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La controffensiva degli aquiloni

nel Poema disumano di Luigi Nacci

Articolo postato giovedì 1 giugno 2006
da Christian Sinicco

Se tu
chiudi gli occhi
e mi baci,
tu non ci crederai
ma vedo
le mille bolle blu
e vanno leggere, vanno
si rincorrono, salgono
[...]

Così Mina, in Due note del 1961, cantava a squarciagola. Analogamente "ci vorrebbe una bolla, bella, blu" per salvare la nostra pellaccia dal Poema Disumano (Cierre Grafica, 2006; collana Opera prima a cura di Flavio Ermini - direzione@anteremedizioni.it) di Luigi Nacci; un grande recipiente di frescura per stemperare le lunghe estati torbide, o qualcosa di più interessante - sebbene sia davvero difficile trovare un oggeto meno splendente - dei "cacciabombardieri" e delle loro "bombe intelligenti" per riscattare "l’uomo in bilico tra la Vita e la Morte/Tra la Vita che sta per venire/E la Morte che sta per andare/In quell’attimo che non esiste e che non si può spiegare" - dal testo L’Orco, Alla discarica del Signor Postmoderno, prima opera dell’autore, ancora inedita.
L’obiettivo di Nacci, e di questa opera in bilico tra sperimentazione del linguaggio e realismo, è di portare a galla la nostra arretratezza, il non voler prendere decisioni, nonostante le capacità di abbracciare le "mode", linee che possono farci comodo, ma senza un obiettivo a lungo raggio, un’azione meditata. "La diagnosi è presto/fatta: paralisi e mutazione": il libro è una radiografia dei nostri scatti effimeri e delle ritirate impaurite; tutta la nostra socialità viene ricostruita attraverso un linguaggio in collisione, in battaglia con se stesso, con le vertebre rotte.
Due macrosistemi si mischiano, la riflessione politica e quella sulla sessualità, e su questi assi poggia buona parte dell’operatività del sistema "opera".

Se Nacci si trovasse a "Porta a Porta" con i lettori potrebbe tranquillamente dare in pasto questi due testi "politici" (pag. 16, pag. 23) e altri referenti non dissimili:

Se non saltiamo in aria scoppiettanti,
mendichiamo ai margini delle mischie
o dei massacri, in tanti, come mosche.
Mastichiamo mansueti, a morsi miti,
mozzando prima mani e poi midolli
rammolliti - ma mai mangiamo i musi
ai morti. I corpi, li ricomponiamo
mesti, membro a membro, parti su parti.


Siam sazi d’esecuzioni sommarie
spalle al muro e morti ammazzati in cella,
di sbudellamenti marrani, ronde,
ranci sciacquabudella. I disumani
sì, si fanno rastrellare e non serbano
rancore - ma rimembrano. Marziali
e disarmati partono alla guerra:
la parola è la loro scimitarra.

E ancora: "solo in sogno andiamo all’arrembaggio" (pag. 24); "tutto, pur di non partire in battaglia" (pag 24); "E’ il dopoguerra la sciagura vera" (pag 25); "Lì, con i binocoli ben a fuoco,/cerchiamo Dio o/le sue coordinate" (pag. 26); "Arresi, senza opporre resistenza" (pag 28); "esplodiamo in strada due o tre petardi/per riscaldarci. Domani verranno/a dirci che siamo dinamitardi. (pag. 32); "Sebbene sodomizzati da eserciti [...] - Ssssst! S’aspettano in silenzio, gli assalti" (pag. 33); "Appisolarsi è piuttosto improbabile/per colpa degli spari" (pag.34); "Rognoso è il burocratico disbrigo/delle pratiche col torturatore" (pag 35); "Di noi si rammenterà la pallottola/piantata nella tempia in ritirata [...]l’autocritica prima dell’attacco/la strategia elaborata a casaccio." (pag. 37).


Per quanto riguarda invece la sua possibile scrittura di un "Lucignolo", amorevole è questo testo (pag. 18) arredato da alcuni rimandi intratestuali:

I nostri sono amori periferici,
troppo tisici per tenere testa
alla vita. Nell’ultima volata
rallentano, s’intronano al traguardo,
stanno attoniti, tonti, catatonici.
Lo sguardo di chi è rimasto di stucco
e il volto sudato. Il palato secco
del maratoneta mai arrivato.

E nuovamente: "Far l’amore è raro da queste parti. [...] Ad essere sinceri, amoreggiamo/segretamente con gli invertebrati (pag.21); "Abbiamo in bocca baci abominevoli/bramosi di bordello [...] Ma abbiamo anche tabù" (pag24); "Siamo amanti asmatici e stomachevoli" (pag. 31).

Sopravvive la tensione al realismo magico, una sorta di piacevolissima intrusione della letteratura per l’infazia, come nel secondo testo a pag. 19:

Abbiamo labbra imbubbonite e scabre
per la sete e febbre da polmonite
e una salute insalubre. L’estate
brucia le epidermidi, ci fa glabri,
c’abbrustola sulla brace e ci sbrana.
Non basta una gabbana rabberciata
a serbarci umidi, né un’ombrella.
Ci vorrebbe una bolla, bella, blu.

Ed infine: "Accuciolati/tra i cespi, sulle pance delle lucciole/scribacchiamo poesie piccole piccole." (pag. 19); "A volte allucinati dalla luna/capitomboliamo dalle altalene [...] Innalzati i vessilli,/a gonfie vele in più di mille bulli/salpiamo alla volta dei maremoti." (pag 30); "Elefantescamente, lemme lemme" (pag 36).


Asciugata la formatività di Nacci, sezionata in questa maniera e sondate le sue componenti, l’opera non può che stare in piedi e, grazie all’ideologia-stampella, quella dell’uomo a cui è saltata la gamba su una mina, scuote, nonostante il linguaggio ricercato. Non a caso in postfazione Iain Chambers parla di "viaggio dentro il linguaggio" e di "isole di parole".
Ciò che per Flavio Ermini, invece, nella sua analisi, risponde all’obiettivo di "far capire che gli uomini si illudono di vivere" e le modalità grazie a cui Nacci fa compiere il viaggio, o "lo stesso giro fino alla stanchezza", è, a mio giudizio, il grande precipizio del Poema Disumano: persone esperte riescono ad affrontarlo senza vertigini, ma è meno appetibile per i "disumani" probabilmente abituati alla molle pianura. Ma non è un problema di linguaggio: il fatto che vi sia solo ritirata, il fatto che non vi sia scampo, non ci sia più il guizzo, il fatto che sia solo fotografia dell’orrore o dei suoi inconsapevoli negativi, non è detto riesca sempre ad impressionare la retina, o a equilibrare la nostra postura nel mondo che, come si sa, è un fatto che dipende dall’orecchio e dal suo stretto rapporto con il cervelletto.

Poema disumano è sicuramente un’opera criticabile, ma è un’opera che si autocritica e si interroga prima della sua messa in onda? No, credo sia un passaggio, duro, da affrontare; un passaggio rischioso per lo stesso autore, ma non privo di inserzioni dolorose nella nostra carne, e non baci, perché al mondo e nella nostra socialità, come attraversamento del linguaggio, c’è questa guerra, di suoni e non, e va leggera, si rincorre.

3 commenti a questo articolo

> La controffensiva degli aquiloni
2006-06-06 10:29:44|di maria

A tutti quelli che se lo son perso come me: non disperate, abbiamo tempo fino al 18 giugno. E credo proprio che da queste premesse ne valga la pena!


> La controffensiva degli aquiloni
2006-06-01 22:29:30|di manuel

anticipazioni ad escariota

C’e’ quest’intercapedine versosera
che soffia frenando il risucchio
aspetto nuovo
di questo cerchio aperto
parlommi insieme la forma e l’ingannevole coniglio
veglia l’assorta circostanza circoscritta a chi
si compra il vestito sciolto nel caustico assennato
mangia bugiardo
mangia
e’ tutto in regola
la psiche se segue forma al plantare l’oppio si scosta
se accenna la via la segue incline
se tarda il castello arriva il fantasma a svuotar le stive
ma ad ogni primavera il tempo compresse a molla il solito spergiuro
vecchio saluta al suo posto il cerchio semicerchio alla testa del ruolo
per ogni padre uno svincolo per ogni chiodo un soffio nella calce
cosi’ l’amare si presenta al cospetto del significato e del momento
ma remisier non fosti
certe volte si accorciano le forbiciate sui raggi molli e d’inizio pungenti
ci siamo conosciuti a un certo punto
è erario di pullution
fu
privata impotenza

ricordiamoci
sempre
che morte e’
allegra
vita si
squaglia

salvo l’acquisto


> La controffensiva degli aquiloni
2006-06-01 18:58:00|di Christian Sinicco

bello l’errore oggeto:-) A parte questo, nell’istante in cui posto, si stanno ultimando gli ultimi preparativi per la messa in opera del Poema Disumano a Roma. Un grande augurio a Luigi, e un abbraccio a tutti i presenti!


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