Absolute Poetry 2.0
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La bottega delle ali

e qualche poesia a colori di Furio Pillan

Articolo postato lunedì 29 maggio 2006
da Christian Sinicco

LA BOTTEGA DELLE ALI

“L’unico modo è che tu metta le ali
se vuoi veramente andartene via”
Disse mia nonna quando avevo sei anni.
Così andai in un grande negozio,
una vecchina dallo scaffale più alto
prese a fatica un gran scatolone
e mi disse: “ecco, serviti pure!”
Io intimidito cominciai a cercare,
c’erano ali per ogni utilizzo,
ali bianche in tinta coi denti
ali scure per gli avari di cuore,
ali di pizzo ali alla moda
ali anche per vestiti da sposa,
ali meccaniche per gli ingegneri
ali da piedi per i corridori,
ali a vela ali a motore
ali finte da sognatore,
ali grandi per volare all’inferno
e minuscole per cadere in eterno
ali rosse ali rotte ali corte ali morte
ali scontate pescate a sorte;
ali di carta ali di legno
assicurate contro l’incendio,
ali vive che mai stanno ferme
ali di plastica contro le tarme,
ali usa e getta per gli spendaccioni
ali di piombo per i coglioni,
ali da drago
ali da fata
ali a noleggio per una giornata,
ali nuove a chilometri zero
ali comprate mai usate davvero.

E poi ali immense per gli innamorati
ali proibite per fare all’amore
ali di gomma che non si sa mai
ali per te se mi perdonerai
ali regalo di san Valentino
e ali da mamma con il passeggino.

Ma ali di male per chi sta soffrendo,
ali dolore per chi non vuol più volare
ali di neve per suicidi d’estate
ali di foglie per quelli d’autunno
ali col buco per chi vuole ammazzarsi
nelle altre stagioni dell’anno,
ali di rabbia per chi deve incazzarsi
che gli hanno ammazzato fratelli ed amiche
ali vendetta d’acciaio e benzina
per abbattere le torri nemiche,
ali da guerra per vendicare vendetta
ali atomiche ucciderebbero in fretta
ali di mine che le gambe non servono
ali di fame che i bimbi non muoiono
ali da ricchi che vai dove vuoi
ali giustizia che non si trovano mai.

Ali divine di vini e di birre
ali diverse di versi e parole
ali di ali per chi scrive poesie
ali di vita e ali di morte
ali per tutti noi anime rotte.

Scelsi.

“Hai preso le ali più rare”,
Mi disse la furba vecchina,
“ti costeranno un occhio della testa!
Una apparteneva a un demone astemio
l’altra ad un angelo che era sempre ubriaco,
sono antiche e molto preziose
sei sicuro di potermi pagare?”

Ma io non dissi nulla
presi le ali
lasciai un occhio sul banco del negozio.


POESIA AZZURRA

All’alba d’ogni giorno
Dio bacia i tuoi occhi
E si bagna le labbra
E poi soffia
Soffia forte nell’aria
Colorando il cielo.
Me l’ha confessato una sera
Che sono andato da lui
A bere al solito bar
E poi a cavallo di nubi
Superando la velocità della luce
Senza farci beccare
E ubriachi d’azzurro
Dal cavalcavia dello spazio
Siam finiti a fare a gara di sputi
Sul mondo.


POESIA VERDE

Una volta ero un poeta verde.
Le sillabe erano foglie
Le parole rami
Alberi le poesie
E non mi chiedevo se ero felice.
Ogni autunno raccoglievo le foglie
Come fossero frutti maturi
Le battezzavo e le mettevo da parte.
L’erba era la mia donna
E passavo ore a pettinarle i capelli
Con spazzole di vento
A baciarla coi miei piedi nudi
A farla scorrere sotto il mio corpo
Non facevamo mai troppo tardi
Perché al tramonto perdeva il colore
E si sentiva in disordine
Come sporca di notte o di buio
E mi diceva sempre
“devo alzarmi presto domani
per fare rugiada”
Ogni tanto le regalavo un ramo
Lei era contenta e piangeva
E io non avevo una vera donna
E non mi chiedevo se ero felice.

Ora ho le scarpe e comunque
Al cemento non piacciono le smancerie
Se poi chiedi dell’erba
Ti mettono in galera.
Ho avuto tre donne che erano tutte capaci
Di fare rugiada dagli occhi
Ma tante cose sono cambiate
Le sillabe ora sono mattoni
Le parole erette a muri
Le poesie case, talvolta palazzi
E non c’è stagione per la raccolta.
Qui ho tanti amici che non hanno nulla
E spesso mi regalano case stupende
O un abbraccio o un bicchiere di vino.
Ma ogni volta che cammino solo
Accanto ad un parco aiuola o giardino
C’è come una voce verde che chiama
Un eco antico che entra negli occhi
E mi fermo a pensare
E mi chiedo
Mi chiedo se sono felice.



Furio Pillan, nato a Roma il 2 febbraio 1975, vive a Trieste dal 1990. Come poeta e performer, si è laureato in Ingegneria Civile nel 2002. E’ l’attuale Presidente dell’Associazione "Gli Ammutinati".

15 commenti a questo articolo

> La bottega delle ali
2006-06-08 20:54:34|

Sono perfettamente d’accordo con quanto scrivi, Christian, lo condivido davvero, anche se, nel caso di Pillan, mi piace pensare che questo suo voler ricondurre, a tutti i costi, la materia poematica nell’alveo della sua "disposizione" e del suo controllo, risponda al quel preciso indirizzo di poetica che in questo momento (intendo all’atto della composizione di questi testi) si è dato: la "regressione" sente di doverla guidare, per dimostrare ciò che, magari, ha avuto modo di maturare nella sua esperienza: cioè l’implausibilità di ogni travestimento, di ogni mascheratura letteraria fine a se stessa (non c’è "fanciullino" che tenga, insomma): di fronte all’abissale degrado di esperienza e memoria. Io vi leggo anche, in controluce, una ben dissimulata vena ironica, nell’accezione filosofica del termine: un ulteriore contributo alla demistificazione, da parte di una scrittura poetica sottilmente corrosiva.
Si vedano, ad esempio, tutti i verbi utilizzati dalla "voce narrante" nel primo testo.

Mal 470


> La bottega delle ali
2006-06-08 16:27:18|di Christian

Mal, bel commento. Certamente io ho fatto una selezione dei testi di Pillan, e ciò che dice Lorenzo può evidenziarsi in altri che non ho postato (questo anche per dire che fare la selezione da una serie di testi inediti, per me, significa chiarire pure la mia posizione di fronte l’autore, indicando in un certo senso le mie preferenze; mentre per quanto concerne la riflessione su un eventuale libro, ovvero un’opera formata, presuppone l’assunzione di una responsabilità maggiore da parte mia - ovvero mi sento più in diritto di mettere il dito nella piaga. In Pillan c’è il rischio, che a mio giudizio è risolvibile grazie una sintesi che eviti di far diventare alcune immagini o patetiche, o barocche (anche se la parola barocco non mi soddisfa, forse strabordante), dico c’è il rischio di appiattire il mondo di rappresentazioni che enuclea nel momento in cui ad ogni passo non si domanda - a mio giudizio - come e quanto potrebbe evocare una certa particolare sequenza. Il vero problema sempre è quello di capire se i propri obiettivi di poeta, quindi anche il mondo di rappresentazioni che gioca/si fa durante la creazione, coincidono con gli obiettivi dell’opera. E’ il grande conflitto tra il creatore e il creato - nel senso che il creato può anche indicare una strada al creatore, mentre stiamo creando un’opera, essa orienta il nostro fare, e non è detto che ad un certo punto ne siamo più padroni. Scusate se l’ho messa un po’ su sto piano, ma è un po’ il rischio di ogni artista, di assecondare troppo se stesso sacrificando ciò che nella creazione alcuni elementi, magari liberati da uno schema, potrebbero implicare.


> La bottega delle ali
2006-06-07 22:05:04|

Chiedo scusa se mi intrometto in questa "corrispondenza di amorosi sensi", ma, anche se gravosi impegni mi chiamano (?), vi lascio una noterella, da prendersi, comunque, con il beneficio dell’inventario (e del grado di tollerabilità alcolica).

Laddove il poeta (Pillan) assumesse, volontariamente, uno "sguardo infantile", in sostituzione di una pupilla ormai muta, anche la lingua utilizzata "regredirebbe" al livello elementare del dettato e della nominazione, cancellando, in un colpo solo, la "pesantezza" e l’"ingolfamento" che Lorenzo nota. E, a questo punto, ritrovarsi nei versi il riferimento extra o meta testuale, stonerebbe con la struttura stessa che la scrittura avvia e mette in opera (quello che viene detto "ideologia e critica al contemporaneo") Allora l’analisi che il Lorenzuccio nostro prospetta nel suo ultimo comnmento sarebbe più che plausibile. E non è detto che non lo sia. Ma. E proprio in questo "ma", però, che si evidenzia e si consuma tutta la pregnanza di uno "scarto minimo", fondamentale, a mio modo di vedere non pienamente considerato.

Mi spiego. Credo che l’operazione di Pillan sia scientemente diversa, altra. L’assunzione, con tutti i rischi che ciò comporta, di una "visione regredita", non avviene che "apparentemente" sul piano della sintassi e del lessico, mentre invece, in profondità, tiene solo e unicamente alla "logica immaginale" di quello sguardo, come un contenitore che riempie man mano della "consapevolezza" dell’adulto, in merito alle cause della sua acclarata "cecità". Una sorta di Pinocchio, tutto chiuso nella assoluta libertà della sua "alterità", che scopre, volando in frantumi, che quella "diversità" gli deriva solo dalla coscienza, introiettata a priori, del suo divenire, finalizzato a essere un bambino-in-carne-e-ossa: una sorta di "sguardo" ritrovato proprio nel momento in cui viene perso per sempre, ormai irriconoscibile tra i detriti di un mondo (ora sì "ideologizzato") che ha già colonizzato l’architettura metamorfica della sua visione primigenia, solo presentita a questo punto. Altro che "reductio ad simplicitatem": qui scorgo studio, passione, cultura e una consapevolezza del "fare" che domina la lenta, inesorabile apocalissi di cui parlavo in un precedente intermezzo. La "mimesi", quindi, serve solo a svelare un arcano che tale non era, fin dall’origine: che a contatto con un reale ormai ontologicamente reificato, anche lo sguardo infantile naufraga in quella datità franata, ammantandosi di tutte le scorie (la pesantezza e l’ingolfamento) della deriva ideologica: cioè del responsabile primo della omogeneizzazione, anche linguistica.

Secondo me, e chiudo con una riflessione di cui un giorno (spero lontano) vi darò conto, la poesia di Pillan, almeno stando a questi testi, nasce da una consapevole, a tratti originale, matrice antipetrarchista: sì, quel petrachismo perenne che ancora divora, come un cancro, anche le più belle e nobili intenzioni di tante giovani penne allo sbaraglio.

p.s.

Il discorso di Di Consoli, invece, (ma ormai non ce la faccio più!) parte da un assunto diverso e segue, di conseguenza, altre strade. Se proprio dovessi cercare un accostamento, ma solo sulle dinamiche di partenza dell’operazione di scrittura (Petrarca & co.: cfr. quanto detto sopra), penserei piuttosto alla Spessot. Sembra strano, ma è così: rileggete i testi di "Le Porte" alla luce delle mie farneticazioni, e vedrete.

Statemi bene, giovanotti.

Mal 470


> La bottega delle ali
2006-06-07 20:29:43|

@ christ: si esatto, ali di piombo, ingolfamento. perché con quelle bordate
"ideologiche" fa sì che tutto il resto appaia come pretesto, mentre quello che apprezzo della poesia "giocosa", degli infantilismi e simili è proprio il NON dover introdurre elementi estranei allo "sguardo infantile" (per semplificare),
riuscendo a mostrare la profondità - autonoma - di un tale sguardo. quindi quando appaiono così "grossamente" (!) l’ideologia, la critica al "contemporaneo" (argh) e la dicotomia,
stile e testo diventano pretesti, e non mi piace. un pò quello che accadeva, in misura minore, con il testo di Di Consoli (scelta del "personaggio").

@ Mal: grazie per quello che dici, mi fa davvero piacere. (la parente per ora la teniamo ;))

lorenzo


> La bottega delle ali
2006-06-07 17:10:52|

@ Lorenzo

Non dirlo nemmeno per scherzo, caro Lorenzo: lungi da meeee!!! Volevo solo dire, con quel punto, che quando un poeta mi piace, così, a pelle (in questo caso sarebbe molto meglio "una" poeta, ma bisogna anche sapersi accontentare), mi tengo stretto il mio sentire e mi riservo di leggere altro, per approfondire in seguito la conoscenza dell’autore in questione. Una sorta di intuito, se vuoi, che fino ad oggi non mi ha mai fatto prendere cantonate clamorose.

Per quanto "ti" riguarda, invece, se proprio ci tieni a saperlo, ti leggo sempre con grande attenzione, perché anche quando non sono d’accordo con quello che scrivi, anche quando mi fai girare i..., i tuoi commenti non sono mai banali o fini a se stessi e hanno sempre la capacità di regalarmi un pensiero o una nota su cui riflettere. E non è poco, soprattutto di questi tempi. ;)

Quindi, caro giovine, via la parentesi (e la parente, perché no?). :-))

Mal 470


> La bottega delle ali
2006-06-07 14:14:08|di Christian

Forse ho capito ciò che intendi. Ovvero forse rischia di diventare un po’ con le ali di piombo:-) o di ingolfarsi?


> La bottega delle ali
2006-06-07 13:05:31|

(christ, ti rispondo tra parentesi, perché Mal ha detto "Punto" e non so
se ho il diritto di scrivere ancora...
intendevo, e.g., la strofa che inizia con "Ma ali di male per chi sta soffrendo," nella poesia sulle ali, e
"Ora ho le scarpe e comunque/
Al cemento non piacciono le smancerie/
Se poi chiedi dell’erba/
Ti mettono in galera." in Poesia Azzurra. comunque è grazioso.)

lorenzo


> La bottega delle ali
2006-06-04 15:01:44|

Io trovo questo poeta, della cui scoperta ringrazio chi me lo ha fatto leggere, di sicurissimo interesse: una scrittura che si risolve tutta in una controllata, ma inesorabile, apocalisse quotidiana. Punto.

Mal 470


> La bottega delle ali
2006-06-03 23:08:18|di Christian

cosa intendi Lorenzo?


> La bottega delle ali
2006-06-03 18:46:46|di lorenzo

io non approvo molto le "pesantate" finali, in questi testi. traviano un po’ il tono, strumentalizzandolo e vanificandone l’effetto. o no?

lorenzo


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