Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
L’urgenza di fornire una prospettiva dalla quale discutere la poesia dei nati a partire dagli anni ’70 nasce dalla proliferazione di antologie che, cavalcando l’ottica generazionale ed evidenziando scarsa volontà di introdurre nozioni critiche innovative, pur costruendo passo dopo passo una panoramica, perdono di vista i fatti.
Innanzitutto da cinquanta anni l’estetica pone all’attenzione della critica nuovi elementi per spiegare il processo di formazione dell’opera; molti critici non hanno capito che è l’estetica, in quanto analisi della creatività non inserita nei piani degli uomini che in un certo momento sistemano, ad essere normativa. La critica che fonda se stessa nella citazione, la critica sulle critiche di altri critici, senza impianti propri, e nuovi, è la perversione di un apparato ormai smunto, il cui tentativo si riduce a giustificare debolmente le scelte sui contemporanei, e lo fa attraverso linee i cui fondamenti non sono falsificabili, poiché spesso non ci sono: il metodo di analisi non viene approfondito, svelato, e i “dati” della ricerca non vengono forniti (i libri, gli articoli, le recensioni, lette al fine di quella particolare selezione di autori).
A partire dalle antologie, questo emergere di poeti si presenta come la parte emersa di un “iceberg”: realtà vasta è la poesia espressione di un fare che effonde tra le nuove generazioni e che ha nell’intimismo un suo radicamento - sulle antologie, questo “iceberg”, in diversi casi, lo si vuole dimostrare esclusivamente attraverso una scrittura minimalista, ma i risultati non sono eclatanti a livello di emozioni o stati d’animo forniti al fruitore, aspetto che viene invece messo in risalto da chi opera non sottovalutando gli effetti dell’oralità.
Gli autori di questa generazione che si sono messi in luce, noti all’accademia o agli addetti ai lavori, in generale prendono le distanze dall’intimismo, lo oltrepassano conoscendone i limiti - ci sono comunque autori interessanti anche su questo versante l’obiettivo è attenderli su altri terreni, più consci, di formazione dell’opera.
Che si tratti di una ricerca sul linguaggio, o che l’autore si sforzi di fornire maggiori strumenti di intrusione in quella che deve essere la scrittura del testo (dai rimandi intratestuali all’ipertesto, dalla mimesi alla finzione, dal cercare di rendere l’oralità attraverso una trascrizione alla leggibilità per mezzo di una narrazione), la disamina del mondo contemporaneo per mezzo di una prospettiva “storica” o “ideologica” è ai margini, bisogna scavare a fondo per trovarla: i temi della contemporaneità derivati da analisi politiche, sociologiche o antropologiche, non sono veicoli privilegiati del testo.
Si può dire che il dibattito di questi poeti “nuovi” o “nuovissimi” non è serrato, sebbene albeggi l’era dei blog, spazi su cui imperversano discussioni datate, studi poco mirati, forzature per il solo gusto di provocare, e il tutto grazie a format gestiti come le riviste tradizionali e da gruppi con la tendenza alla chiusura.
Aspetto significativo è il fatto che la maggior parte di questi poeti considerano il loro noi, l’appartenenza a un gruppo piccolo o medio o grande, l’ancora di salvezza in opposizione o appostamento nei pressi della grande macchina editoriale (che a dire il vero elargisce poche briciole alla poesia per quanto concerne investimenti, progetti, essendo gestita da lobby inefficienti).
L’attività di critica è il risultato di un ambito di conoscenze sviluppatosi nel tempo, quello che si vuol definire passaparola, modesto in quanto non attivo nei confronti del territorio.
L’autore solitario, contrariato da ciò che accade nei gruppi o incapace di confrontarsi, il più delle volte si ritrae pure di fronte alla massificazione, concetto a cui l’ambiente imputa la propria sfortuna quando si parla di pubblico e non si parla di modificare, dare forma, organizzazione e comunicazione, a ciò che gira attorno alla poesia. Molti poeti sono convinti che la gente debba seguire, sforzarsi di capire, la poesia, incondizionatamente: sono atteggiamenti deprecabili, che non sottendono alcun labor del poeta per l’assunzione di ruoli nella società: le condizioni si stabiliscono tra due parti, e non in modo autoreferenziale.
L’area della poesia, più che un programma d’avanguardia, dovrebbe recepire e promuovere le istanze sul territorio, regioni e province italiane, oltre la chiusura delle riviste, oltre l’elitarismo a cui questo ambiente letterario cede, oltre le chiusure nelle ideologie, anche proprie, a cui gli intellettuali spesso cedono; ma pure oltre l’inefficacia delle ostentazioni di una critica concentrata su una poesia per soli addetti, e poco atta a comprendere la poesia tout court, soprattutto quella eseguita pubblicamente e che affonda in piccole realtà, che esprime il suo essere opera senza la necessità di apparati editoriali o ammiccamenti di vario genere.
Sui gruppi attuali, la differenza dalle avanguardie sta nel fatto che essi si presentano eterogenei al loro interno: da una parte rifiutano il connubio poesia-politica, e quindi anche parte del dibattito culturale; dall’altra, organizzati attorno ad un orizzonte comune, appaiono come volatili incanalati sulle stesse rotte di migrazione. Il più delle volte però non si presentano programmatici, ma che lo siano o meno, non accettano interferenze per quanto si dicano aperti poiché, come le avanguardie, esperiscono la critica e le attività dall’interno del veicolo organizzativo, sia esso rivista, premio, manifestazione, sito internet, blog o associazione.
L’esperienza di gruppo destabilizza quando il concetto di missione (o mission) tra gli aderenti è messo in discussione: modificazioni, reazioni continue, sollecitano la cornice del gruppo, i punti di contatto tra il noi e l’altro da noi - le modalità peggiori di questo ”altro da noi” possono essere imputate alle girandole della grande editoria che pubblica autori privilegiando il passaparola, l’asservimento, e non la ricerca o lo studio?
La mancanza di progettualità avanzate negli apparati editoriali è un problema, però dal basso non emergono forme di collaborazione organizzata, ad ampio e medio raggio, atte a diffondere opere di natura diversa.
Che sia programmatica o democratica, la mission è destinata all’indebolimento poiché, pur non seguendo le avanguardie nella reazione alla cultura di massa, i gruppi si comportano in modo simile, non ridefinendo costantemente l’orizzonte culturale. In sostanza si muovono senza una codifica della sociologia dell’ambiente e a partire dalla sua cornice, ovvero “tutti i luoghi e i momenti che muovono l’ambiente della poesia e che nella dialettica con la società spostano i propri confini, modificano la propria forma. Una cornice adeguata è simile ad un circuito con il potere di autoregolarsi, una caldaia capace di riscaldarsi con nuovi materiali, accordandosi alle trasformazioni e alle invenzioni; ed è per questo che le relazioni tra l’area della poesia e la società non possono essere sottovalutate: ci informano sulle scelte da compiere.°”
La mancata riflessione sulla sociologia dell’area della poesia, e in generale sulla sua organizzazione, interferisce a più livelli: non vi sono motivazioni a sviluppare, ad esempio, un’epistemologia a supporto degli addetti ai lavori e accade, il più delle volte, che i saggi, le motivazioni dei premi e le recensioni, si esauriscano in un assurdo di motivazioni entusiasmanti, a supporto di un prodotto mediocre, aspetto che rimanda immediatamente ad una visione incompleta delle proposte sul territorio o a qualche forma di conbine.
I gruppi privilegiano la chiusura all’esterno, credendo che attirare gli autori, fornire spazi, significhi essere aperti. Il noi produce illusione, ed essendo non sufficienti mai i perché, le missioni sociali dell’esistere e le giustificazioni per tale esistenza, le attribuzioni all’opera svolta nei confronti della poesia portano all’esaltazione; ma c’è un’inadeguatezza di strumenti utilizzati al fine della comunicazione (solo, ad esempio, pochi siti in internet, che hanno orecchie attente alla poesia, possono affermare con sicurezza di essere multimediali, ovvero capaci di integrare diversi linguaggi, dal video all’audio alla scrittura, all’interazione tra utenti; rimando a “Otium et negotium”), che si somma ad un’errata interpretazione dell’impatto delle nuove tecnologie.
Internet ha avuto l’indubbio merito di aver collegato gruppi diversi, ma è riuscito anche a far deflagrare la loro supposta consistenza.
Spia di questa situazione è la frammentazione a cui l’ambiente è sottoposto: fino a qualche anno fa su riviste il lavoro era frutto di un accordo; oggi si osservano le prime fuoriuscite sulla rete, anche se si può dire che già alcuni di questi nodi, come il collective-multimedia-blog Absolute Poetry, legato all’omologa manifestazione di Monfalcone, per come strutturato, se saprà interessare e diventare in un futuro anche video channel, può fungere da ingranaggio del risveglio culturale dell’area e della sua ricerca; da segnalare anche LiberInVersi a cura di Massimo Orgiazzi, dove si possono trovare i testi di moltissimi poeti contemporanei, mentre FuoriCasa.Poesia a cura di Stefano Massari è l’ "esperienza del reale" fuoriuscita da un progetto di poesia che ricerca i suoi intrecci tra multimedialità e videopoesia.
In tutti i casi i blog collettivi dovrebbero essere configurati invitando redattori con idee estremamente diverse, salvaguardando l’eterogeneità del sistema, svincolandolo da qualsiasi logica di appartenenza comune (ciò non accade nella maggioranza dei casi; dall’altro lato, i blog gestiti da un solo redattore rischiano di apparire come veicoli promozionali dello stesso).
Dunque l’apertura, non solo come ricezione di istanze da parte di singoli all’interno di un veicolo promozionale, ma come azione/connessione tra i singoli e i gruppi in modo da favorire la conoscenza della poesia a partire dal concetto di differenziazione, comprendendo che se l’industria culturale attuale è un meccanismo atto a disporre, indipendentemente dall’evoluzione storica, differenti posizioni o prodotti validi nello stesso momento e nello stesso scaffale, vi è insita una ragione (e non un torto ignominioso: se ne era accorto anche Antonio Porta in Lo specchio della seduzione. L’arte della pubblicità, libretto pubblicato per Lupetti, Editori di Comunicazione, nel 2003).
L’abito di una società che non può più accettare un modello, esclusivo, gravita con il concetto di differenziazione: questo prevale sulle modalità della cornice, abbraccia di conseguenza la comunicazione di un’area, reagisce (e non risponderà finché non vi sarà una codifica del suo segnale) sullo sportello della critica o su quello della macchina editoriale a cui si rivolgono i poeti - l’editoria è la prima ad essere investita da tali implicazioni, e qualcuno prima o poi converrà che, siccome i classici vendono, anche i contemporanei lo possono fare.
Pure quello della poesia per taluni è mercato: lo dimostrano le vendite di piccoli editori che si rivolgono ad un numero di appassionati in crescita... Inoltre la frontiera dell’editoria sta nell’integrazione dei mezzi, nel libro-cd multimediale grazie al quale ascoltare il poeta, grazie al quale navigare su un tessuto ipertestuale, e il confronto tra case editrici in un non lontano futuro passerà inevitabilmente da queste parti...
Anche le riviste dovrebbe riconfigurarsi a partire dall’integrazione dei mezzi.
Innovazione/critica: differenze tra le intenzionalità formative degli autori presi singolarmente e differenti luoghi da cui partono gli stessi autori, attenendosi alla particolare esperienza all’interno dei gruppi di appartenenza, questo è già lo scenario. Allora la via percorribile per svolgere una funzione attiva nei confronti di qualcuno, il pubblico e gli stessi poeti ad esempio, oggi passa attraverso la creazione di un circuito di conoscenze e di rispetto capace di attrarre l’editoria, vuoi per la capacità degli artisti di essere autonomi e riconoscersi, organizzarsi e collaborare liberamente, vuoi grazie ad una critica estremamente responsabile, etica, dotata di epistemologia, svincolata dal sistema di appartenenza pur facendone parte, non asservita a linee, ma al servizio dei lettori - qualche addetto pensa la sua critica ancora all’interno di una letteratura-sistema che determina storicamente i prodotti, quando più semplicemente i prodotti sono influenzati dalle produzioni precedenti, e l’artista è libero di scegliere di sperimentare e testare le sue creazioni attraverso le prospettive teoretiche a disposizione. Non è più accettabile un discorso di linea, diventerebbe arte di propaganda all’interno di un circuito elitario, o di diversi circuitini elitari, come accade da decenni.
Rimane aperta la discussione sul secondo Novecento e i gruppi, le riviste, danno il loro contributo: encomiabili, ma si devono ottimizzare le informazioni radiografando il territorio “poetico” a livello del suo sviluppo nelle città, province, regioni del nostro paese dagli anni ’50 ad oggi, e ci sono già esempi di questo lavoro, come Trieste allo specchio. Indagine sulla poesia triestina del secondo Novecento di Luigi Nacci (Battello Stampatore, 2006; prefazione di Cristina Benussi) - le università italiane, radicate sul territorio, dovrebbero muoversi su questo versante, e meno sull’invenzione di nuove sistemazioni per autori già noti, poiché ci sono poeti sconosciuti del secondo Novecento, validi, in tutta Italia.
Dunque non solo le grandi metropoli, centri che hanno polarizzato e che si arrabattano per polarizzare la scena: giocare esclusivamente su queste sponde, succhiando le gocce elargite dalla grande editoria e dai suoi attori, è fuori luogo considerato che l’area della poesia in questo è medievale, neanche latifondista in quanto a sfruttamento di intelletti, e come tale deve essere giudicata. Inoltre le affermazioni che tentano di definire un luogo privilegiato della poesia - che sia Milano o Roma oggi non ha importanza - sono ridicole, quanto prive di fondamento a partire dalla raccolta di dati, libri pubblicati da questi giovani autori.
E’ vero invece che ci sono delle aree che corrispondono a gruppi attivi di giovani autori, che sono o sono stati laboratori, come la Valtellina, Cesena, Firenze, Trieste, Lecce, o in generale tutta l’Emilia Romagna, la Toscana e il Friuli-Venezia Giulia, mentre a Roma e a Milano lo scenario è talmente frammentato da non essere riconoscibile per ciò che concerne le organizzazioni sul territorio e che diventano a loro volta sua espressione, anche istituzionale, ricevendo patrocini e finanziamenti, o attraverso convenzioni con gli enti pubblici.
Meglio sarebbe finirla anche con il Moloch, l’industria culturale e i suoi tentacoli, che sono ormai un colabrodo, una medusa fuor d’acqua. L’ambiente della poesia può svolgere la propria attività diventando essa stessa industria culturale, nel senso della sua operosità.
La poesia è in effusione, ma la nostra è un’età che richiede precise condizioni per portare qualcosa oltre la prospettiva del nichilismo o della massificazione: questo qualcosa risiede nell’etica, nell’epistemologia, nel confrontare diverse prospettive. Questi sono, in sostanza, i sacrifici alle divinità per far funzionare le cose - continuano a prevalere altre modalità, anche tra i giovani alla ricerca, alcuni addirittura, della canonizzazione, per non parlare delle lobby e dei relativi asservimenti che si formano per pubblicare due o tre testi su rivista, bearsi di tale punto d’arrivo.
L’industria culturale dispone sulla differenziazione, ma la critica com’è disposta nei confronti di questa? Quali tratti a partire dal fare poesia del Novecento, attraverso le avanguardie, attraverso la traducibilità di altre esperienze formative da altre culture o da altri ambiti, o dalla riflessione estetica, sono da evidenziare nella nuova generazione?
La maggioranza dei nuovi poeti si erge dall’intimismo, ottenendo dei risultati una volta abbandonata la pretesa di contemplare sempre le stesse situazioni, come l’isolamento, di girare le scene in ambienti circoscritti, come può essere la propria camera: basta semplicemente oltrepassare l’esclusività del vissuto e del proprio sguardo sul mondo con qualche espediente. Sebbene vi sia eleganza di composizione, l’intimismo non ha inciso novità tali da motivare l’inclusione di questi autori nello scritto, il cui tentativo è fotografare un momento "critico", approdo di diverse esperienze e di modelli che hanno reagito l’uno contro l’altro, anche nel nostro recente passato letterario, producendo attivo dibattito.
Attenzione: affermo che l’intimismo non ha inciso novità non perché ne disprezzi totalmente gli esiti, ma perché gli autori non forniscono prove di altre possibilità formative, e so che i piccoli editori tendono a livellarsi attorno a questa modalità, per via della quantità di autori inconsapevoli da sfruttare - contemporaneamente le grandi case editrici non adeguano i loro apparati dal punto di vista comunicativo e con una prospettiva volta ad interessare il pubblico, creando un’offerta adeguata e, di riflesso, un mercato, ma pure delle redazioni ricettive di nuovi stimoli.
Cerco di enucleare in punti, nel modo più agile e semplice, ciò che in generale si può trovare nelle scritture osservate, in relazione ai processi di formazione di un’opera:
1. Nel 1984 su Poesia della metamorfosi - Antologia e proposte critiche a cura di Fabio Doplicher (Stilb, Roma) viene pubblicato un saggio di Piero Bigongiari dal titolo Poesia della metamorfosi o metamorfosi della poesia?: a interessare è il metamorfismo dei poeti; raccolta dopo raccolta, periodo dopo periodo, questi mettono in discussione le funzioni che la propria poesia svolge; e provocano differenze tra quello che scrivono, consci della possibilità di operare da una grande variabilità di moduli letterari, di concetti o di ideologie, di possibilità per trasformarsi i processi di formazione dell’opera; consci della continua leggibilità dell’opera, non solo nel tempo e nello “spazio che l’ha vista nascere, ma nelle condizioni storiche continuamente diverse in cui si traspone, traspone il suo moto stellare di senso”.
2. ”Leggere significa eseguire” afferma Luigi Pareyson in Estetica - Teoria della formatività (Bompiani, 1988) e ad imprimere caratteri particolari alle opere sono gli autori che lavorano dall’oralità, nelle accezioni di esecuzione e di performance del testo, in base alle intenzioni degli autori di rendere evocative o teatrali le sequenze sonore delle parole. Non è una riscrittura dell’opera per renderla evocativa o teatrale: semplicemente gli autori lavorano dall’oralità e ne tengono conto, hanno l’abitudine di tentare l’opera da questo; più che riscrittura o rewriting, la loro è una correzione in corsa, poiché esecuzione e performance sono sentite come banco di sperimentazione delle possibilità comunicative del testo.
3. Sull’informale, che fin dagli anni cinquanta ha messo la critica alle corde, Bruno Bandini (I linguaggi della critica, FaraEditore 1996) scrive: “Non più rapporti di contemplazione dell’opera dunque, ma processi attivi in cui convergono elementi intellettuali ed emotivi, teorici e pratici”. Così l’informale si presenta risolvendo la poesia grazie a modi differenti di intenderne la struttura, legandola principalmente a una consapevolezza teoretica - la poesia è prima come possibilità di conoscenza, prima del testo e tra il testo e il fruitore. Nel caso della nuova generazione molti artisti evolvono da questa prospettiva: alcune strutture, collegate alle idee che orientano il poeta mentre crea l’opera, afferiscono a metacontesti teoretici dai quali il testo si elabora, riarticola - la poesia non è un oggetto da contemplare, ma è un qualcosa di preordinato che il fruitore completa. Altre strutture fuoriescono all’esecuzione automatica dei testi per un effetto dell’oralità (come il ripetere una sequenza di parole, pur operando mutamenti, per riprendere possesso di ciò che la visione porterebbe fuori, a perdersi all’infinito) e della scrittura (come la fitta punteggiatura, per sottolineare il senso fino ad un determinato istante della composizione).
4. Introdotto da Umberto Eco all’inizio degli anni ’60, il “paradigma” di Opera Aperta (Bompiani, 2000) non solo va a giustificare l’informale, instaurando la possibilità che un fruitore integri l’opera per mezzo della propria esperienza. La presenza di metacontesti - un’ideologia, un’atmosfera, una studiata ambientazione, una catena di eventi -, astratti o in rapporto di analogia con la realtà, allaccia i testi di molte raccolte. Il completamento da parte del fruitore è possibile anche per mezzo di rimandi a questi fili, silenziosi, la cui apertura comunicativa è integrata dal fruitore tra i testi presentati (questo è pure l’ambito in cui si muovono i poeti che, seguendo l’ermetismo, privilegiano il frammento, la serie di frammenti, per portare a compimento la prospettiva di una raccolta, ma alle volte ciò non funziona: sono infatti da preferire i poeti che operano da modalità diverse e che lo stesso portano a compimento una raccolta poiché, provocando differenze, informano l’opera di dettagli e di idee che, successivamente, il fruitore raccoglierà come possibilità interpretative); le raccolte, pure, di autori che hanno scelto l’ipertesto come fare, come capsula per lanciare la propria poesia e i suoi fili, credo rappresentino un dato rilevante. In questo modo l’utilizzo di metacontesti (o la presenza di alcuni ipertesti) si collega anche al metamorfismo della nuova generazione: così essi cambiano, si modificano, si fanno interpretabili, ma anche indicano un percorso di esperienze formative e vitali.
5. A discapito di chi propone una poesia in movimento verso la prosa, una prosasticità a cui la poesia tenderebbe, basti dire che esempi di questa si contano sulle dita di una mano: la necessità di rifornire di differenze poesia e prosa poetica è più che mai sentita - a dire il vero, si assiste piuttosto ad un ritorno alla metrica, sebbene in ottica performativa. Pochi autori conferiscono ai versi prosasticità, ma è la narrazione di una storia, di un fatto curioso o di una sequela di azioni, che obbliga il verso ad allungarsi - una narrazione è di qualità quanto più è immediata: l’informazione non può essere distorta, frammentando il ritmo, andando velocemente a capo o rendendo fitta la punteggiatura, a meno che non vi sia una specificità che lo imponga.
6. Il persistere della mimesi, cioè quel rapporto di analogia tra la realtà e la corrispondente rappresentazione artistica, è invece messo in discussione da chi, legato al realismo, si sposta con rapidità su metacontesti vissuti in parallelo o tramite astrazioni. All’interno del testo si avverte la sensazione che i rapporti di analogia siano stati violati; alle volte è come se si parlasse di una o più situazioni da binari diversi: la scena che appare essere lì, a portata di mano, viene ripetutamente violata dall’interpretazione o dalle interpretazioni dell’autore. Possiamo osservare una tecnica, cara a Pasolini, cioè lo spostamento dalla mimesi: interrompendo momentaneamente i rapporti di analogia tra realtà e rappresentazione artistica che si fissano, passo dopo passo, attraverso un processo di scrittura “mimetico”, l’artista innesta concetti o ne evoca/astrae altri dalla stessa scrittura: nel finale di un testo, quando si vuole spedire un “messaggio”, questa tecnica appare evidente, ma gli autori di cui parlo la utilizzano durante tutta la composizione e costruiscono così la comunicazione dell’opera formata, evidenziando o completando o apportando informazioni “nuove, nuovi” significati, in pratica “informando”, ai margini della mimesi.
7. Vi sono anche autori che creano dall’inverso della mimesi, cioè fanno la mimesi e poi riutilizzano il materiale per dare vita ad un’altra composizione oppure lavorano dalla mimesi utilizzandola come metacontesto: possiamo parlare di astrattismo, di minimalismo, di sperimentalismo, ma tutti questi abiti hanno in comune l’inversione della mimesi; la realtà è presente per mezzo di una elaborazione dove i rapporti di analogia sono invertiti, riassemblati, andando ad indagare le nuove relazioni che si sono create all’interno della finzione a causa dell’utilizzo di questo procedimento, indagando relazioni sconosciute nel tentativo di nominarle, comunicarle.
Ad intravedersi è anche la possibilità di lavorare nell’inversione della mimesi per spostarsi, stavolta, nella mimesi o in contesti artificiali, di nuovo astratti. In questo modo strumenti, immagini, visioni, emergono di nuovo con la possibilità di indagare la realtà o le finzioni possibili.
Tutte queste tecniche di scrittura non sono un bagaglio esclusivo degli autori nati negli anni ’70: sono state predisposte da alcuni poeti che li hanno preceduti, e sto pensando alle avanguardie del secolo appena trascorso, e ad altri grandi della poesia italiana. Si consideri anche che questi poeti non ricercano i modelli solo in Italia, ma nello spettro traducibile della poesia mondiale.
La selezione proposta vuole essere un compendio delle antologie uscite dal 1999 ad oggi, piattaforme generazionali, isole, ma non un continente con le sue topologie, spesso interrelate. La parzialità risiede nel senso di un’esplorazione limitata a quattro anni di ricerca, di dubbi e di attese, di segni e di conferme; ma le nozioni enunciate rappresentano dei fatti criticabili. Negativamente criticabile sarebbe la scelta del 1970 come anno di nascita della generazione, trascurando i lavori di autori nati precedentemente. Tale cesura - nella mia speranza l’ultima della specie - è stata operata per discutere le antologie, sottolinearne l’estrema parzialità, e in special modo quella degli addetti che hanno selezionato senza griglie interpretative (nutro un po’ di fiducia in più nella ricettività della critica militante, ancora troppo passiva, dato che internet permette lo scambio di opere con una semplice mail). Tra i poeti citati vi sono senza dubbio autori il cui valore sarà confermato, poiché poliedrici, capaci, tra le modalità della scrittura, di rifornire di soluzioni l’efficacia dei loro testi.
La scelta del termine topologia, utilizzato per la breve carrellata di autori, intende sottolineare le proprietà salienti tra alcuni luoghi del fare/produrre di questi poeti, come se essi si siano effettivamente fermati a riflettere criticamente e analiticamente sulla propria produzione, ed alcuni posizionamenti siano intenzionalmente voluti (ovviamente questa è una finzione a cui si può credere, ma non priva di dubbi e solo il tempo potrà servire a delimitarne la bontà, ma soprattutto gli stessi autori e la critica interessata a fomentare il dibattito). Le peculiarità di questi “topos”, per la brevità dello spazio, sono dovute ad alcune annotazioni: servirebbe certamente un’analisi più approfondita, autore per autore, per determinare i funtori, funzioni tra le topologie, in modo da meglio collegare/analizzare le differenze tra i morfismi di queste opere, tentando quindi di falsificare le topologie stesse, in pratica approfondendo come l’autore ha orientato e si è fatto orientare da idee durante la formazione dell’opera, moltiplicando le differenze piuttosto che appiattirle in categorie, linee.
Basilare sarebbe, appunto, lo studio approfondito di ognuno. Ma, prima di sondare fruttuosamente il territorio, bisognerà aspettare nuovi sedimenti e, con tutta probabilità, altri anni di attesa, nonché permettere a questi autori di pubblicare, farli ragionare su un’opera - molte delle proposte qui sono semenze; gli autori che hanno concluso più lavorazioni, o sistemato meglio le proprie opere (tutti questi sono indici che permettono di operare delle prime valutazioni, pure con dubbi sulle capacità individuali, per non cadere nell’estemporaneo di presentazioni visti i pochi dati a disposizione), si contano sulle dita delle mani.
Questo può far capire quanto aleatoria sia questa discussione generazionale, l’esagerato vociferare sopra questo, minimo, sistema che osserviamo da una decina d’anni e il cui dibattito culturale, o lo scambio di informazioni, è agli albori quando non assente o mediocre.
Una domanda sorge spontanea: a questi autori citati se ne aggiungeranno altri? Probabilmente una griglia migliore potrà essere tracciata tra qualche anno: sistemare le opere, scriverne altre e farlo senza ripetersi, non è una cosa che accade dall’oggi al domani. Perché dopo una prima prova buona, originale in qualche spunto, o dopo qualche buon testo ostaggio di blog e riviste - che per alcuni sono ancora delle palestre, ma il più delle volte veicoli promozionali per altri singoli o lobby piccole medie grandi -, dopo aver partecipato a premi con la spintarella di qualche amico più attempato, dopo tutta questa fatica e tutto questo lavoro, giungere a qualcosa di concreto o di nuovo, che non sia ripetizione di quanto fatto da altri o da se stessi, e di spessore, non è una cosa immediata.
Per questi motivi, il sunto non ha intenzione di dire quanto splendide siano queste proposte, anche perché in larghissima parte non lo sono, o non lo sono ancora. Questo sunto non nega che la poesia di altri autori possa comparire, che possa apparire in un futuro più luminoso. Questo trovare strade, articolazioni, tra le antologie, oggi è per me una mappa temporanea, ma da visitare con assiduità: questo lavoro continua, e modifica i suoi risultati.
Tuttavia alcuni fatti sono conferma di un fare diffuso, e le molte differenze tra le formatività, nelle topologie utilizzate, sono una ricchezza.
Le implicazioni di questo modo di procedere, da svilupparsi attraverso funtori grazie a comparazioni tra i fare/produrre degli autori, dovrebbe nei prossimi anni anche evitare la possibilità che vi siano ripiegamenti, come già detto, in linee (esse somigliano più a elaborati frutto di rimandi letterari, filosofici o psicologici, ma non sono correlate ai fatti, prodotti, della letteratura): questo compete alla mia riflessione, ma è indubitabile che l’invenzione di linee che si vogliono “dominanti” abbia condizionato e condizioni ancora molti addetti, addetti che non si accorgono di sviluppare sistemi di riferimento molto più deboli di questo scritto, non abituati a sviluppare quadri generali di discussione o in mancanza di questi o dei dati minimi.
Nella topologia del metamorfismo si segnalano Florinda Fusco, Luigi Nacci, Oliver Scharpf, Francesca Spessot, Italo Testa.
Fusco, in Linee (Editrice Zona, 2001; versione e-book su Biagio Cepollaro) e in Il libro delle madonne scure (Emilio Mazzoli Editore, 2003; testi consultabili su Zoooom) performa versi che, sovrapponendosi e, direi, de-frammentando il testo, sperimentano evocazione, significati di una poesia senza lacci, ma da afferrare come “passi dei passi con le mandorle sulle dita”; su Re:vista alcuni brani del poema Thérèse evocano narratività.
Nacci ha pubblicato su una dozzina di antologie (tra cui Di sale, sole e di altre parole - La nuova generazione di poesia in Trieste, ZTT EST, 2004; Antologia verso i bit. Poesia e computer, Lietocolle, 2005) testi da Alla Discarica del Signor Postmoderno, raccolta abitata dal realismo magico, e da Versid’amoreinquinatod’amare, raccolta innamorata del suono e ironicamente inquinata da questo; poi la plaquette Il poema marino di Eszter (Battello Stampatore, 2005); l’ultimo suo lavoro ultrasonoro, poema disumano, in fase di pubblicazione come libro+CD (e come installazione inaugurata il 1 giugno 2006 presso la galleria Michelangelo di Roma), è un ipertesto che sperimenta la scrittura della guerra dei suoni mimetizzando ciò che accade alla civiltà (la versione cartacea è in corso di pubblicazione per la collana “Opera Prima”, Cierre Grafica; qui un articolo sul poema); su LiberInVersi il poemetto Avrai poche cose ma quelle le avrai.
Scharpf, che già nel 1997 a venti anni si aggiudicava il Premio Montale per gli inediti, è passato dal rimbaudiano Nostro Signore degli spaghetti alla gricia a Uppercuts (Mobydick, 2004), componimenti brevi che, come pugni al mento, intendono sbattere “al tappeto. Senza fiato. Nella zona bianca” con ironia, sarcasmo, colpi di scena; su Absolute una selezione di nuovi Uppercuts.
Spessot ha pubblicato su antologia (Gli Ammutinati - l’antologia poetica, Edizioni Italo Svevo, 2000) poesie dalla raccolta Le porte, rielaborazione simbolica di favole ambientate in una "mente" o in una "anima" dalla stessa autrice; in Splatter, suoi testi inediti mimetizzano invece le situazioni di cui si nutre l’emarginazione, attraversando personaggi di una realtà in un qual modo spietata, o la canzone di un’umanità periferica, abbandonata a se stessa e senza scampo (una selezione delle raccolte si può trovare su Absolute Poetry).
Testa, che nel 2002 si aggiudicava il Premio Montale per gli inediti con la raccolta Biometrie (riordinata, riassemblata, e uscita con Manni quest’anno), ha pubblicato il poema Gli aspri inganni (Lietocolle, 2004), passaggio dall’ignoranza del nascere, e dal suo bianco “muto aderire all’indifferenza delle cose”, alla finzione della conoscenza attraverso un corpo che nuota e che si comprende per la presenza dell’altro; l’e-book sarajevo tapes (Edizioni d’if) è un diario in versi da ascoltare, riascoltare, in memoria di una Sarajevo macchiata di sangue; su Absolute testi tratta da Canti Ostili.
Dalla topologia dell’oralità lavorano, in diverse accezioni, Tiziana Cera Rosco, Azzurra D’Agostino, Matteo Danieli, Tiziano Fratus, Gianmaria Giannetti, Tommaso Lisa, Adriano Padua, Massimo Palme.
Cera Rosco ha pubblicato Il sangue trattenere (Edizioni Atelier, 2003 - www.atelierpoesia.it), in cui la ritualità della parola aderisce, più che a una botanica del linguaggio, al ventre di un corpo “botanico” dove sono i simboli e le immagini a svilupparsi; recentemente è uscita la plaquette Lluvia (Lietocolle, 2004) e suoi testi si possono trovare su antologia (Il presente della poesia italiana, Lietocolle, 2006); una selezione di testi su Absolute e su LiberInVersi.
D’Agostino, che ha pubblicato D’in nci’ un là (I Quaderni del Battello Ebbro, 2003) e alcuni testi su rivista (Daemon), afferma che le sue “creature di carta” saranno “sbriciolate con gesto teatrale”; è uscita recentemente la plaquette Con ordine (Lietocolle, 2005).
Danieli ha pubblicato su antologie (Gli Ammutinati, Edizioni Italo Svevo, 2000) testi in cui sperimenta sonorità, evoca conflitti individuali e sociali, traduce esperienze da altre lingue, ma in modo elegiaco (una breve selezione di testi si può trovare su Absolute Poetry); è in uscita il suo primo libro per Battello Stampatore.
Fratus ha pubblicato la raccolta Il molosso (Editoria & Spettacolo, 2005; alcuni testi sono pubblicati su Manifatturae - www.manifatturae.it; su Absolute Poetry una dichiarazione di poetica ed una selezione): si tratta di un lavoro in tre sezioni (la raccolta lumina e il poema l’inquisizione, precedentemente pubblicati sempre per Editoria & Spettacolo, più il poema il pianto) che attraversa, concepisce e riconcepisce, l’oralità; emoziona un realismo travolto dalla possibilità di riscatto dell’umano, invocando ed evocando in catarsi di immagini; suoi testi si possono trovare su LiberInVersi.
Giannetti ha pubblicato escatologia (di una piuma) (Edizioni Il Filo, 2003; un’intervista su Fucine Mute), il cui significato ultimo risiede nell’ondeggiare/cadere della poesia mentre la banalità del quotidiano irrompe; su antologia (La coda della galassia, FaraEditore, 2005) La storia di Vera Blu (primi appunti), sonoro metacontesto sul tentativo di una narrazione, di un luogo e di un logos legati ad un “non io” o un io possibile.
Lisa, ironicamente, rielabora la realtà attraverso sequenze di descrizioni, come in Pornopoemi (Editrice Zona, 2004; selezione su Re:vista) e performando con il gruppo fonografico Rapsodi in Trivial Pussy, cd allegato al libro; è uscito di Tommaso Lisa & Bad Sector Rebis-periferiche/Reset (Old Europa Cafe, 2005).
Padua, è stato pubblicato su blog (Absolute Poetry) e sempre sul web si possono trovare i testi da Monitor (Absolute Poetry) e Meccaniche (LiberInVersi); indaga l’umano installandolo, come un programma, nella critica della società, e attraversa un fare che ad un primo sguardo si potrebbe definire automatico, ma che è invece frutto di un’intensa scansione metrica, o “sadico esercizio linguistico dell’atto di potere”; in uscita su antologia una sua selezione (Poesia del dissenso 2, Troubador publishing ltd, 2006).
Palme ha pubblicato su antologie (Gli Ammutinati - l’antologia poetica) e su blog parte della raccolta Doni e devastazioni (Absolute Poetry), interessante per i repentini passaggi all’informale grazie a dispositivi teoretici; in uscita su antologia il poema Tritacarne (Poesia del dissenso 2, Troubador publishing ltd, 2006).
Dall’informale emergono i testi di Davide Brullo, Laura Pugno e Jacopo Ricciardi.
Brullo, dopo aver sperimentato e tradotto i testi sacri in Scanni (Raffaelli Editore, 2003), ha pubblicato la raccolta Annali (Edizioni Atelier, 2004), flusso che avanza incalzando poiché “oggi qui è tutto un movimento di forme”, poiché “è nella lotta costante di forme” che il fare si genera; testi inediti su LiberInVersi.
Pugno ha raccolto le sue poesie in Tennis (Nuova Magenta Editrice, 2001), sebbene sui testi si possano trovare anche su antologie (L’opera comune, Edizioni Atelier, 1999; Dieci poeti italiani, Edizioni Pendragon, 2002); semina la parola e la sua scrittura al fine di di-svelare, affinché la sua scrittura sia “dappertutto, a macchie di sole”; su Absolute il poemetto Descrizione del bosco.
Ricciardi ha pubblicato le raccolte Intermezzo IV (Campanotto, 1998), Ataraxia (Manni, 2000), Poesie della non morte (Libri Scheiwiller - Playon, 2003; un’intervista su Fucine Mute), Plastico (Edizioni il melangolo, 2006); il suo modo di procedere in poesia è “vasto quanto un luogo poiché lì è qui ma quando/ ci si avvicina al luogo qui e lì già accade tra la/ parola e l’universo che si toccano”; si può leggere e scaricare su blog Vita del Sole (Absolute Poetry).
Nell’impiego di metacontesti si segnalano Pietro Berra, Roberta Bertozzi, Elisa Biagini, Dome Bulfaro, Gianluca D’Andrea, Luciano Dobrilovic, Vincenzo Ostuni, Stefano Lorefice, Sara Ventroni.
Berra ha pubblicato Un giorno come l’ultimo (Dialogo, 1997), Poesie di lago e di mare (Lietocolle, 2003); grazie a Poesie politiche (Luca Pensa Editore, 2005) dissemina acquerelli di storie di “guerra e pace”, narrazioni rielaborate su frammenti di fatti realmente accaduti, ma anche su eventi del quotidiano minuziosamente, ed emotivamente, redatti.
Bertozzi ha pubblicato Il rituale della neve (Raffaelli Editore, 2003) e la plaquette levatrice (Raffaelli Editore, 2004); nella raccolta Orfeo, tutta la calce (La coda della galassia, FaraEditore, 2005) l’autrice sperimenta il ritmo attraverso una teoresi del fare poesia, e una epistemologia a partire da questo, poiché “contro ogni rassicurazione circa la totale leggibilità e comunicabilità del mondo il poeta lavora per il recupero del perduto facendo incessantemente perdita”; poesia che calcifica a partire dall’instabilità su cui, per un attimo, si è poggiata. Biagini ha pubblicato Questi nodi (Gazebo, 1993), Uova (Editrice Zona, 1999) e L’ospite (Einaudi, 2004), progetti su un vissuto che incorpora poesia, sia che la si voglia fingere nel quotidiano che nello straordinario.
Bulfaro ha pubblicato Ossa. 16 reperti (Settimo Quaderno di Poesia Contemporanea, Marcos y Marcos, 2001) prima parte di un suo ambizioso progetto; nell’inedito Carne. 32 contatti continua a raccontare come le ossa ritrovate precedentemente, attraverso crampi e contratture, si assemblino in corpi, splendore, emozioni; ma non è finita qui, si può ipotizzare; su Absolutepoetry e su LiberInVersi alcuni testi.
D’Andrea ha pubblicato Il laboratorio (Lietocolle, 2004; un articolo e testi su Fucine Mute), raccolta pensata come un organismo che adatta il proprio sistema linguistico, via via, ad un contesto che muta; suoi inediti si possono trovare su Nabanassar e LiberInVersi.
Dobrilovic è stato pubblicato su riviste (“La Battana”, periodico culturale degli italiani a Fiume; “Fucine Mute Webmagazine"; selezione su Absolute Poetry) e su antologie (Gli Ammutinati, l’antologia poetica; Folia sine nomine secunda, Marsilio, 2005); è un poeta esistenziale con ascendente per una metafisica inscritta alla psicologia; inediti i I sentieri della terra, viaggio in cinque sezioni (Anomiche e poesie del limbo, Il baratro, Distanze e miraggi, I sentieri della terra, Resurrezione) per un groviglio di più di centoquaranta testi.
Lorefice costruisce diari liquidi di sentimenti sui frammenti del quotidiano e “al confine di un ritmo jazz” alla ricerca della possibilità di un dialogo; ha pubblicato Prossima fermata Nostalgiaplatz (Editrice Clinamen, 2002) e Budapest swing lovers (Edizioni Clandestine, 2004): una selezione la si può trovare su Absolute Poetry, ed è appena uscito il suo terzo lavoro, L’esperienza della pioggia (Campanotto Editore).
Ostuni ha pubblicato Faldone zero-otto (Editore Oedipus, 2004; testi su Lietocolle) e su antologia (Ma il cielo è sempre più blu, album della nuova poesia italiana); su blog si può trovare il poema Didi Huberman (Absolute Poetry), dove memoria storica e dialogismo creano un impianto narrativo fitto di rimandi ipertestuali.
Ventroni ha pubblicato il poemetto Clarissa e altre poesie (Nuovi Materiali, 1998), Acquatica (Il Ponte Vecchio, 1999) e su antologie (Ma il cielo è sempre più blu, album della nuova poesia italiana); ma è Nel Gasometro (Emilio Mazzoli Editore, 2004) che le “necessità” imposte dal metacontesto inducono “una struttura” e, sebbene il “Gasometro” non abbia “senso”, non abbia “verso”, non sia “spazio”, non tenga la “materia” poiché “la espelle verso l’alto”, questa costruzione sospende il fare dell’uomo, la sua produttività, la sua tecnica utilizzata per la morte, e ne astrae, estrae, l’anima rarefatta attraverso il fare degli oggetti e di personaggi impiegati al mantenimento di questo stato delle cose.
Nella topologia della prosasticità si collocano Martino Baldi, Matteo Fantuzzi, Valentino Fossati e Mariano Lizzadro.
Baldi ha pubblicato Trentadue lattine (Ass Cult Press, 2002), raccolta che oltre ad invocare il “Dio dell’orzo, del luppolo/ e del malto tostato” si chiede se vi sia qualcosa “oltre la birra” e la nostra quotidianità; recentemente è uscito il suo nuovo libro, Capitoli della commedia (Edizioni Atelier, 2005), e alcuni suoi testi si possono rintracciare su antologia (Conatus, Bamako Edizioni, 2005), su Absolute e su LiberInVersi.
Fantuzzi ha pubblicato su riviste (“Yale Italian Poetry”, “Atelier”, “Tratti”) testi che mascherano la voglia di narrare sul dialogismo; una selezione su LiberInVersi.
Fossati ha pubblicato su antologie (I cercatori d’oro, La Nuova Agape, 2000; I poeti di vent’anni, Stampa, 2000; Lavori in corso. Antologia di poeti nati negli Anni Settanta); ancora inedita la raccolta Allarme delle stelle, un allarme da aspettare come un “vento di gioia”, la cui narrazione già agita “come il passaggio di un treno”.
Lizzadro in Frammenti di viaggio (Appia 2 editrice, 1999) e Parole contro (Quaderni di Scriptavolant, 2002) sperimenta la rima, la sua dissonanza o dissoluzione in prosa, accumulando con amore o sarcasmo le immagini del quotidiano.
La mimesi e lo spostamento dalla mimesi sono tecniche utilizzate da Lorenzo Carlucci, Gabriel Del Sarto, Francesca Genti, Massimo Gezzi, Alberto Pellegatta e Paola Turroni.
Carlucci ha pubblicato su antologia (If music be the food of Love, play on, Libri Scheiwiller / Playon, 2003) testi tratti dalla raccolta Newark Concrete: dialoghi, soliloqui, “il senso del nostro tempo” da affrontare teatralmente o ricostruire a partire dalla rappresentazione di particolari situazioni, eventi del vissuto (Indicazioni sulla sua pagina personale; una selezione di suoi testi su Absolute Poetry).
Del Sarto in I viali (Edizioni Atelier, 2002) esplode dolcemente la realtà, la frammenta grazie ai dettagli della sua osservazione, astrae, esplora concetti verso dopo verso, o sopra quelle che proprio l’autore definirebbe le sue “rovine”; su LiberInVersi una selezione.
Genti, con il suo libro Il vero amore non ha le nocciole (Padova, Meridiano Zero, 2004), indaga la società attraverso una metrica tradizionale e una rima semplice: ne esce una realtà simile agli "inserti di acciaio nella carne", dunque improvvisa, violenta, penetrante nella parola; ha pubblicato la plaquette Bimba Urbana (Emilio Mazzoli Editore, 2001) e suoi testi si possono trovare su antologia (Ma il cielo è sempre più blu, album della nuova poesia italiana ).
Gezzi con Il mare a destra (Edizioni Atelier, 2004; selezione su Absolute Poetry) opera lo spostamento dalla mimesi o orienta la composizione dal suo inverso grazie a concetti che riemergono “nella mente” e che repentinamente insinuano la loro fenomenologia; su LiberInVersi un’altra selezione.
Pellegatta in Mattinata larga (Lietocolle, 2002) elabora sensazionalmente il quotidiano, punta ad evocare costruendo parallelamente ai versi un clima minimalista o astratto; suoi nuovi versi si possono trovare su antologia (Nuovissima poesia italiana, Mondadori, 2004) e su blog (Absolute Poetry).
Turroni ha pubblicato la raccolta Animale (FaraEditore, 2000), "flusso del sangue" dello scrivere "con o senza vene"; ne Il vincolo del volo (Raffaelli Editore, 2003) sposta la sua scrittura approfondendola tra se stessa e il mondo, in modo tale che il suo "dentro" possa diventare il nostro "lenzuolo" e di nuovo, attraverso uno scarto immediato, il suo "rossetto".
Interpreti dell’inversione della mimesi sono Gherardo Bortolotti, Silvia Caratti, Luciano Pagano, Massimo Sannelli, Gabriella Stanchina, Giovanni Tuzet.
Bortolotti interessa con la raccoltaTracce, pubblicata su blog (Absolute Poetry) e su rivista (Poesia da fare, n°3), e per la sua prospettiva teoretica: “ordini interrotti, porzioni di strutture che ingrombrano le regioni della mia percezione” il cui obiettivo risiede nell’integrarsi della vita in quanto strumenti “di misura, per calcolare le aree di sensi (di realtà) possibili, di possibili intenzioni sul reale, di stili e modi d’impiego. Assumendo questo punto, però, non ci sarebbe più bisogno di una petizione di realtà, non ci sarebbero più debiti da pagare alla mimesi, ed anche la narrazione di un fatto sarebbe la sua tramutazione in un modello di significato.
Caratti ha pubblicato La trama dei metalli (Lietocolle, 2002; selezione su Fucine Mute), in cui i suoi vissuti personali vengono rielaborati durante la scrittura alla scoperta di nuovi rapporti di analogia con la realtà; altri testi si possono trovare su antologia (Nuovissima poesia italiana, Mondatori, 2004).
Luciano Pagano ha stampato le raccolte di versi Venenum (2000) e Poesie del Sol Levante (I Quaderni di Vertigine, 2004; progetto grafico di Musicaos.it), in cui il lavoro dell’autore è volto a produrre interferenze su interferenze tentando un racconto in versi, improvvisi cambiamenti di scena che diffondono sovente frammenti di immagini, dove appunto “spostarsi è l’incredibile possibile” vissuto.
Sannelli (per una biografia completa; una selezione su Absolute Poetry), le cui astrazioni si adagiano sull’informale, ha pubblicato O (Cantarena, 2001), Due sequenze (Editrice Zona, 2002), Antivedere (Cantarena, 2003), La realtà e la luce. Omaggio a Simone Weil (I libri del quartino, 2003), La giustizia. Due poemetti (Edizioni d’if, 2004), La posizione eretta (e-book per L’impronta Editrice, 2004), Saggio familiare (Edizioni d’if, 2004), Santa Cecilia e l’angelo (Edizioni Atelier, 2005); di recente ha pubblicato Venti sonetti; su LiberInVersi testi inediti.
Stanchina con Il libro della scala a spirale (Edizioni Polistampa, 2002; selezione su Fucine Mute; dove si può trovare anche un articolo) lavora le astrazioni su contesti artificiali, solo in parte visionari, poiché allo stesso tempo indaga le nuove relazioni - e condizioni - per mezzo delle quali il testo si tiene, letteralmente, in piedi su una scala rovesciata e che continuamente rovescia.
Giovanni Tuzet ha pubblicato due raccolte sperimentali, 365 primo e 365 secondo (Casa Editrice Liberty house, 1999 e 2000); suoi testi più “logici” dalla raccolta Logiche e mancine sono apparsi su antologia (Nodo Sottile 4, Crocetti Editore, 2004; La coda della galassia, FaraEditore, 2005; Poeti Circus, i nuovi poeti italiani intorno ai trent’anni, Poiesis editrice, 2005).
Annotazioni:
Questi autori sono presenti in più antologie, ma non ho ripetuto volta per volta le informazioni: importanti da segnalare sono le singole pubblicazioni. Resto incuriosito da tanti altri poeti, recensiti e letti, ma non inseriti - le esclusioni sono frutto del fatto che c’è ancora poca carne al fuoco; oppure, operando dalle topologie, mi sono convinto che gli autori citati al momento, risultino più motivati e alle volte più determinati in quello che fanno, sebbene molti di loro siano promesse.
Sono da segnalare le case editrici più attive nei confronti dei giovani poeti: Battello Stampatore (editore della preziosa collana di libricini e plaquette Libretti Verdi), Edizioni d’if (con una nutrita collana di e-book), Editrice Zona (specializzata anche in libri-cd multimediali), Edizioni Anterem (organizzatrice del Premio Nazionale di Poesia Lorenzo Montano), Edizioni Atelier (con la collana di poesia Parsifal), Emilio Mazzoli Editore (organizzatrice del Premio di Poesia Antonio Delfini), Lietocollelibri (editore della collana Opera Prima) e Raffaelli Editore (con una collana di Poesia Contemporanea estremamente curata).
C’è una disparità tra presenza maschile e femminile nella selezione - la maggior parte delle autrici che questo scritto non ha nominato, presenti su antologia, risolvono la poesia nell’intimismo, una gabbia meravigliosa della scrittura del corpo e dei sentimenti della donna, ma non un’esplosione di fisicità della parola.
Continuare a produrre antologie senza una prospettiva critica non fa il bene degli autori, la cui necessità è pubblicare e confrontarsi su alcuni temi, soprattutto giungere/partire da un’opera; le case editrici, anche le grandi, dimostrano un autolesionismo notevole, e tutto questo mentre i curatori sviliscono la stessa critica e il rapporto tra gli autori e i possibili fruitori di poesia sul territorio; molti addetti optano per operazioni senza sostanza, e illudono i giovani, invece di stimolarli al dibattito in ogni forma e ovunque ve ne sia la necessità - se volete affinché uno si possa fare le ossa. Le antologie dovrebbero iniziare ad indagare i territori “critici”, e rendersi falsificabili. Non accade. Le antologie che trattano di nuove promesse, potrebbero essere utili in presenza di curatori desiderosi di innovazione, anche perché nessuno ripaga l’eterno ritorno della noia del fruitore.
L’era delle riviste esclusivamente cartacee è al termine: blog e web sono, attualmente, gli strumenti nuovi che abbiamo a disposizione per innovare, portare linfa al dibattito. Far finta di niente costringe nell’angolo la poesia. Ma anche la poesia viva, quella espressione di un territorio, dovrebbe essere ricostruita, grazie a festival, incontri, reading, slam, presentazioni, dibattiti, e non è vero che le persone non si interessano di poesia. Ciò che gli viene dato o donato diventa subito importante, ma cosa gli viene dato o donato? Essere collegati dal punto di vista nazionale, ma scollegati dal contesto sociale di appartenenza, è una vittoria di Pirro.
Produrre antologie, al fine di sondare periodicamente il territorio regionale, potrebbe essere un modo per far ripartire le iniziative dal basso, o altre forme di collaborazione; oppure, al fine di una ricerca e a partire da alcune topologie, analizzare i percorsi degli autori che si fondano più su una necessità formativa che su un’altra - che sia l’oralità, la prosasticità, l’informale, la mimesi, il metamorfismo, o qualsiasi altro strumento di ricerca, non ha importanza; l’importante è che vi siano delle motivazioni fondate su fatti osservabili... Sono consigli per la critica questi? Possibilità concrete, e innanzitutto finirla con passaparola e amicizie, con circuiti elitari o lobby, e iniziare a muoversi, e andare alla ricerca. La critica non può ridursi ad essere una passiva branchia adagiata su un fondo stantio in attesa che qualche pesciolino passi da quelle parti... E la nuova poesia in Italia non può ridursi a questo precariato di antologie, fatte per vendere una decina di copie ad ogni autore inserito e non andare in perdita, o senza una prospettiva, senza fornire i dati essenziali della ricerca all’altro, all’addetto o al fruitore, in modo che una comparazione sia possibile, in modo da permettere, a chi interessato, di poter falsificare l’operazione, criticarla o, per quanto concerne il semplice fruitore, fidarsi di chi l’ha proposta.
Ho parlato di formatività, di processo di formazione dell’opera, termini che per la critica appaiono come nuovi, eppure sono in circolazione da cinquanta anni. In un’antologia, Parola plurale (luca sossella editore, 2005) si parla di “odissea di forme”, ma prima dell’opera formata, prima delle forme e della navigazione tra queste onde, c’è ancora un mare inesplorato che sottende soluzioni: solo un discorso sul processo di formazione può aiutare a completare il quadro degli autori, giustificare alcuni prodotti del loro fare, evitare la creazione di linee da letture approsimative... Sebbene questa antologia sia interessante, osservo una critica ancora troppo poco ricettiva, con un sonar non adatto all’attuale ambiente, con buoni propositi ma poco raggio d’azione; tutto questo mentre assistiamo ad importanti novità, e mentre l’ambiente viene paralizzato da chi millanta di conoscere cosa sia la tradizione, da chi si rifugia ancora in uno sperimentalismo incapace di diffondere risultati comprensibili e motivati, da chi vorrebbe vivere su crediti formativi che l’università ancora elargisce per studi che concretamente non ci fanno vedere nulla di nuovo, e sono venti anni o più che si vocifera sugli stessi autori, e nonostante questo il nostro paese non li conosce. Bisognerebbe che molti s’interrogassero sui motivi di tale ignoranza, invece di vedere in questa un dato ineluttabile della nostra società in relazione alla sua letteratura, e trovare, cercare, di risolvere questa situazione.
Riguardo i processi di formazione, poiché oramai il concetto di scrittura si è modificato - e con internet ha modificato la società stessa -, non posso che rilevare l’esistenza di ulteriori possibilità per creare opere, e contemporaneamente di strumenti capaci di qualificare meglio e comunicare queste innovazioni (innovazioni come, ad esempio, il concetto di scrittura=testo+performance, o i prodotti derivati dall’ottica ipertestuale e multimediale) anche ad un pubblico di non addetti.
Ogni scrittura sottende un fare, una formatività, un processo di formazione, ed ora l’esistenza di ulteriori possibilità, su supporti cartacei (e non), specificano in più modi l’opera - non solo la sua esecuzione in diverse forme, dalla video-poesia al teatro, dal reading alla semplice lettura in solitudine. Questi fatti accadono, e contestualmente gli individui stanno chiedendo alla poesia e al suo ambiente un modo di proporsi e di aprirsi alla contemporaneità, con strumenti etici ed epistemologici.
Immagino che la critica si troverà, nei prossimi anni, a discutere sull’evoluzione del concetto di scrittura, sapendo che esso incorpora operazioni altre dalla lettura su carta o su schermo, lettura che pure ha bisogno di un’adeguata conoscenza a livello della sua esecuzione.
E poiché l’eseguibilità sta incidendo e influenzando la scrittura, importante sarà per la critica conoscere le nuove numerose operazioni, non tanto attraverso una specializzazione tra diversi settori, rischiando di fornire un quadro quanto mai confuso e frammentato, piuttosto osservando quanto sia integrata la poesia tra i diversi mezzi, e quale la sua efficacia finale, i suoi report di fruibilità.
Il dibattito, oggi, langue, e l’ignoranza sui temi dell’oralità è diffusa, tra i giovani soprattutto, che sono facilmente manovrabili e spesso confusi. Questo accade perché non c’è nessuno che si fronteggi in campo aperto, perché ognuno teme per la sopravvivenza dei propri limiti, quando proprio il confronto sopra i propri limiti e quelli di altri permette di procedere.
Iniziare a prendersi delle responsabilità, mettendo in gioco se stessi e le proprie convinzioni: questo cambio di rotta mi sento di augurare a tantissimi addetti.
Mi sento di augurare alla poesia non questo estemporaneo parlarsi addosso, ma qualcosa di più simile al canto e alle correnti di una profondità.
Note:
° (La poesia e la giovane poesia nell’età del web, il fare come cornice, Fucine Mute Webmagazine 57);
1 (Realismo Potenziale, di Gherardo Bortolotti, Lietocolle).
104 commenti a questo articolo
> La nuova poesia in Italia?
2006-08-01 00:59:06|di xatstilo
Concordo con Christian, riguardo a:
ATTENTI AL LOOP-
In questo momento, la nostra mente, deve osservare i loop in circolazione, ed evitarli con coraggio. Parlo in generale, ma credo che qualcuno che possieda titoli e strumenti per farlo, potrebbe analizzare in particolare, questo gioco di rimbalzo , dei significati, che genera un giro continuo, svilente.
I creatori di arte, oggi hanno bisogno di un salto a piè pari, che li conduca oltre il fossato dell’indifferenza creativa.
Dunque -attenti al loop!-
Umilmente,
xatstilo
> La nuova poesia in Italia?
2006-07-22 16:45:17|di Giuseppe
A proposito di nuova poesia italiana, nello spirito libero di questo blog, mi permetto di segnalare la mia, che trovate qui: giuseppegacelano.wordpress.com
> La nuova poesia in Italia?
2006-07-10 10:44:23|di C.
Mon frère (in questo impeto ludico da campioni del cosmo), sono pienamente d’accordo. I discorsi continuano ad andare in loop (alle volte tragicamente vecchi di 43 anni, già all’epoca vecchi per quelli che furono poi capaci di dimostrarsi gli attori principali, Porta, Pagliarani, Balestrini, ...). Insomma sonno, e se vuoi anche c’è paura di essere diretti nelle critiche, fare i nomi, indicare, aspetti che dovrebbero riguardare appunto i poeti - attenzione, io non sono uno stinco di santo, sbaglio, ma lo ammetto perché nessuno mi toglie via niente. Su una cosa però non transigo con me stesso, ovvero sui metodi: qui ho scelto di seguire le antologie, da cui si riescono a estrapolare informazioni sul lavoro degli altri. Probabilmente se non avessi fatto questo tipo di indagine, e se uno m’avrebbe chiesto di occuparmi di un’antologia, avrei fatto in modo simile agli altri curatori. Oggi no, e ho cercato di fornire degli spunti, che forse sono prima rivolti a me, nonostante intervenga in tackle quando non sono d’accordo con altri. Un ultimo aspetto, del tutto rilevante per il mio sano egoismo: ciò che faccio, cerco di motivarlo nel modo migliore possibile: di conseguenza, se intervengo sui blog, o se scrivo qualcosa a qualcuno, mi interessa la risposta, non le sue affermazioni. Noi tutti possiamo affermare opzioni teoriche che ci stanno a cuore; non tutti sono in grado di dibattere, perché quest’ultimo aspetto, pure nell’opporsi a, tiene sempre a mente che l’altro ha delle motivazioni e intenzioni, e che non siamo soli soletti (è un’evidenza), e che è meglio avere un’idea precisa (e da quella costruire), che tirare in mezzo aspetti della realtà che non si conoscono senza avere il pudore, spesso, di riconoscere, di nuovo, la propria ignoranza su fatti importanti, o più semplicemente gli sbagli.
Ti mando un abbraccio, e scrivimi che non ho la tua mail, e mi piacerebbe chiaccherare con te.
> La nuova poesia in Italia?
2006-07-09 11:30:17|
Chris, la laus a Biagio Cepollaro non ha nessuna intenzione di sminuire la validità e la sostanza del tuo lavoro, e tu lo sai benissimo. So anche che saprai fare tesoro della deriva da call center che alcuni interventi hanno innescato, facendo passare in secondo piano tutto l’impianto teorico del tuo scritto. ;-)
Tuo Ugolino.
> La nuova poesia in Italia?
2006-07-08 23:12:13|di Christian
il dio dei poeti lascialo stare!
siamo tutti d’accordo su questa faccenda:-)
caro UC_FM
> La nuova poesia in Italia?
2006-07-08 19:01:32|
Finalmente! E che il dio dei poeti benedica Biagio Cepollaro.
U.C.
> La nuova poesia in Italia?
2006-07-08 15:07:27|di Adriano Padua
Mipare importante questo scitto di Biagio Cepollaro, lo aggiungo.
Basta con poeti raggruppati in generazioni!
Raggruppare i poeti in generazioni non credo abbia molto senso. L’evolversi delle forme poetiche - ammesso che abbia senso estrapolare le forme dalle concrezioni specifiche- non segue la scansione anagrafica ma segue ritmi molto più lenti e giunge ad esiti imprevedibili, mentre la meccanicità della successione degli anni segue quel tempo spazializzato che con la durata della poesia non c’entra nulla. Non ha molto senso oggi neanche presumere di raccontare l’esistente, dal momento che l’esistente negli ultimi anni non solo si va sempre più sfilacciando, ma addirittura si è fatto vivo in una moltiplicazione quasi parossistica di voci che non si può più fingere di ignorare.
Il raggruppamento per generazioni è un modo, ancora una volta, per evitare la lettura del testo poetico, il confronto, il dialogo e, in definitiva, l’ascolto del testo poetico, i cui rimandi scompaginano, in quanto esperienza del senso, ogni conformità statistica. E’ un modo ancora per non leggere seriamente. Certo, si può sempre tentare di fissare un minimo comun denominatore, e talvolta può essere anche utile, ma non bisognerebbe mai dimenticare che questi minimi comun denominatori sono minimi, appunto, al limite dell’inservibilità.
Il raggruppamento per generazioni è fuorviante per lo stesso poeta che psicologicamente tende a identificarsi con gli attributi che il critico inventa per quella generazione, restringendo così il campo della sua riflessione, non solo sul suo lavoro ma anche su quello degli altri. Molte inerzie storicistiche -riprodotte e fomentate da moltissimi manuali scolastici- vengono confermate da queste tecniche di imballaggio e confezionamento che, altrove, in altri settori, potrebbero rivelarsi funzionali al marketing.
Infine il raggruppamento per generazioni fa passare surrettiziamente un’idea cumulativa della poesia, della storia e dei poeti che aggiunge fantasmi identitari - con annesse polemiche, rivalità, ostilità- che possono distogliere i poeti stessi dall’incontro sereno col testo, non poche volte ansiosi di vedersi collocati in qualche casella inventata ad hoc dal critico.
Ciò che da sempre i poeti chiedono, nonostante tutte le loro contraddizioni, è semplicemente essere letti, non intrappolati nelle dinamiche vuote dei nomi, dei manifesti, dei contromanifesti, delle classificazioni e delle gerarchie.
Ciò che viene richiesta è una parola che nel leggere attraversi altre parole, soprattutto laddove l’unicità dell’esperienza è riuscita a raggrumarsi, e alla fine dell’attraversamento giunga a riva con un bottino di senso da restituire e da rimettere in gioco.
Biagio Cepollaro
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ANASTASIA E FEDERICO II
2007-10-30 09:04:00|di giò
Grassano
Sei tu
che mi hai dipinta
come i fiori di ibisco;
fragile e sfuggente
perduta nei colori
della giovinezza .
Sei tu
che colori le acque azzurre
del Basento
a valle dei giardini ;
i momenti quotidiani
come alberi di neve;
e i profumi
aerei quadrifogli
goduti a primavera.
Come panorama
ti trasformi;
in una antica chiesa
sei androne Medioevale.
Sei un fiume di ricordi
tra le pagine della storia.
Di fresco vento
e stormi di passeri
ti trastulli
in eco
di fanciulli abbandonati
sulle gradinate consumate.
Quando i crepuscoli
si abbrunano
sei un groviglio suggestivo.
A sera quando ti oscuri
sei pietra colorata
nei sogni sereni
dei ricordi andati.
© Giuseppina Pontillo
GRASSANO
Proemio
Anastasia
Sei venuto da Oriente
col petto blu in fuori
sotto l’androne
di casa;
In volo
Come nera procella,
Poggiandoti
sull’unico fiore di ginestra.
Sul balcone fatato
mi hai baciata
“come Anastasia”.
Leggenda dell’amore
Nel Cupido fanciullo
vibra un anima pura,
con lo sguardo rivolto
verso la foce del Po;
con la mano protesa,
il vecchio porto mi chiama,
in attesa dell’Amore:
ha il calice dorato
della Grande Madre;
nell’amo segnato
la ricchezza
del re pescatore
e la fanciulla
con le due rose rosse
raccolte nel bosco.
Nel folto fogliame
le rughe
del vecchio amante,
custodite insieme alle spine.
Oh anima mia!
Il vecchio giaciglio
è come
il letto del fiume: _inquietante",
dove scorri tu
con la mia vita!
Scegli la gioia
Scegli la gioia per celebrare la vita;
al sorriso di un bimbo cancella il dolore.
Cambia musica
per inebriare il tuo mondo;
scegli M.ozart
Scegli il fiume segreto
per narrare le tue vicissitudini
alla foce segreta del Po.
Dipingi l’ultima Cena
con lo stesso linguaggio del Cristo;
nei dipinti segreti
l’uomo leopardiano.
Perché un giorno
conoscerai l’unica verità
della fede
e il sangue di Cristo
inebriato dalla Maddalena.
E’ mia madre
E’ mia madre
che quando sorride
accende i lampioni
davanti casa;
è mia madre
che non si nasconde la bocca
vuota come la luna:
è bella perché è mia madre;
e quando la saluti
pensando a domani
non sai se quello
è l’ultimo saluto.
Per Te
Per Te
Ho indossato
Le pesanti maschere
Dell’Anticristo;
Nelle vestige antiche
Ho colto la gelida neve
Caduta sulle spoglie
Dell’infernale Russia.
Per Te
"Anastasia Immortale"
Ti volevo a me:
Maschera crudele
del Simbolismo!
Per Te
l’apparizione dell’Aurora;
“Vergine “…
Nelle vesti della Visitazione.
I colori della gente
Il sole
diventa luna
fratello fluidale
abbraccia
sorella eterea ;
l’inganno
conduce
a un sentiero reale,
porta notizie
al Re Federico II:
“l’AntiCristo”;
dei Fanti
e i colori della gente
sono caduti
nel dirupo
della Geenna:
sognano l’eterno
ritorno del Cristo.
Pier delle Vigne
Amore…
La luna
Abbraccia le stelle;
La donna amata
Scende da Venere.
Colmami di fuoco
Angelo caduto.
Odorose palme
Brillano rugiada;
Cogli questa linfa
Nel calice amato
Albero Ero…
“Albero che si piega
Sugli scogli della sventura”.
Nel ventre di Eva
C’è il seme amato.
Abbracciami forte
perla del tuo desiderio:
Il mio Paradiso sei tu ”Pier”.
Profezia del lupo
Millennio..
nel viaggio di Dante;
profumi d’essenze
si adagiano nel volo del Falco.
La donna sognatrice incanta;
odo il suo eco
nel viaggio infinito del Se.
Amo questa ombra…
come polvere di luna;
amo questo sogno
come due anime
in un ampolla divina.
So che sei qui
o mio Federico:
alone rovente
nell’ultimo girone dell’Inferno.
Brucerò le nostre essenze
per averti come Sposo Divino:
perché t’Amo
polvere sul pianeta del Sole;
profezia del Lupo
nel terzo Millennio.
Madonna della Nova
Da tempo-
Forma impura
C’insegui nella parola.
Non siamo "Noi"
“Cielo senza sole”;
Ci unisce Verbo..
"Disegno d’icona":
O Madonna della Nova!
Verità recondita
Ci colori al popolo;
Forme, struttura
dell’ Io lontano.
Siamo sterili pianure
Dell’Essere;
“Al monte insieme:”
Come fedeli radiosi.
La luce del giorno
La luce del giorno
Ci Illumina;
Scalda le ombre.
Il pensiero evanescente
Dona pace
Al tuo sorriso-
E mai la notte
E’ senza stelle!
Sai Andromeda-
Nel mio cuore c’era il tuo-
“E mi bastava”:
Anastasia t’appartiene!
Salvami con le tue pietre
Sei venuto dal cielo
Coprendomi
Di pietre;
Portavi nelle tue mani
Il mio amore.
Brillavi di divino
Nella tua nuova materia.
Portavi tre doni:
Musa
Memoria
E verità.
Nel buio seminavi
Tante rose
E ogni sera
Amavi solo lei.
Nel cielo ogni notte
Vagavi
Portandomi via
Dalla pesante materia.
Un nome pronunciavi felice:
E insieme “ il Noi”
Sotto bianche luci di verità.
Febbre di Merkabe
In ascesa
febbre di Merkabe;
è un passo naturale
questa ombra dell’umano.
Febbre d’amore conosciuta
su queste scale di cristallo!
Uomo invisibile
nei geni profani
ti colori
fuori dallo spazio.
Il sole sulla pelle
Cavallo di Troia-
Viaggi nell’iperspazio;
Alla fonte,
Frizzanti carezze
“ Fascino sulla pelle”!
Un viaggio-
L’ombra che dimora
Rubandomi il soffio vitale.
L’amore
E’una prigione;
è tempo di risvegli,
vorrei amare
come gli Dei!
L’Arca dell’Alleanza
Lacrime di gioia
Sfavillano il mio cuore.
Nelle scritture antiche:
Pietra
Storia
“Arca dell’alleanza”
Mistero
(Tra Dio e l’uomo)."
Sorride il mio Se
“Dono del Divino”!
Imploro i tuoi colori,
Archetipo infinito;
Arcangelo che sorridi
Sulla tortuosa via
Del Santuario.
Spine di angeli amanti
Era l’autunno del 1916,
Un Angelo
Apparve nel tabernacolo;
Pose nel calice
Un chiarore di stelle.
Nel Blu
La Vita e la Morte
Si amarono-
"Io ho amato te…
Angelo pieno di spine ;
Amante pieno di Spirito…
Altissimo ed Eterno…
Nell’Obolo di Caronte
Nell’ Obolo di Caronte
ti amai
o mia Bianca
e Rossa ombra
del divino Amore..
Passione…
Anima mia,
affondi
sul traghetto
per l’Acheronte;
"la tua anima"!
La mia…
Nell’ Obolo di San Pietro.
Arco Felice
Felice è il mare,
Felice è l’azzurro.
Sotto l’Arco Antico.
Il Tempio mormora l’eco
Degli inseparabili amanti.
Pagine immemori
Sopra pentagramma celeste.
Sussurra lieta
La luna nera
Sulle vette del vulcano
A Ponente
Felice è anche Dio
“Sulla pietra oscura “
Nel punto cruciale
Del nodo finale;
La campana di Padre Pio suona
Sul quarto gradino
Un interminabile melodia di Fa...
Felici saremo,
Nel punto d’unione con Dio:
Abbracciati alla sorgente
del Santo Vitriol!
Immacolata Concezione
Ho colto l’aurora
Sul monte;
Tocco di campane
Questa forza di pensieri;
I dipinti del “Leonardo”
Hanno il sapore dell’occulto;
Aprono visioni tridimensionali;
Ho colto quel fiore
E la vita mi ha fiorita:
Candida
Immacolata Concezione:
“Primo fiore della Vita!
Il vento è mia madre
Con la sua unica verità:
Il vento è mia madre
Nel rito dell’iniziazione.
Alla riva del mare
Il passo danzante vibra
nella nera procella.
Con la sua unica verità:
Il sole è mio padre
“Nel volto del Signore”.
Parlami ancora
Verbo divino:
Per te...
Brucerei fuoco
Nel tempio Eterno-
alle porte dell’Inferno.
Anastasia Amore
Anastasia è amore-
Una sei tu-…
"Sui fiori vola";
La bianca schiuma
Porta con se il ricordo
D’Anastasia.
Increspate
Le foglie cadono:
Hanno il rumore dei petali;
Grandi emozioni!
A riva lacrime :
“ Sono pietre di Giada”-
o mio Amore!
Padre
Insicura oh padre!
Nella luce dei gabbiani
C’è la cantilena
Del mio pianto;
Nel gioco delle nuvole
L’etereo tormento
Della solitudine.
Pur sei vero
Gelido corpo
Venuto dal Nulla;
Sulla sabbia
Mio granello d’amore.
Abbraccio di ginestre
Dal cielo
Abbracci
Di ginestre in fiore;
Con ali spianate
Voci di allodole
Su alberi di lucuma,
Cantavano
Il nome del servo di Dio;
Negli occhi già limpidi
“Il cane fedele”
Ti appare
Tra rose sfiorite
A leccare
Nel calice del Graal.
Cuore d’erba
Fosti l’icona azzurrina,
pezzo d’argento
stilizzato in gocce di cuore;
nel gioco d’amore
la vita fu ricamo di bellezza
in grandi occhi celestiali.
Le tue ali tarpate
un florido dolore
di passione.
Il tuo poema “cantico d’arte”
su classico roteare di libellula;
In un guscio,
L’uomo-Dio;
“Il mio uomo poeta”
L’angelo metaforico
Fui fiamma d’amore
nel divino sognare.
Così padrone del “Se”…
Ti allontani,
lasciando il mio cuore
come tanti fili d’erba.
La sposa di Pietro
Sei nato lungo il fiume,
mentre gemme
cadevano dal cielo;
colmavano un calice
dalla mano protesa.
Nel culto
tu, un Dio pagano
verso la tua unica sposa.
Hai pianto
dolore immemore
sul suo bianco vestito.
Parole idilliache
scendevano a valle
e il fiume indelebile
ha travolto i tuoi ricordi.
L’Io narrante d’Anais
Ho abbandonato
Il mio "Io narrante"…
Chiedendo
Alla luna capricciosa
Il fiume
D’innumerevoli stelle.
Ho gioito in cuore
Su questo gradino
In ascesa;
E perle
Rotolano felici a valle
Sui miei baci.
Anastasia vive
Anastasia è viva,
“Federico” nasconde
il suo idillio d’amore.
Le parole nuotano
nel largo mare;
una bottiglia
nasconde i tesori
nel teschio
di una perla .
Una rosa bianca veleggia
a Napoli.
“Federico”
“sarà quel Grande Amore”.
Federico II e il Cavaliere
Il mare infrange
nel Paradiso sognato:
suona i rumori d’oceano.
Il silenzio si colora
di sogni d’amanti;
il Diletto avanza
nel nome del Signore;
non sa pregare-
brucia d’Amore.
Il Cavaliere
parla di “Lui”
sulla terra, vivo.
Anastasia è Amore
Anastasia è amore…
Una sei tu-…
Sui fiori vola
la bianca schiuma,
porta il ricordo
d’Anastasia.
Increspate
le foglie cadono:
hanno il rumore dei petali;
grandi emozioni.
A riva, lacrime :
“sono pietre di Giada”
oh mio Amore!
Re Artu’ e la regina Costanza
Un posto vuoto
Alla tavola rotonda;
voto sbiadito
sulla croce;
il Messia
nel volto
di Lancillotto.
Scendono stelle-
sembrano
merkabe Divine.
Agli inferi
le fiamme d’amore;
la regina Costanza
riconoscente:
di Lancillotto
o di Federico II?
Tu Elena degli Angeli
Queste luci
parlano d’amore;
spogli gli alberi
denudano
l’anima…
“Manfredi e la sua Elena”
si cercano.
Grande Principe
dove cavalchi tu
sbocciano fiori:
“Tu sarai il fiore
della Vita”-
“Elena”conosce già
la sua melodia.
Heraclea
La città vecchia
ha la fresca poesia
del silenzio.
Questo antico casale
pullula ombre:
una evanescente.
Ombre vere
amano Heraclea
come il guado
della Vita:
“la Tua”.
L’Astronauta
Rapita dai gigli
l’essenza vola
da Venere.
L’astronauta
dalla brezza
germoglia
figure di umano;
un Fiore:
archetipo
del Rosa
è “Infinito.”
Tra sogno e realtà
Da tempo-
"anima mia";
“vento tra sogno e realtà"-
In altre vite
fiori anima mia!
Di te Federico
ho seguito i tuoi amori.
Sulle fiamme dell’Inferno
“fui rapita dal tuo Impero.”
Di Bianca ho respirato
ll tuo amore.
Rosa pura..
ha imbiancato questi rovi
della tua Apulia.
Nel nome di Surama:
"Vento"
questa pietra rosa.
Oh mio Federico!
Cercami
come gassa d’amante
nel tempio dell’Amore Eterno!
Tu sai adagiarmi nell’oblio
Tu sai adagiarmi nell’oblio-
fuoco di primavera.
Le nostre essenze
sono rose
mai appassite.
Tu conosci
l’infinito orizzonte
nuvola evanescente
d ’oceano.
Tu..Eterno
unione d’ anime;
corpo ed atomo,
odore di primavera,
ricamo d’ idilli
sei le strade fiorite
dell’essere?
Tu …
“Paradiso di Dio!”.
Desiderio
Porpora lucente,
sfiori la tela
sull’anima mia.
Le strade
Sono paesaggi
di primavera;
pullulano germogli
in bianco fiore di loto.
Tu ultimo gradino in ascesa;
desiderio crescente,
dolce Selene,
tu mi sfiori
ed io ti abbraccio:
“è Dio il Sole”!
Sogno
Piazza di Spagna,
I fiori arbusti,
del celeste mare,
le Crociate..
sublime divisa oh Federico”!
Incanta
Garibaldi…
Storia del terzo
Millennio!
Sulla vetta..
Sono sulla vetta
di questa nuda roccia;
per respirare con te
il profumo
di questi anemoni;
ho lasciato per strada
il lezzo d’umano
ed ora non riconosco più
il profumo della mia pelle..
L’urlo straziante
mi ha liberata l’anima;
e ritorno a sognare
con il mio Io Errante.
Dalla vetta
come rosa mistica
ritorni a me come vento
sulla nuda pelle-
nei prati umidi;
e infiniti colori
non potranno cancellare mai
questo viaggio d’anime.
L’odore della felicità
Non è stato
un puro caso
ad aver dominato
i tuoi odori;
al tuo cuore
ho regalato
l’odore della felicità.
Ho nascosto
il profumo
in questa caverna;
e al fascino dei tuoi pensieri
ho comprato
una "lira D’AMORE..
Il suo fazzoletto di violette
Non mi avrebbe
mai dato la sua mano;
ne il suo fazzoletto di violette
per asciugarmi le ferite;
all’odore acre del tempo
" mio fratello fluidale"
colgo questa rosa
col fluido della vita;
e cinquanta monete d’oro
non bastano
per regalarti l’eternità.
http://google.it giusi pontillo