarietà. E politica – e poetica – perplessità. …
Me ne resto lontano da questo equivoco. …
Fuori dal paradiso.
60 commenti a questo articolo
La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-01-30 14:05:02|
un pò di stile Nacci,
per Dio!
anzi
per la Madonna
effeffe (uno degli altri poeti dello Slam)
ps
per me ci sono solo due Marie
Maria Valente
e la Maria di Adriano
al bar parlavamo di altro soprattutto
con Cristian e Giovanna,
sul poema in questione lo scambio è stato:
Hai letto le poesie su Maria di Aldo Nove? ha chiesto Cristian
Mia risposta: No
C: A Nacci sono piaciute...
La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-01-30 11:58:33|di Luigi
Sabato sera, a Monfalcone, si parlava al bar di Maria insieme a Giovanna Marmo, Raspini e altri poeti dello slam. Come dire: già se ne parla molto, e ancora non è uscito il libro. L’importante è che il clamore/baccano non inghiotta il clamorem/kalein che c’è alla base del testo di Nove. Io non l’ho letto tutto come Lello ha fatto, ma un’idea me la sono fatta, leggendo "Poesia": 11 canti non sono pochi, su 30 totali.
Non so se, come afferma Cortellessa, quest’opera sia un "vero" avvenimento, ma concordo con lui - e con chi qui e altrove l’ha rimarcato - quando sostiene che conversione non c’è, bensì passo fisiologico nell’iter dell’autore. E aggiungo una previsione: questa Maria potrebbe diventare, negli anni, parente dei canti popolari di cui parla Gramsci nei Quaderni: scritti non dal popolo, scritti non per il popolo, rilevanti non come fatti artistici o per la loro origine storica, ma per il modo di concepire la vita e il modo, in contrasto con la società ufficiale. E qui mi ricollego a quanto detto da Lello: la Maria di Jacopone, promessa di un mondo diverso; la compassione.
Di Jacopone – e dell’arte popolare – c’è anche la trama di versi ritmati e rimati : rime su rime, in pieno abundare, esibite, perché la popolarità non si nasconde.
C’è poi l’amore, declinato nella solita postura di Nove: la passione angelicata. L’Io scorporato, come dice bene Senardi, sembra in grado di eludere quel circolo vizioso corpo-efficienza-prestazione che occupa lo spazio della vita-per-il-consumo (cfr. nei romanzi: fallimento sessuale del primo incontro con Francis; il contatto tra gli amanti grazie a uno smartie; etc.). Nove in un’intervista (una sola?) sottolinea l’importanza del momento primitivo dell’incontro tra due persone, la verginità della scoperta. In quest’ottica andrebbe secondo me letto l’incontro con Maria. La verginità non appartiene alla (Ma)donna ma all’incontro, e la forma popolare del canto non fa altro che celebrarlo.
Insomma… credo che Maria sia una naturale prosecuzione della sua opera, niente di scandaloso quindi, lo scandalo è, semmai, come ha detto Cortellessa, nell’amore (MIO) infinito, dal momento che scandere è cadere, e nell’amore infinito non si può che cadere…
La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-01-30 11:27:45|di sparajurij
chiedo scusa a gambula se gli sono sembrati insulti certe veloci considerazioni.
ma questione personale e paranoia radicale, non era da considerarsi come atteggiamento di gambula nei confronti di nove, ma invece rispetto al tema "Maria".
possono comunque essere espressioni non felici, tuttavia rendono bene l’idea della sensazione provata durante la lettura della "recensione".
sono laico and I like it non sempre è necessario ribadirlo.
La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-01-30 11:15:42|di nevious
Subito, di getto: scrivere, come fa Sparajurij, che il mio “franare” su Nove è “una questione personale, una paranoia radicale” è insultare. Non è accettare e confrontarsi con l’altro che critica, ma è scendere su un piano di violenza verbale che non mi interessa. Se a voi piace così, bene; giocate da soli, però …
Poi, con pacatezza: sì, ammetto, posso essere stato abbagliato dalla mia diffidenza ideologica per il tema; chi di noi non corre sempre questo rischio? Per di più io sono solito mischiare poetica & ideologia, dunque il rischio è triplo …
Però, però, però … Però il testo ha una sua oggettività che mi sembra palese …
Intanto (e qui rispondo anche a Lorenzo): lo “scandalo” e lo “stupore” sono due concetti che usa Cortellessa nella sua presentazione; e parla proprio riferendosi, più che al concetto teologico, alla probabile accoglienza del poema (scrive: “clamoroso scandalo” per il nuovo lavoro di Aldo Nove e, in particolare, per “quella che verrà definita la ‘conversione’ del già ‘cannibale’ al cristianesimo”). Anche Piccini lo de-teologizza, per così dire, mettendolo in relazione anche lui con l’accoglienza che avrà (scrive: “a scandalizzarsi laicamente … saranno gli innamorati delle forme, i servi delle categorie”).
Nella mia prima lettura sono stato tentato di allegorizzare tutto il poema. Di leggerci cioè, nella figura di Maria, qualcosa che andasse oltre il suo senso letterale. Mi sono poi reso conto che stavo commenttendo una forzatura, e questo perché non c’è un solo elemento che nel testo mi indichi questa “seconda” direzione. Tutto è senza ambiguità, e tutta la costruzione mira alla coincidenza tra forma e contenuto, senza che si dia, come propriamente avviene in una costruzione allegorica, distacco o distinzione tra i due momenti. L’andamento litanico è chiaramente una preghiera (“preghiera-invocazione” è definito il poema da Piccini, mentre Cortellessa lo definisce senza ambiguità “poesia religiosa”). Insomma, anche i due critici che hanno presentato il poema su "Poesia" lo hanno letto come l’ho letto io, almeno dal punto di vista dell’esibizione senza ambiguità di una religiosità molto forte, di un contatto personale con la divinità (ci hanno anche visto altro, certo, ma anche io, come appunto ho scritto nel mio articolo). Davvero, Lello, faccio fatica a vederci l’ateismo in questo testo. E faccio fatica a credere, come dici tu, che l’autore stia mascherando il proprio ateismo per cogliere una “portata rivoluzionaria” nella figura femminile. Ma su ciò, se diffidate della mia lettura ideologica, può essere utile leggere cosa scrive l’Avvenire sullo stesso poema ...
Confermo che nel poema ci vedo davvero espresso il Dogma. Qui vorrei essere preciso. Nel Canto IV parla l’angelo, quello che annunzia a Maria la gravidanza divina: “dentro di te si compia ora il mistero”, dice. Nel Canto V si fa riferimento esplicito alla “luce che s’irradia nell’incanto / del tuo ventre” che diventa di conseguenza “santo” … E altri frammenti potrei portare a testimonianza della divinità della gravidanza di Maria che il poema presuppone. Vorrei ricordare che uno dei Dogmi più antichi, mi pare stabilito intorno al 400 d.c., riguarda proprio la “maternità divina” di Maria (l’altro riguarda la sua verginità). Sono dogmi ufficiali ancora oggi in vigore. In questo senso intendevo il riferimento ai dogmi, in un senso direi rigorosamente letterale.
Nel poema di Nove non c’è nessun “rimosso femminile” che viene fuori, e anche se così fosse ne verrebbe confermata l’immagine che della donna ha il vaticano: la Grande Consolatrice (la “cameriera” di Sparajurij?). E poi il poema dice chiaramente che è il suo parto che darà i natali a colui che – da maschio – ci salverà. Maria è solo il grembo, non è l’azione. Lei è “l’inizio”, non la realizzazione. In cosa qui Nove si differenzia dal pensiero della chiesa?
E non a caso ho parlato di un legame molto forte del poema di Nove con il recupero che della figura di Maria ha fatto Karol Vojtyla. Lo stesso ex-papa le ha dedicato un poema e alcuni libri, che puntano ad affermare il valore salvifico di quella “maternità universale”. Ecco, proprio questo concetto è ciò che accomuna Nove a Vojtyla: il primo dice “madre di tutto il creato”, il secondo “madre di tutto l’universo” … Dov’è la differenza? Vedi, Lello, anche Vojtyla parla di lei come “madre”; questo però non lo porta a spazzare via il dogma, tutt’altro …
Che dire poi del fatto che l’universo è creato dalla Parola? Non è un dogma anche questo? Nel testo di Nove è scritto chiaramente (Piccini parla di Maria “resa madre da un pugno di parole”, Cortellessa parla del poema come “esilarante attestazione del trascendente”). Insomma, posso anche esagerare, però non mi pare che il poema sia immune da questa esibizione di religiosità sentita. Mi chiedo: dov’è lo scarto dalla religiosità popolare su cui il vaticano poggia il suo potere? E chiedo però precisamente: DOV’E’ NEL TESTO, non nell’idea che ci siamo fatti del poeta Aldo Nove. Ripeto: la recensione entusiasta nell’Avvenire è un segno che un po’ di verità nella mia lettura c’è …
Ma il testo è lì, a disposizione di chiunque voglia verificare quanto forzata sia la mia interpretazione.
Poi c’è la costruzione poetica … E qui, mi dispiace, confermo in toto il mio giudizio negativo. E non solo per il risultato concreto dei versi, di una banalità sconcertante come andamento e come senso ( “l’immensità del cielo è una capanna”, “ogni colore / dentro il tuo ventre è diventato amore”, “da tempo immemorabile era bella / e più che una bambina era una stella”, “madre di dio che in te dio è diventato / bambino, madre di tutto il creato”, etc.), ma anche per il tipo di poesia che propone: una poesia che brucia sull’altare della “struttura primaria della poesia” ogni ricerca … Ma anche qui sono ideologico, lo ammetto, e probabilmente ancora troppo legato ad una idea luciniana di verso “da liberare” …
A più tardi, credo
(e spero senza insulti)
n.g.
La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-01-30 10:06:37|di sparajurij
solo poche righe - in seguito posteremo un’analisi approfondita.
chi conosce il lavoro poetico di aldo nove non può certo cadere nell’inganno in cui è franato gambula; il tema della madre, carnale ed assoluto, irriducibile traccia più volte aperta e poi riattraversata, è sempre stato presente, in un presente che non è mai stato Dio, piuttosto una cameriera.
Considerare "Maria" dal punto di vista teologico, o ideologico, è un equivoco grave, una questione personale, una paranoia radicale.
Qui, come altrove, nella poesia di Aldo Nove, bisognerebbe parlare di realismo emotivo, di musica popolare.
Dover assicurare qualcuno che Nove non si sia convertito, come altri, vedi Ferretti, è un segno di indolente decadenza. Che non ci appartiene.
La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-01-30 09:34:37|di lorenzo
bel testo, voce. forse comprerò per la prima volta "Poesia"... wow
lorenzo
La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-01-30 08:28:15|di Lello Voce
2 premesse:
1) Non ho letto né l’intervento di Cortellessa, né quello di Piccini, ma ho avuto la sorte di leggere tutto il testo di Aldo
2)stimo Nevio come autore e come ’lettore critico’ e con lui mi è spesso capitato di concordare nelle analisi...
non questa volta, però. Mi pare che Nevio si sia fatto oscurare la vista da ragioni ’ideologiche’ attinenti al tema, rendendosi impossibile di cogliere dov’è il vero nocciolo della faccenda. Non credo che Aldo Nove si sia convertito, come il buon Ferretti, anzi penso che sia più ateo che mai,né penso che, anche dal punto di vista, diciamo così, dottrinale, il suo testo abbia nulla a che fare con il dogma, anzi.
Ciò che ho letto io è un poemetto diviso in canti di argomento ’mariano’, ma sostanzialmente dedicato a una DONNA, nel senso che al termine si dava nella letteratura delle Origini, proprio quella di cui Aldo è espertissimo e profondo conoscitore.A una Domina, dunque. Ma non solo: a un principio misterioso e generatore, quello che faceva tremare le vene ai polsi di Cavalcanti, e che era l’unica strada intravista da Dante (che pur scrisse le ’Petrose’)per giungere a Dio, che è luce, e alla faccia di Ratzinger è luce senza attribuzione possibile di genere. Nevio certamente ricorda la splendida Lauda di Jacopone, ’Donna mi prega’, nella quale è poi evidente come Maria divenga alter ego Christi e dove la portata rivoluzionaria di questo ribaltamento è palese. Ciò che viene improvvisamente sul proscenio è proprio quel rimosso femminile che è la tara che rende squallide tutte le religioni monoteiste. La Maria di Jacopone, che carica su di sè tutto il dolore del figlio, e dunque del mondo, è la promessa di un mondo diverso, di un mondo dove il principio femminile, quello generativo, accogliente, materno, sia capace di ottenere quel riconoscimento che è alla base di ogni utopia di giustizia e di pace: la sconfitta del primo e più grave dei razzismi, quello dell’uomo nei confronti della donna.
Per altro, chi voglia dedicare attenzione a qualche passo della ormai obliata ma preziosissima Teologia della liberazione, agli scritti di Padre Boff, per esempio, scoprirà come la figura di Maria sia centrale e proprio per le ragioni che indicavo.
Nulla a che vedere, dunque, con Ferretti, o Woytila, o Papa R(N)atzi...
Mi rendo conto, e Nevio mi perdonerà, che faccio i conti senza l’oste (il testo, Nevio accuratamente cita, con la consueta sua correttezza filologica), ma è mattina presto e il tempo è poco. Dunque se gradito, rimedierò più tardi. Ma voglio ribadire che a mio parere tutto questo polverone sullo ’scandalo’, sia pur evangelico,(mi pare che Lorenzo colga bene, ma, ripeto, non ho letto Cortellessa) è fuorviante. Ai media fa comodo parlare del cannibale pentito, fa vendere. Ma qui sta la differenza tra il leggere e il consumare un testo, mangiarlo, trasformare l’esperienza dell’arte e della letteratura in ’gastronomia’. Aldo Nove non sta affatto abiurando la sua laicità, scrive semplicemente, da laico, un poema sulla Madonna, e lo fa da laico, in modo radicale, se volete gioachimita, o muntzeriano, scoprendo le potenzialità di rivolta che ogni fede ha in sé, mascherate e ammutolite dalle glosse del Dogma, quel dogma che vuole Maria vergine, e che dunque, prevedibilmente Maria-Madre spazza via, portando in primo piano il dolore, la capacità di tolleranza. Accede a quella che è la più preziosa e la più dimenticata e vituperata (dalla Chiesa ufficiale) tra le virtù cristiane: la compassione.
Posso sbagliarmi, ovviamente, posso essere io la vittima di un abbaglio (non ideologico, ma magari amicale, ad Aldo voglio bene, stimo profondamente il suo lavoro, ecc.)ma la Maria di Aldo io l’ho letta così,ed anche per me non è stato facile superare la meraviglia e il sospetto iniziali ma poi mi ha stupito, e infine convinto. Nemmeno io credo alle virtù taumaturgiche della parola, ma alla necessità della poesia sì, proprio perchè, fingendo d’essere chi non si è, fingendo di provare, come dice Pessoa, quel dolore che non si prova, si può scoprire il punto di vista dell’altro, o lo spazio buio dove si cela l’inganno della violenza. La poesia poi, è come un cane: noi abbaiamo, ad altri il compito di uccidere la Bestia, come l’avrebbe chiamata Bruno, un altro che di Maria e di universo mondo un po’ ne capiva.
Un salutone a tutti
Lello Voce
La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-01-30 00:37:48|di rasputin tu rispuntin ancora?
viviamo in un paese che volente o no non ha mai vissuto senza dio. E che dio! un dio con una moglie vergine ed un figlio martire per fortuna non c’erano altri parenti senno’ si poteva gustare chissa’ un cugino autistico azzeccarebus o una zia trans animal come in certi porno. Il problema dell’italia e’ che con 7000 chiese pronte a perdonarti non hai scampo. Io mi chiedo allora perche’ nel mondo non italiano la percentuale di chiese e’ 100 volte inferiore alla nostra, perche’ non costruiamo anche li’ migliaia di migliaia di case del signore, altro che Maria aldo, troveresti tutti, magari anche la fidanzata. Quello che voglio dire che 25 anni di woityla ci hanno rovinato, razzingher passi e’ un’idiota mediatico ma karol, attore, si’ che ci sapeva fare, non per nulla maria prima di karol se la cagavano in pochi. MA DICO IO SIAMO AD UN PASSO DALLA DIMOSTRAZIONE DELL’INESISTENZA DI DIO E SIAMO ANCORA ALLA CAGATA MARIA? ALDO? OH? LO SAI CHE DIO NON ESISTE ’ vERO? LO SAI CHE L’UOMO E’ L’UNICO SOLO ASSOLUTO CREATORE DI SE STESSO E CHE L’UMANITA’ ALTRO NON ASPETTA CHE SE STESSA? LO SAI CHE SACRO E’ SEMPLICEMENTE CIO’ CHE NON E’ ANCORA GIUSTO CIO’ CHE IL POTERE NON FA’ EMERGERE E’ SACRO NON L’EMERSO DEL POTERE ASSOLUTO CHE E’ LA CHIESA PROFANA.
Trent’anni fa’ la favole di dio e della madonna stava per finire poi arrivo’ karol e chiese scusa a tutti colpo di genio!!! La chiesa ha quasi sempre sbagliato ma ora e’ GIUSTISSIMA....allucinante!!! aldo, svegliati!! un papa ha chiesto scusa degli errori della chiesa perche’ quella chiesa sugli errori fonda la sua dottrina DEL perdono...sai cosa vuol dire? che si puo’fare tutto perche’ tutto e’ relativo...altro che il razzingher pensiero forte!!!! LA CHIESA SIGNORI E’ IL VERO UNICO INCONFUTABILE PENSIERO DEBOLE........
THE GENIUS IS JESUS = THE JESIUS!!
La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-01-29 22:09:53|di lorenzo carlucci
su aldo nove non saprei perché non l’ho ancora letto (da non trascurare l’ipotesi che abbia scritto l’ultimo capitolo del suo Woobinda e che il titolo sia in purissima tradizione RunDMC-Articolo31), ma su cortellessa mi chiedo perché curarsi tanto di uno che usa la parola "macchinica" (seppur tra virgolette):
"[...] passiamo a una resa del Sé all’autonomia ’macchinica’ del corpo [...]", (Io è un Corpo, in Parola Plurale, pg. 39).
forse è una citazione che mi è sfuggita...
lorenzo carlucci
p.s. nevio gambula, forse non dovresti trascurare nella tua analisi il fatto che il concetto di "scandalo" è (mi sembra) ovviamente usato da Cortellessa nel suo senso teologico, "lo scandalo della croce" paolino, che ha dato origina a innumerevoli elaborazioni in determinati contesti del pensiero teologico.
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La "Maria" di Aldo Nove secondo me
2007-01-30 15:14:01|di Luigi
Ti sbagli effeeffefurlén! Al bar io e Giovanna ne abbiam discusso, mica abbiam fatto finta come tu&sinik, suvvia smettila di fare il dandy (dove ce l’hai la vela?), e comprati un cronometro :-)