Articolo postato venerdì 8 dicembre 2006
Molto
spesso, timoroso, mi sono trovato a sfidare
la
novità delle cose -
è il mio tormento
Ho spiato, in segreto, le
cose
nel loro farsi, ed ho
scelto
una traccia, un indizio
di vero:
la contraddizione
l'unica
possibilità, o l'accanimento
della negazione, ancora
Chiedo
cose grandi, che non ci sono
Con
tutto il corpo. Chiedere
le cose è dare voce
alle cose. Poi le cose
portano impulsi
a partire
C'è
tutto il cielo da attraversare
per
approdare alla vita che verrà
Fatemi,
fatemi guidare
i
cavalli che hanno ali ai piedi, fatemi
quelli che sputano fuoco, fatemi
guidare i cavalli veloci
La
mia mèta è lontano - dissi partendo
Desisti,
ti supplico - disse mio padre
che
non è cosa da farsi. E mi disse
le
insidie, i pericoli, le bestie
feroci.
Ma presi
le
briglie,
ugualmente
Poi
la corsa, improvvisa. E la corsa
forgiava
il mio terrore. Frontiere
al
crepuscolo
La verità
sono
questi cavalli, il colpo di frusta, o le nebbie del cielo, la
verità
è
questo carro di fuoco che conduco fin giù dov'è
la terra
e
vedo la terra davanti agli occhi. La verità
è
questa rovina - solo macerie, guardo
avanti
e vedo solo
macerie
Ma vedo un punto lontano
Mèta
ambita
Libertà
La
paura mi gelava il sangue. I cavalli
battevano
nell'aria i piedi, correvano
a
caso nel cielo, i cavalli
che
sputano fuoco
Ed io bruciavo le nubi, la terra
presa dalle fiamme, fessure
si aprivano, dissecata
la terra
arida,
la terra
La
cenere una realtà, e la mia folle corsa, mai conforme
una
liberazione plausibile. Nell'incrocio tempestoso
dei
tempi il mondo che ho incendiato
fumi
caldi e caligine
Nella corsa rovente la mia fondazione - dissi partendo
Finché Giove, dall'alto del suo potere, mi
cacciò l'anima
e
il corpo mi fece cadere dal carro e i miei fuochi
con
fuochi terribili raffrenò
Il carro al suolo, le mappe
bruciate, i cavalli
Spiaggia,
cadaveri, grande frastuono, avvoltoi
Se
la ricerca è un percorso, se è: se il senso
è
scomposizione, se è divisione, se è: se
è,
il
senso, ciò che divide il reale,
se la cosa
reale,
cioè, è sezionata e poi convertita
in
segno, se è: e se per farlo si usa
la
lingua (se, lo ripeto), se
è
così:
allora ogni discorso non è
neutro,
non è:
all'inizio
un
cielo aperto, cavalli di fuoco e una caduta
poi la spiaggia, e una crisi, e vicoli
ciechi, e difficoltà, conflitti
e rinuncia: il gioco
consiste nel muovere cose
- appunto dicevo, alla partenza
Pioggia e sole, vento
alta marea
Scheletri, ossa
dissolte - storia e natura, catastrofe
e ricominciamento. Svenni
tre volte, poi mi risvegliai
vengo
allo scoperto, finalmente - dissi
con
vivo stupore, e vertigini
è l'alba, ai margini del cielo
un carico di nubi, e una barca lontana, una barca
la barca si avvicinava, la barca
Forse mio padre, forse
una spia di Giove
Sono
vulnerabile - pensai, il colpo
di
grazia, pensai
La barca si avvicinava, la barca
Bandiere sui pennoni, strane
le bandiere, lingua
sconosciuta
Forse, la barca, con i suoi marinai, segnava l'inizio
di un nuovo mondo, o una conquista
una fuga, un esilio
o forse era solo l'incanto del viaggio, una vacanza
esotica, pausa di riflessione
o una spedizione
impossibile
Ma la tormenta
O piuttosto, l'uragano
Qui, mare e cielo si confondevano
Mare avvelenato
Qualcosa
mi agitava, forse quel che vedevo
mi
rendeva inquieto: gli errori
commessi,
o forse
gli
alberi deformati dall'uragano, gli arbusti bruciati, le vele consumate
dal
fuoco, l'albero maestro sfasciato dalla furia
delle
acque. La barca
non
si avvicinava, la barca,
più.
Quando il mare
si
calmò, in questo deserto di sabbia io solo
dissi
la mia speranza
che svaniva
Restava una capanna, sperduta tra le palme, e battevo il
tempo
lo battevo sul petto e volavano pipistrelli, avvoltoi
i passi dei soldati, li segnavo col ritmo
molti stesi a terra, morti
Forche,
croci, ruote, altri strumenti di tortura ben visibili dalle strade
Ogni speranza in decomposizione
e restava la mia confusione
Accompagnavo col tamburo del cuore la lama
all'assedio delle mie vene
Poi scrivere, ancora, per la bottiglia
col sangue, scrivere
questo messaggio
Questo
messaggio, a dire il vero, manca di un principio
certo.
La fonte
è la lenta agonia di un impero. Chi
è Roma?
macerie
e calcinacci, resti di muro, forse Berlino 1989. O forse
una
spiaggia, cadaveri, grande frastuono di onde,
avvoltoi,
resti di barche. Roma è fondata
sull'assassinio.
Ma siamo
anche
a New York
Tokyo
Parigi
Mosca
Gomitate e spinte, e devozioni servili
Decisi di partire, all'inizio,
contro la volontà del padre,
e
sono rimasto solo, nel finale
di
sola sabbia, senz'alibi,
spaesato,
e teste
fumanti:
fare del mondo un'unica
città
Che
il cominciare si dimentichi: presto, e guardando avanti
Il
morto pesa sul vivo mentre ribadisce il caos della vita
Ma
la propria prassi è qualcosa che insegna: il futuro
In
palude di merci, non è facile stare dentro e dire di no
Solo
quanto basta, ma per fare cosa? forse sé medesimi
Una
materia - persone cose luoghi,
con molte varianti
E
storie accadono, storie da raccontare, come scoperte
In
breve: son le cose che
odio: altri nessi è faticoso
In
pochi mesi difficile strappare al buio un solo grido
E'
senza dubbio una cosa fattibile, purché ci riesca
Che
ha luogo sempre nella sua prassi la contraddizione
O
l'esplodere di nuova conoscenza, entro questi limiti
Siamo
dentro un paesaggio definito ma guardiamo oltre
Altre
persone, insieme contrari, per ragioni sostanziali
Le
cose del mondo, o il mondo delle cose: mi frugo in tasca
Di
solito a quest'ora del
giorno mi frugo sotto le mutande
Coito
di corpi ruvidi, musica
di
bocche
chi
dice lacera la viva sintassi
Se
ogni discorso è come un tumulto, se è: la
vibrazione
dei
segni, allora, oppone resistenza, se: e se la precisione
è
una qualità fondamentale, se è: anche il
vandalismo
può
diventare, con l’uso sobrio, una traduzione
della
lingua delle cose nella lingua dell’uomo
C'era
la spiaggia, dunque, e c'erano, minacciosi, gli avvoltoi, e la prosa
del
sudore, c'era, mentre insistevo, mio malgrado,
a
perdere sangue. Prima, in marcia
tra
le nubi - nessuno o tutti,
dissi
partendo. Poi,
in
quel limite di sabbia
mi
accorsi di Roma,
e
vomitai
mentre
parlavo, ancora
parlavo
col corpo la lingua del lavoro, parlavo, ancora
Conviene,
dissi a me stesso,
che
ti adegui, conviene
stare
segregati,
conviene
Il
denaro vuole governare senza intermediari - dissi
nel
mentre parlavo, col corpo operoso, la lingua
infaticabile
della competizione:
e
il mio sussurro
dissi,
si faccia irrisione: c'è la caduta della ragione
o
la sua disposizione matura alla funzione allenata del lavoro
come
misura preliminare una confusione
E questo vuol dire: che in
principio c'era un turbamento, il moto
del mio braccio, poniamo,
vincolato allo strumento, ad insistere
sulla materia - poi il
mutamento, questo accadde
In
più nevicava, ed avevo freddo, paura,
la
natura mi apparteneva, mi sovrastava,
nel
mentre le davo forma mi soddisfava,
poi
parlavo
E' nell'uso delle parole la
verità, dissi
Bisogno, impulso e scopo: la mia idealità
parte da qui, dalle condizioni
che creo, aggiunsi
come
scrivendo col corpo
Semplice:
ogni perturbazione è transitoria, ma la storia
ha
confermato la negazione della mia esistenza
naturale:
una patetica variante
del
produttore di merci, o strumento vivente, servo
che
lavora per altri fin nel cuore
della
notte - e feci questo discorso
devastando
la lingua. E ripetevo, spesso, io produco
la
mia morte, il denaro altro denaro
Dissi
a me stesso: sono il risultato del mio rapporto con l'altro,
legati
insieme in circostanze e in quel contesto ci rivolgiamo
alle
cose come cose noi stessi. Ma nel tempo altri
si
sono serviti di me, mi hanno utilizzato
per
scavare un pezzo
di
rame
Loro gli attrezzi, loro i frutti del mio lavoro. Tentai
la
fuga diverse volte, finché mi vidi circondato
da
guardie - a controllare il mio lavoro
Sarebbe
cominciato il millennio, si diceva, allora inizierà
un'epoca
nuova, entrarci non è facile, ma il massacro
scrisse
le sue pagine, e fu l'unica cosa. L'urto
ci
fece esuli in tanti luoghi e tanti posti visitammo
per
lavorare andammo sparsi, separati, col sogno
del
ritorno: ad ogni pausa una speranza: ritornare
alle
nostre case, mogli, tra le braccia dei bambini.
Tutto,
dopo ogni massacro, è ricostruito: solo
le
piantagioni e i campi auriferi, solo
Mi dilungo a raccontare
Una cosa nelle parole, un'altra
nel significato - ed è un parlare
pubblicamente, discorso
aperto, ma misterioso
Perché il contrario di
quel che è scritto risulti vero
O che dire altro? tornare ai cavalli
al volo preciso, al carro
di fuoco, perdonate
i miei eccessi. Scusa, padre - dirò al ritorno
nelle cose nuove ho visto la mia utopia
far nascere ciò che ancora
non esisteva - con ferma
e lucida mano
Col
ricorso alla ragione, e all'osservazione, insieme alla fantasia
Perdonami,
o padre, dirò, ma le metamorfosi
sono
processi salvifici
0
restare tra le sabbie, in questa epoca
che mi ha visto crollare
1919
Berlino, o presso Parigi 1871, crollare
a
Torino nel '22 - non tornare
alle origini dunque
Roma sempre il luogo migliore
per le competizioni
Ma tante questioni restano, e resta il rumore del silenzio
o
le macerie delle cose, la storia
da
nominare confusamente
O Agamennone, quanto
costa in vite umane
la guerra?
Ma, mio re, la strada per il Golfo
è ancora lunga, o i Curdi
massacrati sulle montagne turche
Arde l'Occidente
di gloria, o Cesare
ad ogni tuo passo un diluvio di sangue
La morte, vecchia troia
o Europa insaziabile
questo angusto trono di re
Nel mercato la lite
si andavano armando
ed io pensavo, in silenzio
il silenzio è doloroso
e doloso
Pensare
alla guerra in corso, o alla prossima
che
ci sarà, è garantito
Petti
deliranti
Incantati
dalla voce del cantore,
di nuovo
Per
questo vi dico di Roma, o dell'impero e della decadenza
dove
la disciplina e la collaborazione sono la lingua
madre,
nel regime di accumulazione
Molti
i cervelli malati - una danza
macabra,
qui ha corso
una
danza:
POPPER
Nel limite della funzionalità
decoro, polizia
controllare tutto
BOBBIO
La carica dell'Ottobre
la più grande catastrofe della storia
Il denaro nostra unica lingua
WOJTYLA
La discesa dal Cielo
nostra speranza
lo sceriffo americano
DAHRENDORF
comunica, e ti sarà dato
non la classe, né la sua lotta
un nuovo contratto sociale
PRODI
la legge e, talora, il costume
in modo efficiente, con l'accordo
tra le parti, consenso
D'ALEMA
e così alla fine i sassi
si arrossiranno del sangue
altrui
far saltare i treni
è necessario
NEGRI
l'esodo, o la fuga
che star qui non conviene
o forse nell'immateriale è il futuro
INGRAO
ma non la rivoluzione
magari una ricerca, anche politica
uniti alla borghesia illuminata
La
storia è questa, la storia che non si racconta mai
a
stento si resiste, sabbia, e l'orizzonte
è
disumano. E la solitudine
torna
a volte. La storia
è
questa danza,
macabra
Poi la merce
si
fa bella, ritorna in pista, le società per azioni
stroncano legami - un gorgo incolore
inghiotte
le cose o i segni, è l'afasia, il mercato
come guerra, dove a crollare
è il solo tentativo, e disperato,
di Fetonte,
il mio tentativo
di aprire varchi
Resta
la preistoria, ancora
(
questo
poemetto è compreso nel volume "Per labbra recitanti nella
febbre" liberamente scaricabile cliccando qui)
> La caduta e l’esilio
2006-12-09 20:39:28|
ok ok cambia